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mercoledì 5 gennaio 2022

Ma vista la situazione pandemica, davvero Draghi può lasciare? - Peter Gomez

 

Il 30 dicembre, forse in preda a un eccesso di nostalgia bonapartista, il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, ha pronunciato una frase di cui temiamo (ma non ci auguriamo) dovrà prima o poi rendere conto. Mentre già i contagi erano in aumento, Brunetta, sprezzante del pericolo e allergico a ogni scaramanzia, ha detto: “Quella che stiamo vivendo è una sfida tra l’intelligenza di chi governa, con il consenso del 90% degli italiani, e l’intelligenza del virus. Per il momento la stiamo vincendo noi e penso che continueremo a vincerla”.

Nei giorni successivi, però, tra la truppa (i cittadini) sono cominciati a serpeggiare i primi dubbi. Ovunque nel mondo la variante Omicron appare inarrestabile: un milione di positivi negli Stati Uniti, 300mila circa in Francia, quasi 200mila in Italia. E se la bassa letalità di Omicron permette ai più di affrontare il virus come un’influenza, un dato preoccupa. Per le statistiche, arrivati oltre una certa soglia di contagi, anche la piccola percentuale di persone positive che finisce in ospedale o al camposanto sarà sufficiente per riportare la sanità nelle condizioni in cui si trovava durante le precedenti ondate. Accanto a questo vi è poi il problema dei servizi essenziali: in molte città cominciano ad aprirsi vuoti tra le file degli autisti di mezzi pubblici, dei vigili del fuoco, della polizia locale, degli insegnanti e del personale non docente. Gli assenti sono tutti contagiati, quasi tutti poco o per niente gravi, ma in ogni caso sono costretti a restare a casa per almeno una decina di giorni.

È facile insomma prevedere che nelle prossime settimane la nostra vita non sarà semplice. Come dimostra ciò che sta accadendo negli uffici dove, al di là dell’inerzia del governo, ci si organizza autonomamente per lo smart working: ogni multinazionale, ogni banca e azienda riduce al massimo il numero di lavoratori in presenza. A Milano, la capitale del virus, la gente, se può, sta rinchiusa in casa; bar e ristoranti sono vuoti così come i cinema e i teatri. Si vive un lockdown non dichiarato in cui la sensazione prevalente è quella di esser stati lasciati soli: senza guida, senza precisi ordini dall’alto e senza nemmeno una parola di conforto.

Tutti i cittadini hanno chiara solo una cosa: c’è un inverno davanti, bisogna tener duro e reggere fino all’ancora lontana primavera. E così facciamo anche noi. Certi che il virus sia meno intelligente di Brunetta (anche perché i virologi ci spiegano che i virus sono privi di cervello).

Ma visto che, a seconda dei punti di vista, il Signore o l’evoluzione ci ha dotati di materia grigia (poca o tanta non importa) una domanda tentiamo di avanzarla. Davvero ha un senso stare a dibattere in questi giorni di Mario Draghi al Quirinale? Il 24 gennaio, giorno dell’apertura delle danze, è a un passo. Speriamo di essere smentiti, ma nulla fa supporre che la situazione possa improvvisamente migliorare. Anzi, la logica e i numeri per ora dicono il contrario. Draghi, che piaccia o meno, in questo momento è il comandante in capo. È il capitano di una nave in tempesta. È l’uomo a cui spetta il compito di prendere, da un giorno all’altro, da un’ora all’altra, decisioni difficili e possibilmente (cosa che fin qui non ha fatto) di spiegarle. Davvero si può pensare che abbandoni nave, equipaggio e passeggeri per diventare ammiraglio? Per questo da lui, se come crediamo non è uno Schettino qualsiasi, ci attendiamo che finalmente parli. Per dire ai cittadini dove sta cercando di portarli e ai grandi elettori che un premier, finché c’è uragano, resta a bordo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/01/05/ma-vista-la-situazione-pandemica-davvero-draghi-puo-lasciare/6445628/?fbclid=IwAR0oqZdHpV2CI3h_zhFi1m6huuXsRkfvUiERgkED1tb9zn37Px34BPyQGAU

sabato 22 maggio 2021

Scienziati: 'Il Covid sarà endemico, possibili nuove ondate".

