domenica 12 maggio 2013

Tutti i processi del (l’ex) Presidente.


Nell'arco della sua carriera politica (e non solo) Berlusconi è stato indagato e processato almeno 20 volte
Nell’arco della sua carriera politica (e non solo) Berlusconi è stato indagato e processato almeno 20 volte.
Sembrava che fosse invincibile, invece mister B. è crollato. Distrutto non dal logoramento fisico (come ci si sarebbe aspettato per un uomo in età avanzata) ma dai pm. Quella “magistratura politicizzata”, quella giustizia comunista che l’ha perseguitato durante tutta la sua carriera politica, infestandogli probabilmente anche i sogni, con immagini sfocate di toghe macchiate di rosso (comunista, non sangue) minacciose e incombenti sul suo impero mediatico e sulla vita privata.
Alla fine la legge l’ha incastrato nonostante tutti i legittimi impedimenti del caso, i rinvii a giudizio e i rischi di prescrizione, le indagini durate anni e gli appelli, i tempi biblici della giustizia italiana. La condanna è a 4 anni di reclusione e 5 di interdizione dai pubblici uffici per una “presunta” (come dice lui) evasione fiscale di 3 milioni di euro (e proprio “nell’anno in cui il mio gruppo ha versato all’erario 567 milioni di euro”) nell’ambito della compravendita dei diritti televisivi per Mediaset.
Non sono serviti né il lodo Schifani né il lodo Alfano a salvarlo, né la richiesta di spostamento del procedimento a Brescia, fortino pidiellino, per la presenza a Milano di 54 magistrati possessori di azioni Mediaset che, secondo la difesa, “avrebbero potuto figurare come parti offese”; non sono serviti nemmeno i rinvii e i legittimi impedimenti per malattia dell’ex premier né per gli impegni elettorali. Alla fine la giustizia ha fatto il suo (lento) corso e ha condannato mister B.
Ma il processo Mediaset non è l’unico che negli anni ha pesato sulle spalle del Cavaliere. In 20 anni di governo più o meno incontrastato, l’ex Premier ha collezionato oltre una ventina di procedimenti a carico, 2 dei quali estinti per amnistia, 6 caduti in prescrizione, 5 assoluzioni di cui 2 per sopraggiunta legge con valore retroattivo sulla depenalizzazione del falso in bilancio (insussistenza di reato), peraltro introdotta proprio durante il Berlusconi II, e ancora 9 processi archiviati, 1 condanna in primo grado (da sommare a quest’ultima dell’8 maggio) e 3 procedimenti ancora in corso.
AMNISTIE – Tutto inizia nell’anno 1989, quando nell’ambito di un processo per diffamazione avviato da una querela dello stesso Berlusconi contro i giornalisti di Epoca, mister B. afferma sì di essersi arruolato nella P2, ma di non aver corrisposto nessuna somma di denaro per l’iscrizione al famigerato Licio Gelli. A chiusura del processo per diffamazione, che vide assolti tutti i giornalisti, Berlusconi fu da loro accusato di falsa testimonianza, ma il processo non si celebrò mai per sopraggiunta amnistia.
Amnistia che lo salvò anche nel 1999, quando il Cavaliere fu accusato di appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio per l’acquisto dei terreni intorno alla sua villa di Macherio.
ASSOLUZIONI – Nel novembre 1994 Berlusconi riceve un invito a comparire davanti al pm Antonio Di Pietro (!) per un’indagine sulle presunte tangenti versate ad alcuni ufficiali della Guardia di Finanza che stavano svolgendo dei controlli su alcune aziende milanesi (tra cui ovviamente quelle di mister B. da Mondadori a Mediolanum). Il Cavaliere fu assolto in quel caso grazie alla testimonianza dell’avv. David Mills (un nome che suona familiare in anni più recenti, senza dubbio: vedi il processo Mills nella sezione PRESCRIZIONI).
Ancora, nel 1996 viene accusato di falso in bilancio nell’acquisto di Medusa, l’azienda cinematografica, ma viene assolto nel 2001 perché “per la sua ricchezza avrebbe potuto non essere al corrente dei fatti contestati“.
A fine 2005 si conclude per assoluzione (per sopraggiunta depenalizzazione del reato di falso in bilancio) anche l’annosa vicenda All Iberian, società dietro la quale pare si celasse la Fininvest. Il primo capo d’accusa, risalente al 1996, imputava alla berlusconiana Fininvest il finanziamento illecito del PSI di Bettino Craxi attraverso una serie di società off-shore, tra cui appunto la All Iberian, che avevano il compito di prelevare denaro dai fondi oscuri dell’azienda e versarli su conti esteri intestati al partito socialista. Nel 1998 il procedimento fu diviso in due tronconi: uno riguardante il finanziamento illecito ai partiti (All Iberian 1), l’altro il falso in bilancio Fininvest (All Iberian 2). Il primo cadde in prescrizione nel 2000 (vedi sezione PRESCRIZIONI), il secondo si concluse (ingloriosamente) per insussistenza del reato a seguito della famosa legge sulla depenalizzazione del falso in bilancio varata dal Berlusconi II.
Nel 2000 iniziò il processo Sme, relativo alla vendita della stessa Società Meridionale per l’Elettricità: nell’ ’85 Romano Prodi, in qualità di presidente dell’IRI, Istituto per la Ricostruzione Industriale possessore della SME, aveva “promesso” la società a Carlo De Benedetti, presidente Buitoni, firmando la stipula di un accordo preliminare per l’acquisto del pacchetto di maggioranza. L’accordo non piacque a Bettino Craxi, allora presidente del Consiglio, che spinse per la riapertura delle trattative. Comparvero allora altre 3 offerte di acquisto, una proprio di Fininvest. De Benedetti chiese il ripristino dell’accordo, ma il tribunale civile di Roma respinse la richiesta, e le azioni della Sme furono poi vendute in pacchetti più piccoli. Nel 2000 iniziò il processo a carico di Berlusconi, che lo accusava di aver corrotto il presidente del Gip del tribunale di Roma nonché un giudice, allo scopo di ritoccare la sentenza del tribunale civile di Roma. Il processo Sme subì una battuta d’arresto nel 2003 “grazie” al lodo Schifani, e infine si concluse nel 2008 con l’assoluzione di mister B.
