mercoledì 26 agosto 2020

Serve una grande riforma del fisco. La chiede anche il numero uno dell’Agenzia delle Entrate Ruffini. “Il nostro sistema è una giungla impossibile da comprendere per chiunque”.

ERNESTO MARIA RUFFINI

“Il nostro non è un sistema fiscale. È una giungla impossibile da comprendere per chiunque, del tutto incontrollabile. E questo perché nel corso degli anni le leggi finanziarie l’hanno letteralmente terremotato, creando frammentazioni assurde. Adesso c’è da rifare l’edificio ed è, ripeto, un’occasione da non perdere. Il coronavirus ci offre la possibilità di fare la grande riforma del fisco, come nel giugno 1969: quando sono nato io”. E’ quanto ha detto a Repubblica il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini.
“Innanzitutto – ha aggiunto il numero uno delle Entrate – bisogna fare cinque testi unici per riunire organicamente una materia immensa, di cui nemmeno gli esperti conoscono i confini. Cinque testi unici, per le imposte dirette, le indirette, l’accertamento, la riscossione e il contenzioso, cioè la giustizia tributaria. Una volta fatto ordine, ecco che bisogna iniziare a sfrondare. E cambiare. È arrivato il momento di mettere non i tributaristi, ma ogni cittadino nelle condizioni di conoscere il sistema fiscale. Il patto fiscale, del resto, è alla base del patto democratico e non permettere a ogni cittadino di conoscere il contenuto di quel patto è un pessimo segnale dello stato in cui versa la democrazia”.
Poi, ha detto ancora Ruffini, “ridurre le imposte in un Paese come il nostro dove l’imposizione è così elevata sarebbe doveroso. Ma la semplificazione del rapporto fra fisco e cittadini è altrettanto importante”. “Non è soltanto una questione di aliquote – ha concluso il direttore dell’Agenzia delle Entrate -, né di maquillage. Un sistema vessatorio e difficile da interpretare rappresenta un freno micidiale per gli investimenti, anche dall’estero. Come segassimo il ramo sul quale siamo seduti”.

Sui social c’è un orrore da fermare. - Gaetano Pedullà

social

Azzolina e Briatore: quante persone conoscete più diverse per storia e stile di vita? Eppure la ministra e l’imprenditore hanno una cosa in comune. La prima è bombardata da insulti sessisti e violenti. Il secondo, in ospedale con il Covid, si è beccato pure gli auguri di non farcela, ripagato così per gli sproloqui in internet e tv contro lo stop delle discoteche, dove probabilmente anche lui stesso s’è infettato.
Azzolina e Briatore, così lontani e imparagonabili, sono due facce della stessa violenza alimentata sui social, e cambia poco se la responsabile della scuola si è sempre tenuta al largo dal provocare mentre Mr. Billionaire è un cliente abituale di battute grevi e “sparate” fuori luogo, a partire da quelle in cui minimizzava i rischi della pandemia, in compagnia con altri negazionisti del virus, tra cui lo stesso dottor Zangrillo presso cui adesso è ricoverato.
“Nessuna donna dovrà mai leggere commenti così infimi” ha detto l’Azzolina commentando le schifezze che le scrivono su Facebook e promettendo di fare di più, proprio nella scuola, per educare i giovani a rispettare gli altri – tutti – a cominciare dalle parole che si usano. Non sarà una battaglia facile e con una generazione ormai fuori da un pezzo dalle aule non c’è più molto da fare. Ma la violenza che generano certi attacchi non si può sottovalutare oltre. Senza discutere il diritto di critica, sulla rete è ora di garantire sul serio la moderazione, impedendo gli insulti degradanti, a costo di togliere la tastiera a chi da questo orecchio non ci sa sentire.

È COLPA DEL VENTO SARDO. E DELLA PROSTATITE MOCCIOLOSA - Selvaggia Lucarelli



Flavio Briatore, in una (sua) patetica intervista al Corriere di oggi in cui l’intervistatrice sembra quasi credergli, dice che lui è andato in ospedale per una prostatite e “«Intanto che ero qui, ho fatto il tampone e ancora non so se sono positivo”. “Può darsi che sia positivo, coi venti forti della Sardegna”...
Alla domanda sulla polmonite sorvola. Non risponde praticamente a nulla.