 

Rapporto per Global Summit, 'investire oggi nella prevenzione'.

Il mondo sta entrando in una "age of pandemics". Lo afferma il panel di 26 scienziati provenienti da tutto il mondo nel rapporto pubblicato sul sito della Commissione Europea in occasione del Global Health Summit di oggi e rilanciato dall'Iss.

"Gli sforzi di oggi per affrontare il Covid-19 - avvertono gli esperti - dovrebbero includere investimenti e misure di risposta che abbiano il maggior potenziale possibile per un miglioramento sostenibile della prevenzione, inclusi gli investimenti in risorse umane e nella loro formazione, della preparazione e della risposta alle minacce globali per la salute".

"La probabile traiettoria per il SarsCoV2 è di diventare endemica con dei focolai stagionali a causa della diminuzione dell'immunità naturale, della copertura globale insufficiente dei vaccini e/o dell'emergere di nuove varianti non controllate dai vaccini attuali. Nuove ondate epidemiche sono possibili soprattutto nei paesi con bassa copertura vaccinale". E' quanto aggiunge il panel di 26 scienziati. "Un'equità globale nell'accesso alle risorse", avvertono, "è sia un imperativo morale che un'esigenza critica per il controllo della pandemia".

ANSA

lunedì 17 maggio 2021

Fauci: 'Il covid si può controllare ma non eliminare'.

Antony Fauci

Dovremo continuare a vaccinare con richiamo ogni anno o anno e mezzo.

"Non credo si possa eliminare il Covid. Possiamo controllarlo..

Dovremo continuare a vaccinare con richiamo ogni anno o anno e mezzo. Ma possiamo interrompere questa pandemia, possiamo ridurre le infezioni in modo che non sia più una minaccia pubblica". Lo ha detto l'immunologo americano Anthony Fauci, intervistato da Fabio Fazio a 'Che tempo che fa'. Fauci ha ricordato che un solo agente patogeno è stato finora eradicato, quello del vaiolo.

Il vaccino anti-Covid da assumere in pillole "non è ancora una realtà", ma "ci stiamo lavorando insieme a Pfizer".

"Negli Usa stiamo vaccinando con Pfizer gli adolescenti dai 12 anni in su, e credo che il via libera alle vaccinazioni da questa età verrà dato molto presto anche in Italia e altrove, perché i dati che noi abbiamo sono molto sicuri".

Fauci ha aggiunto che comunque "bisogna evitare di dichiarare una vittoria prematura" sulla pandemia. "Non abbiamo ancora vinto questa battaglia. Ma a differenza dell'anno scorso - ha aggiunto - ora abbiamo i vaccini. Se la maggior parte della popolazione sarà vaccinata riusciremo a ridurre le misure di sicurezza". Alla domanda se vede possibile una ripresa improvvisa della pandemia che costringa a nuove chiusure, Fauci ha risposto: "C'è sempre questa possibilità se facciamo le cose che non dobbiamo fare. Ma se stiamo attenti e continuiamo a vaccinare e non togliamo le limitazioni fino a quando la stragrande maggioranza della popolazione sarà vaccinata, ne usciremo. Ma bisogna procedere a piccoli passi, non è qualcosa che si può spegnere come l'interruttore della luce".

ANSA

domenica 13 dicembre 2020

In pandemia, piagnistei ed ego dilatati. - Antonio Padellaro

 

“La nostra pandemia invece non finisce, ma perdura, fino a data da destinarsi, con un fastidioso piagnisteo”

Veronica Gentili, “Gli immutabili” La nave di Teseo.