PRESCRIZIONI – Sono 6 i reati imputati al Cavalier Berlusconi e caduti in prescrizione negli anni. Il primo processo ad essere annullato nel 2000 fu l’All Iberian 1, relativo all’accusa di finanziamento illecito ai partiti.
Il secondo procedimento ad andare in prescrizione (con non poche polemiche, e sempre per il sopraggiungere della depenalizzazione del falso in bilancio) è quello relativo al caso Lentini: l’accusa è sempre di falso in bilancio, perpetrato attraverso il versamento “in nero” di 10 mld di lire, lira più, lira meno, dalle casse del Milan a quelle del Torino per l’acquisto del giocatore Gianluigi Lentini.
Poi è il turno del Lodo Mondadori, che segna l’inizio di una nuova battaglia nell’ambito della guerra tra mister B. e Carlo De Benedetti, uno dei tre azionisti di maggioranza della casa editrice. In questa occasione Berlusconi è accusato di concorso in corruzione giudiziaria, ovvero di aver pagato i giudici di Roma,  insieme al fido Cesare Previti, avvocato della Fininvest, per far pendere in suo favore la decisione circa l’impugnazione del lodo Mondadori. Come si sa, la Mondadori andò in mano a mister B., provocando la ribellione di non pochi giornali; nel 2003 il processo per corruzione a carico del Cavaliere cadde in prescrizione per “non luogo a procedere per attenuanti generiche”.
Ancora: tra il 2003 e il 2004 Berlusconi viene prosciolto anche dall’accusa di falso nei bilanci della Fininvest: nel 2000 era stato accusato, insieme al fratello Paolo, di aver “alterato” le dichiarazioni relative alle spese per i diritti tv tra il 1988 e il 1992, intascando un bel po’ di quattrini, mentre nel 2001 il Cavaliere era stato indagato dal pm Greco con l’accusa di falso in bilancio (consolidato Fininvest) e utilizzo di società estere per creare un fondo “nero” di 1550 mld di lire, che poi sarebbero stati reinvestiti nelle operazioni più varie: per risanare le casse del Milan, per operare in borsa sui titoli Rinascente, Standa, Mondadori e Sbe, per liquidare vari pagamenti sottobanco, a Craxi, Previti etc., e per farsi un fondo pensione alle Bahamas.
Infine nel 2012, bloccato dal Lodo Alfano e dal legittimo impedimento durante il Berlusconi IV, va in prescrizione anche il processo Mills, che vedeva mister B. imputato per la corruzione dell’avvocato inglese che testimoniò (secondo i pm dietro profumato pagamento, 600mila dollari) in favore di Berlusconi nei processi All Iberian e per la corruzione della Guardia di Finanza (vedi sopra).
Tutto questo senza voler scendere nei dettagli dei procedimenti archiviati, che vanno dall’imputazione per concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio di denaro sporco (caso Dell’Utri), alle tangenti fiscali sulle Pay tv, all’accusa di essere mandante delle stragi tra il ’92 e il ’93 , al traffico di sostanze stupefacenti, all’abuso dei voli d’ufficio, e ancora alla diffamazione per mezzo televisivo, alla spartizione pubblicitaria Rai – Mediaset, al caso Saccà (2007), allora presidente di Rai Fiction pressato da B. per far entrare in Rai le sue attrici, all’inchiesta di Trani sulle pressioni esercitate per la chiusura della trasmissione Anno Zero di Santoro.
Ma veniamo ora alla parte più interessante e purtroppo meno succosa: quella relativa alle condanne. Per ora, a pendere effettivamente sul capo di mister B. sono soltanto due sentenze.
La prima è relativa al caso Unipol, che in primo grado ha condannato l’ex Premier a un anno di galera per aver rivelato intercettazioni protette dal segreto di ufficio in occasione del tentativo (2005) da parte dell’Unipol di dare la scalata alla Bnl (roba che scotta, mica bazzecole!: le rivelazioni riguarderebbero infatti una telefonata tra Piero Fassino e la moglie, in cui l’allora segretario Ds lasciava intendere che la scalata fosse stata politicamente appoggiata dal suo partito; per l’occasione Fassino ha chiesto un risarcimento di 1 mln di euro).
La seconda condanna è quella dell’altro ieri, relativa alla frode fiscale Mediaset, mentre altri 3 processi sono ancora in corso. Il caso Ruby, che vede mister B. imputato per prostituzione minorile e concussione aggravata, (dopo aver intrattenuto rapporti sessuali con lei Berlusconi avrebbe fatto pressione sui funzionari della questura di Milano per ottenerne il rilascio – la ragazza era stata fermata per sospettato furto – e affidarla poi alle sapienti braccia di Nicole Minetti, secondo lui perché la ragazza era la nipote di Mubarak e il suo arresto avrebbe provocato un incidente diplomatico, secondo gli inquirenti per coprire il reato di prostituzione minorile consumatosi durante i festini a luci rosse di Arcore…) si avvia ormai al giudizio di primo grado; ma il Cavaliere dovrà rispondere ancora per la corruzione del senatore Giorgio De Gregorio (pagato 3 mln di euro per “migrare” nel Pdl) e la diffamazione di Antonio Di Pietro, che, come Berlusconi ha più volte dichiarato in pubblico, si sarebbe comprato la laurea con i punti del latte o giù di lì.
Lui invece, mister B., i suoi “punti del latte” li ha usati decisamente meglio. Sarà per questo che è ancora lì. Ma non tocca a noi dirlo. Bisognerà attendere i verdetti, quelli ufficiali, della magistratura dalla rossa chioma. Sempre che, dopo questa stoccata, mister B. ci arrivi ancora in piedi.
G.G

