domenica 27 giugno 2021

Bollette, cosa succede dal 1° luglio alle imprese non ancora nel mercato libero. - Celestina Dominelli

 

Le imprese interessate riceveranno una comunicazione da parte degli esercenti ai quali sono state assegnate.

Dal 1° luglio le imprese che non hanno scelto un operato nel mercato libero saranno assegnate al fornitore “a regime” del servizio a tutele graduali. Scatta, infatti, la seconda fase della fine tutela per le piccole imprese e alcune microimprese: il servizio, come previsto dall’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente (Arera), è erogato da venditori selezionati attraverso procedure concorsuali, i cui estremi sono stati resi noti nelle scorse settimane dall’Acquirente Unico che ha pubblicato le graduatorie per ciascuna delle 9 aree territoriali.

La comunicazione degli operatori.

Per le imprese interessate dal passaggio, è comunque in arrivo una comunicazione dall’operatore al quale sono state assegnate (che si è aggiudicato l’asta per il servizio nel territorio per 3 anni). Nella comunicazione, sono riportati i contatti dell’esercente, le condizioni di erogazione del servizio, quelle per recedere dal contratto e i riferimenti agli strumenti informativi dell’Autorità. In qualsiasi momento è comunque possibile scegliere un contratto dal mercato libero dell’energia elettrica. Ed ecco l’esito delle aste: Lazio, Lombardia, Veneto, Liguria e Trentino-Alto Adige sono state assegnate ad A2A Energia: Campania, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna a Hera Comm; Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Puglia, Toscana e Comune di Milano a Iren Mercato; Piemonte ed Emilia-Romagna ad Axpo Italia.

Le condizioni contrattuali.

Le condizioni contrattuali, come noto, sono quelle delle offerte Placet (a prezzo libero ma a condizioni equiparate di tutela). Le condizioni economiche relative alla spesa per la materia energia continueranno ad essere basate sui valori consuntivi del prezzo unico nazionale (il Pun, il prezzo di riferimento dell’energia elettrica in Italia acquistata alla borsa elettrica), come nell’assegnazione provvisoria, e a comprendere corrispettivi a copertura degli altri costi di approvvigionamento e commercializzazione, con una parte definita in base agli esiti di aggiudicazione della gara.

Cosa succede fino al 30 giugno.

Fino al 30 giugno, l’utenza continuerà comunque ancora a essere assegnata in modo transitorio al fornitore della maggior tutela che già serve il cliente, con condizioni contrattuali coincidenti con quelle delle offerte Placet già esistenti. Fino alla chiusura di questa fase, il prezzo sarà analogo a quello del servizio di maggior tutela che, per la parte della spesa per la materia energia, continuerà a riflettere le variazioni del prezzo dell’energia elettrica nel mercato all’ingrosso ma sarà basato sui valori consuntivi del Pun. Tutte le altre componenti della bolletta continueranno invece a essere stabilite dall'Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente.

La platea delle imprese interessate.

Si completa così la fine della maggior tutela iniziata a gennaio scorso e che riguarda tutte le piccole imprese (numero di dipendenti tra 10 e 50 e/o fatturato annuo tra 2 e 10 milioni di euro) titolari di punti di prelievo in “bassa tensione” e una parte delle microimprese (meno di 10 dipendenti e fatturato annuo non superiore a 2 milioni di euro), quelle titolari di almeno un punto di prelievo con potenza contrattualmente impegnata superiore a 15 kilowatt. Una platea di circa 200mila aziende secondo le stime formulate dalla stessa Arera. Per tutte le altre microimprese e per i clienti domestici la scadenza resta invece fissata al 1° gennaio 2023.

IlSole24Ore

Pagamento Tari, verso slittamento al 31 luglio per definire tariffe e rate. - Gianni Trovati

 

Con il decreto fisco-lavoro arriva la proroga in extremis dei termini per i Comuni.

