La “Tortora” della vergogna …
Alessandro Manzoni nei “ Promessi sposi “ descrive il vero ed unico protagonista del suo romanzo in maniera estremamente realistica e fedele. Ne tratteggia la personalità, l’ambientazione, gli usi ed i costumi; ne fa uno spaccato ed una disanima che ce lo fa comprendere e, quindi, amare così come si amano tutte quelle cose di cui si riesce ad assorbire l’essenza.
Il seicento, con le sue prevaricazioni di casta, con le sue abiezioni padronali, con le sue smanie religiose, con le sue tante giustizie private e con tutti i sotterfugi messi in atto da ciascuno di quelli che avesse un minimo di dignità o fosse impaziente dei propri diritti è il vero ed unico protagonista dentro al quale girano comprimari come don Abbondio, fra Cristoforo, don Rodrigo, la monaca di Monza, Lucia e Renzo.
In quel seicento una delle “also star”, come si direbbe oggi, è sicuramente la Peste Bubbonica, terribile e virulenta malattia che trasmessa a mezzo della poca igiene allora vigente e causata dai topi, falcidiava i milanesi dell’epoca viaggiando ad un tasso di mortalità altissimo: non c’era casa in cui non ci fosse (questa è storia, ndr.) un malato terminale, un contagiato, un familiare appena abbandonato sui carri dei monatti.
In quel seicento, attraversato da una sapienza medica più affine alla stregoneria che altro, pure il buon Manzoni fa dire ai governanti quanto fosse meglio evitare i luoghi chiusi ed affollati onde non offrirsi al contagio, onde cercare una sorta di prevenzione ante litteram.
Chi guardasse al nostro periodo storico, non potrebbe, e senza nessuna possibilità di errore, che individuare ogni e tutti gli aspetti seicenteschi del romanzo manzoniano pari pari presenti e protagonisti in questi turpi anni del nostro, mal ce ne incolse, vissuto.
Se fate un giro di trecentosessanta gradi attorno al Vostro asse riconoscerete, ovunque, i vari protagonisti, le ambientazioni, le monache ed i preti, i politici, gli abusi, i soprusi, i fracristoforo, i promessi sposi del vostro quotidiano.
“Non c’è la peste!” dirà qualcuno tra il beota ed il beato, ma, solo che non lo fosse beota e beato, non tarderebbe a rimangiarsi tutto nel riconoscere a tutto campo un’altra simile, ma e ben più grave patologia, estremamente contagiosa, al momento incurabile, estremamente letale; è una sorta di encefalite letargica, a paralisi fonica e di movimento progressiva in funzione di un aggravamento geometrico, che colpisce le facoltà intellettive, paralizza i muscoli, rallenta il respiro sino al completo blocco nervoso e cardiaco e susseguente morte per asfissia ed inedia in un trionfo di escrementi vergognosamente liberatisi dagli appositi orifizi. Pur conoscendone la causa, un batterio Gram Negativo, un clostridio sul tipo del tetano che risponde presente ogni volta si pronunciasse il suo nome: S.B.ARCORIANENSIS!, ancora oggi non si riesce a contrastarne la virulenza e la diffusione. La sua estrema pericolosità la si evince oggi dal fatto che proprio in quei luoghi creati appositamente per contrastarne la diffusione si è coperto un nuovo focolaio di infezione; tra gli operatori sanitari del P(residio)D(ifesa) si stanno riscontrando stadi avanzati della malattia e tutti i palliativi adoperati per debellarne i sintomi al massimo hanno un effetto placebo quando non, addirittura, ne favoriscono l’esplosione ed il diffondersi del contagio. Medici all’avanguardia, quasi esponenti di una “NUOVA EMERGENCY” socio-politico-sanitaria hanno pensato ad una strategia terapeutica del tutto nuova, suggeriscono non di evitare i luoghi chiusi, ma, anzi ed al contrario, di riunirsi ed affollare quei luoghi, oggi inverecondamente chiamati sezioni, per trasformarli in locali in cui diventerebbe possibile la trasformazione in P(rogetto)D(istruzione).
Dunque l’IDEA RIVOLUZIONARIA SAREBBE quella di iscriversi, noi che crediamo ancora in una salvezza possibile dal contagio e quindi dalla malattia conclamata, in massa e con cognizione di causa e con pretese di voce e con diritto di critica e con richiesta di rappresentanza a quel consesso per cambiarne i connotati dall’interno in una progressiva, virulenta, contagiosa, salvifica ascesa verso le cariche responsabili più alte. Lasciare quindi ogni strategia separatista e divisoria ed in funzione di una disinfestazione generale e generalizzata attuare sul campo una sterilizzazione fine e principio del vecchio e di un NUOVO CORSO. Pensiamoci, perché altrimenti ed a questo punto della epidemia, destinazione più certa è solo quella del LAZZARETTO.