sabato 29 dicembre 2018

Il genio di Daniela Ducato che crea il futuro usando gli scarti. - Riccardo Bruno


Daniela Ducato, 58 anni, con il suo cane Pegaso

L’imprenditrice sarda per «Fortune» è la donna più innovativa d’Italia. Ha iniziato usando i resti della lana per assorbire il petrolio finito in mare. «Bisogna fare rete e non arrendersi».

Questa storia inizia con i capperi e il mare. 

«La professoressa di scienze al liceo, si chiamava Giuseppina Primavera, ci portava a vedere le piante che crescevano sui muri di Cagliari e che quasi nessuno notava. E ci invitava a guardare il mare davanti, come se fossimo noi stessi dei vegetali». Botanica e poesia, rigore e passione hanno guidato tutta la vita di Daniela Ducato, 58 anni, sarda, premiata due sere fa come l’imprenditrice più influente d’Italia (assieme alla milanese Riccarda Zezza) nella prima edizione nazionale del prestigioso riconoscimento della rivista Fortune alle donne in grado di cambiare il mondo. E lei, ritirando il premio, ci ha tenuto a ringraziare la vecchia prof e le due nipotine, Olympia e Sara, perché «ogni giorno cerco di guardare con i loro occhi».

Eccedenze Passato e futuro, nuovi progetti sulle spalle della tradizione. È sempre stato così per Daniela Ducato. Ha iniziato con la lana di pecora, quella a pelo corto, uno scarto di lavorazione, un rifiuto difficile da smaltire, e l’ha trasformata in un isolante termico per l’edilizia, ma anche in una straordinaria «spugna» per assorbire il petrolio nel mare.

Dopo la lana, il sughero, e poi la canapa, e ancora le vinacce o le bucce di pomodoro. «Cento sostanze da buttare diventate 120 biomateriali da impiegare in tanti settori». Non le piace chiamarli scarti. «Semmai scarti preziosi, ma preferisco eccedenze, dà il senso dell’abbondanza, di un dono. Cerco di trovare una funzione a ogni cosa». La sua forza è nel mettere assieme idee e energie. «Coordino persone, faccio incontrare imprese e ricerca. Bisogna fare squadra, incoraggiarsi a vicenda come una famiglia. Solo da questo scambio può nascere qualcosa di buono. Va condiviso tutto, anche i fallimenti, perché l’errore può essere il punto di partenza perché altri trovino la soluzione corretta».

Prodotti ecologici Ultimamente si è concentrata sul packaging. «Per le merci che devono essere sempre refrigerate abbiamo creato film sottili termici realizzati con la canapa. No acqua, no petrolio, no guerra, diciamo noi». E si è dedicata all’interior design. «L’inquinamento interno è quattro volte maggiore di quello esterno». Gira sempre con un rivelatore di sostanze dannose. «Anche l’altra sera a Roma ho testato l’albergo. È importante scegliere materiali non solo sani ma anche esteticamente gradevoli, unire la salute alla bellezza. È straordinario entrare in un ufficio dove sembra di respirare l’aria di un bosco». La sua azienda, la Edizero Architecture for Peace, inserita nel 2016 al Forum mondiale dell’Economia tra le dieci eccellenze nel campo delle biotecnologie, ha sede a Guspini, sud ovest della Sardegna, Medio Campidano, considerata l’area più povera d’Italia. «E accanto c’è il Sulcis, che è la penultima. Nella zona industriale si sono dimenticati di fare le infrastrutture, le stiamo costruendo a nostre spese. La vera povertà è l’incapacità delle istituzioni di ascoltare il territorio, l’assistenzialismo, lo spreco di risorse, la svalutazione dell’esistente. Innovare significa proprio questo, non rassegnarsi, dare valore a tutto quello che c’è. È l’unica forma di sopravvivenza, altrimenti non resta che emigrare».

Prospettive Daniela Ducato, «campionessa mondiale di innovazione, orgoglio della nostra Italia migliore» come la definì il Presidente Mattarella quando tre anni fa la nominò cavaliere della Repubblica, non è tipo che si culla sui successi. «Nel 2019 prenderò nuove strade. Mi occuperò di alta formazione nella progettazione con le Università di Cagliari e Sassari. E mi dedicherò a produzioni differenti nel settore del cibo. Ammetto che da un lato sono preoccupata, ma dall’altro so che è giusto cambiare. È sempre utile mutare prospettiva, modo di vedere le cose». Come ammirare il mare immaginando di essere una pianta di capperi.



