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giovedì 7 aprile 2022

L’inutile idiota. - Marco Travaglio

 

I rastrellatori di Rep scrivono ogni giorno lo stesso pezzo sui presunti “putiniani” d’Italia. Ma, siccome in 42 giorni di guerra non han trovato nessuno che giustifichi Putin, inventano. Dopo la lista di proscrizione di Johnny Riotta tocca, buon ultimo, a Francesco Merlo, che è un po’ il colonnello Buttiglione (o, a giudicare dalla prosa malferma, il generale Damigiani) di Ri-pubblica. Vaneggia di un “laboratorio dove Putin rimescola la politica italiana in vista delle elezioni” (quando le vince chi non garba a lui, c’è dietro Putin): la “Federazione negazionisti equidistanti”, la “Cosa Putiniana”, la “Gioiosa Macchina Antiguerra” dei “Né Né”. Il “leader predestinato” è Conte, “antiamericano e negazionista” (non si sa di cosa, visto che ha condannato Putin decine di volte ed evocato l’Aja ancor prima di Bucha), “pronto a un nuovo assalto alla democrazia in sintonia con la guerra di Putin” (pare che voglia candidarsi alle elezioni). Ed ecco i cosacchi: Orsini, Dibba, Freccero, Cacciari, Landini, Salvini (la Meloni no, il suo “atlantismo è solido”), Travaglio, Anpi, Leu, “Articolo 21” (sic), SI, centri sociali, insomma “gli utili idioti” che Letta, dall’alto della sua “statura morale”, deve “cacciare via dalla sinistra come furono cacciati i mercanti dal tempio” da un oscuro collega del segretario Pd, Gesù.

Mancano i due vecchi amori merliani: B., l’unico che in 42 giorni non ha mai citato Putin; e Renzi, che nel 2015 (dopo la Crimea) disse di “fidarsi di Putin” e fino al 24 febbraio sedeva nel Cda di Delimobil, partecipata dalla banca di Putin. E manca soprattutto Rep, che dal 2010 al ’16 allegava l’inserto Russia Oggi a cura e a spese del Cremlino. Per sei anni, oltre a ciucciarsi Merlo, i lettori voltavano pagina e si sorbivano pure i soffietti a Putin. Che “disprezza l’ipocrisia e ritiene la sincerità una virtù”. “Record di vendite senza precedenti per Lada Kalina, la piccola utilitaria con cui Putin ha macinato ad agosto oltre 2mila km”. “Concorso web per dare un nome al nuovo cane di Putin”, che “leggerà le proposte e deciderà. Poi farà conoscere il piccolo pastore bulgaro alla labrador Connie”. Che tenero. E giù botte all’“errore delle sanzioni”, ai “perfidi pregiudizi occidentali” sullo zar garante del “pluralismo politico” (con gli oppositori morti ammazzati o in galera). Senza dimenticare le good news: “L’armata russa sceglie i blindati Made in Italy”. Cioè i “Lince” Iveco (gruppo Agnelli, editore di Rep), venduti a Putin sotto Monti, Letta e Renzi (quelli della “statura morale”). E Merlo, intanto? Coabitava col Minculpop russo, ritirava lo stipendio finanziato pro quota da Mosca e soffriva in silenzio. Non sospettava che sei anni dopo, per molto meno, si sarebbe dato dell’“utile idiota”, fra l’altro esagerando con l’utile.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/07/linutile-idiota/6551493/

venerdì 5 febbraio 2021

Grazie. - Tommaso Merlo

 

Sono ore di sconforto. Dopo anni a vergognarsi finalmente un premier di cui andare fieri. Poi il complotto. Senza senso, senza pietà. In piena pandemia. Amarezza. Paura di ricadere nel solito squallore di sempre. Nella solita Italia di sempre. Con la politica ad attirare i tafani peggiori. Voglia di andarsene da un paese che sembra non voler cambiare mai. Sono passate poche ore. Il circo mediatico starnazza attorno a Mario Draghi mentre Giuseppe Conte prepara in silenzio le valigie. Ammutolito lui. Ammutoliti i milioni di cittadini che lo stimano e lo vedono uscire di scena senza neanche un perché. Ma un premier come Giuseppe Conte è già un miracolo che abbia retto quasi tre anni in un paese come l’Italia. Tra tradimenti, due governi, fango. Lobby, giornali e avanzi di vecchia politica non gli hanno dato tregua. Fin da quando scese dal taxi bianco. Dubitando del suo curriculum. Ricoprendolo di ridicolo. Tutti a scommettere sullo sfacelo suo e del Movimento che lo ha espresso. L’Italia è così. Ottusa e conformista. Ostaggio delle stesse caste, delle stesse logiche. Un paese che perfino quando emerge un movimento democratico pulito e pacifico lo tratta peggio dei delinquenti e fa di tutto per distruggerlo. Giuseppe Conte era un cittadino prestato alla politica ed era questa la sua colpa. Non essere del giro. Non essere comprabile e manipolabile. Diventato premier Conte ha subito abbassato la testa sulla scrivania dimostrando in breve tempo di che pasta è fatto. Sorprendendo tutti per capacità, efficacia, spirito di sacrificio e soprattutto per risultati. Come se il potere fosse servizio, non un privilegio. Ma l’Italia è così. Non premia il merito, premia i furbi, premia i membri del proprio clan. Amarezza e sconforto. Voglia di andarsene da un paese che sembra non voler cambiare mai. Lobby, giornali, avanzi di vecchia politica. La solita cricca di sempre. Tutti ad accanirsi contro quell’alieno di Giuseppe Conte. Per nulla. Assolutamente nulla. Per decenni hanno sostenuto partiti e politicanti che hanno collezionato scandali di corruzione e di mafia e di massoneria e di prostituzione e raccontato fandonie ai quattro venti trascinando il paese in fondo a tutte le classifiche. E con Giuseppe Conte hanno iniziato a scandalizzarsi per l’ora inoltrata di una conferenza stampa o per qualche aggettivo stonato. Una ipocrisia rivoltante. Un paese senza memoria. Un paese senza faccia. Un paese infarcito di servi e traditori. Sconforto. Per l’uscita di scena di un premier sobrio e perbene. Vanto dell’Italia anche all’estero dopo decenni di pagliacciate e figuracce. Ma l’Italia è così. Vincono i quaquaraquà, vincono gli sbruffoni. I forti sono quelli che urlano e sgomitano. Gli intelligenti sono quelli che fregano il prossimo. L’Italia è così. Un paese dopato di disonestà intellettuale e di una faziosità talmente viscerale da calpestare perfino il buonsenso. Amarezza. Tentazione di mollare e di andarsene altrove. Come fanno tantissimi giovani che emigrano dalla “ricca” Italia alla ricerca di una migliore qualità della vita. Che include non venire umiliati dal degrado morale. Che include non venire oppressi da una cappa asfissiante. La paura è che tutto torni come prima. Con la politica ad attirare i tafani peggiori. Politici che dalla politica prendono e basta. Fama, potere, soldi. Senza dare nulla in cambio se non fiumi di sterili chiacchiere. Paura che la speranza di cambiamento accesa il 4 marzo sia perduta per sempre. Paura che quello a Giuseppe Conte non sia un arrivederci. Ma un addio.

