domenica 6 settembre 2020

Al capezzale di Berlusconi. - Tommaso Merlo



Un conto è la compassione verso un malato, un altro è il revisionismo storico. Quell’anziano signore sdraiato su un letto del San Raffaele merita pietà come del resto tutte le vittime del coronavirus. Ma per Berlusconi il circo mediatico ha acceso i riflettori. Come fossimo tutti al capezzale di un Padre della Patria. C’è già chi lo beatifica puntando il dito contro chi lo avrebbe ingiustamente criminalizzato in passato. In parte toccherà rassegnarsi. Ci sono craxiani che vanno ancora in pellegrinaggio ad Hammamet. Un domani ci saranno berlusconiani che andranno a posare fiori al mausoleo di Arcore. Una tradizione nostrana. Amen. Ma la storia di un paese è una cosa seria e nessuno può riscriverla a piacere. L’odio non c’entra nulla. Anche perché chi sia davvero quell’anziano signore disteso sul letto del San Raffaele lo sanno in pochi. Noi conosciamo il personaggio pubblico che ha recitato, conosciamo la maschera del politico tre volte premier e abbiamo il diritto e anche il dovere di maturare un’opinione su di lui e di preservare la verità storica su cosa sia stato il berlusconismo. E questo non per sfogare chissà quali cattivi sentimenti, ma per imparare e per fare in modo che certi errori non si ripetano mai più. Quello che rimarrà nei libri di storia su Berlusconi è come sia riuscito a piegare la democrazia italiana per i suoi interessi processuali ed aziendali. Uno sfregio indelebile alla nostra repubblica. Berlusconi ci è riuscito grazie ai soldi della sua lobby, grazie ad un partito personale e grazie a televisioni e giornali al suo servizio. I tre pilastri del vecchio regime partitocratico nelle mani di una sola persona. Un mastodontico conflitto d’interessi. Un vero e proprio obbrobrio democratico che ha funzionato eccome nel servire Berlusconi ma non certo il paese. Berlusconi è riuscito a salvare le sue aziende e sfuggire ad innumerevoli processi. Quanto al paese aveva promesso di modernizzarlo ma alla fine non ha prodotto nessuna riforma degna di nota, solo anni di sterili litigi scatenati ad arte dalla propaganda, solo strappi e polemiche e provocazioni continue fino alle drammatiche dimissioni col paese sull’orlo del baratro finanziario. Berlusconi si è politicamente spento quel giorno. Ma invece di farsi da parte ha imposto la sua presenza sulla scena impedendo la formazione di una nuova destra moderata e favorendo così l’ascesa dell’inquietante sovranismo. Il disastroso giudizio politico su Berlusconi dovrebbe concludersi qui, se non fosse che il personaggio Berlusconi ha oltrepassato ogni “limite istituzionale”. Non si era mai visto un premier che avesse intrallazzato con la mafia, non si era mai visto un premier sempre pronto a comprare tutto e tutti, non si era mai visto un premier grande evasore e nemmeno uno che mettesse in piedi un night-club frequentato da ragazzine nella sua cantina. Scandali, grane giudiziarie e comportamenti al limite che hanno alimentato un degrado morale generalizzato nel paese e che è sfociato in un clamoroso ribaltamento della realtà. Con le guardie diventate cattive e i ladri buoni. Coi giudici diventati persecutori e i delinquenti vittime sacrificali. Con legalità, trasparenza e onestà anche intellettuale diventate parolacce in bocca a perdenti e fantomatici comunisti. Ma Berlusconi non ha fatto certo tutto da solo. Si è avvalso di zelanti cortigiani, delle folte truppe del suo impero e di tifoserie di tele-elettori vittime dell’atavico vizio degli italiani di seguire qualche pifferaio magico. E se Berlusconi ha avuto successo così a lungo è anche perché incarnava culturalmente quell’epoca e certi vizietti incoffesabili degli italiani. Quella del berlusconismo è stata una deriva democratica e morale la cui memoria va preservata in modo da non commettere più gli stessi errori. L’odio personale e lo sfogare cattivi sentimenti non c’entra nulla. Noi conosciamo solo il personaggio pubblico Berlusconi e abbiamo il diritto e anche il dovere di maturare un’opinione sulla sua parabola. Quell’anziano signore sdraiato su un letto del San Raffaele merita pietà e compassione come del resto tutte le vittime del coronavirus. Ma la storia di un paese è una cosa seria e nessuno può riscriverla a piacere. Fuori dall’ospedale il circo mediatico s’inchina come fosse al capezzale di un Padre della Patria mentre i revisionisti già si sfregano le mani. Intanto dentro alla sua stanza quell’anziano signore vive giorni di dolore e di paura come decine di migliaia di suoi concittadini. Chi con alle spalle una vita serena e regolare. Chi con alle spalle una vita turbolenta e sempre in prima linea. Tutti costretti a posare la propria maschera sul comodino. E guardarsi indietro. E guardarsi dentro. Chissà cosa penserà Berlusconi di se stesso e della sua vita. Chissà se penserà ne sia valsa davvero la pena di viverla in quel modo. Oppure no. 