Dna e proteine, la prova scientifica dell’esistenza di Dio. - Fabio Manenti

Dna e proteine, la prova scientifica dell’esistenza di Dio

Finché saranno gli uomini a proclamare i santi, Dio avrà la “D” tra parentesi e un “io” scritto in grande. L’uomo che si incarna nello spirito anziché il contrario. Eppure, nell’infinitesimale vastità del tutto, polvere atomica e galassie colossali, esiste un’energia ininterrotta, pervadente e razionale. Straordinariamente razionale. La avvertiamo perché ne siamo parte e la ignoriamo per la stessa ragione.
Bill Bryson è un giornalista statunitense, autore di un libro – tra gli altri – meraviglioso: Breve storia di (quasi) tutto. È un reportage dell’universo, un romanzo ironico e coinvolgente che racconta la scienza con esempi concreti e straordinariamente comprensibili. Quando parla di proteine, racchiude in meno di una pagina la prova di quell’energia metodica che i popoli chiamano Dio, ciascuno col proprio nome: “Noi abbiamo bisogno di moltissime proteine, ognuna delle quali è un piccolo miracolo. Stando alle leggi della probabilità, le proteine non dovrebbero nemmeno esistere. Per crearne una, gli amminoacidi devono essere assemblati in un ordine particolare. Per ottenere il collagene, una comunissima proteina, bisogna disporre ben 1055 amminoacidi nella sequenza corretta.
La probabilità che una molecola di collagene si autoassembli spontaneamente sono, in tutta franchezza, nulle. Per renderci conto di quanto questo sia improbabile, immaginiamo una normalissima slot machine come quelle di Las Vegas e aumentiamone le dimensioni portandole a 27 metri, in modo che possa accogliere 1055 ruote (anziché le solite tre) ognuna delle quali contenente 20 simboli (uno per ogni comune amminoacido). Quante volte dovremmo tirare la leva prima che tutti i 1055 simboli si presentino nella sequenza giusta? In pratica, per tutta l’eternità. Anche riducendo il numero di ruote da 1055 a 200 (che è il numero di amminoacidi più comune per una proteina) la probabilità che si sistemino nell’ordine corretto è una su 10 elevato a 260 (ossia 1 seguito da 260 zeri). Un numero di per sé più elevato di tutti gli atomi contenuti nell’universo. Il fatto che anche una sola proteina possa essere sintetizzata grazie a eventi casuali sembrerebbe dunque una circostanza spaventosamente improbabile”.

Bryson parla di “piccolo” miracolo probabilmente solo per una questione di dimensioni. Perché questo evento, tanto inverosimile quanto reale, è solo il primo di quell’incredibile fatalità che è la vita. Il secondo sta nel fatto che la nostra esistenza non si accontenta di una sola proteina “ma di centinaia di migliaia, forse un milione, ciascuna delle quali diversa dalle altre”. Un milione di enormi slot machine tutte, “casualmente”, con la corretta sequenza.
Il terzo è che l’eccezionalità di una proteina è sia nella concatenazione dei suoi amminoacidi sia nell’esatta forma che questa sequenza deve assumere, evento altrettanto spontaneamente assurdo. Il quarto – ebbene sì, ce n’è anche un quarto – arrovellerebbe filosofi e semplici avicoltori, appassionati dell’ancestrale quesito di quale, tra la gallina e l’uovo, abbia per primo fatto la sua comparsa: le proteine non devono avere solo forma e sequenza assolute ma devono anche potersi riprodurre. Operazione che si realizza con perfetta efficacia attraverso il Dna. Siamo quindi a una situazione paradossale: “Le proteine – scrive Bryson – non possono esistere senza Dna, e il Dna non serve a niente senza di esse. Dobbiamo quindi pensare che siano comparsi sulla Terra contemporaneamente, con lo scopo di sostenersi a vicenda? Tutto questo per logica non dovrebbe succedere; eppure, in un modo o nell’altro, in natura succede eccome”.

Io non sono né scienziato né prete. E non so che forma abbia Dio, il senso ultimo della sua esistenza, se abbia sembianze d’uomo o di donna, se sia buono o vendicativo, padre avvinto all’esistenza dei figli o inesorabile destino. Credo che non abbiamo facoltà sufficienti nemmeno a immaginarlo: con la prima parola di questa frase, “credo”, a essere cardine delle vicende dell’uomo più di Dio stesso.

domenica 23 dicembre 2018

sabato 22 dicembre 2018

Ue, Oettinger smentisce Moscovici e chiede una procedura contro la Francia.

