mercoledì 15 maggio 2019

Voto di scambio è legge, Forza Italia e Pd hanno votato contro. Il vicepremier Di Maio: “Questa norma era un dovere”.


Voto di scambio è legge, Forza Italia e Pd hanno votato contro. Il vicepremier Di Maio: “Questa norma era un dovere”

Il provvedimento ha ottenuto 157 sì, 81 no e 2 astenuti ed è approvato in via definitiva. Grasso (Leu): "Legge migliorativa rispetto all'attuale". Il pentastellato Giarrusso: "Quanti farisei presenti anche in questa Aula, la prossima settimana andranno a ricordare Giovanni Falcone a Palermo, dove si dovrebbero vergognare di andare".

Come era già accaduto per il voto alla Camera, il 7 marzo scorso, Pd e Forza Italia hanno votato contro. Ma è diventata legge dello Stato, con il via libera dall’Aula del Senato, il ddl sul voto di scambio politico mafioso. Il provvedimento ha ottenuto 157 sì, 81 no e 2 astenuti ed è approvato in via definitiva. “La nostra riforma del voto di scambio politico-mafioso adesso è legge! Rafforzare questa norma era un dovere anche nei confronti di chi ha dato la vita per impedire ogni patto tra politica e criminalità organizzata. #ViaLaMafiaDallaPolitica” scrive su Twitter il vicepremier e leader del M5s Luigi di Maio, aggiungendo un’immagine di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino con la scritta: “Le loro idee camminano sulle nostre gambe”. Giurisprudenza a parte, l’effetto principale della riforma è l’inasprimento delle pene che potranno arrivare a quindici anni di carcere. Con le aggravanti speciali si arriva fino a 22 anni e mezzo di condanna: un passaggio che però – per le opposizioni – sarebbe a rischio di ricorsi alla Corte costituzionale.

Cosa prevede la nuova legge: pene più alte e interdizione perpetua. Il testo approvato da Palazzo Madama modifica l’articolo 416 ter del codice penale ed è formato da un solo articolo. Prevede che chiunque accetti, direttamente o con intermediari, la promessa di voti da persone delle quali si sa che appartengono ad associazioni mafiose, in cambio di denaro o della promessa di denaro oppure di un altro favore, o in cambio della disponibilità a soddisfare interessi dell’associazione mafiosa, è punito con la pena stabilita nel primo comma dell’articolo 416 bis. In pratica la formulazione del reato lega il voto di scambio con l’associazione a delinquere di stampo mafioso. In questo modo si stabilisce un collegamento ontologico tra le due fattispecie criminali: non è un caso, infatti, che nel 416 bis tra i reati fine delle associazioni mafiose s’indica anche “impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali”.
Le pene sono quindi più dure: da sei/dodici anni si passa a dieci/quindici anni. Per tutti i condannati scatta poi l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. C’è poi “un’aggravante speciale“: se il politico si è messo d’accordo con il mafioso per ottenere voti e viene effettivamente eletto le pene sono aumentate. In questo caso la pena dei 10-15 anni previsti dal 416 bis, viene aumentata della metà. L’aggravante speciale, però, era stata contestata e la legge alleggerita da un emendamento di Fratelli d’Italia. Che poi era stato neutralizzato in modo che la norma prevedesse che il riconoscimento della responsabilità di tutti quei politici che prendono voti da mafiosi o intermediari di mafiosi.
Patuanelli (M5s): “Fuori la mafia dalla politica”- “Fuori la mafia dalla politica. Non è uno slogan ma il messaggio chiaro e netto che diamo al nostro Paese con la legge che abbiamo approvato: il voto di scambio – scrive su Facebook il capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato Stefano Patuanelli –  tra i politici e i mafiosi è un attacco al cuore della nostra democrazia, il tradimento della fiducia dei cittadini e la fine della credibilità per le istituzioni. Da oggi l’Italia ha strumenti nuovi ed efficaci per combattere le mafie e chi fa i loro interessi dentro lo Stato. Era un obiettivo fondamentale del Movimento 5 Stelle, oggi è legge“.  “L’approvazione in via definitiva della legge M5S contro il voto di scambio politico-mafioso è motivo di enorme soddisfazione. È un provvedimento che – dichiara Riccardo Fraccaro, ministro per i Rapporti con il Parlamento –contrasta il malaffare e tutela la democrazia, inasprendo le pene per i politici che scendono a patti con la criminalità organizzata in cambio di voti. Le mafie sono una piaga di questo Paese e si combattono non a parole ma con i fatti. Chi amministra la cosa pubblica, non può avere alcun tipo di contiguità associazioni mafiose. La politica deve rispondere esclusivamente agli interessi dei cittadini che devono poter scegliere legittimamente i loro rappresentanti. Con il provvedimento varato dal Senato mettiamo la mafia fuori dallo Stato“.