Tommaso Merlo

https://repubblicaeuropea.wordpress.com/2021/02/03/grazie/

martedì 19 gennaio 2021

Una crisi agghiacciante. - Tommaso Merlo

 

Una crisi al buio con centinaia di morti al giorno e la terza ondata alle porte. Uno dei punti più bassi della storia della nostra Repubblica. La vecchia politica italiana non si è fermata neanche davanti all’emergenza del secolo. Prima ci hanno pensato le opposizioni sovraniste che dall’alto del loro patriottismo non hanno smesso un secondo di alimentare un chiassoso pollaio nella speranza di lucrarci sopra qualche voto. Poi la vecchia politica nostrana si è spinta addirittura oltre, facendo implodere la maggioranza nel pieno dello sforzo per contenere il virus e i suoi danni devastanti. Arrivando al punto da pugnalare alle spalle il proprio generale al culmine della battaglia. Un generale integro come Conte apprezzato sia dai cittadini che all’estero proprio per come sta conducendo il nostro paese in questa complessa crisi. Una crisi agghiacciante sia per la tempistica sia perché del tutto priva di reali motivi politici. Una crisi basata su insulsi pretesti escogitati per celare irricevibili egoismi personali e di fazione. Un obbrobrio mentre il bollettino di guerra continua a salire e ai cittadini già esasperati sono richiesti ulteriori sacrifici. I poveri cristi chiamati al senso di responsabilità mentre presunti onorevoli si dimostrano talmente irresponsabili da far saltare all’aria il governo in piena emergenza. È proprio vero che la vecchia politica insieme al vecchio giornalismo sono una delle peggiori espressioni del nostro paese. Resti malconci di logiche e cricche che han fatto danni enormi e che non si vogliono rassegnare alla loro fine storica. E poi hanno pure il coraggio di sorprendersi se scoppia il populismo, se la società di radicalizza e se la rabbia dei cittadini cerca sbocchi altrove. E poi hanno pure il coraggio d’indignarsi se milioni di cittadini disgustati non s’informano più e non vanno più nemmeno a votare e disprezzano perfino le istituzioni. Ora non resta che attendere l’epilogo. Vedremo se la vecchia politica riuscirà a levarsi finalmente dai piedi l’intruso generale Conte e mettere così le mani sul Recovery oppure no. Vedremo se la vecchia politica riuscirà a levarsi finalmente dai piedi le istanze di cambiamento del 4 marzo e riprendere così il solito andazzo oppure no. Vedremo se il parlamento reagirà per il bene del paese oppure per il proprio come da migliore tradizione magari escogitando qualche mostruosità. Difficile credere che le orde di transfughi e poltronosauri che bivaccano da sempre nell’emiciclo siano diventati di colpo tutti irreprensibili angioletti disposti a perdersi altri due anni a sbafo sapendo di essere al loro ultimo giro di giostra e con la pandemia comoda comoda da usare come scusa per rinviare il voto. Di certo, se alla fine la parola passasse ai cittadini, l’esito potrebbe essere meno scontato del previsto. I sondaggi danno il sovranismo in testa ma dopo mesi in cui la vecchia politica ha dato il peggio di sé e dopo una crisi agghiacciante come questa, le urne potrebbero riservare sorprese. Inchiodando la vecchia politica alle sue colpe e facendo prevalere il buon senso di affidarsi a chi ha dimostrato capacità e senso di responsabilità come la coalizione guidata da Conte. Quanto ai libri di storia, vi resterà giusto come la vecchia politica italiana non si sia fermata neanche davanti all’emergenza del secolo. Aprendo una agghiacciante crisi al buio con centinaia di morti al giorno e la terza ondata alle porte. Uno dei punti più bassi della storia della nostra Repubblica. (18 gennaio)

https://repubblicaeuropea.wordpress.com/2021/01/17/una-crisi-agghiacciante/

mercoledì 6 gennaio 2021

Giuseppe Conte e il tramonto del renzismo. - Tommaso Merlo

 

Quest’anno drammatico si chiude con Giuseppe Conte sotto pressione da parte di quello che rimane del renzismo. Un partitino nato in parlamento raccogliendo fuoriusciti che nonostante non esista nel paese paventa la crisi ogni santo giorno. Un tira e molla riprovevole che ricorda la peggiore egopolitica del passato. Un tira e molla intollerabile perché nel bel mezzo di una devastante crisi pandemica globale che sta mettendo in ginocchio il paese. Decine di migliaia di morti. Macerie economiche, macerie sociali, macerie psicologiche e spaventosi interrogativi per il futuro. In uno scenario di tale gravità era lecito attendersi senso di responsabilità da parte di tutta la politica nostrana. Ed invece le opposizioni sovraniste tentano di lucrare voti fin dal paziente uno mentre quello che rimane del renzismo ha ricominciato a minare il governo di cui fa parte. Invece cioè di lavorare e dare il proprio contributo, quello che rimane del renzismo aizza i giornali e i social con lamentele e provocazioni e ultimatum colpendo Giuseppe Conte in uno dei momenti più topici. La gestione dall’uscita dal tunnel e la progettazione della ripartenza. Un tira e molla politicamente assurdo. Il renzismo è stata una fase politica breve e miseramente tramontata per sempre. È stata una sbornia a destra del Pd. Non riscendo cioè a partorire mezza idea, il Pd ha copiato quelle neoliberiste. Tradendo la sua storia, tradendo i suoi ideali, tradendo le classi sociali che diceva di voler tutelare. Il Pd renziano pensava che andando a braccetto con lobby e padroni sarebbe ripartita la crescita e quindi tutto il paese. Ed invece han solo falcidiato i diritti sociali e fatto dilagare povertà e ingiustizia sociale e l’Italia ha continuato ad occupare gli ultimi posti di tutte le classiche europee. Anche tutti i loro maldestri tentativi di riforma sono finiti male. Una stagione davvero rovinosa e aggravata da due errori storici. La sottovalutazione della questione morale e quella dell’impatto di un’immigrazione clandestina di massa finita fuori controllo. Quello che rimane del renzismo parla spesso di populismo come causa di tutti i mali, ma se è scoppiato il populismo la colpa è loro. La colpa è di una fantomatica sinistra che ha rinnegato le sue radici e che arroccata nei palazzi ha perso completamente il polso di quello che succedeva fuori. La paura, la rabbia, la miseria morale ed economica. Il renzismo è stato il colpo di grazia al centrosinistra italiano e se è esploso il Movimento e il sovranismo, lo si deve proprio ai disastri del vecchio sistema partitocratico in cui destra e sinistra erano diventati la stessa identica cosa. Lo si vede anche oggi, quello che rimane del renzismo e quello che rimane del berlusconismo sono cocci sovrapponibili di quella deleteria stagione. Ma invece di prenderne atto e mettersi al servizio del nuovo corso, quei cocci tramano per una fantomatica risurrezione affidandosi ai soliti vecchi giochetti di palazzo. Poveri illusi. La storia non ha la retromarcia e la nefasta era degli egopartitini è alle spalle. Se lo capiranno da soli bene, altrimenti ci penseranno gli italiani nelle urne. Un presidente del consiglio serio, specchiato e capace come Giuseppe Conte non si vedeva da decenni in Italia. Se venisse tradito dopo quello che sta facendo per il paese e in un momento così drammatico, altro che ammucchiata parlamentare per rimpiazzarlo. Tutti al voto per un 4 marzo bis ancora più devastante. Per riconfermare Giuseppe Conte, per riprendere il cammino interrotto e per sbarazzarsi una volta per tutte dei cocci di una stagione politica fallimentare che non vogliono rassegnarsi al loro irreversibile tramonto.  

Tommaso Merlo

https://repubblicaeuropea.wordpress.com/2020/12/31/giuseppe-conte-e-il-tramonto-del-renzismo/

martedì 27 ottobre 2020

L’ora dei deboli. - Tommaso Merlo

 