Arriverà in extremis la nuova proroga al 31 luglio del termine per approvare i Piani economico finanziari e le tariffe della Tari 2021. Il treno utile spuntato un po’ a sorpresa all’orizzonte è quello del decreto in arrivo sul tavolo del consiglio dei ministri per ospitare le norme più urgenti a cui governo e maggioranza avevano lavorato nella preparazione degli emendamenti al decreto sostegni-bis. Il monte dei correttivi si è gonfiato insieme all'emergere delle spese parecchio inferiori del previsto per gli aiuti a fondo perduto.

Nel nuovo decreto, fra le altre cose, ci sarà la proroga al 31 agosto dello stop alla riscossione. E, appunto, il rinvio dei termini per decidere piani economico finanziari e tariffe 2021 della Tari, chiesto a gran voce dai Comuni e annunciato ieri dalla viceministra all’Economia Laura Castelli. «È una necessità su cui c’è grande sensibilità e ampia convergenza», ha sottolineato.

Preventivi e rendiconti.

La stessa convergenza non si incontra invece per un’altra richiesta arrivata nei giorni scorsi dagli amministratori locali, che spingono per un rinvio generalizzato di preventivi e rendiconti al 31 luglio. Quest’ultimo, a meno di sorprese dell’ultima ora, non dovrebbe trovare spazio nel decreto. Il termine del 31 luglio rimarrebbe quindi limitato ai 1.786 enti locali che hanno ricevuto le anticipazioni di liquidità sblocca-debiti del 2013-2015 e che quindi sono inciampati nelle incognite su tempi e modalità del ripiano dell'extradeficit dopo la sentenza 80/2021 della Corte costituzionale. In questi enti, secondo una nota pubblicata dall’Ifel nei giorni scorsi, il rinvio dei bilanci già trascina con sé le scadenze della Tari.

Il perché del rinvio delle delibere Tari.

Sul fronte delle entrate, in ogni caso, a dominare ancora una volta la scena è il caos della TariIl rinvio al 31 luglio risposterebbe in avanti un termine che nel sostegni-1 aveva ballato fino al 30 settembre, per poi attestarsi al 30 giugno. La proroga arriva in extremis, e più che aiutare la programmazione toglie le castagne dal fuoco ai tanti enti che in ogni caso non sarebbero arrivati in tempo con la scadenza decisa nel Dl 41/2021 (articolo 30, comma 5). Il rebus della tariffa rifiuti, già abitualmente parecchio complicato, quest'anno è riservato ai solutori più che abili. 

Quest’anno il debutto del nuovo sistema tariffario. 

Dopo le incertezze e le deroghe del 2020, questo sarebbe l’anno del debutto vero e proprio per il nuovo metodo tariffario costruito dall'Arera , che modifica drasticamente per molte amministrazioni l'articolazione fra costi fissi e variabili. In questo gioco a incastri entrano poi gli effetti del decreto legislativo che ha recepito in Italia la direttiva Ue sull’economia circolare (Dlgs 116/2020), e che continua a essere al centro di un conflitto fra il ministero della Transizione ecologica che ha deciso per l'esenzione generalizzata dei magazzini delle imprese e le amministrazioni locali che contestano (anche sulla scorta delle indicazioni Mef a Telefisco 2021) questa interpretazione.

Il fondo da 600 milioni per le restrizioni anti-Covid

In ogni caso, la nuova disciplina per le industrie modifica la platea dei contribuenti, e quindi la distribuzione dei pesi fra le varie utenze per la copertura integrale dei costi del servizio. Nei giorni scorsi, poi, ha passato l'esame della Stato-Città il decreto che distribuisce il nuovo fondo da 600 milioni per gli sconti alle utenze non domestiche colpite dalle restrizioni anti-Covid nella prima parte dell'anno, a cui i Comuni potranno aggiungere riduzioni ulteriori finanziate per altra via (anche con i residui del fondone 2020). La ciliegina sulla torta è rappresentata dai conguagli tra i costi risultanti dal Pef 2020 e quelli fissati per il 2019. Resta da capire se un mese in più sarà sufficiente a risolvere la sciarada. Per chi non ce la dovesse comunque fare nonostante la proroga, la prospettiva è la conferma delle tariffe 2020 che però in molti casi, per le regole emergenziali, sono quelle del 2019; con un congelamento a catena che renderebbe ancora più duro l’impatto con le nuove regole l’anno prossimo.