Fi: “Aumenti di pena sconsiderati”. Pd: “Profili di illegittimità”. “Non si può non riconoscere che grazie alle nostre leggi, mai modificate, si continua a combattere la mafia con le norme più giuste. Questa legge non la votiamo invece perché prevede – aveva detto Giacomo Caliendo, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia, nel corso del dibattito – soltanto aumenti di pena sconsiderati e incoerenti con la complessiva legislazione penale. Non condividiamo inoltre che in materia penale si intervenga ogni due anni rendendo così la legislazione slabbrata e in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione. Noi riteniamo che il vero antidoto alla mafia siano processi rapidi applicando norme equilibrate e severe come quelle da noi realizzate. Oggi più che mai vogliamo ribadire che i nostri governi di centrodestra di cui faceva parte anche la Lega hanno approvato leggi di contrasto alla criminalità organizzata tuttora in vigore”.
Anche i democratici hanno votato contro: “All’inizio della scorsa legislatura fu approvata la riforma del 416 ter. Quella riforma, lo ha ripetuto la procura Antimafia più volte, ha funzionato, ha consentito molte condanne. Era una norma chiara, equilibrata, condivisa dalla magistratura e dal vasto mondo associativo Antimafia, che nessuno aveva chiesto di modificare. Ora questa maggioranza, in nome della propaganda, la vuole cambiare al fine di intestarsi una battaglia per apparire gli unici depositari del principio di legalità, proprio mentre il decreto sblocca cantieri fa un passo indietro su questo terreno, come denunciato anche oggi da Raffaele Cantone  – ha detto il senatore Franco Mirabelli, vice presidente dei senatori del Pd -. Per apparire più onesti degli altri, Lega e 5S peggiorano e mettono a rischio una norma importante: si restringe il campo, si crea incertezza interpretativa, si rischiano profili di illegittimità costituzionale con pene sproporzionate e senza logica. L’unico risultato che si ottiene è quello di indebolire il contrasto al voto di scambio politico-mafioso”.