Visto che siamo in guerra, come da quasi un anno ci rammentano gravemente i nostri cosiddetti leader (e i cosiddetti leader di tutto il mondo), magari li avremmo desiderati risoluti come Winston Churchill, che dopo i bombardamenti visitava le case colpite, e per tenere alto il morale del popolo saliva in cima a un tetto a recitare “Locksley Hall” di Alfred Tennyson, un poema ottocentesco che già intravedeva le stimmate della vittoria nel dominio dei cieli. Di gesti emozionanti, personalmente ricordo solo Papa Francesco sul sagrato deserto di piazza San Pietro, con il Vangelo di Marco: “Venuta la sera”. E (forse non solo personalmente) non dimentico il coraggio dimostrato dal premier del mio Paese, Giuseppe Conte, quando lo scorso 9 marzo proclamò il lockdown salvando molte vite e, immagino, con la morte nel cuore. Lo ringrazio. Per il resto (e la cosa ci riguarda tutti), anche questa volta, come osserva l’autrice, “abbiamo perso la nostra occasione per cambiare e siamo rimasti gli stessi di prima”. Anzi, siamo perfino peggiorati, ritornando al nostro tran tran con un sovrappiù di puerili capricci, piagnucolando e battendo i piedi per terra.

Frignano un po’ tutti, dall’allenatore ricoperto d’oro e buttato fuori dalla Champions, che non gradisce le domande da studio, all’ex leader decaduto, per terra, che pretende le scuse altrimenti si porta via il pallone. Senza contare le calde lacrime versate dalle Alpi al Lilibeo per le disumane privazioni natalizie, con la gnagnera sui cenoni distanziati, che turbano assai la destra sovranista (roba da fare rivoltare nella tomba il Capoccione che per forgiare gli italiani dichiarava le guerre). E come dimenticare la pandemia dell’ego dilatato? Virologi, presidenti di Regione, tuttologi un tanto al chilo, il cui contributo alla conoscenza (con rare eccezioni) Veronica – che è anche conduttrice di un popolare talk show serale – liquida con un epitaffio: “Se divulgata con sufficiente convinzione, un’opinione può tranquillamente avere la meglio su un fatto”. Amen.

È al termine del suo diario pubblico e privato che troviamo la citazione di T. S. Eliot: “Il mondo finisce in questo modo, non con il rumore di un’esplosione, ma con un fastidioso piagnisteo”. Che mi ricorda ciò che in altri tempi (ma con le medesime lagne), Alberto Moravia diceva a un discepolo un po’ troppo assillante: caro, tu ti arrampichi, ti arrampichi ma non lo vedi che è tutta pianura?

Antonio Padellaro

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/13/in-pandemia-piagnistei-ed-ego-dilatati/6035504/

domenica 18 ottobre 2020

La pandemia e il guado del cambiamento. - Tommaso Merlo

 