IlSole24Ore

Scoperto Dragon man, il parente più stretto dell'uomo. - Leonardo De Cosmo

 

Dopo la scoperta di una nuova specie di Neanderthal, arriva quella del fossile di una nuova specie umana, l'Homo longi o 'Dragon man', dal nome del sito, in Cina, in cui sono stati trovati i resti: 'Long Jiang', che vuol dire 'fiume del Dragone'.

La scoperta è pubblicata sulla rivista The Innovation in tre studi coordinati da Accademia delle Scienze Cinese e Museo di Storia Naturale di Londra. Vissuta 146 mila anni fa, la nuova specie potrebbe essere sorella dei Sapiens, una parentela ancor più stretta dei Neanderthal. Conclusioni che non convincono parte della comunità scientifica, che propende invece per una parentela con un'altra specie già nota, i Denisova.


Ricostruzione artistica di Dragon man nel suo habitat (fonte: Chuang Zhao)

La scoperta è stata fatta analizzando con nuove tecniche un cranio fossile molto grande, paragonabile a quello dei Sapiens, e quasi perfettamente conservato, trovato circa 100 anni fa nei pressi della città cinese di Harbin. La nuova specie rappresenterebbe il parente più prossimo ai Sapiens: "abbiamo ritrovato la nostra linea di discendenza fraterna persa da tempo", ha detto Xijun Ni, dell'Accademia delle Scienze Cinese e primo autore di uno dei due studi.

Cauta è però la posizione di parte della comunità scientifica, tra cui Giorgio Manzi, paleoantropologo della Sapienza Università di Roma: "non credo si possa parlare di nuova specie, né di parenti più prossimi ai Sapiens. Piuttosto di un reperto importante per definire meglio la linea dei cosiddetti Denisova, ominidi di cui conosciamo ancora poco ma che hanno avuto un ruolo importante nell'evoluzione umana".


ANSA 

sabato 26 giugno 2021

I big 5S in processione da Conte. Che lunedì detterà le condizioni. - Luca De Carolis

 

L’avvocato è “tranquillo”, assicura chi gli ha parlato. Ostenta “serenità”, giurano. E magari è la posa tattica del mediatore di mille arbitrati, ma probabilmente è molto peggio, è la freddezza di chi si appresta a calare la sua carta, che fa rima con addio. Perché Giuseppe Conte è davvero a un passo dall’abbandonare il Movimento che doveva rifondare. Potrebbe non bastare, la visita dei big contiani Paola Taverna e Stefano Patuanelli, che assieme al capogruppo in Senato Ettore Licheri lo vanno a trovare a casa per cercare l’appiglio per una mediazione. Non sembra sufficiente, il lavoro dietro le quinte di Luigi Di Maio, che spinge per un incontro chiarificatore con Beppe Grillo.

Perché non pare possibile poter ricucire lo squarcio aperto giovedì dal Garante, con quella valanga di frasi a rintuzzare e quasi a deridere l’ex presidente del Consiglio, accusato davanti ai deputati di “non conoscere il M5S”, perfino imitato a uso e risate degli eletti. Ma dopo i sorrisi ora c’è il rumorosissimo silenzio di Conte: che ieri ha taciuto, ancora. Però non starà zitto ancora a lungo. Lunedì parlerà, l’avvocato. E saranno parole affilate. Risposte nel merito, punto su punto, alle stilettate di Grillo. La premessa per arrivare alla conclusione che può essere la cesura definitiva, con il Garante: “Non potrò mai accettare una diarchia, ho bisogno dell’agibilità politica che mi era stata promessa, e Grillo deve essere contento del progetto”, Con accluso un promemoria importante: “È stato lui a venirmi a cercare”. Quindi ora Conte non può subire la linea del fondatore, che vuole prendere ogni decisione assieme all’avvocato, insomma essere il co-pilota.