Prima del voto c’era stato un confronto tra il dem Luigi Zanda e il 5stelle Michele Giarrusso: “Quanti farisei – aveva detto il pentastellato – presenti anche in questa Aula, la prossima settimana andranno a ricordare Giovanni Falcone a Palermo, dove si dovrebbero vergognare di andare”. “Il senatore Giarrusso – la replica del tesoriere dem –  ha dato dei farisei a senatori che siedono in questa Aula. Lanciare accuse o insulti generici senza dire i nomi delle persone a cui queste accuse sono rivolte è un metodo mafioso e in quest’Aula queste cose non sono consentite“.
LeU invece vota a favore dopo astensione alla Camera
Critico con il governo il senatore Pietro Grasso, ex procuratore capo di Palermo, che però ha annunciato il voto favorevole di LeU. Il partito di sinistra si era astenuto alla Camera alla votazione precedente: “State facendo anche della lotta alla mafia – tema che dovrebbe unirci tutti per garantire al nostro Paese legalità, sviluppo e crescita – l’ennesimo spot elettorale. Vederla utilizzata come “scusa” dal ministro dell’Interno per sottrarsi alle celebrazioni della Liberazione, ad esempio, è un modo per svilire un impegno che deve essere costante, quotidiano, serio. Non basta – ha aggiunto l’ex magistrato – inaugurare a favore di telecamere beni confiscati molti anni fa, non bastano post e tweet ad ogni arresto – magari ad operazioni in corso, compromettendone anche l’esito – per adempiere a quelli che sono gli obblighi di guida del Paese. I latitanti non li arrestano i Governi, ma la magistratura e le forze di Polizia! Il contrasto alla mafia, infatti, è molto di più di tutto questo. “l Paese merita molto di più di quanto non stiate facendo su questo come su tutti gli altri fronti della vostra azione politica. Ci aspettiamo altri provvedimenti in Commissione e in Aula per rendere il contrasto alle mafie più efficace, la lotta all’economia criminale più incisiva e i processi più rapidi. Ciò premesso, e dandovi ulteriore prova di quanto quello che ci interessa è il merito dei provvedimenti e non la parte politica che li sostiene, riteniamo che la nuova fattispecie del 416-ter, soprattutto dopo le modifiche apportate alla Camera, sia migliorativa rispetto all’attuale, e per questo annuncio che Liberi e Uguali voterà a favore”.

“Oggi abbiamo raggiunto un altro grande risultato: è stata approvata definitivamente la nuova norma sul voto di scambio politico-mafioso. Il testo che è stato licenziato consentirà di contrastare in modo più efficace ogni ipotesi di infiltrazioni della mafia all’interno della politica. Situazioni gravissime perché incidono sulla massima espressione della democrazia” dicono i portavoce del MoVimento 5 Stelle in Commissione giustizia alla Camera, commentando l’approvazione della proposta di legge che modifica l’art. 416-ter c.p. “È fondamentale, invece, che il voto espresso alle urne sia libero da qualsiasi tipo di condizionamento, specie quello derivante da soggetti legati in qualsiasi modo alle cosche mafiose e al malaffare. Tante sono le novità di rilievo, dall’aumento delle pene al daspo a vita per i politici condannati per questo gravissimo reato. Non possiamo che mostrare la massima soddisfazione per aver fatto un altro passo verso il cambiamento, così da restituire ai cittadini la fiducia nella giustizia e nello Stato“.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/05/14/voto-di-scambio-politico-mafioso-e-legge-forza-italia-e-pd-hanno-votato-contro/5179258/


Ora aspettiamo che si vari una legge elettorale che non sia farraginosa e che preveda che ogni lista e relativo rappresentante si presentino da soli collocandosi preventivamente a sinistra, al centro o a destra e che decidano alleanze solo ad elezioni avvenute.
E' ridicolo vedere rappresentanti di lista appoggiati da altri 10 partitucoli nati dal nulla in una notte di mezzo....inverno.

Cetta.

farfalla di vetro o farfalla ali di vetro (Greta oto Geyer, 1837).



La farfalla di vetro o farfalla ali di vetro (Greta oto Geyer1837) è un lepidottero appartenente alla famiglia Nymphalidae, diffuso in America Centrale.

La farfalla, detta glasswinged (ali di vetro) in inglese, ha ali trasparenti che la rendono difficile da seguire per gli uccelli predatori. I bordi opachi delle sue ali sono marrone scuro a volte con striature rosse o arancioni.
L'apertura alare è compresa tra 5,6 e 6,1 cm.

Conad rileva supermercati Auchan Italia.

Conad rileva supermercati e negozi italiani di Auchan © ANSA

Nasce il primo gruppo italiano della Grande distribuzione con 17 miliardi di ricavi. Scalzata Coop.