https://repubblicaeuropea.com/2020/09/06/al-capezzale-di-berlusconi/

“Forestali che lavorano a chiamata, pochi mezzi e la mano della mafia”: ecco perchè in Sicilia i roghi devastano le riserve. Ogni anno. - Manuela Modica

“Forestali che lavorano a chiamata, pochi mezzi e la mano della mafia”: ecco perchè in Sicilia i roghi devastano le riserve. Ogni anno

Da Palermo a Trapani, da Catania e Messina un’ampia area dell'isola è bruciata negli ultimi giorni di agosto: ormai una consuetudine che si ripete ogni estate nei giorni di forte scirocco. Le procure di Palermo e Trapani hanno aperto fascicoli per incendio boschivo con l'aggravante prevista in caso di incendi in aree protette, mentre gli ambientalisti accusano: "Il sistema antincendio è con tutta evidenza fallimentare". Gaetano Guarino, storico funzionario della Forestale: "Contiamo 400 uomini, poi ci sono 19 mila operai, ovvero persone che lavorano solo per qualche mese o per qualche giorno". Sullo sfondo l'accusa: "Vogliono dare la gestione delle riserve ai privati".
“Spero in un ultimo sussulto di dignità e chiedo a queste persone che hanno appiccato il fuoco di autodenunciarsi. Chiedo anche a chi sa qualcosa che venga a riferire, perché quel che è successo è gravissimo”. Usa queste parole Angela De Luca, sindaca di Altofonte, nel Palermitano, per rivolgersi ai suoi concittadini. “Sono nella stanza del segretario comunale e da qui vedo lo sfregio inaudito al nostro bosco. Non è una questione solo di rabbia ma di grande paura: già le prime rocce hanno cominciato a rotolare verso l’abitato. Cosa succederà adesso? Cosa succederà alle prime piogge?”, è l’allarme lanciato dalla sindaca.
“Una strategia criminale concordata”- Nel comune siciliano a causa degli incendi dell’ultimo fine settimana di agosto sono andati in fumo 900 ettari del bosco della Moarda. E alcuni roghi non sono ancora completamente spenti: “Le radici ancora bruciano”, dice la sindaca. E dire che il bosco della Moarda era stato piantato nel dopoguerra proprio per riparare gli abitanti di Altofonte: “Prima c’era fango, c’erano smottamenti, poi hanno piantato gli alberi ed eravamo al riparo, adesso le case sono a rischio”. La voce della sindaca, sostenuta dalla preoccupazione per i suoi concittadini, tocca ottave alte. Era alta anche domenica mattina quando alle 7 del mattino la sindaca ha chiamato il presidente Nello Musumeci per chiedere l’invio dei Canadair: “Ce ne sono due in tutta la Sicilia – spiega– e io capisco che si dia priorità alle riserve ma noi avevamo il fuoco davanti agli occhi”. Pure il governatore ha rivolto un appello affinché vengano denunciati i responsabili: “Spero che si possa, con la collaborazione anche dei cittadini, arrivare all’individuazione di questi delinquenti che con una strategia criminale concordata distruggono, in un solo attimo, un patrimonio boschivo formatosi in decenni di cura e attenzione della comunità locale e delle istituzioni”. La Regione proclamerà lo stato di calamità, e chiederà a Roma di proclamare quello di emergenza.