Vita dura per gli sciacalli nostrani. Han passato l’estate a fregarsene del virus e adesso che il contagio è ripartito la colpa non è loro. È dei loro nemici politici. L’Italia è vittima di persone che per misero tornaconto manipolano la realtà di continuo. Son bastati pochi giorni affinché branchi di sciacalli passassero dalla “libertà di contagiare” al “c’infettiamo governo ladro”. Tempi davvero duri per loro. La realtà cambia in maniera così repentina da costringere gli sciacalli a continue inversioni ad u che ne minano la credibilità facendogli scivolare nel ridicolo. La pandemia sta facendo emergere il meglio e il peggio del nostro paese. Il meglio lo stanno dando i cittadini che han compreso la gravità dell’emergenza e l’importanza fondamentale del proprio comportamento. Cittadini che stanno dimostrando senso di responsabilità e lungimiranza ed accettano di buongrado piccoli sacrifici e piccole accortezze che possono salvare la loro vita e quella degli altri. Il peggio lo stanno dando invece certi politicanti e certi personaggi che scorrazzano nel malconcio mondo dell’informazione. Esibizionisti di ogni risma ed egoarchi cronici che creano solo caos e alimentano frustrazione e divisioni per meschino tornaconto o vanità. La pandemia sta dimostrando come l’Italia sia un paese in mezzo ad un guado culturale. Un guado tra passato e futuro. Con da una parte cittadini emancipati e maturi che vorrebbero attraversarlo e costruire un paese all’altezza delle proprie nuove consapevolezze. E dall’altra una minoranza privilegiata che vuole impedirglielo perché il cambiamento non gli conviene. Un guado. Tra il meglio e il peggio. Tra il vecchio e il nuovo che prima o poi dovrà risolversi. Il cambiamento lo puoi frenare ma non lo puoi fermare. Un paese, una società, una democrazia non sono altro che la proiezione di quello che hanno dentro i cittadini, la proiezione della loro cultura prevalente. Il profondo malessere italiano di questi anni nasce proprio dalla divergenza tra i valori che hanno maturato i cittadini e ciò che riscontrano attorno a loro in certa politica e in certa informazione. La pandemia lo sta rendendo evidente. Viviamo in mezzo al guado uno scontro latente. Tra il meglio e il peggio. Tra il vecchio che non vuole rassegnarsi alla sua fine ed un nuovo che fatica a sorgere per gli ostacoli creati da coloro a cui il cambiamento non conviene. Ma il cambiamento lo puoi frenare, non lo puoi fermare. Un paese cambia quando il modo di pensare e quindi di comportarsi dei cittadini cambia in maniera abbastanza diffusa e quindi potente da dar vita ad una realtà politica e sociale nuova. La pandemia lo sta confermando. La grande maggioranza dei cittadini italiani sono migliori di certi politicanti e di certi personaggi che sguazzano nel malconcio mondo dell’informazione. E sono più che pronti ad attraversare il guado e costruire finalmente un paese all’altezza dei tempi e delle loro nuove consapevolezze.

https://repubblicaeuropea.com/2020/10/18/la-pandemia-e-il-guado-del-cambiamento/

martedì 13 ottobre 2020

Conte: 'Non manderemo la polizia a casa, ma serve responsabilità'.

 

Il premier riepiloga le misure di contenimento nel nuovo Dpcm. 'Stop alle feste se non legate ai matrimonio'.

La curva sta risalendo lo vediamo negli ultimi giorni in tutta l'Ue sta risalendo. Non ci possiamo permettere distrazioni e abbassare il livello di attenzione e concentrazione".Lo afferma il premier Giuseppe Conte nel corso di una conferenza stampa a palazzo Chigi. 

Le nuove regole" anti contagio "comporteranno sacrifici ulteriori ma siamo convinti che rispettando queste misure potremo adeguatamente affrontare questa nuova fase. Il nostro obiettivo è molto chiaro: evitare di far ripiombare il Paese in un lockdown generalizzato. L'economia sta ricominciando a correre, per tutelare l'economia e insieme la salute dobbiamo rispettare queste regole" sottolinea il premier

"Dobbiamo migliorare i comportamenti anche in abitazioni private, l'evoluzione della curva si è innalzata soprattutto per dinamiche in ambito famigliare e amicale. Dobbiamo indossare mascherine se ci si avvicina a persone fragili, se si ricevono ospiti e vi invitiamo a limitare il numero di ospiti non più di sei e di non svolgere feste e party in casa, sono situazioni di insidie pericolose". Così Giuseppe Conte.

"I locali chiuderanno alle 24: dalle 21 si potrà solo consumare ai tavoli e non si potrà più consumare fuori per evitare assembramenti. Discoteche e sale da ballo il governo non le ha mai aperte: resteranno chiuse. Nei locali pubblici non saranno più consentite feste a meno che non siano connesse a cerimonie come matrimoni o battesimi e anche in questi casi con il limite di trenta partecipanti". Lo dice il premier Giuseppe Conte in un punto stampa a Palazzo Chigi.