Conad ha siglato un accordo con Auchan Retail per l'acquisizione della quasi totalità delle sue attività in Italia. Entra in Conad una parte importante dei circa 1.600 punti vendita di Auchan Retail Italia: ipermercati, supermercati, negozi di prossimità con i marchi Auchan e Simply, disposti sul territorio italiano in modo complementare alla rete Conad. Lo si legge in una nota.
"Oggi nasce una grande impresa italiana, che porterà valore alle aziende e ai consumatori italiani", ha commentato l'ad di Conad, Francesco Pugliese.
Per il perfezionamento dell'acquisizione servirà il via libera dell'Antitrust.
Non sono compresi nell'accordo, si legge in una nota di Auchan, 33 supermercati gestiti da Auchan Retail in Sicilia e 50 drugstore Lillapois. L'intesa prevede anche che i centri commerciali in cui sono situati i punti vendita di Auchan Retail Italia continueranno ad essere gestiti dalla società Ceetrus. "Desideriamo migliorare l'attuale difficile situazione delle attività di Auchan Retail in Italia e permettere a Conad di continuare, attraverso questa acquisizione, il suo ambizioso piano di sviluppo nel Paese", ha dichiarato il presidente di Auchan Retail Edgard Bonte. Conad è stata assistita da WRM Group, società specializzata nel real estate commerciale, e dagli advisor di Pwc. L'investment banking di Credit Agricole ha agito in qualità di solo advisor finanziario di Auchan.
Con l'acquisizione delle attività italiana di Auchan, Conad diventerà il gruppo leader in Italia nella grande distribuzione, scalzando le Coop, con una quota di mercato che salirà dal 13 al 19% e un fatturato aggregato che, su base pro-forma e facendo riferimento ai dati 2018, si attesta a 17,1 miliardi di euro. E' quanto si apprende da fonti vicine all'operazione che porterà alla fusione del secondo e quinto gruppo nella gdo in Italia Conad nel 2018 ha generato 13,4 miliardi di euro di fatturato attraverso 3.300 negozi mentre Auchan ha realizzato 3,7 miliardi di euro di ricavi attraverso 1.600 negozi a marchio Auchan e Simply e l'impiego di 18 mila persone. Il closing è atteso nel secondo semestre del 2019 ed è soggetto all'approvazione dell'antitrust, che vorrà guardare con attenzione gli effetti per i consumatori di una concentrazione molto rilevante per il mercato della grande distribuzione in Italia. Il passo indietro dei francesi, che sono stati seguiti dal Credit Agricole, è stato dettato dalle difficoltà di rilanciare le loro attività nel nostro Paese: nel 2018 Auchan Italia è stata svalutata per 440 milioni contribuendo alla perdita di quasi un miliardo di euro del gruppo.

Dal Tav al reddito, quando il falso è dei giornali.



L’Unione europea ha pronta una procedura di infrazione contro l’Italia per deficit eccessivo. Il reddito di cittadinanza provocherà l’assalto agli uffici postali. Anzi no, contrordine lettori, è un flop. Intanto gli immigrati costringono al matrimonio una bambina di nove anni. Se queste notizie vi preoccupano, tranquillizzatevi. Sono fake news. Solo che non nascono nei bassifondi dei social, bensì dai nostri maggiori quotidiani (un articolo più ampio sul tema si trova sul mensile Fq MillenniuM attualmente in edicola).

CELEBRE il caso di una certa Beatrice Di Maio, individuata da La Stampa come una produttrice di bufale contro Pd e Quirinale. “Ha qualcosa a che fare con la Casaleggio o la comunicazione ufficiale del M5S?”, si chiedeva il quotidiano. Si trattava in realtà di Tommasa Giovannoni Ottaviani, moglie del forzista Renato Brunetta, che agiva in proprio.

