lunedì 29 luglio 2019

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio FQ 29 luglio

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La prova del bau. “Un uomo adesso proprio non lo voglio, mi basta un barboncino” (Elisa Isoardi, conduttrice de La prova del cuoco su Rai1, Vero, 8.7). Un altro?
La collegiale. “I renziani hanno paura di non essere rieletti in caso di elezioni anticipate? Figuriamoci: ma se diciamo che bisogna andare al voto! Noi siamo quelli che hanno vinto nei collegi uninominali” (Maria Elena Boschi, senatrice Pd, Repubblica, 24.7). A parte il fatto che il 4 marzo 2018 il centrosinistra ha vinto in 28 collegi uninominali alla Camera su 232, la Boschi fu eletta a Bolzano grazie ai voti della Svp (che prese il doppio dei voti dei dem), ed era talmente appassionata dei collegi uninominali da farsi blindare come capolista in ben 5 circoscrizioni proporzionali (Lombardia, Lazio e 3 in Sicilia). Ovunque tranne che ad Arezzo. Perchè lì la conoscono.
Renzostowne. “Tre giorni belli pieni in Montana, al Parco di Yellowstone, a discutere di futuro. Non ho trovato Yoghi e Bubu, eroi della mia infanzia, ma tante idee per il futuro. Buona Domenica. #Ritorno” (Matteo Renzi, senatore Pd, Instagram, 21.7). Quello, se non minaccia nessuno, non è contento.
La garanzia. “La Russia non ha dato nessun finanziamento alla Lega, ne sono sicuro. Mi è stato assicurato direttamente da Vladimir Putin” (Silvio Berlusconi, presidente ed eurodeputato FI, 16.8). Dev’essere quello che lui ha fatto entrare nella Nato.
Formanconi. “Se è vero, come è vero, che nelle prigioni italiane sono numerosi i detenuti anche ultra-ottantenni, il populismo vorrebbe che a Formigoni venisse imposta la medesima condizione carceraria. Qualsiasi progressista dovrebbe invece auspicare che a tutti i detenuti di età avanzata venga applicato il ‘trattamento Formigoni’” (Luigi Manconi, Repubblica, 25.7). Giusto: come dice la Costituzione, l’impunità è uguale per tutti. Peccato che Riina e Provenzano siano prematuramente scomparsi, sennò si sarebbero subito abbonati a Repubblica.
Pretenziosi. “Salario minimo tagliando il cuneo, ma costa 6 miliardi” (Repubblica, 24.7). “Il salario minimo? Così apriamo al far west” (Maurizio Casasco, presidente Confapi, Corriere della sera, 23.7). Certo che questi lavoratori sono dei bei tipi: non si accontentano proprio di faticare gratis.
L’estremo oltraggio. “Vita di Borrelli, l’inventore della giustizia politica” (Libero, 21.7). “Il regista di Mani Pulite che portò le toghe al potere” (il Giornale, 21.7). “Così il direttore d’orchestra trasformò Mani pulite in un processo di piazza” (Mattia Feltri, La Stampa, 21.7). “I Craxi fuori dal coro: fece un golpe” (il Giornale, 21.7). “Inchiesta turpe. Le Mani Pulite poi sporcate di rosso sangue” (Fabrizio Cicchitto, ex Psi, ex FI, ex Ncd, Libero, 24.7). Altre stronzate?
Oste, il vino è buono?Greganti: difendo i giudici ma il populismo è cominciato allora: ‘Il vero errore di quell’inchiesta che mi ha cambiato la vita fu screditare le istituzioni’” (Repubblica, 21.7). “Tangentopoli ha distrutto i partiti e aperto la strada ai populisti. Io ora voto Pd. Su Borrelli giudizio negativo, a sua insaputa ha coperto un progetto politico autoritario” (Paolo Cirino Pomicino, Repubblica, 21.7). Ok, ma perchè rubavate?
L’insaputo. “Viaggi in auto blu, Scajola nei guai. L’ex ministro, sindaco di Imperia, e il suo autista accusati di peculato d’uso per le trasferte a Genova con scopi non istituzionali. Lui si difende: ‘Tutto in regola’” (La Verità, 24.7). Ma vi pare che uno Scajola si accorga di quei viaggi in auto? Lo sanno tutti che l’autista, prima di caricarlo nel bagagliaio dell’auto blu, lo anestetizza.
Lambiti. “Stretta di Bonafede sugli affidi, si scatena la propaganda anti Pd… Anche lui, come Salvini e Di Maio, attacca i dem, solo lambiti dalle indagini” (Repubblica, 22.7). “Le fake news su Bibbiano… Il sindaco Pd è accusato ‘solo’ di abuso d’ufficio, per aver concesso gli immobili ai presunti bruti… Un altro passetto verso la distruzione della democrazia rappresentativa sotto una montagna di bugie. Proprio come voleva Casaleggio senior” (Luca Bottura, Repubblica, 22.7). In attesa di sapere quando mai Casaleggio abbia auspicato la distruzione della democrazia rappresentativa sotto una montagna di bugie, segnaliamo che il sindaco Pd di Bibbiano è gli arresti non solo per aver concesso immobili (fake news) e che sono indagati anche gli allora sindaci Pd di Montecchio e Cavriago. Pardon, “solo lambiti”.
Il titolo della settimana/1. “Poche tette al vento per Carola” (Pietro Senaldi, Libero, 28.7). Sono soddisfazioni.
Il titolo della settimana/2. “Io, primo laureato in green economy, sposo l’Alta velocità” (Angelo Pettrone, La Stampa, 24.7). Per dire com’è ridotta l’Università.


