giovedì 8 maggio 2025

SORPRESA: IL RUBLO È LA MONETA PIÙ FORTE DEL MONDO. -

C’è una notizia che non leggerete su alcun giornale europeo e che nessuna televisione riferirà tramite la voce melliflua e ipocrita di qualche mezzobusto. Ma è una notizia bomba che testimonia del catastrofico fallimento delle sue politiche e della governance reale che si cela dietro di essa e proprio per questo i cittadini non devono conoscerla:
nel 2025 il rublo è diventato la valuta più forte del mondo, apprezzandosi del 38 percento rispetto al dollaro statunitense e riuscendo a superare persino la corsa dell’oro.

In più questa straordinaria performance è maturata sullo sfondo delle sanzioni imposte alla Russia e delle crescenti guerre tariffarie inaugurate dal presidente Trump le quali hanno contribuito alla destabilizzazione del dollaro.

Ciò illustra non soltanto la forza della Russia, ma soprattutto la debolezza occidentale che ovviamente ha ragioni direttamente economiche, ma che alla fine è determinata dalle mutate situazioni geopolitiche che hanno evitato un isolamento di Mosca di fronte all’avidità occidentale.

Secondo un rapporto di Bloomberg, tali sviluppi sorprendenti sono dovuti agli elevati tassi di interesse e ai controlli sui capitali in Russia, ma si tratta di considerazioni fatte da gente con i paraocchi che vede solo i tecnicismi finanziari e che non possiede una visione più ampia.

L’aumento del rublo testimonia del fatto che le dure sanzioni occidentali invece di limitare la capacità di azione di Mosca, hanno incoraggiato strategie finanziarie innovative, tra cui il commercio di valute nazionali e l’uso di prestiti in yuan cinesi per rifinanziare il costoso debito denominato in rubli.

Inoltre la forza della divisa russa deriva dalla crescita dell’industria dovuta non tanto alla produzione militare, quanto alla necessità di sostituire i prodotti provenienti in primo luogo dall’Europa e questo ha fatto crescere i salari e reso necessario importare manodopera in particolare dalle repubbliche centroasiatiche: le rimesse in rubli dei lavoratori stranieri di Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan hanno aumentato la domanda di rublo, incrementandone la circolazione sia in Russia che in Asia centrale e rafforzando ulteriormente il valore della valuta, nonostante le turbolenze economiche globali innescate dai dazi e dalle sanzioni statunitensi.

Tale sviluppo è di fondamentale importanza per i Paesi Brics all’interno dei quali si sta discutendo di un sistema di pagamento basato su un paniere di valute nazionali con l’obiettivo di sfidare il “monopolio del sistema monetario e finanziario internazionale”,
che serve prevalentemente gli interessi occidentali. Rafforzando le proprie valute e promuovendo il commercio in rubli, yuan o rupie, i Paesi Brics non solo si tutelano dalla volatilità del dollaro statunitense, ma rafforzano anche la propria sovranità monetaria ed economica.

Il successo del rublo, anche se non esente da rischi, incoraggia i Brics a sviluppare ulteriormente iniziative come, per esempio, la Cross-Border Payment Initiative che ha lo scopo di dare la priorità alle valute nazionali rispetto al dollaro statunitense.
Senza parlare del Brics pay ovvero un sistema di pagamenti internazionali per aggirare il sistema Swift dominato dagli Stati Uniti e facilitare il commercio nelle valute nazionali.

Oltre 50 Paesi hanno già espresso interesse, sostenendo così gli sforzi volti a rafforzare la propria autonomia finanziaria e a ridurre la dipendenza dal biglietto verde.

L’aggressività della Casa Bianca nel minacciare dazi a chiunque voglia distaccarsi dal dollaro rivelano la crescente preoccupazione di Washington per la sua influenza finanziaria in calo, ma nello stesso tempo incoraggia persino gli alleati di lunga data degli Stati Uniti a cercare alternative al dollaro.

L’India, tradizionalmente un membro cauto dei Brics, minimizza pubblicamente il processo di dedollarizzazione ma continua a commerciare con la Russia utilizzando altre valute, ad esempio per le importazioni di petrolio e quindi si impegna di fatto a raggiungere gli obiettivi strategici di contenimento del biglietto verde.

La Cina, a sua volta, sta diversificando sempre di più le sue riserve valutarie con l’oro e sta portando avanti lo sviluppo del suo yuan digitale.

Per il Sud del mondo non si tratta solo di resistere all’egemonia del dollaro, ma piuttosto di costruire attivamente un futuro che vada oltre questa egemonia.
In questo senso, l’aumento del rublo non rappresenta solo un successo economico per la Russia, ma per tutto il nuovo mondo in formazione.

In generale il fallimento dell’operazione Ucraina, grazie alla quale gli Usa (e i cagnolini europei) speravano di poter mettere mano a risorse che avrebbero potuto dare un senso al biglietto verde, dietro cui non c’è più da decenni un valore “sottostante” adeguato, è stato l’inizio di un cambiamento di paradigma.