Ancora, avrebbe meritato qualche verifica in più il trattamento riservato all’allora deputato Luigi Di Maio nell’indagine su Raffaele Marra, l’ex vicecapo di gabinetto della sindaca di Roma Virginia Raggi: “E Di Maio scrisse alla sindaca: Marra è un servitore dello Stato” (Corriere della Sera). “M5S, le chat che smentiscono Di Maio. Scrisse a Raggi: Marra è uno dei miei”(Repubblica). Peccato che quei titoli fossero basati su uno scambio WhatsApp finito monco negli atti giudiziari. Nella versione integrale, diffusa la mattina dopo, così Di Maio rispondeva alla Raggi: “Quanto alle ragioni di Marra. Aspettiamo Pignatone (il procuratore di Roma, ndr). Poi insieme allo staff decidete/decidiamo. Lui non si senta umiliato. È un servitore dello Stato. Sui miei il Movimento fa accertamenti ogni mese. L’importante è non trovare nulla”. Una telefonata all’interessato avrebbe chiarito tutto per tempo.

È invece esploso pubblicamente a inizio anno lo scontro interno al Corriere della Sera. Il corrispondente da Bruxelles Ivo Caizzi ha accusato il direttore Luciano Fontana di aver pubblicato titoli del tutto fuorvianti nel dibattito incandescente sulla manovra economica del governo gialloverde. Il primo novembre 2018, ha sostenuto Caizzi, il quotidiano apriva “titolando in prima pagina su una “procedura d’infrazione” Ue contro l’Italia inesistente, oltre che tecnicamente impossibile, in quella data”.

OPPURE fate finta di arrivare oggi da Marte e provate a farvi un’idea sul Tav leggendo i quotidiani: sarà un disastro economico e ambientale oppure un’infrastruttura fondamentale per restare in Europa? E chissà se qualcuno ha deciso di tenersi lontano dagli uffici postali leggendo, all’avvicinarsi del debutto del reddito di cittadinanza, titoli come “Uffici postali e Caf potrebbero andare in tilt” (La Stampa, 6 marzo) o “Reddito, partenza nel caos” (Repubblica). Poteva non distinguersi Libero? “Un’orda mai vista invaderà Poste e Inps”. Un incubo, dal quale per fortuna è stato facile risvegliarsi il giorno dopo: “L’assalto al reddito parte al rallenty” (Repubblica, 7 marzo).

Quando i protagonisti sono gli immigrati, è ancora più facile che le fake news bollinate dalla carta stampata imbocchino il senso unico, come la raccapricciante storia di una sposa-bambina di 9 anni abusata dal marito “musulmano” pubblicata dal Messaggero a novembre 2017, poi completamente smentita dai carabinieri di Padova. Quando ormai i commenti indignati di politici e opinionisti di prima pagina avevano inondato l’opinione pubblica.

https://infosannio.wordpress.com/2019/05/14/dal-tav-al-reddito-quando-il-falso-e-dei-giornali/?fbclid=IwAR1DDOUHLZZx0MSbFF8ojsbTNki5HJqy34dlh9tg0GBXth5njnvU9YgwvD0

martedì 14 maggio 2019

Konrad Krajewski.

Risultati immagini per Konrad Krajewski in motore senza casco

il cardinale Konrad Krajewski, va via guidando il vespino, anche se senza casco.

Quest'uomo non ama rispettare le leggi.