Ue, Oettinger smentisce Moscovici e chiede una procedura contro la Francia

Il commissario europea al Bilancio in un’intervista al settimanale tedesco Focus: "Parigi ha violato le regole, non si può usare la mano leggera". Il suo collega agli Affari europei da giorni ribadisce il contrario. L'uscita dell'esponente del Ppe contro Macron segue una serie di attacchi a Roma nei mesi precedenti.

La Francia dovrebbe subire una procedura per deficit eccessivo, perché ha violato “le regole per l’undicesimo anno di fila”, tranne che nel 2017. E “i fondi extra che Emmanuel Macron ha promesso” per placare la rivolta dei gilet gialli “non sono regali di Natale una tantum, ma spese permanenti e strutturali”. Questo il pensiero del commissario europea al Bilancio, il tedesco Guenther Oettinger. In un’intervista al settimanale tedesco Focus, il funzionario appartenente al fronte rigorista smentisce il suo omonimo agli Affari europei, Pierre Moscovici, e dice: “Non si può usare la mano così leggera con la Francia”.
Moscovici era stato accusato più volte dal governo italiano di usare due pesi e due misure nel valutare le manovre di Roma e Parigi e i rispettivi sforamenti del deficit. “La Francia sarà l’unica a sforare il 3% ma non avrà sanzioni”, aveva ripetuto il commissario solo qualche giorno fa, ancor prima che la procedura contro l’Italia fosse scongiurata e dopo aver sostenuto a più riprese che il caso francese non può essere paragonato a quello italiano: “Non c’è nessuna indulgenza, sono le nostre regole”.
Oettinger però lo ha smentito e ha attaccato Parigi con un’uscita inaspettata. Non è la prima volta per l’esponente della Cdu di Angela Merkel e del Partito popolare europeo. Già a fine maggio scorso aveva commentato il voto del 4 marzo scorso dicendo che i mercati avrebbero “spinto” gli italiani a “non votare per i populisti”. E poi a settembre scorso aveva accusato Roma di voler “distruggere l’Ue”. Infine, un mese dopo, ancora prima che la Commissione facesse sapere al governo Conte il suo parere sulla prima bozza della manovra, aveva rivelato a Der Spiegel: “L’Ue respingerà il testo dell’Italia”.

di  | 21 dicembre 2018

giovedì 20 dicembre 2018

Sanità, Giulia Grillo risparmia due miliardi migliorando il servizio. - Jacopo Fo