"Non saranno consentite partite calcetto e di basket che tanto ci piacciono, non sarà consentito lo sport da contatto amatoriale mentre proseguirà per le società professionistiche e dilettantistiche che rispettano le linee guida" precisa.

Il presidente del consiglio conferma poi la disponibilità verso le opposizioni, poi, che Non è vero che non abbiamo accolto le obiezioni" e verso "l'opposizione c'è la massima disponibilità a condividere". Così il premier Giuseppe Conte che ha aggiunto: "a breve tornerò in Parlamento per dettagliare le prospettive sulla pandemia" e sul Recovery plan. "La nostra linea di azione è sempre la stessa: seguire e monitorare costantemente la curva, monitorare e studiare i dati e poi adottare le misure nel segno dell'adeguatezza e proporzionalità. Misure molto più restrittive sarebbero sproporzionate e rischierebbero di non essere rispettate. Ci impegniamo a non adottare misure più severe di quelle necessarie e tenere sotto controllo la curva. Sono misure mirate analizzando tutti i dati". 

Infine la scuola. "Le cose vanno abbastanza bene, lo diciamo incrociando le dita mentre l'evoluzione peggiore è nell'ambito delle relazioni amicali e familiari. Vogliamo scongiurare un lookdown generalizzato, dobbiamo rispettare le regole e muoverci in modo fiducioso". 'Non ci sono i presupposti per le lezioni a distanza'

"Cosa significa torsione della democrazia? Noi abbiamo fatto tutto quello che è necessario fare compatibilmente con la Costituzione per far fronte a una pandemia, noi abbiamo il dovere prioritario di tutelare la vita e la salute dei cittadini oltre a evitare che l'economia vada a rotoli. Le nostre misure sono nel segno dell'adeguatezza e della proporzionalità"dice il premier.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2020/10/13/conte-curva-sta-risalendo-consaiglio-europeo-recovery_49c33d56-2cd2-41e6-b31e-86a3a0b1c173.html

lunedì 25 maggio 2020

Il virus si mangia pure gli aiuti: il terzo settore chiede ossigeno. - Paolo Dimalio