I mezzi: solo 2 canadair sull’isola – Da Palermo a Trapani, da Catania e Messina, infatti, un’ampia area della Sicilia è bruciata negli ultimi giorni di agosto: “Siamo arrivati fino a un massimo di 5 canadair e due elicotteri su Palermo”, spiega Maurizio Lucia, direttore dei Vigili del fuoco. Sono in tutto 15 i Canadair in Italia, di proprietà dei Vigili del fuoco ma gestiti da una società esterna. A questi si aggiungono elicotteri non solo dei Vigili del Fuoco (che ne hanno 5) ma anche delle altre forze dell’ordine, mezzi inviati dal centro operativo aereo unificato che dispone a seconda dell’urgenza il velivolo più adeguato per l’operazione, mentre a gestire gli interventi via terra ci sono i direttori delle operazioni di spegnimento che sono persone altamente specializzate per questi casi. Ma lo scorso fine settimana gli interventi contemporanei solo nell’Isola sono stati troppo estesi: “Una situazione di certo complicata dalla vastità e varietà degli interventi.
“Vogliono dare la gestione delle riserve ai privati” – Un irrobustimento di mezzi e uomini può essere solo visto di buon occhio ma siamo riusciti a rispondere bene alla situazione di emergenza”, rileva Lucia. Non sono d’accordo con lui gli ambientalisti che si sono riuniti da tutta la Sicilia sotto un’unica sigla (“Salviamo i boschi siciliani”), per chiedere – tra le altre cose – la rimozione di funzionari. “Perché il sistema antincendio è con tutta evidenza fallimentare”, dice Massimo Fundarò, organizzatore del comitato siciliano a salvaguardia dei boschi. Il comitato è pronto ad indagare sugli ultimi incendi: “Faremo quello che dovrebbero fare le istituzioni, ottenendo le informazioni per un dossier da presentare alle varie procure, dopo quello già presentato nel 2017 alla procura di Trapani ma rimasto nei cassetti”, accusa Fundarò. Che col comitato lancia anche una raccolta firme su change.org dove si chiede l’istituzione di una commissione d’inchiesta che accerti responsabilità e individui “esecutori materiali e mandanti per smascherare gli interessi mafiosi e le connivenze politiche”, si legge nell’appello lanciato dal comitato. Perché il sospetto “è che si voglia togliere la gestione pubblica per darla ai privati”, sostiene sempre l’ambientalista, in passato deputato dei Verdi tra il 2006 e il 2008. Fundarò insiste: “Ogni incendio ha la sua storia e se viene appiccato col buio quando si sa che i Canadair non possono entrare in azione non è di certo un caso”.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/06/forestali-che-lavorano-a-chiamata-pochi-mezzi-e-la-mano-della-mafia-ecco-perche-in-sicilia-i-roghi-devastano-le-riserve-ogni-anno/5918329/

sabato 5 settembre 2020

Tra 10 miliardi di anni la fusione tra Via Lattea e Andromeda: nascerà la supergalassia Milkomeda.

Collisione Andromeda - Via Lattea - Amici della Scienza
Collisione tra Andromeda e la Via lattea.

Lo studio dell'Università La Sapienza di Roma è stato pubblicato sulla rivista Astronomy and Astrophysics.

Un nuovo studio internazionale, coordinato da un team del Dipartimento di Fisica della Sapienza Università di Roma, in collaborazione coi colleghi dell'Università tedesca di Heidelberg e della Northwestern University americana, ha realizzato sofisticate simulazioni numeriche per prevedere i tempi cosmici nei quali la nostra Galassia si scontrerà con Andromeda fino a fondersi in un'unica "supergalassia". 

I risultati del lavoro, che gettano nuova luce sul destino del nostro sistema stellare, sono stati pubblicati sulla rivista Astronomy and Astrophysics.  Dallo studio emerge che tra 10 miliardi di anni la Via Lattea si fonderà con la vicina Andromeda formando una supergalassia che hanno battezzato 'Milkomeda'. 