È in momenti come questi che ai deboli saltano i nervi. Violenza fisica, violenza verbale. Nelle strade, nell’informazione. Con alle spalle enormi responsabilità politiche. Se per mesi accarezzi il negazionismo e ti scagli contro un governo liberticida, alla fine qualcuno ci abbocca. Non si contano più gli appelli alla responsabilità e all’unità alle classi dirigenti. Tutti ignorati per qualche boccone di vanità. Per fortuna la maggioranza dei cittadini è molto migliore di certa politica e di certa informazione, altrimenti saremmo in guai ben più seri. Per le strade son scesi fanatici cronici e hooligans orfani della curva. Deboli che usano mani e piedi per esprimere il loro dissenso. Deboli che usano mani e piedi per sfogare frustrazioni esistenziali camuffate con qualche credo. Ma non solo. In piazza sono scesi anche cittadini che non vogliono più pagare il prezzo delle nuove restrizioni. Perché per loro di questo di tratta. Di un prezzo. Non sono più disposti a sacrificare i propri interessi per quello collettivo. Qualche mese fa la paura li aveva convinti ad adeguarsi, oggi invece si sentono abbastanza forti da ribellarsi. Enormi responsabilità politiche alle spalle. Sono i frutti che raccogli dopo mesi che usi perfino la pandemia per farti propaganda. Sono i frutti che raccogli dopo mesi che discrediti le istituzioni e la scienza. Per fortuna la maggioranza dei cittadini è molto migliore di certa politica e di certa informazione, altrimenti saremmo in guai ben più seri. Alcuni manifestanti inneggiano alla libertà. Come se nel bel mezzo della peste del secolo le restrizioni fossero prepotenza dall’alto e non indispensabile buonsenso. Una concezione di libertà davvero deprimente. Libertà di ammalarsi e di contagiare gli altri. Libertà quando sono schiavi di mille padroni. A partire dal loro ego. Perché è debolezza ma anche egoismo. Libertà di farsi gli affari propri e fregarsene del mondo che li circonda. Dei malati e delle vittime e di chi lotta in prima linea e della tenuta del sistema sanitario e di tutto il contesto. Paraocchi egoistici. Nervi che saltano. Perché siam sempre meno abituati ad aderire davvero ad una comunità nazionale, ad un destino comune. Troppo avvezzi ad occuparci del nostro orticello personale e di quello della mandria di appartenenza. Un mondo sempre più piccolo dove al di fuori son tutti marziani o concorrenti. Paraocchi egoistici. Nervi che saltano. Perché siamo sempre meno abituati all’incertezza del domani, all’ignoto. Troppo avvezzi a riempirci la vita di false certezze che la pandemia ha tramortito. Un mondo sempre più piccolo dove al di fuori son tutti pericolosi invasori. Derive che certa politica cavalca promettendo praterie per ogni egoismo e offrendo la sicurezza di qualche sovrano di cartone e di qualche muro anche mentale in cui rinchiudersi. È in momenti come questi che ai deboli saltano i nervi. Perché la violenza è debolezza. Non forza. Violenza fisica, violenza verbale. Nelle strade, nell’informazione. Con alle spalle enormi responsabilità politiche. Per fortuna la grande maggioranza dei cittadini è molto migliore. Altrimenti saremmo in guai ben più seri.

Tommaso Merlo

https://repubblicaeuropea.com/2020/10/27/lora-dei-deboli/?fbclid=IwAR10GqX_njmWa7O2UssTWieOg2DMul-3RSW_-fTnuW_Dvuh6L68Ct5US-zE

domenica 18 ottobre 2020

La pandemia e il guado del cambiamento. - Tommaso Merlo

 

Vita dura per gli sciacalli nostrani. Han passato l’estate a fregarsene del virus e adesso che il contagio è ripartito la colpa non è loro. È dei loro nemici politici. L’Italia è vittima di persone che per misero tornaconto manipolano la realtà di continuo. Son bastati pochi giorni affinché branchi di sciacalli passassero dalla “libertà di contagiare” al “c’infettiamo governo ladro”. Tempi davvero duri per loro. La realtà cambia in maniera così repentina da costringere gli sciacalli a continue inversioni ad u che ne minano la credibilità facendogli scivolare nel ridicolo. La pandemia sta facendo emergere il meglio e il peggio del nostro paese. Il meglio lo stanno dando i cittadini che han compreso la gravità dell’emergenza e l’importanza fondamentale del proprio comportamento. Cittadini che stanno dimostrando senso di responsabilità e lungimiranza ed accettano di buongrado piccoli sacrifici e piccole accortezze che possono salvare la loro vita e quella degli altri. Il peggio lo stanno dando invece certi politicanti e certi personaggi che scorrazzano nel malconcio mondo dell’informazione. Esibizionisti di ogni risma ed egoarchi cronici che creano solo caos e alimentano frustrazione e divisioni per meschino tornaconto o vanità. La pandemia sta dimostrando come l’Italia sia un paese in mezzo ad un guado culturale. Un guado tra passato e futuro. Con da una parte cittadini emancipati e maturi che vorrebbero attraversarlo e costruire un paese all’altezza delle proprie nuove consapevolezze. E dall’altra una minoranza privilegiata che vuole impedirglielo perché il cambiamento non gli conviene. Un guado. Tra il meglio e il peggio. Tra il vecchio e il nuovo che prima o poi dovrà risolversi. Il cambiamento lo puoi frenare ma non lo puoi fermare. Un paese, una società, una democrazia non sono altro che la proiezione di quello che hanno dentro i cittadini, la proiezione della loro cultura prevalente. Il profondo malessere italiano di questi anni nasce proprio dalla divergenza tra i valori che hanno maturato i cittadini e ciò che riscontrano attorno a loro in certa politica e in certa informazione. La pandemia lo sta rendendo evidente. Viviamo in mezzo al guado uno scontro latente. Tra il meglio e il peggio. Tra il vecchio che non vuole rassegnarsi alla sua fine ed un nuovo che fatica a sorgere per gli ostacoli creati da coloro a cui il cambiamento non conviene. Ma il cambiamento lo puoi frenare, non lo puoi fermare. Un paese cambia quando il modo di pensare e quindi di comportarsi dei cittadini cambia in maniera abbastanza diffusa e quindi potente da dar vita ad una realtà politica e sociale nuova. La pandemia lo sta confermando. La grande maggioranza dei cittadini italiani sono migliori di certi politicanti e di certi personaggi che sguazzano nel malconcio mondo dell’informazione. E sono più che pronti ad attraversare il guado e costruire finalmente un paese all’altezza dei tempi e delle loro nuove consapevolezze.

https://repubblicaeuropea.com/2020/10/18/la-pandemia-e-il-guado-del-cambiamento/

mercoledì 7 ottobre 2020

La crisi del Movimento e le colpe dei cittadini. - Tommaso Merlo

 

La crisi del Movimento è anche colpa dei cittadini che lo compongono. Nessuno escluso. Come quei cittadini che dalla sera del 4 marzo son tornati sul loro divano. Altro che partecipazione, altro di rimboccarsi le maniche e fare la propria parte. Si sono rituffati nell’indifferenza e alle elezioni locali non si son degnati neanche di votare. Tra loro molti cittadini esasperati per cui il Movimento era l’ultima spiaggia ed è bastato qualche schizzo di fango per farli arrendere. Molti si son fatti ingannare dalla stampa in mano ai nemici del Movimento, alla faccia del sapersi informare e ragionare con la propria testa. Altri invece pensavano che il Movimento avesse la bacchetta magica e risolvesse tutti i loro problemi in un batter d’occhio. Come prometteva di fare la vecchia politica salvo poi farsi gli affari propri. Cittadini che si son messi a fare gli schizzinosi. Per decenni sono stati umiliati da una politica corrotta e autoreferenziale e adesso che in soli due anni il Movimento ha realizzato senza rubare gran parte di quello che ha promesso, alzano il nasino all’insù e danno tutto per scontato. Come se avessero rimosso da che paese provengono. Come se confondessero la politica col Padreterno. Ma ci sono anche molti cittadini che il 4 marzo non sapevano né cosa votassero né perché. Cittadini saliti per sbaglio sul treno giallo del Movimento e che sono scesi alla prima stazione. Tra loro molti terrapiattisti de noialtri e negazionisti anche del proprio senno. La crisi del Movimento è però anche colpa di cittadini che han continuato a credere nel progetto e a partecipare ma che strada facendo sono ricaduti nei vizietti della vecchia politica. Tipo quelli che si dichiaravano post-ideologici e quando il Movimento era alleato con la Lega gli andava bene, adesso che è alleato col Pd si scandalizzano e sbattono la porta. O viceversa. I post ideologici a chiacchiere. Oppure quelli che son scivolati nel personalismo e si son messi a tifare per quel portavoce o per quell’altro. Dividendo così la base e generando pseudo correnti e spifferi che alla lunga hanno indebolito il Movimento. Vizietti della vecchia egopolitica a cui alcuni portavoce si son prestati con un protagonismo che gli ha garantito visibilità e peso ma che ha danneggiato un Movimento che ha sempre fatto della sua compattezza e della sua concentrazione sulle cose da fare, la sua forza. Un Movimento nato per essere leader di se stesso e in cui contano i programmi e non chi li realizza. Concetti profondi. Culturali. Che riguardano il modo d’intendere la politica e la propria cittadinanza. Concetti che molti attivisti sia a casa che nei palazzi sembrano aver scordato. L’egopolitica ha ostacolato il dialogo tra portavoce ed attivisti e generato uno strisciante complottismo interno. Una cultura del sospetto che ha scatenato tempeste sul nulla e ha offerto alibi ai traditori e armi ai nemici. Ma nulla è ancora perduto, anzi. Gli Stati Generali sono una storica occasione di rilancio. Il Movimento ha ancora un enorme potenziale politico. Merito delle cose realizzate che alla lunga pagheranno anche in un paese autolesionista e fazioso come il nostro. Merito delle cose ancora da realizzare che sono ancora moltissime in un paese martoriato dalla malapolitica come il nostro. Merito dei nemici del Movimento che non hanno imparato nulla dal 4 marzo e alle prossime politiche si ripresenteranno con le solite stucchevoli facce costringendo molti elettori a fare il bis a 5 stelle. Quanto all’egopolitica, grazie al limite dei due mandati i portavoce che sono all’ultimo giro di giostra se la porteranno a casa con loro. Gli Stati Generali sono davvero una storica occasione di rilancio. Questo a patto che si ammetta come la crisi del Movimento sia anche colpa dei cittadini che lo compongono. Nessuno escluso.