Inaccettabile, per l’ex premier. Pronto a scandire le sue condizioni. E qualcuno spera ancora che dicendolo ai microfoni possa smuovere Grillo, fargli fare un passo indietro. Ma il primo a non crederci è Conte. Tradotto, quella di lunedì potrebbe essere una conferenza stampa praticamente di addio ai 5Stelle. A cui seguirà una pausa dalla politica. “Giuseppe non vuole fare un suo partito, almeno non adesso”, dicono fonti a lui vicine. Non è questo il momento. Ma arriverà la sua lista. C’è già un gruppo di maggiorenti del Movimento pronto a passare con lui. Ed esiste un mondo di professionisti legato all’avvocato che potrebbe riempire le sue liste. “Qualcosa farà” dicono fonti trasversali. Ma non subito.

Prima c’è da replicare a Grillo, che lo attende al varco. “Se mi risponde stavolta sarò durissimo” sibila il Garante ai suoi. Pronto a un post al tritolo, dicono. Di certo è nervoso il fondatore, anche per la lettura dei giornali. Così Di Maio prova a fare il pontiere. “Dobbiamo far sbollire tutto e poi farli incontrare”. Ma a far scendere la temperatura non è servita neppure la telefonata del Garante all’avvocato, giovedì sera: “Giuseppe non dare retta alle agenzie, ci vogliono mettere l’uno contro l’altro”. Ma Conte ha reagito in modo gelido. Per poi iniziare a preparare la sua contromossa. Dal giro di Grillo sibilano: “Vuole solo alzare il prezzo, bluffa”. Ma fonti vicine a Conte suonano un’altra nota: “Il nodo è che attualmente lui e Grillo hanno visioni inconciliabili tra loro di ciò che dovrà essere il M5S”. Nel pomeriggio Taverna, Patuanelli e Licheri vanno a trovare l’avvocato. Gli chiedono di aspettare fino a lunedì per la conferenza, di non chiudere subito.

Conte si mostra padrone di sé. Ma ripete: “Sono stato chiamato per rifondare il Movimento e avevo chiesto i poteri per farlo. Non posso accettare una diarchia”. E prosegue: “Quello che è accaduto nelle ultime ore è un suicidio a livello di immagine per un movimento. Se ero stato chiamato per un semplice maquillage avrebbero dovuto dirmelo, io avevo altre idee ed ero stato chiaro al riguardo, da subito”. Ma ciò che conta lo riassume un big: “Grillo deve fare un passo indietro, chiarire che lui sarà solo il Garante”. Ipotesi del terzo tipo. In questo clima, in serata, i 5Stelle di governo si riuniscono. Patuanelli è duro: “Beppe vuole dettare la linea anche sulla politica estera”. Si discute, anche di simbolo e rotta politica. Molti insistono: “Grillo e Conte devono parlarsi”. E pare l’ultima boa, per il M5S che affonda.

ILFQ

AAA coglione cercasi. - Marco Travaglio

 

Nel 1997, dopo tre anni di direzione del Giornale al posto di Indro Montanelli, Vittorio Feltri se ne va. E Berlusconi (Silvio, non Paolo, sedicente editore) offre la direzione al cofondatore del quotidiano: Enzo Bettiza. Il quale accetta per qualche minuto, finché scopre che sarà direttore per finta, perché quello vero è Maurizio Belpietro: “Una cosa mai vista né sentita, un contratto nel quale si legge: ‘È escluso che lei possa avere responsabilità di indirizzo e di intervento nell’organizzazione aziendale’. Volevano un pennacchio, un francobollo nobile. Mi proponevano una sinecura ben retribuita: io a bighellonare come un perdigiorno nei corridoi, un fondo domenicale, qualche commento. Ma poteri zero, anzi uno: quello di sciropparmi, da direttore responsabile che non può dirigere nulla all’infuori di se stesso, tutta la grana delle tantissime querele che affluiscono al Giornale feltriano. Hanno tentato il vecchio metodo di issare un blasone moderato per tenere buoni i lettori liberali e conservatori. Ma in realtà vogliono conservare il feltrismo senza Feltri”. Inutile dire che, dopo il gran rifiuto di Bettiza, Berlusconi non trova nessuno: cioè il povero Cervi, Belpietro, Giordano, ri-Feltri, Sallusti, fino alla comica finale di Minzolini. La stessa mossa berlusconiana ha tentato Grillo per i 5Stelle, immaginando che Conte avrebbe accettato di fare il re travicello, il pennacchio tira-voti, il fiore o la pochette all’occhiello, mentre Beppe avrebbe seguitato a comandare con la lucidità che ultimamente gli è propria. Infatti ha suggerito a Conte, che si avvaleva di consiglieri come la Mazzucato, di “studiare cos’è il M5S” dopo aver consegnato la tessera onoraria a Draghi e a Cingolani, che invece cos’è il M5S lo sanno bene, infatti si circondano di liberisti e antiambientalisti.