Palazzo Madama: “timbrano e si assentano”, percependo tredicesima, quattordicesima, quindicesima e sedicesima. - Andrea Mavilla


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Avete mai sentito parlare di “indennità compensativa di produttività”?
Infatti si scrive “indennità compensativa di produttività”, ma si legge SEDICESIMA MENSILITÀ. É una mensilità ulteriore percepita dai dipendenti del Senato dal 2004 ad oggi.
Chi sono i dipendenti del Senato?
I dipendenti del Senato, soprannominati “furbetti del badge“, sono tra i dipendenti pubblici più pagati con i soldi di NOI contribuenti. Il loro stipendio è d’oro: 1.731 euro al mese per un semplice dipendente, 5.474 per un Dirigente, in più beneficiano della “tredicesima, quattordicesima, quindicesima e sedicesima”.
“C’è chi fa la spesa, chi va al bar, chi va dal fioraio, chi invece si concede ad un massaggio all’interno di un centro estetico… peccato che dovrebbero essere al lavoro. E invece timbrano il cartellino (o se lo fanno timbrare) e vanno altrove.”
Illustri Signori…
  • Mentre “VOI” vi godete la vostra “meritata” quindicesima e sedicesima, ci sono persone che a causa del fallimento della propria attività lavorativa, hanno compiuto o sono in procinto di compiere azioni di suicidio.
  • Mentre “VOI” vi godete la vostra “meritata” quindicesima e sedicesima, ci sono persone che in questo momento di crisi, purtroppo non hanno un lavoro (3 milioni di disoccupati, 520.000 cassintegrati, 175.000 esodati, 5.000 precari, 2 suicidi al giorno per l’assenza di lavoro).
  • Mentre “VOI” vi godete la vostra “meritata” quindicesima e sedicesima, ci sono famiglie che sono costrette a dormire all’interno delle proprie autovetture, perché non hanno più la possibilità di pagare il mutuo.
  • Mentre “VOI” vi godete la vostra “meritata” quindicesima e sedicesima, “NOI” impiegati, disoccupati, cassintegrati, pensionati, esodati e precari, andiamo a fare la spesa all’esterno dei supermercati, dove tutti i prodotti alimentari in scadenza, vengono buttati all’interno dei “cassonetti della spazzatura”.
Tutto questo perché? Perché siamo obbligati a mantenervi e garantirvi, i vostri scandalosi stipendi. Vi chiedo: Ma non vi fate un pochino schifo?