Sanità, Giulia Grillo risparmia due miliardi migliorando il servizio

Prima delle ultime elezioni con www.peopleforplanet.it lanciammo una raccolta di firme per ottenere che anche in Italia le farmacie vendano le medicine nel numero esatto previsto dalla ricetta medica. Da decenni fanno così in Usa e in Germania. 
Francia, Spagna e Svizzera stanno adottando lo stesso metodo. Un risparmio enorme per i cittadini e lo Stato, meno pericoli dovuti ai cassetti pieni di medicinali scaduti o assunti senza una prescrizione medica. Quando è diventata ministro Giulia Grillo sono aumentate le nostre speranze che questa piccola riforma andasse in porto perché lei nella passata legislatura era la prima firmataria di una proposta di legge in tal senso. E una volta tanto un ministro ci ha stupiti andando ben oltre le nostre speranze. Giulia Grillo infatti sta mettendo mano all’insieme del sistema dei medicinali, un ginepraio nel quale spariscono cifre da capogiro.
La prima questione che ha affrontato con uno staff di specialisti è quella della validità dei farmaci. La semplice verifica della reale efficacia dei farmaci, secondo criteri scientifici, porterà a un notevole risparmio ed eviterà ai pazienti di assumere medicamenti inutili e quindi potenzialmente dannosi. C’è poi la questione assurda dei farmaci che sono doppioni di altri. Si tratta del 70% dei farmaci, un migliaio di prodotti. Ad esempio sono in commercio 21 antidepressivi con prezzi ben diversi uno dall’altro. Discorso parallelo sui farmaci che hanno una formula chimica diversa ma effetti equivalenti. Su questo punto il ministero conta di ottenere risparmi ingenti per lo Stato ma anche per i cittadini, attraverso una campagna di informazione; infatti gli italiani spendono di tasca loro un miliardo all’anno per comprare medicinali di marca che sono fotocopie di medicinali più economici e che di più hanno solo il prezzo.
Chiara Daina, sul Fatto Quotidiano, spiega bene come una simile riforma sia complessa perché prevede di attivare le Regioni che sono gli enti che pagano direttamente le medicine e che dovrebbero modificare le modalità di acquisto. Alcune Regioni hanno spese per i farmaci molto alte, altre hanno iniziato a razionalizzare: “Un altro successo lo ha portato a casa il Piemonte, che quest’anno grazie al meccanismo delle gare ha risparmiato oltre 41 milioni di euro solo sui maggiori farmaci utilizzati, con una riduzione media di prezzo del 67%. In alcuni casi la spesa si è ridotta fino al 99%: per il bosentan (un antipertensivo) e l’imatinib (un antitumorale), i cui costi unitari sono scesi rispettivamente da 2.210 a 27 euro e da 1.907 a 24 euro. Il trastuzumab (un altro antitumorale) invece è passato da 565 a 163 euro (-71%); l’adalimumab (un antinfiammatorio), da 866 a 293 euro (-66%)”.
È veramente incredibile che la Regione Piemonte sia riuscita ad abbassare così tanto il prezzo di alcuni farmaci. C’è da chiedersi cosa abbiano combinato gli amministratori precedenti e che combinino quelli che tutt’ora continuano a pagare farmaci a peso d’oro. E in questo campo si otterranno ulteriori risparmi riuscendo a organizzare gare con la partecipazione di tutte le Regioni: maggiori acquisti vogliono dire prezzi più bassi!
Sono anni che si tenta la riforma del prontuario dei farmaci ma ogni tentativo è stato invalidato dalla resistenza delle case farmaceutiche. Non sarà facile ma finalmente vediamo all’opera la logica artigianale delle piccole riforme, che vanno a cambiare meccanismi che non infiammano le piazze e non esaltano i media ma sono sostanziali. È comunque un peccato che questa iniziativa, datata 10 dicembre, abbia trovato così poco spazio sui media. E già che ci siamo segnalo l’inizio di una campagna che segue questa filosofia Shangai di incominciare a cambiare le cose partendo dalle più facili. Abbiamo fondato il movimento dei Pink Bloc, come i Black Bloc ma più gentili. Il nostro primo bersaglio sono state le cattiverie verso i pendolari e i viaggiatori in genere, delle Ferrovie dello Stato. Un commando dei Pink Bloc ha danzato in tutù rosa di fronte alla sede romana delle Ffss, sulle note delle sonate romantiche di Chopin, cercando così di muovere a un sentimento di dolcezza gli uomini e le donne che dirigono questa azienda. Un passo di danza vi convertirà all’amore!

20 anni e non sentirli. - Marco Travaglio


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Spiace dirlo, ma ha ragione Berlusconi: “La Spazzacorrotti è una legge pericolosissima e mette ogni cittadino nelle mani di qualunque pm”. Avrebbe dovuto precisare “ogni cittadino come me”. 
Ma non sottilizziamo: lui è sinceramente convinto che ogni cittadino passi le sue giornate a corrompere il prossimo. Dunque, letta la legge Bonafede, ha visto passare davanti ai suoi occhi tutta la sua carriera criminale. 
E s’è fatto due conti: cosa sarebbe accaduto se l’Anticorruzione fosse in vigore dai tempi di Mani Pulite, al posto delle mille Procorruzione approvate da lui e dai suoi presunti avversari di centrosinistra? 
La risposta è terrificante: lui oggi sarebbe praticamente all’ergastolo. Intanto perché alcune delle tante mazzette che ha pagato e sono rimaste occulte sarebbero state scoperte dai nuovi agenti sotto copertura o denunciate dai corrotti in cambio dei nuovi sconti di pena, e lui non avrebbe subìto 30 processi, ma almeno 50. Poi perché l’aumento delle pene per i reati contro la PA (di cui è un collezionista di fama mondiale) avrebbe comportato condanne più severe. Ma soprattutto perché il blocco della prescrizione dopo la prima sentenza avrebbe trasformato quasi tutte le sue prescrizioni in condanne definitive.

1) All Iberian. Nel 1998 B. viene condannato in primo grado a 2 anni e 4 mesi insieme a Bettino Craxi per finanziamento illecito: una maxitangente in Svizzera di 23 miliardi di lire al leader Psi. In appello però il reato si prescrive e la Cassazione conferma: B. è colpevole, ma l’ha fatta franca. Col blocco dei termini alla prima sentenza, sarebbe stato condannato definitivamente a 2 anni e 4 mesi.