https://repubblicaeuropea.com/2020/10/07/la-crisi-del-movimento-e-le-colpe-dei-cittadini/

sabato 19 settembre 2020

Un sacrosanto sì. - Tommaso Merlo

 


Tutta la stampa al guinzaglio delle lobby è schierata per il “no” al referendum. Davvero impressionante. Invece che avamposto della società, il giornalismo italiano si è ridotto a megafono dei parrucconi. Quelli dei potentati che gli pagano lo stipendio e quelli dei vecchi partiti a cui s’ispirano. Davvero sconcertante. I resti di un regime politico ma anche culturale morente che non si vuole rassegnare alla sua fine. Il quesito referendario non c’entra. La posta in gioco è tutta politica. Parlano di difesa della Costituzione quando han sempre cercato di manometterla maldestramente. Parlano di rappresentanza quando han sempre fatto di tutto per sottrarla ai cittadini con leggi elettorali vergognose e inciuci acrobatici durati anni. Dicono che servirebbe chissà cos’altro quando i loro tentativi di riforma sono sempre sistematicamente falliti. Ancora meno gli importa delle 345 poltrone in meno, di risparmiare soldi pubblici o di adeguarsi alle altre democrazie europee. Hanno sguazzato per decenni negli sprechi più aberranti moltiplicando poltrone a dismisura. La posta in gioco è tutta politica. Il vero e unico motivo per cui sono schierati per il “no” è spegnere una volta per tutte l’onda anomala del 4 marzo e ristabilire un ordine a loro più congeniale e vantaggioso. Un ordine in cui le loro lobby e i loro partiti di riferimento tornino al centro della vita politica, tornino a comandare. Vogliono che si spenga la stagione della lotta alle caste e alle sue abbuffate a sbafo. La stagione della trasparenza e della legalità e della sobrietà. La stagione del cittadino che ritorna protagonista a discapito degli appetiti delle lobby e dei rigurgiti ideologici dei vecchi partiti. La loro è ingordigia ma anche paura. Non vedono l’ora di tuffarsi a bomba nella mangiatoria europea del Recovery, ma temono anche che l’onda anomala del 4 marzo continui arrivando ad intaccare altri nervi nevralgici del vecchio regime come il conflitto d’interessi o una vera libertà di stampa. Il loro è egoismo ma anche orgoglio. Difendono col mignolino alzato il loro confortevole status ma anche la loro immaginaria superiorità culturale e intellettuale con cui riuscivano ad indirizzare le masse prima che scappassero dalle caverne le orde populiste. Non era mai successo che l’Italia cambiasse nonostante loro e perfino contro di loro. Erano ad un bivio. Potevano adeguarsi ai tempi, potevano levare il disturbo ma nella gerontocrazia italiana non se ne parla nemmeno ad un passo dalla fossa. Ed ecco le motivazioni di un regime morente che non si vuole rassegnare alla sua fine. Ed ecco le motivazioni del “no” al taglio. Tutte politiche. Spegnere una volta per tutte l’onda anomala del 4 marzo cercando di abbattere il suo principale artefice e cioè il Movimento. Ma su questo hanno ragione. Se si è arrivati così vicini allo storico taglio dei parlamentari dopo decenni che se ne parla a vanvera, il merito è tutto del Movimento che non ha mollato costringendo prima le Lega poi il Pd a seguirlo e trascinandosi poi dietro controvoglia tutto l’emiciclo. Se con un sacrosanto sì andasse in porto anche questa riforma, i reduci del vecchio regime dovranno ammettere che i cavernicoli a 5 stelle hanno cambiato di più l’Italia in due anni che loro in venti. E non finirebbe qui.

https://repubblicaeuropea.com/2020/09/19/un-sacrosanto-si/

mercoledì 9 settembre 2020

Il sorriso di Willy. - Tommaso Merlo



Un sottomondo vuoto e malato ha spento il sorriso di Willy. Superficialità aberranti. Egoismo estremo. Il culto della violenza. Anni della propria vita spesi in una palestra ad imparare come colpire altri esseri umani. Anni della propria vita spesi a sfogare le proprie frustrazioni a calci e pugni. Nell’illusione di sconfiggere quel vuoto che ti punge dentro. Nell’illusione di sconfiggere quei nemici immaginari che vedi ovunque là fuori senza renderti conto che sei te stesso il tuo peggior nemico. Poi finalmente il sabato sera. Poi finalmente essere umani invece che pungiball e una piazzetta piena di pubblico come ring. Un degno palco su cui mostrare la propria forza fisica. Pescando un avversario a caso nel mucchio e scaricandogli addosso i propri fallimenti esistenziali. Colpi precisi, potenti. Al volto e al corpo. Per far male, per sentire il piacere del potere. Il potere di dominare il tuo avversario del momento. Il potere di sentire la sua vita nelle tue mani. Il potere di terrorizzarlo e con lui tutto il pubblico che osserva le tue abilità da picchiatore, da guerriero. E guai a chi osa contenere quella ferocia, guai a chi osa intromettersi ribellandosi a quegli attimi di delirio egoistico. Può essere fatale. Attimi adrenalina. Attimi di follia. Sfogo del proprio malessere profondo alla ricerca di senso dove di senso non ce n’è neanche un grammo e non ce ne sarà mai. Il culto dell’apparenza. Mode, tendenze. Vestiti e accessori che qualificano chi sei. Il tuo rango, la tua tribù, la tua missione. Scempiaggini adolescenziali che si trascinato per tutta la vita. Abiti senza dentro nessun monaco. Il culto del proprio corpo. Anni della propria vita spesi in palestra fino a sformarsi grottescamente. Anni della propria vita spesi in qualche centro estetico. Muscoli, tatuaggi, abbronzature, creme, peli. Anni passati allo specchio a gonfiare bicipiti e pettorali e provare nuove espressioni e pose da duro e da belloccio e da uomo vero o presunto. Miliardi di foto scattate sulla propria faccia. Da soli e in branco. Di continuo. Testando nuovi look e nuove location per aggiungere dettagli e sfumature al nulla più totale che ti divora. Apparenza che la modernità ha trasformato in un tutto di cartone. Miliardi di foto da scattare e poi selezionare e poi postare con cura sui social. La propria protesi esistenziale. La propria maschera digitale. Là dove si esibisce il tuo personaggio alla disperata ricerca di ammirazione, di consenso, di appartenenza, di identità. Miraggi. Drammaticamente futili. Fans, followers. L’opinione degli altri che determina perfino quella che hai di te stesso. L’opinione degli altri che determina chi credi di essere e chi alla fine ti riduci ad essere. Pollicini alzati, sorrisini, like. Alla spasmodica ricerca di una scappatoia alla mediocre vita quotidiana in cui sei incastrato. Alla ricerca di popolarità e successo e perfino di un biglietto d’ingresso per il paradiso. Per quel mondo vippato che però è anch’esso solo un miraggio, solo apparenza. E che è anch’esso vuoto. Luccicante, dorato, lussuoso, costoso. Ma sempre dannatamente vuoto. Un vuoto che fa male e che bisogna sedare in qualche modo. Riempiendolo con qualche sostanza e con qualche persona. Riempendolo con delle cose o dei soldi. Riempiendolo col feticismo del proprio corpo e della propria immagine. Oppure scappando da qualche parte. A perdere tempo o a lavorare. Oppure indossando la maschera del proprio personaggio digitale il sabato sera e scendendo in piazzetta. A sfogare violentemente i propri fallimenti esistenziali contro un povero ragazzo. Fino a spegnere per sempre il suo sorriso.