Il memoriale di Marco Travaglio su Il Fattoquotidiano


berlusconi-contestato

Bella l'idea del pellegrinaggio nella sua Medjugorje privata, Brescia, dove da vent'anni sogna di traslocare i processi da Milano.Purtroppo per lui, anziché dai giudici amici, il Cainano ha trovato ad accoglierlo migliaia di contestatori col dito medio alzato, cori "In galera" e cartelli con scritto "Hai le orge contate"

Il pretesto della scampagnata era sostenere un tal Adriano Paroli, il solito ciellino candidato a sindaco. Il quale, a cose fatte, è salito sul palco affiancato - per peggiorare la sua già penosa condizione - dalla Gelmini. E si è scusato di esistere: "Non era previsto un mio saluto...". 

Intanto il Popolo delle Libertà - qualche migliaio di poveretti - sfollava rapidamente la piazza, come alla fine dei concerti quando arrivano gli elettricisti e i facchini a portar via gli strumenti. Il meglio era accaduto prima, quando l'anziano delinquente (parola del Tribunale e della Corte d'appello), aveva intrattenuto i complici sull'imprescindibile tema dei cazzi suoi. Raramente s'erano viste scene più paradossali (a parte il silenzio di Pd, Letta e Napolitano, troppo impegnati contro i 5Stelle per accorgersi di quanto accade a Brescia). 

Un vecchietto di 77 anni coi capelli bicolori - gialli sulla calotta asfaltata, neri ai lati -, gli occhi che non si aprono più, la dentiera che fischia e una preoccupante emiparesi al labbro superiore, annuncia un piano ventennale per salvare l'Italia da lui governata per 10 anni su 12 (un premier con qualche potere in più di Mussolini, un Parlamento ridotto a bivacco di manipoli, una Consulta e una Giustizia a sua immagine e somiglianza). Un monumentale evasore promette a quelli che pagano le tasse al posto suo di ridurgliele, dopo averle votate (così come Equitalia). Il politico più ricco del mondo lacrima il suo "struggimento per chi ha perso il lavoro" a causa dei suoi governi. 

Un imputato recidivo che da vent'anni si trincera dietro l'immunità e le leggi ad personam suam per non farsi processare, si paragona a Tortora che rinunciò all'immunità per farsi processare. Il leader del terzo partito dà ordini al primo, da vero padrone del governo Letta ("ci ho lavorato a lungo, l'ho voluto io, è un fatto storico, epocale"). E quando gli iloti sotto il palco urlano "chi non salta comunista è", ridacchia: "Io non posso saltare perché coi comunisti ci governo insieme!". Il vicepremier e ministro dell'Interno Alfano, col ministro Lupi, noti moderati non divisivi e fautori della pacificazione, sfilano contro un altro potere dello Stato. Molto applaudite le parole dello spirito di mamma Rosa: "Mi diceva che sono troppo buono per far politica: da bambino mi impediva di legarmi campanelli alle caviglie per avvertire le formichine del mio passaggio e non schiacciarle". 

Due sole volte il Cainano perde il buonumore. Quando evoca Grillo, la mascella si contrae, gli occhi a fessura saettano, la gente tumultua. Quando cita "gli eventi drammatici di questi giorni" si pensa alle donne uccise o sfigurate con l'acido, ai morti di Genova, alla guerra in Siria. 

Invece lui parla della sua condanna, "me lo chiedono tutti". 

Segue la solita sbobba piduista sulla responsabilità civile dei giudici (che c'è già dal 1988), la separazione delle carriere, i pm ridotti ad "avvocati dell'accusa che vanno dai giudici col cappello in mano" (come Previti quando andava da Squillante col cappello pieno di banconote), le intercettazioni (non gli piacciono, a parte quella Consorte-Fassino), la carcerazione preventiva (non si arresta uno prima del processo: se scappa o delinque ancora, tanto meglio). Poi viene finalmente al punto: "Le carceri sono un inferno". Lo sanno bene i suoi guardagingilli Castelli, Alfano e Palma, che le hanno ridotte così. Prossima mossa: una bella amnistia. Così escono un po' di delinquenti e soprattutto non ne entrano altri, tipo lui. Ma questo non lo dice, non è ancora il momento: "Mi fermo qui, sono sopraffatto dalla commozione". Appena pensa alla sua cella, gli vien da piangere. 