Quindi: a) ora potrà dire che lui non ha proprio pensato al Covid perché aveva un’altra patologia e se la sfanga dall’accusa di aver sottovalutato i sintomi del Covid. Non ci ha proprio mai pensato, porello, mica avrebbe mai messo a rischio amici, clienti, dipendenti.
b) mica ha viaggiato tra Sardegna, Italia e Montecarlo, facendo una capatina nei suoi locali a Montecarlo, pensando che queli sintomi potessero essere Covid. È la prostata. La famosa prostata che dà come sintomi il raffreddore di cui a parlato nell’intervista a Porro. E che gli ha diagnosticato Zangrillo al telefono. La speciale, inedita “prostatite mocciolosa”. (Zangrillo confermerà, come accadde con la famosa uveite di Berlusconi?)

c) “Può essere che abbia il Covid, coi venti che ci sono in Sardegna”. Questa è la migliore. Non si è eventualmente contagiato per lo stile di vita avuto in Sardegna, per il focolaio scoppiato al Billionaire, no. È colpa del clima della Sardegna. Maledetta isola ventosa che oltre a spingere le vele, da quelle parti, trasporta il virus come fosse polline.
Chissà come mai non è ancora scoppiata un’epidemia tra i sardi che lavorano tutto il giorno esposti ai venti, ma magari sui campi o in cantieri o al porto o altrove.

Dunque, non si assume responsabilità di alcun tipo, Briatore svicola.

Ora, ieri s’era detto che magari Briatore avrebbe imparato qualcosa da questa brutta vicenda.
A quanto pare ha imparato qualcosa, sì. Che laddove non ci si può giocare la carta dell’arroganza, ci si gioca quella della fuga.
Magari aiutato dai venti, quelli lombardi però.
Un eroe. 


Dai dipendenti alla doppia diagnosi sbagliata di Zangrillo: cosa non torna. - Selvaggia Lucarelli

Dai dipendenti alla doppia diagnosi sbagliata di Zangrillo: cosa non torna

Il caso Briatore - Il 19 agosto dice: “Ho avuto la febbre”. Al Billionaire test fatti per tempo?
Sembra che le condizioni di Flavio Briatore, ricoverato da ieri al San Raffaele con il Covid (confermato per tutto il giorno dall’ospedale e dunque smentito in serata dalla Santanchè), siano stabili e giudicate buone. E chi scrive è felice per due motivi: il primo è che per quanto possa essere sgradevole e arrogante, auguriamo a Briatore salute, fortuna e gnocca in quantità e il più a lungo possibile. Il secondo è che ci deve spiegare un po’ di questioni e per farlo avrà bisogno di energie e lucidità, perché le cose che non tornano sono parecchie.
Sorvoliamo sulla quantità di sue ultime parole famose (“la movida non fa danni”, “chiedo scusa ai nostri dipendenti per essere amministrati da gente così”, “l’economia è trucidata da gente che non fa un cazzo nella vita” e così via) e passiamo alla faccenda più spinosa e cioè alla sua condotta. Al Billionaire, al momento, ci sono più di 60 persone positive tra i dipendenti. Le prime domande sono: erano tutti asintomatici? Possibile che nessuno avesse avuto mezzo sintomo? Venivano monitorati, vista la notevole quantità di dipendenti? E ogni quanto, dal momento che hanno avuto il tempo di contagiarsi in 60? Perché potrebbero esserci dei risvolti penali nella vicenda, a meno che non si dimostri di aver adottato ogni precauzione. E qui però sorge il dubbio. In un’intervista a Nicola Porro del 19 agosto, quindi due giorni dopo la chiusura delle discoteche e già in collegamento da Montecarlo, un infuriato Briatore spiegava “Io ho parlato stamattina con Zangrillo, mi ha detto: ‘È un raffreddore’. Io l’altro giorno ho avuto anche la febbre… era un raffreddore, non esistono più raffreddori, tumori e polmoniti, è tutto Coronavirus!”. Quindi Briatore in Sardegna ha avuto la febbre, ma ha continuato a fare vita sociale e viaggiare. E questo in virtù di una diagnosi telefonica del professor Alberto Zangrillo, quello che “il virus è clinicamente morto”. Si vede che il virus al Billionaire è clinicamente resuscitato. Sarà il Cristal.
Non solo. Briatore vola a Montecarlo ed evidentemente non sta ancora bene, per cui va a Milano per farsi controllare dal suo medico di fiducia Zangrillo, al San Raffaele. Quindi, con sintomi riconducibili al Covid, anziché starsene in isolamento e rivolgersi alla sanità sarda, ha continuato a frequentare locali e persone e ha viaggiato tra Sardegna, Montecarlo e Milano (con che mezzi?), facendo dirette dal suo locale di Montecarlo Crazy Pizza, quello con la pizza anemica.
Nel mentre, accusava politici, virologi e giornalisti di essere degli allarmisti un po’ coglioni che tenevano per le palle il paese. A tutta questa imbarazzante situazione si aggiunge il fatto che a marzo Briatore aveva raccontato in tv di aver avuto già il Covid perché a dicembre quando ancora non si parlava di Coronavirus era stato male e sempre Zangrillo, con senno di poi, lo aveva chiamato a emergenza scoppiata dicendogli: “Quello era sicuramente Covid”. Insomma, una seconda diagnosi telefonica sbagliata, questa volta pure retroattiva. C’è da chiedersi se Zangrillo operi via whatsapp, a questo punto. E c’è da chiedersi cosa dirà Briatore quando starà bene. Perché la medicina gli salverà la vita, per fortuna, ma a salvare la faccia dovrà pensarci da solo. E l’operazione potrebbe non riuscire, questa volta.