https://repubblicaeuropea.com/2020/09/09/il-sorriso-di-willy/

domenica 6 settembre 2020

Al capezzale di Berlusconi. - Tommaso Merlo



Un conto è la compassione verso un malato, un altro è il revisionismo storico. Quell’anziano signore sdraiato su un letto del San Raffaele merita pietà come del resto tutte le vittime del coronavirus. Ma per Berlusconi il circo mediatico ha acceso i riflettori. Come fossimo tutti al capezzale di un Padre della Patria. C’è già chi lo beatifica puntando il dito contro chi lo avrebbe ingiustamente criminalizzato in passato. In parte toccherà rassegnarsi. Ci sono craxiani che vanno ancora in pellegrinaggio ad Hammamet. Un domani ci saranno berlusconiani che andranno a posare fiori al mausoleo di Arcore. Una tradizione nostrana. Amen. Ma la storia di un paese è una cosa seria e nessuno può riscriverla a piacere. L’odio non c’entra nulla. Anche perché chi sia davvero quell’anziano signore disteso sul letto del San Raffaele lo sanno in pochi. Noi conosciamo il personaggio pubblico che ha recitato, conosciamo la maschera del politico tre volte premier e abbiamo il diritto e anche il dovere di maturare un’opinione su di lui e di preservare la verità storica su cosa sia stato il berlusconismo. E questo non per sfogare chissà quali cattivi sentimenti, ma per imparare e per fare in modo che certi errori non si ripetano mai più. Quello che rimarrà nei libri di storia su Berlusconi è come sia riuscito a piegare la democrazia italiana per i suoi interessi processuali ed aziendali. Uno sfregio indelebile alla nostra repubblica. Berlusconi ci è riuscito grazie ai soldi della sua lobby, grazie ad un partito personale e grazie a televisioni e giornali al suo servizio. I tre pilastri del vecchio regime partitocratico nelle mani di una sola persona. Un mastodontico conflitto d’interessi. Un vero e proprio obbrobrio democratico che ha funzionato eccome nel servire Berlusconi ma non certo il paese. Berlusconi è riuscito a salvare le sue aziende e sfuggire ad innumerevoli processi. Quanto al paese aveva promesso di modernizzarlo ma alla fine non ha prodotto nessuna riforma degna di nota, solo anni di sterili litigi scatenati ad arte dalla propaganda, solo strappi e polemiche e provocazioni continue fino alle drammatiche dimissioni col paese sull’orlo del baratro finanziario. Berlusconi si è politicamente spento quel giorno. Ma invece di farsi da parte ha imposto la sua presenza sulla scena impedendo la formazione di una nuova destra moderata e favorendo così l’ascesa dell’inquietante sovranismo. Il disastroso giudizio politico su Berlusconi dovrebbe concludersi qui, se non fosse che il personaggio Berlusconi ha oltrepassato ogni “limite istituzionale”. Non si era mai visto un premier che avesse intrallazzato con la mafia, non si era mai visto un premier sempre pronto a comprare tutto e tutti, non si era mai visto un premier grande evasore e nemmeno uno che mettesse in piedi un night-club frequentato da ragazzine nella sua cantina. Scandali, grane giudiziarie e comportamenti al limite che hanno alimentato un degrado morale generalizzato nel paese e che è sfociato in un clamoroso ribaltamento della realtà. Con le guardie diventate cattive e i ladri buoni. Coi giudici diventati persecutori e i delinquenti vittime sacrificali. Con legalità, trasparenza e onestà anche intellettuale diventate parolacce in bocca a perdenti e fantomatici comunisti. Ma Berlusconi non ha fatto certo tutto da solo. Si è avvalso di zelanti cortigiani, delle folte truppe del suo impero e di tifoserie di tele-elettori vittime dell’atavico vizio degli italiani di seguire qualche pifferaio magico. E se Berlusconi ha avuto successo così a lungo è anche perché incarnava culturalmente quell’epoca e certi vizietti incoffesabili degli italiani. Quella del berlusconismo è stata una deriva democratica e morale la cui memoria va preservata in modo da non commettere più gli stessi errori. L’odio personale e lo sfogare cattivi sentimenti non c’entra nulla. Noi conosciamo solo il personaggio pubblico Berlusconi e abbiamo il diritto e anche il dovere di maturare un’opinione sulla sua parabola. Quell’anziano signore sdraiato su un letto del San Raffaele merita pietà e compassione come del resto tutte le vittime del coronavirus. Ma la storia di un paese è una cosa seria e nessuno può riscriverla a piacere. Fuori dall’ospedale il circo mediatico s’inchina come fosse al capezzale di un Padre della Patria mentre i revisionisti già si sfregano le mani. Intanto dentro alla sua stanza quell’anziano signore vive giorni di dolore e di paura come decine di migliaia di suoi concittadini. Chi con alle spalle una vita serena e regolare. Chi con alle spalle una vita turbolenta e sempre in prima linea. Tutti costretti a posare la propria maschera sul comodino. E guardarsi indietro. E guardarsi dentro. Chissà cosa penserà Berlusconi di se stesso e della sua vita. Chissà se penserà ne sia valsa davvero la pena di viverla in quel modo. Oppure no. 

https://repubblicaeuropea.com/2020/09/06/al-capezzale-di-berlusconi/

mercoledì 26 agosto 2020

I danni dell’Egovirus. - Tommaso Merlo



Il Focolaire ruba la scena a Lampedusa. Mentre le opposizioni erano intente a spargere panico con l’invasione d’immigrati infetti, si scopre che il Coronavirus se la stava spassando in Costa Smeralda tra bollicine e musica techno. Davvero un brutto colpo per i negazionisti, i complottisti e pure i bufalisti nostrani. Il Coronavirus non dà tregua, l’Egovirus neppure. Pandemie che stanno facendo emergere il meglio e il peggio delle persone. Ormai non ne parla più nessuno, ma scoppiato il Coronavirus c’è chi si è rimboccato le maniche per salvare la vita degli altri, rischiando la propria, fino a perderla. Senza esitare, senza fiatare. Negli ospedali ma non solo. Eroi, persone che han fatto il proprio dovere e che nel momento più drammatico han tirato fuori il meglio di sé e lo hanno donato. Al loro fianco tutti coloro che si sono adeguati responsabilmente alle regole, che hanno fatto piccoli e grandi sacrifici per arginare il contagio, per salvare la propria vita ma anche per non mettere a rischio quella degli altri. Facendo la propria parte, con umiltà. Ma in tempi di pandemia emerge anche il peggio delle persone. Come tutti coloro che hanno approfittato della situazione per arricchirsi. Producendo e commerciando tutto quello che di colpo serviva disperatamente sul mercato, intascandosi soldi pubblici senza averne bisogno, cercando di far girare le proprie attività a tutti i costi. Se stessi prima di tutto. Soldi, roba, status. Inseguendo miraggi materiali nella speranza riescano a colmare un po’ di vuoto e donare un po’ di senso. Poveri illusi, vittime dell’Egovirus che imperversa nella società moderna. Con quel vaccino dentro di noi che nessuno si fa più. Soldi, roba, status. Ma non solo. La pandemia ha fatto emergere il peggio anche in quei personaggi che hanno sfruttato la situazione per rilanciarsi. Piantando sterili polemiche in televisione e sui giornali pur di mettersi in mostra. Facendo felici i maghi dello share e i loro mandanti politici e per riempirsi le tasche e l’ego di nulla. Avanspettacolo ma anche politica e informazione o presunta tale. Quelli che siccome a gestire l’emergenza sono i nemici politici allora non va mai bene niente e passano il tempo a criticare e gettare ombre. Quelli che si azzuffano nei talk-show e sprecano fiumi d’inchiostro per piazzare qualche colpo sul volto del nemico, per conquistare qualche punto nei sondaggi, per riprendersi il potere nella speranza riesca a colmare un po’ di vuoto e donare un po’ di senso. La faziosa giostra della propaganda non si è fermata nemmeno in tempi di pandemia. Alimentando sacche di negazionisti e complottisti e bufalisti. Tifosi aizzati contro presunte esagerazioni e montature. Con gli incoscienti diventati coraggiosi e i menefreghisti dei gran fighi. Il tutto mentre le persone muoiono e altre si sacrificano in prima linea. Per tutti. Indistintamente. In quanto persone. Il meglio. Il peggio. Poi un giorno la malattia bussa alla tua porta e scopri di essere vittima anche dell’Egovirus che imperversa nella società moderna. Con quel vaccino dentro di noi che nessuno si fa più.