Marco Travaglio

http://www.cadoinpiedi.it/2013/05/12/berlusconi_a_brescia_travaglio_lo_distrugge_con_questo_pezzo.html

' o ANIMAL' - Francesco Briganti



La “Tortora” della vergogna …

Alessandro Manzoni nei “ Promessi sposi “ descrive il vero ed unico protagonista del suo romanzo in maniera estremamente realistica e fedele. Ne tratteggia la personalità, l’ambientazione, gli usi ed i costumi; ne fa uno spaccato ed una disanima che ce lo fa comprendere e, quindi, amare così come si amano tutte quelle cose di cui si riesce ad assorbire l’essenza. 
Il seicento, con le sue prevaricazioni di casta, con le sue abiezioni padronali, con le sue smanie religiose, con le sue tante giustizie private e con tutti i sotterfugi messi in atto da ciascuno di quelli che avesse un minimo di dignità o fosse impaziente dei propri diritti è il vero ed unico protagonista dentro al quale girano comprimari come don Abbondio, fra Cristoforo, don Rodrigo, la monaca di Monza, Lucia e Renzo. 
In quel seicento una delle “also star”, come si direbbe oggi, è sicuramente la Peste Bubbonica, terribile e virulenta malattia che trasmessa a mezzo della poca igiene allora vigente e causata dai topi, falcidiava i milanesi dell’epoca viaggiando ad un tasso di mortalità altissimo: non c’era casa in cui non ci fosse (questa è storia, ndr.) un malato terminale, un contagiato, un familiare appena abbandonato sui carri dei monatti. 
In quel seicento, attraversato da una sapienza medica più affine alla stregoneria che altro, pure il buon Manzoni  fa dire ai governanti quanto fosse meglio evitare i luoghi chiusi ed affollati onde non offrirsi al contagio, onde cercare una sorta di prevenzione ante litteram. 

Chi guardasse al nostro periodo storico, non potrebbe, e senza nessuna possibilità di errore, che individuare ogni e tutti gli aspetti seicenteschi  del romanzo manzoniano pari pari presenti e protagonisti in questi turpi anni del nostro, mal ce ne incolse, vissuto. 
Se fate un giro di trecentosessanta gradi attorno al Vostro asse riconoscerete, ovunque, i vari protagonisti, le ambientazioni, le monache ed i preti, i politici, gli abusi, i soprusi, i fracristoforo, i promessi sposi del vostro quotidiano. 

“Non c’è la peste!” dirà qualcuno tra il beota ed il beato, ma, solo che non lo fosse beota e beato, non tarderebbe a rimangiarsi tutto nel riconoscere a tutto campo un’altra simile, ma e ben più grave patologia, estremamente contagiosa, al momento incurabile, estremamente letale; è una sorta di encefalite letargica, a paralisi fonica e di movimento progressiva in funzione di un aggravamento geometrico, che colpisce le facoltà intellettive, paralizza i muscoli, rallenta il respiro sino al completo blocco nervoso e cardiaco e susseguente morte per asfissia  ed inedia in un trionfo di escrementi vergognosamente liberatisi dagli appositi orifizi. Pur conoscendone la causa, un batterio Gram Negativo, un clostridio sul tipo del tetano che risponde presente ogni volta si pronunciasse il suo nome: S.B.ARCORIANENSIS!, ancora oggi non si riesce a contrastarne la virulenza e la diffusione. La sua estrema pericolosità la si evince oggi dal fatto che proprio in quei luoghi creati appositamente per contrastarne la diffusione si è coperto un nuovo focolaio di infezione; tra gli operatori sanitari del P(residio)D(ifesa) si stanno riscontrando stadi avanzati della malattia e tutti i palliativi adoperati per debellarne i sintomi al massimo hanno un effetto placebo quando non, addirittura, ne favoriscono l’esplosione ed il diffondersi del contagio. Medici all’avanguardia, quasi esponenti di una “NUOVA EMERGENCY” socio-politico-sanitaria hanno pensato ad una strategia terapeutica del tutto nuova, suggeriscono non di evitare i luoghi chiusi, ma, anzi ed al contrario, di riunirsi ed affollare quei luoghi, oggi inverecondamente chiamati sezioni, per trasformarli in locali in cui diventerebbe possibile la trasformazione in P(rogetto)D(istruzione)

Dunque l’IDEA RIVOLUZIONARIA SAREBBE quella di iscriversi, noi che crediamo ancora in una salvezza possibile dal contagio e quindi dalla malattia conclamata, in massa e con cognizione di causa e con pretese di voce e con diritto di critica e con richiesta di rappresentanza a quel consesso per cambiarne i connotati dall’interno in una progressiva, virulenta, contagiosa, salvifica ascesa verso le cariche responsabili più alte. Lasciare quindi ogni strategia separatista e divisoria ed in funzione di una disinfestazione generale e generalizzata attuare sul campo una sterilizzazione fine e principio del vecchio e di un NUOVO CORSO. Pensiamoci, perché altrimenti ed a questo punto della epidemia, destinazione più certa è solo quella del LAZZARETTO.