Chiesa e Stato? Dare a Cesare è l’unica garanzia di legalità. - Carlo Nordio




Quando, alcuni mesi fa, scrivemmo su queste pagine che l’iniziativa di alcuni sindaci di violare le leggi in materia di immigrazione costituiva un pericoloso precedente per la certezza del diritto e per la stessa credibilità dello Stato, mai avremmo immaginato di ricevere una così stupefacente e dolorosa conferma in termini assai più gravi e con conseguenze ben più laceranti. Perché il gesto del Cardinale Krajewski è così nuovo e inatteso da lasciare quasi senza parole.
Tuttavia, superati i primi attimi di sgomento, possiamo provare a delinearne le caratteristiche e immaginarne gli effetti. Naturalmente spetterà alla magistratura ricostruire la vicenda, definendo l’eventuale reato e la connessa procedibilità. Ma, indipendentemente dall’aspetto penale, il comportamento del porporato costituisce una flagrante violazione di legge. E fin qui potremmo inserirlo in quel pericoloso indirizzo, di anteporre alle norme vigenti i propri convincimenti morali, che ha ispirato il sindaco di Riace e i suoi – per fortuna pochi – colleghi.
Ma Krajewski non è un sindaco, e nemmeno un parroco di campagna. In quanto cardinale residente a Roma, nonché elemosiniere del Papa, è a tutti gli effetti cittadino dello Stato Vaticano.
Uno Stato eretto con il Trattato tra la Santa Sede e Mussolini nel 1929, a seguito del quale è stato riconosciuta a questo nuovo soggetto non solo la sovranità, ma una serie di privilegi di cui non godono le altre Nazioni. E’ noto che, a fronte del plauso rivolto dalla Chiesa all’“uomo della Provvidenza” ( ma non si era detto che il Duce non aveva mai fatto niente di buono?) molti laici, a cominciare da Benedetto Croce, si opposero a questa sorta di compromesso confessionale che, tra polemiche anche più accese, fu confermato dagli articoli 7 e 8 della nostra Costituzione. Ma quale che sia il giudizio su questa scelta adottata per garantire – come si disse – la pace religiosa, è certo che il Vaticano continua a godere di prerogative del tutto originali cui corrisponde, o dovrebbe corrispondere, una particolare sensibilità verso le nostre istituzioni. Sensibilità che ora è stata grossolanamente smentita.
Non vi è, ovviamente, alcuna scusante etica per questa deplorevole violazione. Pare infatti che l’agile elemosiniere si sia addirittura calato nella buca per togliere i sigilli. Ora, se avesse voluto soccorrere gli occupanti abusivi che avevano accumulato trecentomila euro di bollette, avrebbe avuto varie opzioni non solo più corrette, ma anche più durature e meno pericolose per la sua incolumità: da quella più ovvia di offrirsi personalmente di saldare il conto, a quella ancora più encomiabile di fornire evangelico riparo nei vari immobili di cui il Vaticano dispone. Questa banale osservazione non ha nulla di anticlericale. Al contrario, esprime l’amara preoccupazione che possa riemergere quel conflitto, che periodicamente spinge i laici più intransigenti ad “allargare il Tevere” sino a renderlo un invalicabile oceano.
Ed è questo il punto più grave della questione. Se il Vaticano smentirà senza riserve l’operato del suo funambolico cittadino, la questione potrà dirsi politicamente chiusa, anche se resterà il disastroso precedente, ben più serio di quello dei nostri soccorrevoli sindaci. 
Se invece dovesse solo sorgere sospetto che il gesto del presule non è stato un ispirato momento di esaltazione coribantica, ma un ‘iniziativa concordata o approvata altrove, il nostro Stato dovrà prenderne atto, perché una sua inerzia supina suonerebbe come un’ intollerabile ammissione di codarda subalternità. E allora quegli argini di legalità che erano stati già minati dal buonismo dei sindaci crollerebbero del tutto, facendo dilagare le più bizzarre e funeste iniziative giustificate, si fa per dire, dalle più singolari e opinabili invocazioni solidaristiche. E il principio evangelico del “Date a Cesare quel che è di Cesare ”, finora felicemente coniugato con quello altrettanto saggio della “Libera Chiesa in libero Stato” sarebbero travolti da un logorante conflitto di cui proprio non si sente il bisogno.

Conflitto di interessi, salta il divieto per i ricchi. - Luca De Carolis



INCOMINCIA IL SUO ITER LA NORMA VOLUTA DAI 5 STELLE. DI MAIO, ALLA FINE, TOGLIE IL TETTO DEI 10 MILIONI DI PATRIMONIO PER CHI GOVERNA.