https://repubblicaeuropea.com/2020/08/25/i-danni-dellegovirus/

lunedì 17 agosto 2020

La rovina del giornalismo italiano. - Tommaso Merlo



Secondo la stampa mainstream il Movimento ormai è un partito come gli altri perché si è rimangiato il secondo mandato. Gli è bastato omettere che la modifica si riferisce solo agli amministratori locali per confezionare l’ennesima fake-news da diffondere sotto gli ombrelloni. Le condizioni del giornalismo italiano sono davvero disperate. Ormai perfino i pesci si rifiutano di venire incartati con certi quotidiani. Pretendono anche loro un congedo dignitoso. La stampa mainstream è uno di quegli ambiti in cui sono più evidenti i mali che ancora affliggono il nostro paese. Quel vecchio regime politico ma anche culturale che non si vuole rassegnare al suo triste tramonto. Ingoiata l’ennesima fake sul secondo mandato, i lettori di quei giornali borbottano sotto il solleone contro il Movimento che ha tradito se stesso. Si agitano come inconsapevoli burattini delle balle propagandistiche che si son appena bevuti. Certo giornalismo manca di rispetto prima di tutto ai propri lettori. Li considera stupidi e facilmente manipolabili e li tratta come tifosi disposti a credere ad ogni scempiaggine pur di scagliarsi contro gli avversari politici. Perché di questo si tratta. Di politica, non di giornalismo. Di propaganda, non d’informazione. Invece cioè di svolgere il suo ruolo d’informare, la stampa mainstream disinforma a fini politici. Le divergenze di opinioni non c’entrano nulla. Un’opinione basata su fatti falsi non è un’opinione. È fango. È inquinamento del dibattito pubblico. Così come tutte le soap sfornate dai retroscemisti. Acqua sporca al mulino del proprio padrone. Un modo di fare informazione da giornali di partito che ha infettato tutta la stampa mainstream. Ma invece che un partito, oggi servono una lobby, servono una linea politica restauratrice di un ordine a loro conveniente. Il risultato è che in Italia il giornalismo vero sta scomparendo. Si deve rifugiare in riserve indiane e nicchie digitali. La stampa mainstream è in mano a pochi facoltosi padroni. E intere generazioni di giornalisti si devono omologare per mangiare e fare carriera, si devono aggregare al gregge, si devono piegare alle esigenze padronali. È questa la rovina del vero giornalismo. La dipendenza da interessi lobbistici che invece di premiare l’onestà intellettuale e la schiena dritta, premia i giornalisti più spregiudicati e faziosi e che s’immolano per la causa politica e commerciale del proprio padrone. Una deriva suicida per il giornalismo. Questo perché mentre le caste giornalistiche si arroccano per difendere il proprio castello di carta, i cittadini sviluppando gli anticorpi e si evolvono. Ormai la verità è a portata di click e certe balle durano secondi. E più aumenta la consapevolezza e la capacità di discernimento dei cittadini, più quel modo di fare informazione si ritorce contro chi lo fa. A furia di scivolare nella meschina faziosità e nel conformismo, il giornalismo ha perso il suo bene più prezioso che è la credibilità. Diventando sempre più marginale. Le conseguenze per la nostra democrazia sono devastanti. Invece di arricchire il dibattito pubblico, il giornalismo lo inquina. Invece di promuovere la verità, il giornalismo la umilia manipolandola. Invece di stimolare una coscienza collettiva, il giornalismo spacca la società e la infarcisce di astio per meschino tornaconto. Davvero una rovina per il giornalismo e per il nostro paese. La stampa mainstream è uno di quegli ambiti in cui sono più evidenti i mali che ancora ci affliggono. Quel vecchio regime politico ma anche culturale che non si vuole rassegnare al suo triste tramonto.

https://repubblicaeuropea.com/2020/08/17/la-rovina-del-giornalismo-italiano/

mercoledì 29 luglio 2020

Un’altra salvinata. - Tommaso Merlo



Il convegno negazionista sul coronavirus ha ribadito una certezza, con Salvini premier in Italia sarebbe finita davvero male. Al convegno hanno partecipato statisti e scienziati di fama internazionale tra cui Sgarbi, Siri e pure Bocelli. Davvero un panel di altissimo livello. Secondo gli illustri ospiti il virus è scomparso e loro non vogliono più indossare la mascherina perché gli dà fastidio. Quanto al lockdown fanno ancora i capricci talmente gli è rimasto sul gozzo. Tra i luminari presenti spicca Salvini ovviamente senza mascherina. La tesi dello statista padano è davvero arguta. “Il saluto col gomito è la fine della specie umana”. Sarebbe cioè la prevenzione ad essere letale. Anche sullo stato di emergenza Salvini non ha dubbi. La proroga la vuole solo quel liberticida di Conte per continuare a giocare al piccolo tiranno. Un convegno da film dell’orrore ma politicamente utile a ricordarci il pericolo scampato. Con Salvini premier avremmo fatto la fine degli Stati Uniti o del Brasile. 
Paesi in cui il coronavirus ha potuto scorrazzare liberamente causando una strage epocale di cui ancora non s’intravede la fine. Da quella parte dell’oceano avevano più tempo ed informazioni per reagire alla pandemia, ma sono finiti vittime del sovranismo. Con ducetti di cartone incapaci di abdicare alla scienza, incapaci di seguire l’esempio di altre nazioni, incapaci di smetterla di far propaganda e trastullarsi col proprio ego. 
Ma il sovranismo è culturalmente questo. Menefreghismo e arroganza che diventano coraggio. Provocazione e prepotenza che diventano forza. Egoismo che diventa un valore. 
Con l’arma della propaganda sempre puntata contro nemici creati per ogni occasione. Un assetto ottimo per lucrare sugli istinti peggiori e vincere le elezioni, un disastro per governare soprattutto crisi come quelle sanitarie che richiedono umiltà, prudenza, senso di responsabilità, cooperazione. La pandemia sta stroncando la carriera politica di Trump e Bolsonaro mentre Salvini è ammaccato ma ancora in pista perché fortunatamente per tutti era all’opposizione. Strada facendo Salvini ha perso però una marea di voti perché anche lui ha affrontato la pandemia in modo incosciente. Negando, minimizzando, lucrando. Eppure insiste. Imperterrito. Il solito dilemma di renziana memoria. O Salvini non vuole cambiare marcia per arroganza e cioè non vuole ammettere i propri errori e correggerli per non darla vinta a chissà chi. Oppure Salvini non riesce a cambiare marcia per il semplice fatto che un’altra marcia non ce l’ha. E cioè Salvini è quella roba lì ed è inutile aspettarsi altro. Dilemma complesso, di sicuro da quando la sua bolla si sta sgonfiando Salvini ha perso lucidità e sta piantando più salvinate del solito. Ma se sta precipitando è anche perché è cambiato il vento. I cittadini hanno avuto tempo e modo di conoscerlo meglio come uomo e come politico e di riflettere sul modello e sulle idee che propone. La pandemia ha certamente dato una mano a fare chiarezza come del resto i disastri compiuti dai suoi colleghi sovranisti in giro per il mondo. Quanto al prestigioso convegno negazionista è solo l’ultima salvinata che ci ricorda il pericolo scampato.

https://repubblicaeuropea.com/2020/07/28/unaltra-salvinata/

giovedì 23 luglio 2020

Conte tra MES e 4 marzo bis. - Tommaso Merlo


Foto Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse 22-07-2020 Roma Politica Senato – Informativa del Presidente del Consiglio sugli esiti del Consiglio europeoDISTRIBUTION FREE OF CHARGE – NOT FOR SALE – Obbligatorio citare la fonte LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili

Vecchi politicanti e stampaccia speravano che Conte tornasse scornato in modo da attaccarlo ancora più ferocemente. Il loro scopo ormai é risaputo. Far saltare Conte e il suo governo e tornare alla cuccagna di un tempo. A quella che si godevano prima della tempesta del 4 marzo. Vedendo Conte tornare clamorosamente vincitore, vecchi politicanti e stampaccia gli hanno riservato il solito vile trattamento. Minimizzando, imbrattando di menzogne il trionfo del nemico o addirittura cercando di appropriarsene. Mai nessuno che ammette i propri errori. Mai nessuno che riconosce i meriti altrui. Una sottocultura retaggio di decenni di malaffare anche politico per cui fair play e onestà intellettuale sono un disvalore, roba da deboli e perdenti. Una sottocultura che inquina la politica di propaganda tossica e la riduce ad una rissa tra bande che giova solo agli ingordi di potere. Uno dei mali più infimi di questo paese e che si sta rivelando davvero arduo debellare. Conte non era nemmeno tornato che già rimbalzava ovunque lo spauracchio del MES. 