Per Roberto Capuzzo Dolcetta, della Sapienza, tra i coordinatori della ricerca, "la prima collisione tra le due galassie avverrà tra 4 miliardi di anni e la fusione tra circa 10 miliardi, tempo simile alla stima dell'età del cosmo dal Big Bang a oggi".  La Via Lattea e Andromeda fanno parte di un gruppo di una settantina di galassie, il Gruppo Locale, il cui centro di massa si trova proprio tra le due galassie. Lo studio ha permesso ai ricercatori di predire che, in seguito alla collisione galattica e alla fusione, i buchi neri giganti al centro delle due galassie, con massa milioni di volte il Sole, si troveranno a orbitare uno vicino all'altro.  

"Questo aspetto - conclude Roberto Capuzzo Dolcetta - implica che in un tempo mille volte più breve di quello necessario alla collisione delle galassie madri, anche i loro buchi neri si scontreranno. Dando, così, origine a una esplosione di onde gravitazionali di potenza inimmaginabile, miliardi di volte maggiore di quelle individuate negli ultimi cinque anni dai grandi osservatori della collaborazione internazionale Ligo-Virgo, negli Stati Uniti e in Italia". 

https://www.rainews.it/dl/rainews/media/Via-Lattea-e-Andromeda-si-fonderanno-tra-10-miliardi-di-anni-e-formeranno-la-supergalassia-Milkomeda-2ce29357-24bd-4c22-a597-fbed4f2b40d2.html?fbclid=IwAR2yA_9GxIeM6o94hk02HOlTed17WKaxmBul-1keA5Y769dgPuQjv0On1xM#foto-10

Fine degli alibi. - Marco Travaglio

Gli amici? Meglio pochi ma buoni. Hannibal Lecter | Citazioni divertenti,  Citazioni sarcastiche, Citazioni umoristiche
Molti propagandisti del No puntano tutto sulla paura, spaventando i cittadini con minacce terroristiche sull’apocalisse che seguirebbe alla riduzione dei parlamentari da 945 a 600. E così attribuiscono alla riforma una portata epocale che non si confà a un utilissimo, ma modestissimo ritocco costituzionale. “Stravolgono la Carta del 1948 e tradiscono la volontà dei nostri Padri costituenti!” (ma i 630 deputati e i 315 senatori nella Carta non c’erano: furono aggiunti dopo, nel 1963, da un’altra riforma della Dc). “Il Parlamento, una volta tagliato, non funzionerà più” (ma tra il 1948 e il ’63, a ranghi ridotti, funzionava benissimo). “Qui si ledono la rappresentanza e la democrazia!” (che non dipendono dal numero degli eletti: altrimenti la Cina, con quasi 3mila parlamentari, avrebbe il record mondiale di rappresentanza e democrazia). Un lettore ligure – spero non nostalgico di Scajola – teme addirittura che col taglio “Imperia non sia più rappresentata”: il che è ben possibile, ma lo è anche oggi, e non per le norme costituzionali, ma per la legge elettorale che dà ai capipartito il potere di candidare non i rappresentanti dei territori, ma i suoi nominati (qualcuno sa chi rappresenta la sua città nell’attuale Parlamento?). Altri inorridiscono per il risparmio di “soli” 80-100 milioni all’anno, come se ci fosse qualcosa di male se il Parlamento, dopo decenni di polemiche anti-casta, si mette a dieta e recupera prestigio mentre chiede sacrifici ai cittadini. Per fortuna i sondaggi (Sì fra il 70 e l’82%) segnalano che la maggioranza degli italiani, come nel 2016 quando a fare terrorismo erano i renziani del Sì, non si lascia spaventare da false paure.
Molto più serie sono le obiezioni e i dubbi sui rischi di un Sì “al buio”, senza i correttivi imposti dalla riforma: sulla legge elettorale, che per fortuna si dovrà per forza cambiare dopo il Sì al taglio (se vince il No ci terremo i nominati del Rosatellum in saecula saeculorum); sul numero dei delegati regionali per eleggere il capo dello Stato, che va ridotto anch’esso di un terzo; e sull’elezione dei senatori su base circoscrizionale anziché regionale, per impedire che le Regioni più piccole e i partiti minori siano sottorappresentati. Ma negli ultimi giorni la maggioranza s’è accordata per votare i correttivi in parte prima del referendum e in parte subito dopo. Così chi preferiva il No per mancanza di correttivi potrà votare serenamente Sì. Magari ricordando ciò che disse all’Assemblea Costituente il 18 settembre 1946 uno dei Padri più nobili, Luigi Einaudi: “Quanto più è grande il numero dei componenti un’Assemblea, tanto più essa diventa incapace ad attendere all’opera legislativa che le è demandata”.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/05/fine-degli-alibi/5921008/