Nuova conferma per la teoria della relatività.



Rappresentazione artistica della stella S0-2 intorno al buco nero al centro della Via Lattea (fonte: Nicolle R. Fuller/National Science Foundation)

Il buco nero al centro della Via Lattea dà ragione ad Einstein.


La teoria della relatività generale di Einstein ha superato un altro esame. A confermarla sono le misure sul comportamento di una stella che ruota intorno all’enorme buco nero che si trova al centro della Via Lattea, chiamato Sagittarius A*, con una massa circa 4 milioni di volte il Sole. È quanto emerge dallo studio pubblicato sulla rivista Science dal gruppo dell’Università americana della California a Los Angeles, coordinato dall’astrofisica Andrea Ghez.
La stella si chiama S0-2, si trova a circa 26.000 anni luce dalla Terra e negli ultimi anni si è avvicinata pericolosamente al cannibale cosmico che dimora al centro della nostra galassia, orbitandovi intorno a una distanza di sicurezza per circa 16 anni. Gli effetti di questo incontro ravvicinato sono stati studiati grazie agli Osservatori Keck e Gemini e al telescopio Subaru, tutti alle Hawaii. “Le osservazioni ci hanno permesso di ricostruire in 3D l’orbita completa di S0-2”, ha rilevato Ghez.
I buchi neri sono un buon banco di prova per testare il comportamento della gravità che, come ci ha insegnato Einstein, si deve alla curvatura dello spazio tempo in presenza di masse in movimento. Come i buchi neri, giganteschi aspirapolveri cosmici, con un’attrazione gravitazionale talmente elevata che nulla riesce a sfuggire al loro abbraccio, neanche la luce.
“Einstein ancora una volta ha dimostrato di avere ragione”, ha commentato Ghez. “Le nostre misure di astrofisica estrema del movimento della stella vicino al buco nero al centro della Via Lattea indicano che la distorsione della geometria dello spaziotempo provocata dal buco nero risponde alle previsioni della relatività generale”, ha aggiunto. “La teoria, però, non riesce a spiegare del tutto cosa avvenga all’interno di un buco nero. Abbiamo quindi bisogno - ha concluso l’astrofisica - di una teoria della gravità che vada oltre Einstein”.

Wadi Rum - Giordania






domenica 28 luglio 2019

Procida, Mar Tirreno.





7 Meraviglie del Mondo Antico che rappresentano un Mistero ancor Oggi. Monumento Yonaguni, Giappone - Annalisa Lo Monaco

7 misteri di civiltà scomparse 7

Il Monumento Yonaguni è composto da rocce sommerse al largo della costa di Yonaguni, la più meridionale delle isole Ryukyu, in Giappone. Nel 1986 il subacqueo Kihachiro Aratake, immergendosi nelle acque a sud dell’isola di Yonaguni, vide alcune strane strutture, la cui parte superiore si trova a circa 5 metri sotto il livello del mare. Aratake rimase stupefatto di fronte alle massicce formazioni simili a piramidi, con perfetti angoli di 90 gradi, pareti diritte, gradini, colonne e quello che sembra essere un volto umano scolpito nella roccia. Potrebbero essere le rovine di una civiltà antica di 10.000 anni, che modellò le rocce durante l’era glaciale, quando l’isola di Yonaguni era ancora terraferma, in un “ponte continentale” tra l’Asia e il Giappone.
Masaaki Kimura, un geologo marino della Università di Ryukyu, che ha studiato e mappato il sito per oltre 15 anni, ritiene che i monumenti appartenessero a una città che risale a cinquemila anni fa, sommersa da un terremoto circa nell’anno Zero. Oltre alla piramide, Kimura sostiene di aver trovato altre numerose strutture, tra cui un castello, e quello che sembra essere un enorme stadio. Ciò che è più interessante è che gli edifici sarebbero collegati da strade e linee d’acqua. Mentre per Kimura e altri scienziati le formazioni rocciose sarebbero opera dell’uomo, e quindi di una sconosciuta civiltà scomparsa, per altri sarebbero di origine naturale, frutto della conformazione geologica della zona. Il Monumento Yonaguni rimane immerso nel mistero: i sostenitori della tesi che sia frutto dell’opera dell’uomo lo mettono in relazione con il mitico continente Mu; chi è convinto che la Terra sia stata visitata dagli alieni in epoche remote, sostiene che Il Monumento fosse una base per le antiche astronavi.