Il virus si mangia pure gli aiuti: il terzo settore chiede ossigeno

La pandemia miete altre vittime. Lotta al cancro, sostegno ai bimbi disabili, cooperazione internazionale, campagne per l’ambiente: alcuni esempi delle iniziative a rischio per via del calo delle donazioni nel Terzo settore. Secondo L’Istituto italiano delle donazioni il 40% degli enti ha il dimezzato i fondi, nel primo trimestre. Le organizzazioni di volontariato, promozione sociale e senza fini di lucro annaspano e chiedono subito il 5xmille 2018-2019: in tutto, 1 miliardo. ll denaro, del resto, è già nelle casse dello Stato: grazie al Decreto Rilancio (art.156) entro il 31 ottobre andrà ai beneficiari.
Airc (Associazione Italiana per la ricerca sul cancro) l’anno scorso ha raccolto 20 milioni dalle donazioni sul territorio: eventi, cene, manifestazioni. Ma ora è tutto fermo: “Stimiamo di perdere almeno 10 milioni”, dice Niccolò Contucci, direttore generale. Altri 18 milioni, nel 2019, sono arrivati dai bollettini postali. “Introiti sono quasi azzerati”, avvisa Contucci. Il direttore generale teme, a fine anno, perdite per almeno 30 milioni: “Soldi in meno per la ricerca sul cancro, purtroppo”. Su Amazon, però, Airc ha venduto 316 mila azalee: 5 milioni di euro per sostenere le cure oncologiche. Contucci dà un numero: “In Italia di tumore muoiono in media 500 persone al giorno, 180 mila l’anno”. Di Covid, ad oggi, sono decedute meno di 35 mila pazienti.
La Lega del Filo d’Oro assiste dal 1964 bambini ciechi e sordi. Per tutti loro, la quarantena ha acuito il dramma quotidiano dell’isolamento. Rossano Bartoli, il presidente, è preoccupato ma ottimista: “Il 65% delle nostre risorse è frutto di donazioni, a marzo si erano dimezzate ma per fortuna sono risalite”. Il crollo ha investito i bollettini postali, ma le donazioni online e i bonifici hanno compensato, in parte, le perdite.
Emergency è in prima linea sul fronte pandemia. Ma il timore è d’indebolire gli aiuti all’estero, dove le tragedie proseguono. “Ad oggi le donazioni non sono calate – dice Alessandro Bertani, vicepresidente – ma solo perché abbiamo lanciato una raccolta fondi contro il Coronavirus”. Quei soldi però sono destinati solo all’emergenza Covid. I contributi dal territorio sono crollati: eventi pubblici, cene, i ragazzi di Emergency per le strade. “Quella è la nostra fonte primaria – spiega Bertani – e se l’andazzo proseguisse, nel lungo periodo rischia la cooperazione internazionale”. Ad aprile è saltata, in Uganda, l’inaugurazione del centro di chirurgia pediatrica disegnato da Renzo Piano. Non si sa quando i volontari di Emergency (circa 1500) torneranno in strada: intanto, aiutano a distribuire cibo a chi è in difficoltà.
Greenpeace fonda le sue campagne per l’ambiente sulle donazioni raccolte grazie ai “dialogatori”. Sono i ragazzi in strada che avvicinano i passanti per convincerli a contribuire. “L’anno scorso valevano il 50% delle donazioni totali, oggi quei soldi sono evaporati”, dice Andrea Pinchera, direttore Fundraising. Greenpeace punta a raccogliere risorse con altri canali: call center, mail, social. “Il timore è di arrivare a fine anno con le donazioni a picco, senza fondi per le campagne”, avvisa Pinchera: “Ora stiamo valutando se riportare i ‘dialogatori’ in strada”.