Quella tagliola per chi possiede patrimoni mobiliari o immobiliari sopra ai dieci milioni di euro era certamente incostituzionale, gli hanno spiegato. Ma soprattutto avrebbe irritato tanti imprenditori e in generale l’alta borghesia, attirando sul Movimento l’accusa di essere pauperisti e fomentatori dell’odio sociale. Un problema, soprattutto al Nord, dove già il M5S non vanta percentuali da primato, e dove il reddito di cittadinanza conta diversi avversari. Così ieri Luigi Di Maio ha abiurato. E ha fatto togliere dalla proposta di legge sul conflitto d’interessi, che oggi verrà calendarizzata in commissione Affari costituzionali alla Camera, il riferimento ai più ricchi, quelli con patrimoni da dieci milioni in su.
E in serata lo ha annunciato lui stesso a Quarta Repubblica: “La norma sui 10 milioni di euro non c’è, è un’indiscrezione che non troverete nella legge”. E chissà che ne pensa Silvio Berlusconi, a tutt’oggi la prima, possibile vittima del provvedimento, che proprio ieri sera aveva battuto un colpo in tv a Povera Patria: “Non sono preoccupato della legge sul conflitto di interessi perché se non ci pensa la Lega, ci penserà la Corte costituzionale a fermarla. Non sono affatto preoccupato”. E sono sillabe che testimoniano il contrario, ossia l’irritazione del capo di Forza Italia, che ascolta minacce di norme apposite da quando discese in politica nel 1994: e ogni volta si sono dimostrate chiacchiere. Oltre 25 anni dopo, il M5S giura di voler fare sul serio con la proposta di legge che ha come prima firmataria la deputata Anna Macina. E la norma cardine è l’articolo 5, quello che stabilisce come qualsiasi titolare di cariche di governo nazionali o locali, compresi i presidenti delle Authority, “si trovi in una condizione di conflitto d’interessi qualora sia proprietario, possessore o abbia la disponibilità di partecipazioni superiori al 2 per cento del capitale sociale” di società o imprese che “svolgono la propria attività in regime di autorizzazione o concessione rilasciata dallo Stato, dalle Regioni o dagli enti locali” o che operino “nei settori della radiotelevisione e dell’editoria o della diffusione tramite Internet”. E il conflitto scatta anche se le società elencate sono riferibili al coniuge o a parenti o affini entro “il 2° grado”, nonchè a persone “conviventi stabilmente”. Questa in pillole la proposta del Movimento, depositata in commissione insieme a una sulle incompatibilità parlamentari a prima firma di Fabiana Dadone. Sul conflitto d’interessi c’è anche una proposta del Pd. Però la domanda resta sempre quella, cosa ne pensi la Lega, tenuto conto anche che una nuova normativa sul conflitto d’interessi è prevista anche dal contratto di governo tra Carroccio e 5Stelle. E Matteo Salvini continua a mostrarsi quanto mai gelido: “L’unica vera emergenza è il lavoro: di tutto il resto si può parlare, ma prima bisogna aiutare chi assume”.
Però è quanto mai improbabile che oggi la Lega faccia storie in commissione. Piuttosto qualche problema il Movimento ce l’ha in casa propria, visto che il conflitto d’interessi fa riemergere i dissidenti, pochi ma combattivi alla Camera. Al punto da minacciare un emendamento alla legge che tira in ballo nientemeno che la Casaleggio Associati, ossia l’azienda di Davide Casaleggio, patron della piattaforma web del M5S Rousseau. Così ecco Gloria Vizzini: “Bisogna vedere se il conflitto di interessi coinvolga Casaleggio, un privato che influenza le decisioni di un gruppo parlamentare e gestisce una piattaforma web che determina le scelte dei parlamentari”. E a Radio Cusano Campus morde anche la senatrice Elena Fattori: “Abbiamo una piattaforma che decide le sorti del Parlamento, detenuta da una srl privata”. Prosit.
Alla Vizzini ed alla Fattori io rispondo così:
Davide Casaleggio, intanto, non è in politica, e questo è un fatto. 
Inoltre, in Italia, chiunque possieda una piattaforma virtuale può liberamente metterla a disposizione di chi ne vuole usufruire. Siamo in  democrazia, non dimentichiamolo, e non confondiamo il conflitto di interessi con la commercializzazione di un qualsiasi prodotto che sia virtuale o concreto. Mi pare che si stia facendo troppa confusione in materia. 
C.