A vecchi politicanti e stampaccia del MES non importa un fico secco. Volevano solo sviare l’attenzione dell’opinione pubblica e rimettersi a piantar zizzania nella maggioranza. Sperano di spaccarla in modo da liberarsi di Conte e piazzare finalmente i propri beniamini nelle poltrone che contano. Un gioco sporco a cui si è prestato anche Zingaretti che si è messo subito a blaterare di MES nonostante Conte abbia portato a casa soldi sufficienti per farne a meno. L’obiettivo di certe interiora pidine è costringere il Movimento a rimangiarsi la parola e quindi fargli perdere consenso e stabilire nuovi rapporti di forza. Logiche giurassiche in attesa che qualcuno si degni di fare una seria operazione verità sulle condizionalità del MES visto che quel baraccone finanziario opera secondo leggi e trattati e non aleatori punti di vista. A piantar zizzania si è messo di mezzo anche il giallognolo spettro berlusconiano che ha ripreso ad aleggiare per i palazzi del potere. Oltre a tifare MES trama affinché il governo e quindi il Movimento si appoggi a lui in Senato dove i voti scarseggiano. Il classico abbraccio col diavolo. L’ennesima furbata che farebbe implodere l’odiato Movimento e spianerebbe la strada ad un governo a lui amico che magari cestini il conflitto d’interessi, dia garanzie eterne alle aziende di famiglia e soprattutto manometta la storia degli ultimi decenni in modo da lavargli la reputazione con la candeggina consentendogli un congedo sereno da nobile padre della patria invece che da sciagura epocale. Il vecchio regime non si è arreso ed agita tutti i suoi tentacoli. Essendo privo di fair play ed onestà intellettuale non lascerà mai spazio al cambiamento voluto a gran voce dai cittadini il 4 marzo. È due anni che resiste strenuamente e l’arrivo di una valanga di soldi dall’Europa lo ha ringalluzzito. Vogliono tornare a godersi la cuccagna ma c’è un imprevisto sulla scena politica che vecchi politicanti e stampaccia non colgono, il forte consenso conquistato da Giuseppe Conte nel paese. Loro lo detestano, ma i cittadini lo ammirano in massa grazie alla sua condotta inedita per la circense politica italiana e grazie a clamorosi risultati di cui l’ottima gestione della pandemia e il Recovery Fund sono solo i più eclatanti. Il consenso di Conte va ben oltre l’ambito del Movimento che lo ha espresso e perfino oltre la maggioranza. Se Conte decidesse di ricandidarsi, vecchi politicanti e stampaccia verrebbero travolti da una tempesta ancora peggiore del 4 marzo e la storia italiana potrebbe girare pagina per sempre.

https://repubblicaeuropea.com/2020/07/23/conte-tra-mes-e-4-marzo-bis/

domenica 12 luglio 2020

Gli amichetti di Salvini e i miracoli di Conte. - Tommaso Merlo




Non un centesimo a quei pezzenti degli italiani. Prima gli olandesi. L’amichetto di Salvini vorrebbe farci fallire insieme a tutta l’Europa. Eccolo il sovranismo. 
Quello bigotto ma che se ne frega degli altri. 
Quello che vorrebbe rinchiuderci tutti dentro a qualche filo spinato. 
Quello che lucra sulle paure e sull’egoismo. 
Quello che punta allo sfascio dell’Europa per tornare al nazionalismo coi suoi ducetti di cartone. 
La pandemia ha placato il vento sovranista. Colpa delle paure vere che hanno scalzato quelle pompate ad arte. Colpa dei campioni sovranisti che in giro per il mondo stanno contribuendo a sterminare i loro popoli. Ma in autunno è previsto un inasprimento della crisi economica e il vento sovranista potrebbe tornare a soffiare con forza grazie all’esplosione della rabbia sociale. Una rabbia che farebbe tornare di moda i loro slogan e potrebbe ribaltare il quadro politico. In Europa come in Italia. Salvini e Meloni danno per scontata una vittoria alle regionali e la conseguente spallata al governo. Sono convinti che la crisi economica renderà più efficace il loro sciacallaggio e si stanno preparando ad un’estate di campagna elettorale furibonda. Per fermarli esiste un solo antidoto. Macinare fatti. In Europa come in Italia. Gli amichetti di Salvini non gridano certo a caso di non dare neanche un centesimo a quei pezzenti degli italiani. Un accordo tempestivo sul Recovery Fund spazzerebbe via decenni di propaganda antieuropea. Se davvero la solidarietà continentale si rivelasse decisiva per le sorti italiane, si potrebbe aprire una nuova fase storica in cui l’Europa non verrà più vista come un problema ma come l’unica soluzione in un mondo di sfide tutte globali e in cui paeselli come il nostro sono destinati a contare sempre meno. Ma per respingere il ritorno autunnale del sovranismo serve macinare fatti anche in casa nostra e per questo la maggioranza deve darsi una svegliata. Finora il collante della maggioranza è stata più la paura che altro. La paura di Salvini proiettato versi i pieni poteri. La paura della catastrofe pandemica. La paura delle sinistre di sparire dai radar. Il governo è partito col freno a mano tirato. Troppe diffidenze, troppe divergenze tra forze che il 4 marzo stavano su fronti opposti. Mesi di chiacchiere e poca ciccia. Quando poi il governo si stava rilanciando è scoppiata la pandemia. L’emergenza ha ricompattato la maggioranza e per una volta l’Italia ha dato buona prova di sé. Ma molto lo si deve a Conte. Senza di lui e il consenso che si è conquistato nel paese la maggioranza sarebbe già andata in frantumi. Ora si attende l’autunno. I sovranisti si sfregano le mani in attesa che esploda la rabbia sociale e l’unico antidoto per contenerli sono i fatti. È dimostrare concretamente in cosa consista l’alternativa politica al sovranismo. In cosa consista credere nella solidarietà, nella giustizia sociale, nell’ambiente, nei diritti civili, nel progresso. Cosa significa governare il cambiamento invece di negarlo. Non facile con una maggioranza infarcita di reduci della vecchia partitocrazia. Inguaribili egoarchi, rifiuti riciclati, idee ammuffite, poltronari e traditori assortiti. Di certo Conte da solo non può continuare a far miracoli e la maggioranza si dovrebbe dare una svegliata. Se non ci riuscisse rischiamo di resuscitare Salvini e i suoi amichetti. Quelli che vorrebbero farci fallire insieme a tutta l’Europa e blaterano di non dare neanche un centesimo a quei pezzenti degli italiani.

https://repubblicaeuropea.com/2020/07/11/gli-amichetti-di-salvini-e-i-miracoli-di-conte/

mercoledì 24 giugno 2020

Salvini e la pisciatina sul ponte. - Tommaso Merlo


Il leader della Lega Matteo Salvini durante la visita al cantiere del nuovo Ponte di Genova, 22 Giugno 2020. ANSA/LUCA ZENNARO

Salvini si concede una pisciatina sul nuovo ponte di Genova. Gilet fosforescente, caschetto e pure la museruola a tema. Ieri le felpe, oggi le museruole. Tra gli applausi delle istituzioni locali che lo assistono e dei follower superstiti che lo seguono. Tirata su la cerniera Salvini indica i pannelli a metano che permetteranno al ponte di autoalimentarsi. Già, come no. Tapioca come se fosse antani. Sembrano passati secoli. Salvini era fresco ministro quando crollò il Ponte Morandi. Lui e Di Maio vennero accolti tra gli applausi ai funerali delle 43 vittime. Questo perché il governo si schierò dalla parte dei cittadini per una volta e promise giustizia. Questo perché soffiava un piacevole vento di cambiamento “populista” in senso sano. Col popolo che a seguito del 4 marzo si riappropriava del potere democratico a scapito della prepotenza lobbistica che si spartiva il paese da troppo tempo. A far crollare il ponte non è stato qualche tirante marcito, è stato il vecchio regime partitocratico che prima ha regalato le concessioni ai Benetton e poi gli ha permesso di farsi i propri comodi lucrandoci sopra indegnamente fregandosene della sicurezza. Salvini e Di Maio rappresentavano il nuovo corso e il Ponte Morandi divenne un simbolo di rinascita per l’intero paese. Era il tempo della luna di miele gialloverde. Salvini votava tutti i provvedimenti che il Movimento tirava fuori belli pronti dai cassetti mentre lui varava la sua tournée ministeriale permanente. Strada facendo si capì che Salvini avrebbe fatto ricostruire il ponte anche ai Benetton e cioè non avrebbe cambiato una beata mazza di niente. 