L’Associazione italiana contro le leucemie (Ail) finanzia la ricerca sui tumori al sangue e sostiene i pazienti. “L’anno scorso a Pasqua abbiamo ricevuto 7 milioni grazie alle uova di cioccolata nelle piazze – dice il presidente Sergio Amadori –. Stavolta, con gli italiana chiusi in casa, abbiamo incassato zero”. I leucemici sono soggetti fragili, tra i più esposti agli effetti del Covid 19. Perciò la Onlus ha lanciato su internet, a fine marzo, la campagna “Io sono a rischio”. “Ma siamo ben lontani dai 7 milioni delle uova pasquali – dice Amadori –. Continuiamo ad aiutare i pazienti e le loro famiglie, i conti li faremo a fine anno: speriamo di raccogliere il 60% delle donazioni dell’anno scorso”.
L’Unicef porta aiuto ovunque, nel mondo, ci sia una tragedia, come la pandemia. “Le donazioni per noi non sono diminuite”, dice Andrea Iacomini, portavoce per l’Italia. Il fondo delle Nazioni unite per l’infanzia, dal 23 marzo, raccoglie contributi per l’emergenza Covid nello Stivale, con buoni risultati: “I contributi per i vaccini crescono, la raccolta digitale funziona e aumentano le persone che chiedono d’indicare l’Unicef come erede nel testamento”, dice Iacomini. Problema: le donazioni raccolte dai “dialogatori”, con i bollettini postali e gli eventi in piazza sono nulle, o quasi. Gli effetti, scommette Iacomini, si sentiranno tra qualche mese: il rischio, come per Emergency, è di non avere risorse per fronteggiare vecchie e nuove minacce.
Medici senza frontiere contrasta la pandemia in Italia e in altri 40 Paesi. La Onlus, del resto, era già in trincea contro il virus Ebola. Ma le conseguenze del lockdown sono serie: “Le donazioni calano perché le persone non vanno alle Poste e i ‘dialogatori’ restano a casa”, dice Annalaura Anselmi, direttrice della raccolta fondi. Senza il sostegno del territorio, Msf punta su internet e il telefono: il 10 marzo ha lanciato una campagna per raccogliere 100 milioni di euro contro la pandemia. Difficile pareggiare il crollo delle donazioni ‘faccia a faccia’ e via Posta, dice Anselmi: “Alcuni programmi ‘salva-vita’ sono stati convertiti all’emergenza Coronavirus, ma ci sono luoghi nel mondo dove si muore di colera e morbillo, con tassi di mortalità anche superiori al Covid 19. Il timore, sul lungo periodo, è che vengano a mancare risorse vitali per affrontare altri drammi”.
Save the Children sconta, come gli altri, una sofferenza nella raccolta fondi. “Oggi non conosciamo i numeri, ma alcuni sostenitori ci hanno detto di vivere situazioni faticose e hanno dovuto ridurre o interrompere le donazioni”, spiega Giancarla Pancione, direttrice marketing. L’organizzazione per l’infanzia non ha intenzione di rivedere i progetti per i piccoli.
Come l’ospedale pediatrico Meyer di Firenze: “Le donazioni sono diminuite – dice Alessandro Benedetti, segreterio generale della fondazione che sostiene il nosocomio –, ma i servizi proseguono. Certo, se ci fosse un anno senza donazioni, allora caso cambierebbe tutto”.