Il ministro dell'Esterno. - Marco Travaglio

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Segnatevi questa frase. È del 4 febbraio 2015, da un’intervista a Panorama: “Pazzesco. Un ministro dell’Interno che twitta su indagini in corso non merita neppure un commento. Il fatto in sé la dice tutta sul quel personaggio lì”.
Quel personaggio lì era Angelino Alfano, che aveva appena annunciato tutto giulivo via Twitter l’arresto di Massimo Bossetti, sospettato dell’omicidio di Yara Gambirasio e da lui già dato un minuto dopo per sicuro colpevole. E il nostro uomo gli saltò (giustamente) addosso: “Io non sopporto la spettacolarizzazione… Massimo riserbo e massimo silenzio. Non dovrebbe trapelare nessuna notizia… Poi non bisogna mai esibire un catturato. Se devi portare via uno, lo porti via di nascosto, la notte”.
E chi era di questo squisito ipergarantista, questo sensibilissimo custode del riserbo? Matteo Salvini, tre anni prima di diventare ministro dell’Interno e di twittare compulsivamente su ogni arresto (anche se ancora da eseguire), indagine e sospetto, assumendosene il merito (che peraltro è sempre della magistratura e delle forze dell’ordine), chiedendo condanne esemplari e promettendo inasprimenti di pene.
“Pazzesco”, avrebbe detto il Salvini del 2015 sul Salvini del 2019. Anzi, di “quel personaggio lì”.
Memorabile il suo cinguettio all’alba del 4 dicembre scorso: “15 mafiosi nigeriani arrestati a Torino dalla Polizia. Grazie alle Forze dell’Ordine! La giornata comincia bene!”. Purtroppo la Polizia ne stava ancora cercando alcuni, sfuggiti alla cattura perchè non erano in casa o non avevano casa. Forse qualcuno, avvisato dal ministro che lo stavano cercando, non si fece più trovare. Il procuratore Armando Spataro s’infuriò: “Non sono accusati di mafia, non sono 15 e non li abbiamo ancora arrestati tutti. Così si rischia di danneggiare l’operazione”. Il cosiddetto ministro replicò: “Se il procuratore di Torino è stanco, vada in pensione” (unica variante del refrain prima fassiniano e poi salviniano: “Se Tizio vuole fare politica, si faccia eleggere”).
Poi, il 6 giugno scorso, ci ricascò con un altro leggendario tweet: “Si erano fronteggiati a Prato con coltelli e pistole per il controllo della prostituzione: 10 cinesi, tra cui 6 clandestini, sono stati arrestati. Grazie ai Carabinieri! Nessuna tolleranza per i delinquenti: la pacchia è finita!”. Furioso il procuratore di Prato Giuseppe Nicolosi, perché l’operazione era in pieno corso: i cinesi arrestati erano solo 3, gli altri 7 non si sono più trovati.
Pare che ormai i delinquenti comuni - oltre a quelli in guanti gialli che popolano il suo partito e il suo entourage - seguano appassionatamente Salvini sui social. Vedi mai che li avverta in anteprima che qualcuno sta andando a prenderli.
L’altroieri, l’apoteosi con la tragedia del vicebrigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega, assassinato durante un’operazione in borghese ancora tutta da chiarire. Salvini condivide subito una notizia del messaggero.it – presa per buona anche da Gentiloni, poi rivelatasi falsa o incompleta – sulla “caccia a due nordafricani” e aggiunge: “Caccia all’uomo a Roma, per fermare il bastardo che stanotte ha ucciso un Carabiniere a coltellate. Sono sicuro che lo prenderanno, e che pagherà fino in fondo la sua violenza: lavori forzati in carcere finché campa”. E poi, a stretto giro: “Spero li prendano il prima possibile e che finiscano in galera ai lavori forzati a vita, come in Austria”.
La solita pagliacciata di annunciare o promettere cose impossibili: ammesso e non concesso che un giorno Salvini presenti una legge sui lavori forzati (al momento, è la prima volta che ne parla), questa varrebbe comunque per chi commettesse reati dopo quella data, non per chi li ha perpetrati prima. Idem per l’escalation di insulti ai sospettati ancora senza nome e senza volto: “bastardi”, “infami”, “stronzi”, come se qualcuno provasse simpatia per loro, e se bastasse qualche contumelia per riportare in vita il morto ammazzato, lenire il dolore dei familiari e placare lo sdegno dei cittadini. Infatti, siccome nessuno se lo fila, qualche ora dopo Salvini si riprende dallo choc per la nazionalità dei sospetti (extracomunitari, sì, ma americani). E rilancia ancora, col solito ribaldo accenno alla pena di morte, lanciando il sasso e ritraendo la mano: “Sperando che l’assassino del nostro povero carabiniere non esca più di galera, ricordo ai buonisti che negli Stati Uniti chi uccide rischia la pena di morte. Non dico di arrivare a tanto, ma al carcere a vita (lavorando ovviamente) questo sì!”.
Peccato che l’ergastolo per l’omicidio volontario aggravato, come quello del carabiniere, in Italia sia già previsto. Da sempre. Se qualche omicida non lo sconta per intero, è per le mille norme impunitarie varate da centrosinistra e centrodestra (Lega inclusa) per i loro amichetti accusati di tutt’altri reati. Il problema è che il ministro dell’Interno non è pagato per piangere i morti ammazzati, lanciare insulti e auguri di “marcire in galera” a chi delinque e suggerire le pene ai giudici. Ma far sì che si delinqua un po’ meno, con quella cosa (per lui) misteriosa che si chiama “prevenzione”. Cioè con investimenti per riempire i vuoti in organico delle forze dell’ordine (a Roma – segnala Virginia Raggi, inascoltata da Salvini, da prima del delitto Desirée, maturato anch’esso nei bassifondi della droga – mancano almeno 2 mila agenti di Polizia, e l’ordine pubblico e la prevenzione anticrimine non spettano certo a sindaci e vigili urbani). E soprattutto per organizzarli e dislocarli meglio sul territorio.
Ma tutto questo riguarda un eventuale ministro dell’Interno. Noi invece abbiamo un ministro dell’Esterno, che fa e dice tutto quel che non dovrebbe e quel che dovrebbe non lo fa e non lo dice. “Quel personaggio lì”.
Marco Travaglio FQ 28 luglio