I tesori (Para)blasfemi vanno condivisi, è egoista mantenere il segreto. - Daniele Luttazzi


L'inutile stupidità della bestemmia | VentoTagliente

Due settimane fa, affidandomi all’intelligenza collettiva, vi ho invitato a ricordare le bestemmie aggirate dell’infanzia, tipo “Dio svizzero!”, e avete risposto in massa. Non ne dubitavo. Scelgo dunque fior da fiore, rinnovando l’appello alle regioni latitanti, che custodiscono tesori blasfemi di cui sarebbe solo egoista mantenere il segreto. Come tutti sanno, di solito la parabestemmia usa vocaboli assonanti (Maremma e madosca per Madonna; zio, tio, due, diesel, dinci per Dio; ostrega per ostia). Roberto Corbari scrive che, quando giocava nella squadra di basket di Gualtieri (RE), avevano un presidente che odiava le bestemmie. E poiché “il discorso non scorre correttamente, senza bestemmie-intercalari”, per evitare multe salate ne usavano alcune “che porto ancora nel cuore. Le più azzeccate erano Orto mio, Porco bio, Bio porco, e soprattutto Porta ’na donna”. Giuliano Valla ricorda l’antico Porca madosca. (Che nostalgia! La diceva pure mio nonno, ma mia madre lo costrinse a controllarsi dopo che lanciai un porca madosca a un pranzo di Natale. “E questa dove l’hai imparata?” “Dal nonno”. Avevo quattro anni). Maurizio Moretti cita zio cannone e zio canaglia (nello Spezzino), e il sublime “zio sacco di riso porco dieci volte al chicco” (in Toscana). Stefano Valori assicura che il “dio lucchese” di suo nonno era una bestemmia “assai poco aggirata e molto diretta. Vivo a Fucecchio, la simpatia per i lucchesi è tale che un tipo particolare di rovi che si trovano nei nostri boschi, dalle spine particolarmente dolorose in caso di puntura, sono detti pruni lucchesi. C’è poi un epiteto, dalle nostre parti, che condensa in sé quattro offese: macalupente (maiale, cane, lupo e serpente). Caduto in disuso, quando ero bambino i vecchi lo rivolgevano alle varie persone della divinità. Che molti toscani siano grossi bestemmiatori non dipende dal fatto che siano particolarmente accaniti contro la religione, ma dalla grande confidenza. Da noi, il prendersi in giro, la battuta e anche l’offesa sono molto più frequenti e meno pesanti (il permaloso viene subito emarginato) che nel resto d’Italia. Il fatto quindi che, secondo la religione cristiana, Dio si sia fatto uomo, lo relega a prendersi battute e offese come tutti”. Giulio Pagliaricci scrive: “Sono di Pescara e qui vicino c’è una frazione che si chiama Sambuceto. All’età di 8 anni sentii esclamare ‘mannaggia Sambuceto’. Mi parve subito perfetta. Alla prima occasione la usai, ero agli scout, facevo il lupetto. I capi mi fecero una delle più grandi cazziate della mia vita! Non so se è perché l’ho detta talmente bene da sembrare vera o perché era troppo perfetta e li ho spiazzati”. Gianluca Petracci: “Mio padre dice spesso ‘porco diiiii…’ e se mia madre rischia di sentire, conclude con ‘…avolo sporco’. Alle medie, un mio compagno di banco, Romagnoli, per avvicinare il suo banco al mio senza fare rumore lo solleva di peso e lo poggia sopra il mio piede, esattamente sul mellino, rompendomi l’unghia. In preda al dolore sono balzato in piedi esclamando: ‘Romagno’, la focaccia de mammeta!’ La prof mi mise una nota: ‘L’alunno Petracci invoca ad alta voce l’organo riproduttivo della madre dell’alunno Romagnoli’. Inoltre, mi mandò dal preside, che generosamente mi assegnò due giorni di sospensione con obbligo di frequenza, fregandosene del fatto che le mie Converse bianche erano sporche di sangue”. Ne avete altre? Scrivetemi, porca madosca, no? (lettere@ilfattoquotidiano.it).