Partiti ladri, il colpo di spugna. - Paolo Biondani

Una leggina molto ambigua potrebbe abolire il reato di 'falso prospetto parlamentare'. Azzerando le inchieste sui soldi pubblici rubati, come quella sul leghista Belsito. L'allarme lanciato dal procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo.

Il rischio di un nuovo colpo di spugna, che potrebbe cancellare le inchieste sullo sperpero dei fondi pubblici concessi ai partiti e usati per comprare persino yacht, vacanze, auto di lusso. Come l'indagine sui soldi girati da Francesco Belsito a Umberto Bossi e ai suoi familiari. E quelle simili aperte dalle procure di molte città. 

L'allarme è stato lanciato durante "I dialoghi de l'Espresso" dal procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo: «Indagando sui falsi prospetti e rendiconti al Parlamento presentati da un partito padano di cui non farò il nome, abbiamo scoperto una nuova norma che stiamo esaminando attentamente. A luglio dell'anno scorso è stata approvata una legge poco chiara che potrebbe interpretarsi come un'abolizione proprio del reato di falso prospetto parlamentare, sostituito con una contravvenzione amministrativa punita con una semplice multa. E' stata varata a larga maggioranza, ma sembra che nessuno se ne sia accorto». 

E prosegue, confermando i timori sul colpo di spugna: «La norma non è chiarissima, ma il rischio è quello. Se venisse confermata questa interpretazione della legge, saremmo di fronte a un'ulteriore espressione di quella che con felice dizione è stata chiamata casta».

Nella stessa occasione, Piercamillo Davigo ha analizzato il crollo delle condanne per tangenti in Italia: «Le riforme si sono fatte, eccome: contro le indagini e i processi. 

Un dato: siamo passati da 1.714 condanne per corruzione e concussione nel 1996 a sole 263 condanne nel 2010. Qualche cialtrone ne deduce che avremmo meno corrotti della Finlandia, mentre il problema è che le nuove norme sulla prescrizione, l'azzeramento delle prove, la modica quantità di evasione fiscale, falso in bilancio, fondi neri e fatture false, stanno garantendo l'impunità a moltissimi colpevoli». 


Entrambi i magistrati hanno criticato l'ultima legge anticorruzione varata dal governo Monti. «Mi pare una cura omeopatica. Serve a niente. Anzi, ha introdotto una serie di stravaganze», ha dichiarato Davigo: «Come il reato di traffico d'influenza punito meno del millantato credito, forse per stroncare la concorrenza sleale di chi finge di dovere pagare tangenti. O lo sdoppiamento della concussione, con una riduzione della pena per il reato di "induzione" che ha prodotto un solo brillante risultato certo: garantire la prescrizione al Penati di turno. Ma siccome l'ex ministro proponente è un giurista, dubito che questi siano errori. Vuol dire che era il massimo che poteva passare nel precedente Parlamento. E questo resti a disdoro dei suoi componenti».


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/partiti-ladri-il-colpo-di-spugna/2206637