sabato 27 luglio 2019

La leggenda del santo Pignatone. - Marco Travaglio FQ 27 luglio

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Aveva ragione Renzi: “Il tempo è galantuomo”. É bastato attendere nove mesi e il gip ha respinto la richiesta di archiviazione per suo padre Tiziano su Consip. Spiace per chi (tutti) l’aveva spacciata per la pietra tombale su uno degli scandali più gravi e censurati della storia recente: il padre del premier che traffica direttamente o per interposto Carlo Russo per influire su gare miliardarie della stazione appaltante pubblica guidata da un manager nominato dal figlio, facendosi promettere tangenti dall’imprenditore Alfredo Romeo; e gli amici del figlio premier che, avvertiti dell’indagine della Procura di Napoli, avvisano il suo babbo e i capi di Consip perché rimuovano le cimici e non parlino più al telefono.
Ereditato quel po’ po’ d’inchiesta, i pm romani non trovarono di meglio che indagare su chi aveva indagato (prima Woodcock, poi Scafarto); liquidare Russo come millantatore; salvare Tiziano e Romeo malgrado le prove del loro incontro (sempre negato); e chiedere il processo solo su Lotti, i generali Del Sette e Saltalamacchia e pochi altri per le fughe di notizie, e su nessuno per le trame su appalti e mazzette (non pagate proprio per le soffiate). Un capolavoro di minimalismo giudiziario tipico di Giuseppe Pignatone e dei suoi fedeli, pm e giornaloni. Voi direte: ma chi se ne frega di Renzi buonanima, e tantopiù di suo padre. Vero. Ma il caso Consip è una formidabile prova su strada di come s’è ridotta gran parte della magistratura e della stampa. Che infatti hanno dipinto la guerra per bande attorno al Csm come una lotta fra i cherubini guidati da un cavaliere senza macchia e senza paura (Pignatone, sempre sia lodato) e i diavoli al soldo di un manigoldo (il terribile Palamara). E, sul dogma dell’Immacolato Pignatone, han costruito l’imperativo della “continuità” in procura: un modo soave per sponsorizzare Lo Voi, l’amico dell’ex procuratore, alla successione. Ora che il gip Sturzo smaschera quel minimalismo, ci si attenderebbe un po’ di resipiscenza sulla leggenda del Santo Pignatone. Invece, zero titoli.
Il 30 ottobre Repubblica sparava in prima pagina la richiesta di archiviazione per Renzi sr.&C., come pure il Fatto. E, dentro, altre due pagine col commento di Bonini che metteva in un unico “verminaio” le soffiate di Del Sette&C., gli errori del cap. Scafarto e gli scoop del Fatto (“cassa di risonanza e clava per massimizzare l’eco e il danno politico al presidente del Consiglio”: peccato che Renzi il giorno dello scoop non fosse più premier da 18 giorni).
E poi un pezzo strappalacrime sul dolore inestinguibile di babbo Tiziano per il lungo calvario subito: “Mi riprenderò la reputazione, ora chiederò anche i danni”. Sì, ciao core.