sabato 28 marzo 2020

Coronavirus, Renzi nel momento più duro della pandemia: “Riaprire fabbriche subito, le scuole il 4 maggio”. Burioni al Fatto.it: “Progetto irrealistico”. Lopalco: “Una follia, dà false speranze ai cittadini”.



Coronavirus, Renzi nel momento più duro della pandemia: “Riaprire fabbriche subito, le scuole il 4 maggio”. Burioni al Fatto.it: “Progetto irrealistico”. Lopalco: “Una follia, dà false speranze ai cittadini”

L'ex premier vuole riaprire tutto: "Dobbiamo convivere con il virus, la gente non può morire di fame in un'Italia ibernata per un altro mese", dice ad Avvenire. Ma la soluzione viene bocciata sonoramente dagli esperti. Lopalco: "False speranze ai cittadini". Cartabellotta: "Non ha imparato nulla dalla tragedia di Bergamo". Pregliasco: "Prematuro"

Le fabbriche riaperte prima di Pasqua, le scuole il 4 maggio. La ricetta di Matteo Renzi è quella del “riapriamo” tutto perché “se restiamo chiusi la gente morirà di fame”. Ma se il problema della liquidità delle famiglie è certo e il governo sta studiando come parare il colpo, la soluzione dell’ex premier – illustrata il giorno dopo i quasi 1000 morti in 24 ore in un’intervista ad Avvenire – viene bocciata dagli scienziati, anche con parole durissime.
Contattato da Ilfattoquotidiano.itRoberto Burioni, professore di microbiologia e virologia all’Università San Raffaele di Milano, premette: “Dobbiamo senz’altro cominciare a pensare a una ripresa delle nostre vite: non possiamo pensare che la gente stia in casa pensando di rimanere in casa per sempre”. Ma sottolinea: “Però in questo momento la situazione è ancora talmente grave da rendere irrealistico qualunque progetto di riapertura a breve”. Duro il commento di Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe: “Dalla tragedia di Bergamo non ha imparato proprio nulla”. Mentre l’epidemiologo Pierluigi Lopalco definisce una “follia” l’idea del leader di Italia Viva che rischia di infondere “false aspettative e speranze” nei cittadini. E anche Gianni Rezza dell’Istituto superiore di Sanità ricorda che oggi “non si può dire nulla, non prima della fine del mese”. Contrario anche il virologo Fabrizio Pregliasco: “Pensare di riaprire le scuole è prematuro. È giusto pensare al futuro ma serve molta attenzione”.
“Questo virus ci farà ancora male. Non per settimane, per mesi e mesi. Il vaccino non c’è e se andrà bene torneremo ad abbracciarci tra un anno, se andrà male tra due…”, esordisce Renzi nell’intervista al quotidiano cattolico e invita a non aspettare “che tutto passi” perché “se restiamo chiusi la gente morirà di fame”. Insomma, a suo avviso, con il coronavirus bisogna “convivere” e quindi “consentire che la vita riprenda” e “bisogna consentirlo ora”.
“Sono tre settimane – dice l’ex premier – che l’ Italia è chiusa e c’è gente che non ce la fa più. Non ha più soldi, non ha più da mangiare. I tentacoli dell’usura si stanno allungando minacciosi, specialmente al Sud. Senza soldi vincerà la disperazione. Serve attenzione, serve gradualità, serve il rispetto della distanza. Ma bisogna riaprire”. L’Italia “non può restare ibernata per un altro mese” perché “così si accende la rivolta sociale”, per questo “le istituzioni devono agire senza perdere nemmeno un giorno”.
Le paure sono ovviamente condivise anche dal resto del governo. Ma mentre esponenti Pd e M5s chiedono e studiano un’estensione del reddito di cittadinanza, il leader di Italia Viva lo boccia (“Non funziona, non garantisce la ripartenza”) e vuole un “piano per la riapertura”. Ovvero: “Le fabbriche devono riaprire prima di Pasqua. Poi il resto. I negozi, le scuole, le librerie, le messe”. La proposta “concreta” è che si torni sui banchi “il 4 maggio”, almeno i 700mila studenti delle ‘medie’ e i 2 milioni 700mila delle ‘superiori’. Una proposta che anche Carlo Calenda definisce “poco seria”. Mentre l’ex presidente del Senato, Pietro Grasso, si dice “rattristrato” di “leggere che un ex Presidente del Consiglio, in un momento così difficile, pur di stare al centro dell’attenzione faccia proposte dannose nel merito e pericolose per la tenuta psicologica del Paese. Sic transit”.
E la risposta degli esperti è tranchant. “Pensare di riaprire le scuole il 4 maggio è una follia e fare proclami in questo momento è sbagliato”, risponde l’epidemiologo dell’università di Pisa Pierluigi Lopalco. “Dobbiamo essere cauti a dare illusioni se non abbiamo dati – rimarca – oggi abbiamo solo una flebile speranza in Lombardia ma ad esempio a Milano la situazione non è ancora sotto controllo. Come facciamo a riaprire le scuole se non abbiamo certezze. Non diamo false aspettative e speranze”. La verità, aggiunge poi l’epidemiologo, “ancora non la conosce nessuno, quello che è certo è che se riapriranno subito fabbriche e scuole, senza un piano basato sulle evidenze scientifiche, molti con il coronavirus conviveranno per brevissimo tempo”.
Duro il presidente della Fondazione Gimbe: “Riaprire prima di Pasqua? Governo e Parlamento decidano prima quante vite umane vogliono sacrificare per far ripartire l’economia – dice Cartabellotta – Renzi dalla tragedia di Bergamo non ha imparato proprio nulla”. Critico anche Gianni Rezza, direttore del dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto superiore di sanità: “Come epidemiologo devo guardare la salute pubblica e ora occorre rallentare e arrestare l’epidemia. Non possiamo tenere l’Italia chiusa per sempre, ma occorre prima vedere gli effetti delle misure importanti messe in campo dal governo”. In questo momento, aggiunge, “non si può dire nulla, non prima della fine del mese. Poi si possono studiare provvedimenti magari ‘stop and go’ o misure complementari. Vedremo cosa accadrà”.
Quello di Renzi è un discorso “prematuro”, invece, per il virologo dell’Università di Milano, Fabrizio Pregliasco: “Pensare di riaprire le scuole è prematuro. È giusto pensare al futuro ma serve molta attenzione. Dovremmo convivere con il fatto che pandemie come questa possono anche tornare, è accaduto con la Spagnola”. Questo virus, conclude, “non ce lo toglieremo dai piedi velocemente, ma in questa fase è necessario agire per poter arginare la dimensione di morti che c’è stata in Lombardia”.