Nel primo giorno di una settimana che si preannuncia fondamentale per gli esiti della maggioranza, con lo spettro del ritorno alle urne che si fa sempre più concreto, il segretario del Pd attacca la "scelta" del leader d'Italia viva "con l'apertura della crisi" che ha fatto "materializzare il rischio di scivolare verso le elezioni anticipate". E spiega che il suo partito lavora a un nuovo governo "di stampo europeista, con Conte che è ovviamente il punto di equilibrio in questo momento più avanzato". Bettini: "Italia viva dia segnali". Patuanelli: "Non è soluzione".
È stata la “crisi al buio” aperta da Matteo Renzi a far “scivolare il Paese verso il rischio di elezioni anticipate”. Un rischio che il Partito democratico vuole evitare a tutti i costi e per questo lavora a un “esecutivo autorevole“. Guidato da chi? Sempre da Giuseppe Conte. Nel primo giorno di una settimana che si preannuncia fondamentale per gli esiti della maggioranza, con lo spettro del ritorno alle urne che si fa sempre più concreto, Nicola Zingaretti spiega a cosa sta lavorando il suo partito e di chi sono le colpe di una crisi che è precipatata in una situazione delicata. “Soffro perchè vedo un Italia che combatte e che ha paura. E dall’altra parte la politica che sta ragionando spesso purtroppo lontano dalla vita, per colpa della crisi. Lavoro per trovare soluzioni, non per creare problemi, questo è il ruolo del Pd. Il Pd non ha mai puntato e non vuole le elezioni: siamo stati chi s’è speso di più per non fare le elezioni, siamo stati responsabili e portato avanti la battaglia sui contenuti. È stata la scelta di Matteo Renzi con l’apertura della crisi a materializzare il rischio di scivolare verso le elezioni anticipate”, dice il numero uno dei dem a Radio Immagina, emittente vicina al Nazareno. “Qando abbiamo denunciato una crisi al buio, io pensavo esattamente a questa situazione. Una situazione -prosegue Zingaretti- nella quale proprio perchè non c’è stata la pazienza di salvaguardare il percorso di governo tutte le posizioni si stanno irrigidendo. Questa è una situazione dalla quale noi dobbiamo uscire ma è stata l’apertura della crisi che ha aperto quello che io giudico un rischio che però va in tutti i modi evitato”, prosegue il governatore della Regione Lazio.
“Conte punto di equilibrio più avanzato. Nessuno può superare sua fiducia” – Dunque come si evita il voto anticipato? “Il Pd si sta adoperando per garantire un governo autorevole e con una base parlamentare ampia, europeista”. Che tradotto vuol dire un nuovo governo. Guidato da chi? Sempre dall’attuale inquilino di Palazzo Chigi. “Risolvere problemi non vuol dire baci e abbracci ma impegnarsi con Conte visto che ha avuto la fiducia poco tempo fa, per un governo ampio ed europeista”. Un concetto che ricalca praticamente l’appello del presidente del consiglio in Parlamento la scorsa settimana, quando aveva chiamato a raccolta i “volenterosi” costruttori. “Credo – continua sempre Zingaretti – che l’idea di un governo che guardi all’interesse dell’Italia, al bene comune, di stampo europeista, con Conte ovviamente che è il punto di equilibrio in questo momento più avanzato. Ha preso la fiducia 4 giorni fa e io sfido chiunque a dimostrare che qualcun altro può superare quella soglia”.
Il nodo della giustizia – Un passaggio fondamentale, che anche dal fronte dem blinda Conte nella sua posizione di capo del governo. Problema: l’esecutivo al Senato è fermo a quota 156 voti: la scorsa settimana sono bastati per avere la fiducia con la maggioranza relativa, ma fino a questo momento non sono cresciuti. In più quei voti rischiano di diminuire tra mercoledì e giovedì, quando il guardasigilli, Alfondo Bonafede, esporrà la sua relazione sulla giustizia. Alcuni senatori che avevano votato la fiducia alla maggioranza – come Riccardo Nencini e Pier Ferdinando Casini – hanno già anticipato il loro voto contrario. Lo stesso ha fatto Italia viva, che sul governo si era astenuta: Renzi ha convocato i gruppi domani sera per decidere una linea sulla giustizia che per la verità sempre già decisa. “Ascolteremo, come abbiamo sempre fatto. Temo che sarà difficile votare diversamente da un no”, ha ripetuto ancora oggi Teresa Bellanova. Rappresenterebbe la prima saldatura dell’asse tra Matteo Renzi e Matteo Salvini, pronti a trasformare la giustizia in un campo minato per la maggioranza. Per questo motivo il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, aveva chiesto “segnali di apertura” da parte di Bonafede, cioè concessioni su un tema fondamentale come le riforme varate dal guardasigilli: dalla prescrizione al processo civile e penale. Un’ipotesi da scartare, stando a quanto dichiarato ieri da Luigi Di Maio: “Il voto di mercoledì è un voto sul governo, non si pensi che sia solo un voto su Alfonso Bonafede del Movimento 5 Stelle“, ha detto il ministro degli Esteri, spiegando che “o nei prossimi giorni si trova la maggioranza, altrimenti sono il primo a dire che stiamo scivolando verso il voto“. L’ex capo politico del M5s ha quantificato in 48 ore il tempo a disposizione dell’esecutivo per trovare i voti necessari a sopravviviere in Aula.