Un virus spietato: non rispetta leggi ad personam e non si prescrive. - Selvaggia Lucarelli

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È sempre bello quando parla il professor Alberto Zangrillo perché, nell’ascolto, ci si esercita in quella complessa attività che si chiama “individuazione del sottotesto”. Dice “blando coinvolgimento polmonare” e vuole dire “sì, ha la polmonite, speriamo bene”. Dice: “Negli ultimi venti giorni, parlando con Clementi, ci siamo resi conto che abbiamo forse acquisito qualcosa forse di non autoctono che proviene da luoghi ameni che sono stati la sede delle vacanze di molte persone” e vuole dire “se gli italiani so’ coglioni, vanno in vacanza in Grecia e ci portano il virus non autoctono (il famoso “Covid Sirtaki”, certo), mica è colpa mia e di Clementi”. Dice: “Quando ho parlato di virus clinicamente morto, forse ho usato toni un po’ stonati” e intende “Ho detto ‘na mezza cazzata”.
Poi c’è quello che non dice proprio, neppure camuffato all’interno di mirabili supercazzole. Ed è un peccato. Perché, se c’è una cosa che Zangrillo avrebbe dovuto dire, è che la vicenda di Berlusconi spiega un’evidenza banale, ma già dimenticata: il virus oggi è più gentile perché colpisce i più giovani, ovvero quelli che in buona parte hanno ripreso la vita sociale, che quest’estate popolavano piazze, discoteche e spiagge. Le fasce più su con l’età, ad agosto, non erano a Gallipoli a vedere la Lamborghini fare twerking. Gli anziani e i soggetti a rischio si tutelano, presumibilmente. Il problema, però, sta esattamente in quello che è accaduto al suo paziente preferito. Gli anziani, soprattutto ora, dopo le vacanze, incontrano i figli, fanno da babysitter ai nipoti e in quel caso non conta più quanto il nonno sia stato recluso a casa, con le tapparelle abbassate, a Ferragosto. Conta, soprattutto, cosa ha fatto chi torna ad abbracciarlo. E forse il buon Zangrillo, colui che si vanta di essere un luminare, avrebbe dovuto ricordarlo al suo paziente preferito – quello che per mesi s’era barricato a Nizza – che andare in vacanza nella sua villa sarda tra camerieri, giardinieri, cuochi, addetti alle pulizie, guardie del corpo, figli, nipoti e amici, non era una buona idea. Che il virus non rispetta leggi ad personam, ma becca tutti e soprattutto, dopo sei mesi dall’inizio dell’epidemia, non è ancora prescritto. Avrebbe potuto metterlo in guardia, Zangrillo. Ma probabilmente era troppo preso a far sfiammare la prostatite di Briatore.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/05/un-virus-spietato-non-rispetta-leggi-ad-personam-e-non-si-prescrive/5921057/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-09-05

Batterio killer tra i neonati a Verona: sospesi il direttore sanitario dell’ospedale Borgo Trento, il primario di Pediatria e un medico.

Batterio killer tra i neonati a Verona: sospesi il direttore sanitario dell’ospedale Borgo Trento, il primario di Pediatria e un medico

I provvedimenti disciplinari sono stati annunciati dall'azienda sanitaria "a seguito delle risultanze della relazione della Commissione Ispettiva Regionale". Nel dossier si attribuiscono responsabilità precise ai chi gestiva i reparti coinvolti: "Riconoscimento tardivo del problema". I pm indagano per "omicidio colposo plurimo" dopo la morte di 4 neonati. 91 in totale i positivi al Citrobacter.