venerdì 10 maggio 2013

“L’abbraccio storico”. - Sandra Bonsanti



C’è qualcosa di profondamente “immorale” nell’atteggiamento di molti di coloro che praticano e predicano attorno alle “larghe intese”. Qualcosa che offende il senso comune e rischia di fare un indecente minestrone di tutto quello che è accaduto  in Italia negli ultimi venti anni.
Si tratta di un grande equivoco che nasce dal momento in cui è stato deciso che questo governo era l’unico possibile e dunque volere o non volere era assolutamente indispensabile la collaborazione fra politici del Pd e politici del Pdl: per varare misure indispensabili a favore dei cittadini più colpiti dalla crisi e per varare certe riforme seriamente indispensabili (come quella elettorale) e altre sulle quali sarebbe opportuno una volta per tutte uscire dai luoghi comuni dell’improvvisazione costituzionale ed entrare nel luogo serio della competenza e della serietà.
Dunque, collaborazione e lavoro in comune.
Ma a questo punto si è visto che invece quello che ci si aspetta e che molti stanno già concedendo è una sorta di “abbraccio storico”, che si fonda su un presupposto “immorale”: ci siamo combattuti nel passato, siamo stati su fronti opposti, ma ora tutto questo deve finire, non ha più senso, i cittadini ci chiedono una condivisione che ci rende tutti uguali per vincere la difficile sfida.
Ecco dunque materializzarsi l”abbraccio storico”. C’è chi sospetta che fosse atteso da tempo e che in realtà ogni differenza fosse da anni più superficiale di quanto si possa pensare. Chi non si stupisce, chi si indigna.
Fanno parte dell’abbraccio questo impulso ai gesti di fraterna amicizia come abbracci e sorrisi nelle aule del Parlamento e non soltanto. Fanno parte dell’abbraccio inziative che tendono a creare amicizia e familiarità inutili.
Andare insieme in pullman in una splendida abbazia, dove si possa “familiarizzare” o “fare spogliatoio” lontani dagli sguardi dei giornalisti (che comunque molto raramente a dire la verità colgono questo lato della situazione) è proprio necessario? Serve a trovare soluzioni per rinviare l’Imu o trovare soldi per la Cassa integrazione o per inventarsi qualcosa di utile a chi sta in queste ore perdendo il lavoro, oppure serve soltanto a quel tentativo berlusconiano di avvolgere il suo passato personale e la sua politica in un velo di oblio, di legittimazione e di “condivisione”? Al tentativo di promuovere la politica di assalto alla Magistratura e di rispolverare la politica dei condoni e dei bavagli?
L’“abbraccio storico” non porterà nulla di buono a questo Paese. Non aiuterà a combattere la corruzione ai piani alti della politica, non servirà a riconquistare un po’ di fiducia dei cittadini. Il grande “errore” di Craxi quando per difendersi accusò tutti nell’aula di Montecitorio fu di dire: fanno tutti così. Se avesse detto: nessuno lo deve fare, sarebbe stato uno statista invece di un grande imputato.
Il rischio è che nello “spogliatoio” di Spineto si perda un altro po’ dell’onore che abbiamo già perso. E il sospetto che alla fine i membri del governo dell”abbraccio storico” finiscano anche per intonare insieme le canzoni goliardiche nostalgiche e un po’ oscene non ce lo toglierà nessuno.
Meno sorrisi, meno pacche sulla spalle, meno volemose bene. Non ci vogliamo affatto bene tutti quanti in questa Italia. E non c’è bisogno di questo per lavorare insieme, per pochissimo tempo e cercando di fare meno danni possibili.


http://www.libertaegiustizia.it/2013/05/10/labbraccio-storico/

“E’ una mente”. La stima di Totò Riina per Renato Schifani. - Marco Lillo


Renato Schifani e Totò Riina


Ascoltato in carcere nel 2008, il capo dei capi di Cosa nostra si lancia in una lode al più potente dei berluscones siciliani, attuale capogruppo Pdl a Palazzo Madama. Un modo per far sapere all'esterno cosa pensasse dell'appena eletto presidente del Senato. C'è anche una chiamata dallo studio al figlio del boss.