“Serve nuovo governo per le riforme” – Un tempo che per Zingaretti è bastevole visto che “il rischio di elezioni anticipate va in tutti i modi evitato e il Pd sta lavorando per garantire un governo che deve essere autorevole su una base parlamentare ampia, con un patto di legislatura”. Ma di che governo parla il capo del Pd? Un Conte ter? Sostenuto da chi? “Penso a un governo di legislatura che affronti il Covid, i vaccini, che chiuda la discussione sul Recovery, rilanci gli investimenti, dia lavoro e affronti il tema delle riforme istituzionali con la riforma elettorale. Insomma, abbiamo davanti un pacchetto di provvedimenti indispensabili per l’Italia”. E quindi un nuovo patto da Pd, M5s e Leu che sarebbe allargato anche ai responsabili provenienti da Forza Italia e dalla stessa Italia viva. “Però – sottolinea – bisogna lavorarci perchè gli equilibri parlamentari sono quelli usciti della sconfitta del 2018: ora quindi bisogna andare avanti ma senza strappi”. Tradotto: un esecutivo del genere non avrebbe il sostegno necessario alle Camere senza un corposo rimpasto. Un rimpasto talmente ampio che alla fine farebbe nascere un governo nuovo. E che, chiaramente, dovrebbe coinvolgere anche la giustizia, vero e proprio campo minato della maggioranza. Per questo motivo, mentre Di Maio definisce quello su Bonafede un voto su tutto il governo, fonti Pd hanno messo in guardia il premier sui rischi di andare in Aula per la relazione del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e sul fatto che il governo ne uscirebbe sconfitto visto che ad ora i numeri non ci sono.
Bettini: “Renzi dia segnali”. Patuanelli: “Non è soluzione” – Blinda ancora una volta il presidente del consiglio anche Goffredo Bettini, dirigente dem e primo pontiere tra Palazzo Chigi e il Parlamento. “Penso che non ci sia possibilità di partire altro che da Conte. Deve essere un governo nuovo, secondo me anche più qualificato, che dia il senso di una fase nuova ma Conte è imprescindibile. Non c’è nessun motivo per levare Conte”, dice l’ex eurodeputato a Omnibus su La7. Conte, ha aggiunto, “ha garantito il Paese, ha rimesso il Paese sui binari dell’Europa. Ha diviso il populismo fra quello mite e quello estremista”. La novità è che oggi Bettini ha aperto a Italia viva. “Se è un Renzi che ha rotto direi di no, se si mette nell’ottica di una responsabilità nazionale senza ricatti e senza prepotenze, si può guardare a una fase nuova. Dimostri effettivamente di avere il senso non dell’errore ma un pò del salto nel buio che lui ha procurato e incominci in Parlamento a dare qualche segnale, se ci sono delle aperture nella relazione del ministro sulla giustizia”. Per la verità però i renziani hanno già anticipato l’intenzione di votare contro Bonafede. “Penso sia giusto fare una verifica della maggioranza a anche sui temi della giustizia, sapendo però che in ogni caso bisogna aprire una fase nuova, con un governo con una maggioranza più larga”, ha rilevato. In ogni caso, ha aggiunto Bettini, “non è possibile ritrarsi di fronte a un nodo che dovrà essere sciolto. Se non c’è un accordo sulla giustizia, come si fa a pensare a un nuovo governo”. “Chi è il problema non può essere la soluzione. Non è una questione personale ma di affidabilità politica”, dice il ministro per lo Sviluppo Economico Stefano Patuanelli.
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