Ora Conte, come Bettiza, non potrà che respingere la proposta indecente. E Grillo dovrà farla a qualcun altro. Ma chi potrà accettarla? Non certo un big in grado di recuperare o almeno mantenere i voti: al massimo un coglione, un servo sciocco a caccia di medagliette-patacca. E, senza un capo politico degno di questo nome, i 5Stelle defungeranno a breve. E lasceranno orfani milioni di elettori che costringeranno Conte, volente o nolente, a dare loro una casa. Delle due l’una: o Grillo si accorge del disastro che ha combinato e rimedia finché è in tempo; o tutto può accadere. Anche che, nel processo di omologazione ai suoi acerrimi nemici, lanci un anatema alla Fassino: “Se Conte vuol fare politica, fondi un partito e vediamo quanti voti prende”.

ILFQ

Ponte Morandi, 59 richieste di rinvio a giudizio: ci sono anche Aspi e Spea. -

 

Ora toccherà al gup convocare la prima udienza, che potrebbe tenersi già entro l'estate, fissando l'eventuale inizio del processo vero e proprio in autunno.

La procura di Genova ha chiesto il rinvio a giudizio per 59 persone per il crollo del ponte Morandi. I pm contestano ad alcuni anche la colpa cosciente. Le accuse, a vario titolo, sono omicidio colposo plurimo, omicidio stradale, attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo doloso, omissione d’atto d’ufficio, e omissione dolosa di dispositivi di sicurezza sul lavoro. Dieci le posizioni stralciate in attesa di ulteriori approfondimenti. Tre indagati, dei 71 iniziali, sono morti prima della chiusura delle indagini. Chiesto il giudizio anche per le due società Aspi e Spea. Per i pm ci fu “immobilismo” e “consapevolezza dei rischi”.

Si tratta dell'indagine relativa alla tragedia del viadotto che, nell'agosto del 2018, causò la morte di 43 persone. Rispetto ai 69 indagati, citati nell'avviso di chiusura indagini di aprile scorso, sarebbero state messe da parte, a quanto si apprende da fonti giudiziarie, circa dieci posizioni (che saranno al centro di successivi approfondimenti), portando il numero finale delle richieste di rinvio a 59.

Ora toccherà al gup convocare la prima udienza, che potrebbe tenersi già entro l'estate, fissando l'eventuale inizio del processo vero e proprio in autunno.

Inchiesta durata quasi 3 anni.

L’inchiesta della procura ligure è durata quasi tre anni e vede coinvolti, a vario titolo, ex dirigenti e top manager di Autostrade per l'Italia, della sua controllata Spea e del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti. Le accuse sono, a vario titolo, di omicidio colposo plurimo, crollo doloso, omicidio stradale, falso e attentato alla sicurezza dei trasporti.

Per gli investigatori, tutti sapevano che il Morandi era in cattive condizioni e che bisognava intervenire con lavori di ripristino. Ma secondo l’accusa quei lavori vennero rinviati nel tempo per seguire la logica del massimo profitto con la minima spesa e dare maggiori dividendi ai soci.

I detriti sotto sequestro.