Renato Schifani è una mente”. Parola di Totò Riina. Il capo dei capi è stato intercettato il 10 giugno del 2008 nella sala colloqui del carcere di Opera. Il boss è recluso nel regime di massimo isolamento previsto dall’articolo 41 bis. Dietro il vetro parla con i suoi familiari e probabilmente lancia messaggi in un momento di svolta della vita politica italiana. Il 14 aprile del 2008 Silvio Berlusconi ha vinto con le elezioni politiche. Il 29 aprile Schifani è stato eletto presidente del Senato. Passano poche settimane e il capo indiscusso di Cosa Nostra, durante il colloquio, quando è perfettamente consapevole di essere intercettato e videoregistrato si fa scappare sorridendo apprezzamenti sull’uomo politico siciliano più potente del momento.
Il Fatto Quotidiano è in grado di pubblicare la trascrizione del colloquio. Nella sala colloqui del carcere di Opera ci sono la moglie del boss, Ninetta Bagarella, oggi 68enne, la sorella, Arcangela Riina, oggi 74enne, e la figlia Lucia Riina, oggi 32enne.
Gli investigatori videoregistrano e ascoltano con attenzione. In passato per esempio il boss ha lasciato intravedere la sua scarsa stima per il leader del Pdl: “Berlusconi, che io ci credo poco o niente”. Il Capo dei Capi in quel caso infila la riflessione mentre consiglia al figlio di mangiare molta frutta. Sarà un caso ma anche stavolta il riferimento alla politica arriva mentre si parla di frutta. Il 10 giugno del 2008 Riina dice “l’altro ieri ci hanno portato queste ciliegie a otto euro e virgola sei, sedicimila lire un chilo di ciliegie, e che erano… ciliegie d’oro?”. Ci manca solo che il boss aggiunga ‘signora mia’. Poi Totò Riina riprende: “ciliegie d’oro! ciliegie d’oro!. Né amore né sapore c’è in quelle ciliegie non è che ci sono le ciliegie di questi tempi come da noi”.
A quel punto è la figlia Lucia che interviene: “Infatti le ciliegie , quelle di Chiusa sono buone da noi!”. Totò Riina coglie lo spunto e prosegue: “Vengono da Chiusa… le ciliegie vengono da Chiusa Sclafani, è la zona di ciliegie più bella che c’è in Sicilia… Chiusa Sclafani! Io sono un conoscitore della Sicilia. Io so dove fanno le ciliegie buone… dove si fanno il vino buono… dove si fa l’uva buona. Le ciliegie da noi, è stata sempre la zona di Chiusa Sclafani che ha avuto questo… questa… perché veramente lì hanno la storia da centinaia di anni che si coltiva, non è che lo so da ora che è zona di ciliegie e fanno ciliegie bene… io lo so da quando ero piccolino.., quando erogiovanottino”.
La figlia Lucia interviene ancora e fa riferimento a qualcuno che aveva un suolo in zona: “Avevano loro il terreno… non lo so io com’è che … ”.
Il capo dei capi interrompe la figlia e introduce il senatore Schifani: “Il paese di un senatore siciliano”, dice Totò Riina, “il paese… di… uno di Chiusa Sclafani …..un senatore….. Forza Italia!. Il paese Chiusa Sclafani e del senatore Schifani”. La figlia Lucia e la moglie Ninetta non sanno nulla e gli chiedono incredule: “Chiusa Sclafani?”. Totò conferma: “Sì il paese del senatore”. Poi c’è una pausa e Totò Riina aggiunge “eh…..è… una mente è! Che è una mente… incompr… uno non è che”. La moglie a questo punto, senza senso, interrompe il marito e introduce il tema delle rare visite che può fare al boss in carcere. Apparentemente non c’è alcuna connessione tra i due discorsi: “Perché ti vengo a vedere ogni due mesi, ogni tre mesi”, dice Ninetta e Totò Riina ribatte: “Tant’è vero che dicono ….ma loro avrebbero pensato che avessero bucato il cervello, a me l’avessero bucato, invece il cervello… non si è bucato, pazienza… pazienza… pazienza”.
Insomma Riina, dopo aver detto che Schifani è di Chiusa Sclafani (ed effettivamente il padre del senatore, recentemente scomparso, era nato in questo paese del corleonese nel quale a giugno si tiene la sagra delle ciliegie) e dopo avere aggiunto che Schifani è una mente, si lamenta del fatto che pensavano di distruggerlo, lasciandolo in isolamento. Ma il suo cervello però ha resistito e ci vuole pazienza, tanta pazienza.
La conversazione è stata subito trasmessa ai pm che indagavano Schifani per concorso esterno in associazione mafiosa. Pende la richiesta di archiviazione per questo procedimento davanti al gip Morosini che presto potrebbe firmare il decreto di archiviazione. I pm hanno considerato che “questo apprezzamento positivo proveniente da un pericoloso capomafia non è certo lusinghiero per il destinatario” ma non hanno ovviamente riscontrato alcun indizio di reato in un semplice apprezzamento. Anche se Riina sorrideva quando pronunciava i complimenti a Schifani, sapendo di essere intercettato. Il capogruppo del Pdl è entrato in Parlamento nel 1996 quando è stato eletto nel collegio di Corleone-Altofonte. Era un avvocato esperto di urbanistica ed era socio dello studio di piazza Virgilio a Palermo insieme al professor Giuseppe Pinelli.
Il Fatto ha scoperto che in un’indagine palermitana c’è una traccia che lega la famiglia Riina allo studio Pinelli-Schifani, chiamato ancora così perché il figlio del senatore, Roberto Schifani, ha ereditato il ruolo del padre. Il 16 gennaio 2002 alle ore 18 e 37 dal numero 091-323054 del telefono fisso dello studio legale Pinelli-Schifani parte una telefonata diretta al cellulare di Giuseppe Salvatore Riina, allora 25enne, figlio di Totò Riina. La telefonata dura 114 secondi. Il figlio del boss si trova a Corleone ed è indagato per i suoi affari con altri mafiosi. Sarà arrestato a giugno del 2002 e poi condannato molti anni dopo in via definitiva a 8 anni per mafia. In quel momento però il suo cellulare non è intercettato. Quindi non possiamo sapere chi chiamava e chi parlava quel giorno con Riina Jr dallo studio Pinelli-Schifani. Alle 18.06, pochi minuti prima, Riina jr chiama qualcuno che è a Roma, al Jolly Hotel Vittorio Veneto. L’ignoto interlocutore romano parla con lui per quasi tre minuti.
Chi era la persona che parlava con Riina dallo studio palermitano? Fonti vicine a Renato Schifani sostengono che il senatore quel giorno era a Roma e che non si occupava da tempo dello studio. Anche il suo socio Giuseppe Pinelli sostiene di non avere fatto quella telefonata. Solo il figlio di Riina, oggi uscito dal carcere dopo avere scontato la pena, potrebbe chiarire il dubbio.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/10/e-mente-stima-di-toto-riina-per-renato-schifani/589834/

Non gli crede più neanche chi gli ha dato il battesimo...ora si affidano alle menti...