2) Telefonata Consorte-Fassino. Nel 2013 B. viene condannato col fratello Paolo a 1 anno di reclusione per violazione del segreto per aver ricevuto illegalmente la bobina segretata dell’intercettazione tra il patron Unipol e il segretario Ds sulle scalate dei furbetti del quartierino (“allora, siamo padroni di una banca?”) e averla fatta pubblicare dal Giornale alla vigilia delle elezioni 2006. Poi, in appello, lo salva la solita prescrizione, che non scatterebbe con la riforma Bonafede: dunque B., dichiarato colpevole ma illeso pure in Cassazione, si beccherebbe un altro anno di galera definitivo (oltre ai 2 anni e 4 mesi di All Iberian: totale 3 anni e 4 mesi).

3) Compravendita senatori. Nel 2015 B. viene condannato dal Tribunale di Napoli a 3 anni con Valter Lavitola per corruzione del senatore Sergio De Gregorio con 3 milioni di euro in cambio del suo passaggio dall’IdV a FI. In secondo grado, il consueto miracolo della prescrizione.
Ma Corte d’appello e Cassazione confermano che è un colpevole impunito. Con la Spazzacorrotti già in vigore, anche quei 3 anni di galera sarebbero diventati definitivi. Totale, con le condanne precedenti: 7 anni e 4 mesi. Che sarebbero diventati 11 anni e 4 mesi con l’unica condanna definitiva finora subita dal Caimano: quella a 4 anni confermata nel 2013 dalla Cassazione per le frodi fiscali sui diritti Mediaset. Quest’ultima condanna si ridusse a 1 anno grazie all’indulto triennale varato dal centrosinistra (coi voti di FI) nell’estate del 2006, che però era riservato a chi non avesse riportato altre condanne per reati commessi dopo la sua approvazione: dunque B., con la condanna per la mazzetta a De Gregorio (fine 2006), non ne avrebbe beneficiato. E avrebbe dovuto scontare in carcere la bellezza di 11 anni e 4 mesi. Si dirà: ma la legge ex-Cirielli esenta dal carcere gli ultrasettantenni. Vero. Ma almeno una condanna definitiva B. l’avrebbe subìta prima di compiere 70 anni (nel 2006) e anche prima di imporre la ex-Cirielli (2005), dunque sarebbe finito in carcere fin dai primi anni 2000. E, compiuti i 70 anni, avrebbe seguitato a scontare il resto della pena non comodamente ai servizi sociali nell’ospizio di Cesano Boscone, ma agli arresti domiciliari. Con una serie di effetti collaterali non da poco: l’interdizione dai pubblici uffici sarebbe scattata ben prima del 2013, dunque B. non avrebbe più potuto candidarsi: cioè ci saremmo risparmiati un bel pezzo del suo secondo governo, il più devastante (2001-2006) e anche l’ultimo (2008-2011), senza contare le larghe intese con Monti e Letta jr. Perché B., anziché a Palazzo Chigi, avrebbe dovuto risiedere in gattabuia o restarsene chiuso in casa piantonato dalla forza pubblica. Se, puta caso, avesse iniziato a scontare i suoi 11 anni e rotti nel 2005, avrebbe finito – con tutti gli sconti all’italiana – intorno al 2015. Ma non sarebbe stato più eleggibile né riabilitabile nemmeno dopo.
E, in questi calcoli, ci siamo tenuti stretti. È ovvio che, se questa Anticorruzione fosse stata approvata quando il pool di Mani Pulite la propose (a Cernobbio, nel settembre ’94), significherebbe che al governo ci sarebbero stati già allora i 5Stelle, non il Partito dell’Impunità del centro-destra-sinistra. Quindi nessuna delle Procorruzione varate dal ’94 al 2017 sarebbe diventata legge, nemmeno le due più devastanti fatte da B. per B.: la ex-Cirielli che dimezzava i termini di prescrizione e la depenalizzazione del falso in bilancio, che hanno incenerito altri sei processi a suo carico. I quali si sarebbero conclusi quasi tutti non con prescrizioni, ma con condanne. E il totale sarebbe salito ad almeno 20 anni. Che, per un uomo di 82 anni, equivale all’ergastolo, anche al netto delle sentenze che arriveranno prossimamente nei processi e nelle inchieste ancora aperti: il Ruby ter – in sei tronconi sparsi per l’Italia – per corruzione di testimoni; il caso Tarantini per l’induzione a mentire su un altro giro di escort; l’indagine fiorentina per concorso nelle stragi del ’93 a Milano, Firenze e Roma. Quindi sì, la Spazzacorrotti è pericolosissima. Per i delinquenti.

FQ 20 dicembre 2018