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/08/26/i-tesori-parablasfemi-vanno-condivisi-e-egoista-mantenere-il-segreto/5910596/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-08-26

Don Flavio. - Marco Travaglio

Coronavirus, le condizioni di Flavio Briatore: È stabile, leggera ...
Ricordate don Ferrante, una delle figure più tragicomiche de I promessi sposi? La peste faceva strage, ma il governo spagnolo e la scienza al seguito la negavano o la minimizzavano. La gente la vedeva, se la buscava, ne moriva. Però don Ferrante, scienziato di regime, diceva che non era peste, ma una “fatale congiunzione di Saturno con Giove”. Scrive Manzoni: “Su questi bei fondamenti, don Ferrante non prese nessuna precauzione contro la peste; gli s’attaccò; andò a letto, a morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle”. Lungi da noi augurare – come fanno i soliti webeti – la stessa fine a Flavio Briatore, a cui anzi formuliamo i più fervidi auspici di pronta guarigione, come ai 60 e passa sventurati dipendenti del Billionaire. Il Covid non è la peste e Briatore non è uno scienziato, sebbene gli house organ destronzi lo tràttino come tale, anche perché non s’è mai capito esattamente cosa sia. Certamente è, o almeno era fino a ieri, uno degli spiriti guida della destra berlusconian-salviniana.
Poi, dopo mesi passati a raccontare la favola del Covid inventato dal governo comunista per metterci tutti ai domiciliari, imbavagliarci con le mascherine, abolire le elezioni, conservare il potere, distruggere l’economia e regalare soldi ai poveracci con le mogli cesse anziché ai ricchi con le donne fighe, quando bastava qualche pillola di “tachipirigna” (testuale), s’è scoperto che il Billionaire è più contagioso di Codogno, Vo’ e Alzano Lombardo messi insieme, anche se per lui chiudere le discoteche è roba da sfigati che “non fanno un cazzo nella vita”. L’anziano gagà cuneese aveva da giorni i sintomi del Covid ma, visitato al telefono dal professor Zangrillo (“Dica trentatré”), si diagnosticava un raffreddore e, anziché mettersi in quarantena, continuava a girare senza mascherina incontrando centinaia di persone senza mascherina, poi partiva per Montecarlo impestando un altro bel po’ di gente, infine si preoccupava e volava a Milano, perché lui le tasse le paga a Montecarlo ma si cura in Italia, e ora è ricoverato per Covid in un reparto non Covid del San Raffaele, completando la collezione di condotte vietate dalla legge. Quando tornerà in forma, sarebbe buona cosa se ammettesse di aver raccontato un sacco di frottole e suggerisse all’altro cazzaro, quello verde, che incredibilmente gli dà retta, di piantarla di raccontarne. Poi si farà l’inventario dei danni (morti e feriti) di questa demenziale campagna negazionista che rischia di riprecipitarci in piena tragedia. E magari i maître e le maîtresse à penser della cosiddetta destra risponderanno a una semplice domanda: B., Salvini, Bannon, Briatore… ma uno normale mai?

martedì 25 agosto 2020

Referendum confermativo riforma costituzionale taglio parlamentari.

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Mi raccomando, non dimenticate che il 20 e 21 settembre si voterà il referendum confermativo sulla riforma costituzionale che taglia 230 seggi su 630 alla Camera e 115 seggi su 315 al senato.

Questo il quesito sulla scheda: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente "Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari», approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n.240 del 12 ottobre 2019?"».

Per il nostro bene io consiglio di votare si, perchè non sono necessari 945 parlamentari che litigano tra loro per partito preso, 600 sono già più che sufficienti!
E non fatevi abbindolare da chi si appella alla rappresentatività che verrebbe a mancare, perchè già abbiamo una marea di partitucoli inutili, che servono solo ad alimentare l'ego di personaggi in cerca di visibilità e pecunia.
Cetta.