Arrivano i primi provvedimenti disciplinari per il personale sanitario dell’ospedale Borgo Trento di Verona, dove si è propagata l’infezione da Citrobacter costata la vita a quattro neonati e su cui la magistratura ha aperto un’inchiesta. In un comunicato dell’azienda ospedaliera, si legge che “a seguito delle risultanze della relazione della Commissione Ispettiva Regionale“, a partire da sabato 5 settembre 2020 “vengono sospesi in via cautelare secondo condizioni cautelari tre medici“. Si tratta della dottoressa Chiara Bovo, direttore Sanitario dell’Azienda ospedaliera, del Direttore medico della struttura Giovanna Ghirlanda e del primario di Pediatria Paolo Biban.

Il provvedimento arriva dopo la conclusione dei lavori della commissione istituita dalla Regione Veneto per fare chiarezza sulla vicenda. Un dossier molto severo che attribuisce responsabilità precise ai chi gestiva i reparti di Terapia Intensiva Pediatrica e Terapia Intensiva Neonatale dell’ospedale, che sono stati chiusi a giugno assieme al punto nascite di Ostetricia, il più importante del Veneto. Nella relazione si legge che ci si è trovati “di fronte ad una contaminazione a partenza ambientale che ha portato ad una diffusione del patogeno, con comparsa di infezioni invasive, con una iniziale sottostima e con il riconoscimento tardivo del problema da parte dei medici della Terapia Intensiva Neonatale, con conseguente scarso coinvolgimento del Comitato infezioni ospedaliere almeno fino al 1° trimestre del 2020”. Il batterio-killer era annidato nei rubinetti e non sarebbero state rispettate le norme igieniche richieste negli ambienti sanitari. Finora sono stati identificati 91 soggetti positivi per Citrobacter koseri (88 positivi alla ricerca diretta dell’agente microbico, 2 casi con positività su indagini molecolari ed 1 positivo ad entrambe le indagini). Nove di loro hanno sviluppato una patologia invasiva causata da Citrobacter koseri classificabile come certa o altamente probabile, mentre sarebbero quattro i neonati morti.

Nel frattempo va avanti l’inchiesta della magistratura. L’ipotesi di reato è quella di “omicidio colposo plurimo“, ma al momento non risulta alcun indagato. “Abbiamo acquisito la relazione della Commissione ispettiva dalla Regione Veneto, con la quale siamo sempre stati in contatto”, ha dichiarato nelle scorse ore il procuratore Angela Barbaglio. “Le conclusioni verranno confrontate con il materiale finora raccolto dai carabinieri del Nas, che hanno già ottenuto le cartelle cliniche dei bambini. Il nostro compito è capire se ci siano delle responsabilità penali per quanto accaduto”. L’intervento dei pm è stato sollecitato nei giorni scorsi dal governatore veneto Luca Zaia, il quale ha chiesto anche alla direzione dell’ospedale di procedere con i provvedimenti disciplinari. A Verona sono attesi in questi giorni pure gli ispettori inviati dal ministero della Salute.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/04/batterio-killer-a-verona-sospesi-il-direttore-sanitario-dellospedale-borgo-trento-il-primario-di-pediatria-e-un-medico/5920970/

venerdì 4 settembre 2020

I tre candidati presidenti Pd agli elettori 5S: “Votiamo Sì”. - Giacomo Salvini

I tre candidati presidenti Pd agli elettori 5S: “Votiamo Sì”