Ieri invece, sul no all’archiviazione, solo uno striminzito pezzullo in basso a pag. 17. Nulla in prima pagina. Lì, in compenso, trova ampio spazio l’ennesima intervista al neocondannato Giuseppe Sala, che esclude alleanze con Di Maio perchè “è screditato moralmente e politicamente”: infatti è incensurato.
Per il Corriere, la richiesta di archiviazione nove mesi fa valeva un’intera pagina: ora il diniego vale un bassetto a pag. 6. 
Stesso spaziuccio su La Stampa, che il 30 ottobre festeggiava lo scampato pericolo con un’intera pagina. Strepitoso il Messaggero: apertura di pagina per la richiesta e trafiletto di 13 righe sul rigetto. 
Il Mattino aveva addirittura un commento in prima di tal Massimo Adinolfi, furibondo con i giornali che avevano raccontato lo scandalo (quindi non col suo) e brindava perchè “le accuse contro Tiziano Renzi finiscono in nulla”, “un fatto politico rilevante, vista la canea sollevata”. Ieri abbiamo cercato tracce di lui e della notizia sulla prima del Mattino, ma invano: l’Adinolfi sarà in ferie o a disperarsi al muro del pianto. 
Anche Avvenire, a suo tempo, si associò ai festeggiamenti, scambiando i pm per giudici e le richieste per sentenze: “Inchiesta Consip al capolinea. Archiviazione per Tiziano Renzi”. 
Ora si scopre che non era vero, ma ci vuole il microscopio elettronico per scovare il mini-titolo a pagina 8. Piero Sansonetti, sul Dubbio, ci dava lezioni di diritto perchè osavamo contestare la scelta dei pm: “L’assoluzione del giudice vale poco: conta solo il giudizio di Marco Travaglio”. Cioè: il pover’uomo chiamava il pm “giudice” e la sua richiesta “assoluzione”. Ora che finalmente si pronuncia il giudice e ci dà ragione, il Dubbio - che intanto ha cambiato direttore - nasconde la notizia in una brevina.
Sempre nel reparto “giuristi per caso”, segnaliamo la povera Annalisa Chirico. Il 30 ottobre delirava su un’intera pagina del Foglio: “Scafarto e l’attacco politico a Renzi”, “la Procura sgonfia la fuffa di Consip”. E tributava il giusto omaggio ai pm, naturalmente non gli odiosi napoletani, ma gli adorati romani: “Senza il provvido intervento della procura capitolina, con Pignatone e Paolo Ielo in testa, i cittadini avrebbero creduto a una fake inchiesta basata su prove letteralmente false”. Adesso che il gip ha disposto diversamente, scoprirà forse che, fra il pm e il giudice, vince il giudice. E magari se ne farà un ragione.
Infine, l’angolo del buonumore. Il 29 ottobre il rag. Claudio Cerasa, direttore del Foglio, twittava giulivo: “Oggi la procura di Roma ha chiesto l’archiviazione per Tiziano Renzi… Forse qualcuno dovrebbe cominciare a farsi un esame di coscienza”. Con lo spiritoso hashtag “#domaninotiziainunboxapagina450”. Noi, alla richiesta di archiviazione, dedicammo l’apertura della prima pagina, come ieri al suo rigetto. Invece il Foglio è l’unico quotidiano (si fa per dire) che non ha scritto una riga. In realtà la notizia era prevista a pagina 450, ma purtroppo il Foglio ne ha solo otto.