Con la richiesta di rinvio a giudizio la procura chiederà anche al giudice di decidere sui detriti del crollo, rimasti sotto sequestro dentro i capannoni dell’Amiu, la municipalizzata dei rifiuti. Il Comune vorrebbe liberare l’area per completare i lavori per il Parco della Memoria ma anche per la riqualificazione economica. Alcuni legali delle parti avevano chiesto di tenerli ancora per consentire ulteriori approfondimenti. Avevano anche chiesto un supplemento di consulenza tecnica che però è stato respinto.

Gli altri filoni.

L’indagine vede coinvolti, tra gli altri, l’ex amministratore delegato di Aspi, Giovanni Castellucci, e gli ex dirigenti Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli. Questi stessi nomi si trovano nelle altre tre indagini nate dopo il crollo: quella sui report edulcorati sui viadotti, quello sulle barriere fonoassorbenti pericolose e quello sui falsi report sulle gallerie, quest’ultima in particolare nata dopo il crollo il 30 dicembre 2019 di parte della volta della galleria Bertè in A26.

IlSole24Ore

Scoperti nuovi cugini dell'uomo. - Leonardo De Cosmo

Alcuni dei fossili che indicano che i Neanderthal avevano avuto origine anche nel Medio Oriente (fonte: Tel Aviv University) Foto ANSA

Scoperti in Israele  nuovi fossili dell'uomo di Neanderthal che obbligano a riscrivere la storia di questi nostri 'cugini' e complicano il puzzle della storia umana. I reperti, risalenti a 140.000 anni fa, indicano infatti che i Neanderthal non sono originari solo del continente europeo, ma del Medio Oriente, allargando così la loro 'culla' di evoluzione. La scoperta, alla quale la rivista Science dedica la copertina, è pubblicata in due studi coordinati dalle università di Tel Aviv e Hebrew di Gerusalemme, con il contributo di ricercatori italiani della Sapienza di Roma e dell'Università di Firenze.

"Si riteneva finora che l'evoluzione che portò ai Neanderthal fosse confinata all'Europa, da questi nuovi reperti riteniamo ora che la questione fu più complessa di quanto si pensasse", ha detto all'ANSA Giorgio Manzi, della Sapienza e uno degli autori di uno dei due lavori.

Da sempre considerati una sorta di cugini dei Sapiens, i Neanderthal vissero tra i 200 e 40mila anni fa e si ritiene che siano stati anche a stretto contatto con i Sapiens, tanto che produssero incroci in più di un'occasione. Finora si riteneva che la 'culla' dei Neanderthal fosse stata l'Europa e che da lì questi nostri cugini si fossero diffusi gradualmente fino a raggiungere gran parte dell'Asia. Ma questa narrazione potrebbe ora cambiare, grazie ai reperti rinvenuti a Nesher Ramla, in Israele.

Si tratta di una serie di fossili, in particolare denti e frammenti di mandibola e di cranio, che una volta analizzati con sofisticate tecniche digitali hanno mostrato una combinazione unica di caratteristiche neandertaliane e tratti più arcaici.
"L'elemento cruciale di questo ritrovamento è in particolare la datazione, circa 140.000 anni fa, in quella che viene definita la fine del Pleistocene medio", ha precisato Manzi. Una fase storica che rappresenta un momento di passaggio per l'evoluzione umana, una transizione da forme di Homo arcaiche verso le forme più moderne, come i Sapiens o i Neanderthal.

"Se quei resti fossero stati trovati in Europa non ci sarebbe stato nulla di particolarmente nuovo, sarebbero state nuove prove su quel che si ritiene da tempo, ossia che i Neanderthal siano maturati in Europa e solo successivamente diffusi in altre aree. Ora emerge invece che l'evoluzione dei Neanderthal avrebbe avuto contributi anche dal Medio Oriente", ha osservato Manzi.

Per un altro autore della ricerca, Fabio Di Vincenzo, dell'Università di Firenze, "con i nuovi fossili israeliani, sappiamo che la storia potrebbe essere stata anche più complessa e non solo confinata all'Europa".

ANSA