In bilico Toscana, Marche e Puglia.
Tutti per il Sì al taglio dei parlamentari. Convintamente. Con i sondaggi che li danno in difficoltà sui concorrenti del centrodestra, i tre candidati Pd di Marche, Puglia e Toscana provano a rivolgersi direttamente a quegli elettori del M5S in grado di essere decisivi nella contesa elettorale del 20-21 settembre. E lo fanno partendo da una battaglia storica e identitaria del M5S: la riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari. Tutti e tre i candidati dem voteranno Sì, nonostante nel loro partito ci sia più di un dissidente e la linea sarà decisa nella direzione nazionale di lunedì prossimo. Inizia Eugenio Giani, candidato renziano in Toscana che negli ultimi due mesi ha subito la rimonta della leghista Susanna Ceccardi (oggi tra i due c’è un distacco di punto percentuale, mentre a inizio giugno erano 10): “Voterò Sì al referendum sul taglio dei parlamentari – spiega deciso al Fatto Quotidiano – ­e lo dico sulla base della mia esperienza di presidente del consiglio regionale, organo che ha potestà legislativa: la mia regione ha 41 consiglieri, un numero eccessivo in grado di rallentare i lavori di commissione e aula. Per questo, a livello più grande, penso che la riduzione di parlamentari possa aumentarne la qualità”. Discorso simile di Michele Emiliano, governatore uscente della Puglia che negli ultimi mesi le ha provate tutte per inglobare il M5S prima in maggioranza e poi nella coalizione in vista delle elezioni regionali (ma la candidata grillina Antonella Laricchia si è sempre rifiutata). L’ultimo appello è arrivato lunedì in un’intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno in cui Emiliano ha chiesto agli elettori di usare il voto disgiunto (“Gli elettori M5S potranno votare me come presidente e il M5S come partito”) in base a valori comuni come l’ambientalismo: “Mi sono battuto fin dall’inizio per la decarbonizzazione dell’ex Ilva – ha detto Emiliano – poi è arrivata l’adesione del Pd, del governo e del M5S. Questo significa che andiamo nella stessa direzione”. Sul taglio dei parlamentari, Emiliano ci tiene a restare coerente con i patti della coalizione giallorosa: “Voterò Sì come da indicazione dei miei partiti di riferimento, Pd e M5S” fa sapere il governatore pugliese che, secondo i sondaggi, è indietro di qualche punto sul meloniano Raffaele Fitto.
Poi c’è Maurizio Mangialardi, sindaco di Senigallia e candidato dem nelle Marche che fino a oggi non si era ancora espresso sul taglio dei parlamentari: “Voterò Sì per allineare i numeri del nostro Parlamento a quelli della maggioranza delle assemblee legislative europee – dice al Fatto tra un incontro e l’altro con i sindacati –. Ma, essendo un difensore della democrazia rappresentantiva, auspico che venga approvata al più presto una legge elettorale proporzionale”. Da mesi Mangialardi ha provato a tessere un dialogo con il M5S, inglobando nella sua coalizione due consiglieri regionali fuoriusciti tra cui l’ex candidato governatore Gianni Maggi che nel 2015 arrivò al 22% e oggi si candida con la lista “Marche Coraggiose”. Oltre ad appellarsi al “voto utile” (qui non è possibile il voto disgiunto) il presidente Anci delle Marche cerca di convincere gli elettori grillini a partire dai temi ambientali: “Proponiamo la costruzione nei primi cento giorni di un nuovo Patto per il lavoro e per il clima che si basi sul consumo zero di nuovo territorio e la rigenerazione delle Marche: l’obiettivo l’azzeramento delle emissioni entro il 2050 e il passaggio al 100% di energie rinnovabili entro il 2035”.
Anche Giani prova a incalzare gli elettori 5S sull’ambiente: “Nel mio programma ci sono molti temi cari al M5S – continua –­per esempio sull’ambiente vogliamo diventare, entro il 2030, la prima regione d’Italia a rispettare gli accordi di Parigi sulle emissioni, implementare l’economia circolare senza nuovi inceneritori e la mobilità su ferro per collegare meglio i capoluoghi di provincia toscani e potenziare le tramvie a Firenze”. Ma il candidato dem si sofferma anche su altri due argomenti che potrebbero fare breccia nell’elettorato grillino: “Io voglio che la gestione dell’acqua torni nelle mani pubbliche come previsto dal referendum del 2011 e poi, in caso di vittoria, saremo molto attenti al tema dei costi della politica: ridurremo il costo del consiglio regionale e io voterò convintamente a favore del taglio dei parlamentari”.
Alleanze ad intermittenza... e a seconda della convenienza; a volte si, a volte no... E pensare che avevano votato per il taglio in Parlamento, poi ci avevano ripensato, ora gli conviene ri-ripensarci... by c.