Ma il Movimento s’impuntò mirando fin da subito alla revoca delle concessioni e su impulso del ministro Toninelli nacque il Modello Genova. Per fare in fretta, per fare bene. Senza ruberie e senza cedere alle prepotenze delle lobby. L’aria sembrava davvero cambiata. Trasparenza, unità d’intenti e i cittadini che tornavano al centro della politica. Ma Salvini fingeva di far parte di quel cambiamento e dopo solo un annetto ha mandato tutto in malora per inseguire il miraggio egoistico dei pieni poteri. Sembrano passati secoli ma i Benetton ancora non mollano l’osso e il nuovo governo si appresta allo scontro finale. Il cambiamento in Italia è davvero una faticaccia. Il Ponte Morandi era il simbolo della rinascita di un intero paese e rischia di trasformarsi nel simbolo della restaurazione. Il simbolo del vecchio regime partitocratico che prova a riciclarsi per l’ennesima volta grazie a Salvini e a tutto il sottobosco lobbistico alle sue spalle. Il ponte è quasi pronto e Salvini inaugura la gara per attribuirsene i meriti. Lo fa salendoci sopra e concedendosi una pisciatina in compagnia delle istituzioni locali. Del resto tempo libero non gliene manca e faccia tosta nemmeno. Caschetto, gilè, museruola a tema. 
Tirata su la cerniera Salvini indica i pannelli a metano. Già, tapioca come se fosse antani e pure prematurata.

https://repubblicaeuropea.com/2020/06/23/salvini-e-la-pisciatina-sul-ponte/

mercoledì 17 giugno 2020

Ci provano col dossieraggio. - Tommaso Merlo



Non riuscendo a stroncare il Movimento con le fake news ci provano col dossieraggio. Una tempistica perfetta. Stanno arrivando i soldi della ricostruzione e rivogliono il potere senza estranei tra i piedi. Nessuna novità. 
Il Movimento è sotto un attacco mediatico micidiale fin dalla sua fondazione e questo per il semplice motivo di essere estraneo alle lobby che comandano nel nostro paese, lobby che controllano i mezzi d’informazione e condizionano i vecchi partiti. 
Lobby che hanno schiavizzato la carta stampata e ucciso il vero giornalismo piegandolo ai loro interessi. Il tutto con la codarda complicità della categoria. Ma la potenza di fuoco contro il Movimento non ha finora sortito un granché. Ne ha ridotto i consensi, ne ha sporcato la reputazione, ma quegli scappati di casa sono ancor lì nei palazzi che contano.

Questo perché contrariamente a quanto pensavano lorsignori, quel progetto politico alieno si è dimostrato molto più solido di quanto sembrasse. Reggendo la prova del governo nazionale e realizzando rapidamente molte promesse. Esplosa la bomba del 4 marzo, le lobby speravano che un governo col Movimento non nascesse neanche. Ma si sa, le vie della politica italiana sono infinite ed ignorare del tutto il responso delle urne era troppo pericoloso. Le sinistre si sono ritirate subito schifate, mentre Salvini è stato al gioco dopo settimane di stallo. Il perché lo si è capito strada facendo. Per sfruttare il governo come palco per la sua campagna elettorale permanente e per fagocitare quel Movimento d’ingenui sprovveduti. Mossa che gli stava riuscendo. Il Movimento a lavorare, lui in giro a far comizi. Raddoppio dei consensi e lobby tutte schierate dalla sua parte. Al punto che dal Papeete Salvini si fionda all’incasso dei pieni poteri ma sbatte contro il palo. Sottovaluta la paura delle sinistre di estinguersi e quanto valga la loro parola soprattutto se in ballo ci sono delle poltrone. Parte il governo giallorosa tra incertezze e diffidenze. Il problema delle lobby è sempre lo stesso. Quegli estranei del Movimento tra i piedi. Il governo giallorosa è più pensante e lento. Affossarlo sembra un’impresa facile se non fosse per il sorgere di un grave imprevisto, Giuseppe Conte. Un premier che dopo aver schiaffeggiato Salvini in parlamento ed essersi meritato una seconda premiership, conquista la fiducia del paese. Non ci voleva. Conte dà spessore politico al governo. In casa come all’estero. Allo scoppio della pandemia le lobby si son sfregate le mani e si son date allo sciacallaggio. Gettando benzina sul fuoco del malcontento. Piantano zizzania. Tutto inutile. I cittadini si fidano di Conte e apprezzano come il governo affronta l’emergenza. Non ci voleva davvero. Le lobby cominciano a perdere la pazienza ma le fake news si rivelano armi spuntate. Tutta colpa di un giornalismo che schiavizzato dalle lobby ha perso ogni credibilità e quindi senso. Tutta colpa dei cittadini che si son stancati di venire manipolati e cercano di ragionare con la propria testa. Ma le lobby non demordono. Si preannuncia una crisi economia e sociale devastante. Evviva, un’altra grande opportunità. Le lobby spruzzano fango ma le fake news ormai sono armi spuntate. Si passa al dossieraggio. Una tempistica perfetta. Stanno arrivando i soldi della ricostruzione e rivogliono il potere senza estranei tra i piedi.

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martedì 9 giugno 2020

Il ritorno di Salvini e la reazione del governo. - Tommaso Merlo



Salvini a Marsala non è riuscito neanche a scendere dalla macchina. Il suo ritorno tra il popolo è iniziato nel peggiore dei modi. A suon d’insulti e uova marce. Scene da tramonto renziano. Ma Salvini non è tipo da scoraggiarsi. Non stava a casa nemmeno col lockdown, figurarsi con la bella stagione. Il suo ego scalpita. Si preannuncia un’estate di propaganda sfrenata tra sbornie di selfie e di mojito. Del resto Salvini è sempre lo stesso. Ha solo il pancione più gonfio e gli occhiali da prete. Salvini ha fretta. I sondaggi lo danno in picchiata e lui vuole riprendere da dove il virus lo ha interrotto. Esibendosi su qualche palco, criticando chi lavora, piantando zizzania e attaccando l’odiato Conte nella speranza di prendersi la rivincita e meglio ancora la sua poltrona. La strategia è da tramonto renziano. Salvini è venuto a noia e lui spera di tornare di moda esibendosi h24. Spera che i cittadini cambino idea sul suo conto per sfinimento e ricomincino a vederlo come l’intrepido capitano dei bei tempi invece che come il lesso capitone degli ultimi mesi. Illusioni da tramonto renziano ma Salvini ha dalla sua parte un momento storico propizio, una crisi economica che si preannuncia dolorosa. Sciacallare sull’emergenza sanitaria si è rivelato un boomerang, ma con quella economica potrebbe andargli meglio. Sciacallare sui problemi è molto più facile che risolverli e anche politicamente più redditizio. Per contenere il ritorno di Salvini il governo deve macinare fatti. Non deve lasciare nessuno indietro come del resto aveva promesso e deve prevenire focolai di malcontento. Fatti, non chiacchiere. I soldi ci sono e sono tanti, devono solo arrivare a destinazione e al più presto. Il governo deve dimostrarsi all’altezza come per l’emergenza sanitaria facendo apparire l’alternativa salviniana un pericoloso salto nel buio. Salvini lo ha detto chiaramente, vuole tornare al voto, vuole incassare il consenso che gli rimane prima che sia troppo tardi. Punta allo sfascio e ad un’estate di propaganda sfrenata ma a Marsala non è riuscito neanche a scendere dalla macchina. E se il governo reagirà a dovere, a Salvini non resterà che un triste tramonto renziano.

https://repubblicaeuropea.com/2020/06/08/il-ritorno-di-salvini-e-la-reazione-del-governo/