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Tombe dei giganti. - @ndrea Milanesi

 

Nel cuore aspro e selvaggio della Sardegna, tra i profumi di elicriso e il vento che sussurra antiche melodie, si ergono le enigmatiche Tombe dei Giganti : monumentali formazioni rocciose costruite dal popolo nuragico tra il 1800 e il 1200 a.C., durante il pieno splendore dell’Età del Bronzo. Queste strutture, disseminate in tutto il territorio isolano da Arzachena a Dorgali, rappresentano uno dei più affascinanti lasciti della civiltà nuragica, che ha popolato la Sardegna molto prima dell’arrivo dei Fenici, dei Cartaginesi e dei Romani.

Le tombe, spesso composte da lunghe camere sepolcrali coperte da grandi lastre di pietra e precedute da imponenti esedre semicircolari, sono state interpretate dagli archeologi come luoghi di sepoltura collettiva e centri di aggregazione rituale per le comunità nuragiche. La loro disposizione richiama simboli di fertilità: teste di toro, falliche evocazioni della forza vitale della terra e della ciclicità della natura. Queste immagini sembrano suggerire che le tombe non fossero solo luoghi di morte, ma anche di rinascita spirituale e di comunione tra vivi e defunti.

Ma se la scienza ci offre spiegazioni razionali, la leggenda sarda intreccia la sua trama con quella della storia. Secondo la tradizione popolare, infatti, queste tombe sarebbero i sepolcri di misteriosi giganti che un tempo avrebbero abitato l’isola, esseri di straordinaria forza e saggezza. Racconti tramandati di generazione in generazione descrivono come, tra le pietre silenziose di S’Ena e Thomes, Coddu Vecchiu o Li Lolghi, si celino ancora le energie primordiali di questi antichi titani, custodi di conoscenze dimenticate e protagonisti di una mitologia che travalica i confini del tempo.

La monumentalità delle Tombe dei Giganti, la loro collocazione spesso in luoghi panoramici e la loro misteriosa aura, continuano ad affascinare viaggiatori, studiosi e sognatori di ogni epoca. Sono luoghi di incontro tra il visibile e l’invisibile, tra l’umano e il divino, tra la certezza della pietra e l’incertezza del mito. In esse si riflette la profonda spiritualità della cultura nuragica, che vedeva nella morte non una fine, ma una trasformazione, un ritorno all’unità primordiale della comunità.

Ma quale verità si cela dietro questi monumenti? Siamo in grado, oggi, di distinguere ciò che è storia da ciò che è leggenda, o forse entrambe le dimensioni sono necessarie per comprendere il senso profondo di questi luoghi? E ancora: la memoria collettiva, custodita tra pietre e racconti, può aiutarci a ritrovare il senso del sacro in un’epoca dominata dalla tecnologia e dalla velocità?

Forse, come suggerisce il silenzio millenario delle Tombe dei Giganti, la risposta non sta nel separare il mito dalla storia, ma nel riconoscerli come due volti della stessa, antica domanda umana: chi siamo noi, di fronte all’eternità della pietra e alla fugacità della vita?

#TombeDeiGiganti 

martedì 6 maggio 2025

PERCHÉ ALCUNI ANIMALI SONO DIVENTATI FOSSILI MENTRE ALTRI SONO SEMPLICEMENTE SCOMPARSI? - Guillermo Carvajal

 

Perché alcuni animali dell'antichità sono diventati fossili mentre altri sono semplicemente scomparsi senza lasciare traccia? Secondo uno studio dell'Università di Losanna (UNIL) pubblicato su Nature Communications , la risposta, almeno in parte, potrebbe risiedere nel nostro corpo.
I ricercatori hanno scoperto che le dimensioni e la composizione chimica di un organismo influenzano in modo decisivo la sua capacità di sopravvivere per milioni di anni o, al contrario, di perdersi nell'oblio del tempo geologico.
Non solo le ossa si fossilizzano, ma in rari casi si conservano anche i tessuti molli come muscoli, intestini e, perfino, il cervello . Gli scienziati si chiedono da tempo perché solo determinati animali e organi riescano a fossilizzarsi in queste condizioni.
Per risolvere l'enigma, un team di ricercatori dell'UNIL ha condotto esperimenti di decomposizione controllata , analizzando il modo in cui organismi come gamberetti, lumache, stelle marine e planarie (vermi) si degradano in ambienti attentamente monitorati.
Sono stati utilizzati microsensori per misurare i cambiamenti chimici nei corpi degli animali, prestando particolare attenzione alla fluttuazione tra condizioni ossigenate (ossidanti) e povere di ossigeno (riducenti). I risultati hanno mostrato che gli animali più grandi e quelli con un contenuto proteico più elevato generavano rapidamente ambienti riducenti, fondamentali per rallentare la decomposizione e attivare processi come la mineralizzazione o la sostituzione dei tessuti con minerali più resistenti.
In natura, due organismi sepolti insieme possono avere destini completamente diversi come fossili, semplicemente a causa delle differenze nelle loro dimensioni o nella chimica interna , spiega Nora Corthésy, dottoranda presso l'UNIL e autrice principale dello studio.
Uno potrebbe scomparire completamente, mentre l'altro resterebbe immortalato nella pietra , aggiunge Farid Saleh, ricercatore principale e coautore dello studio. Secondo i dati, i grandi artropodi , come alcuni crostacei, hanno maggiori probabilità di conservarsi rispetto ai piccoli vermi acquatici o alle planarie, il che potrebbe spiegare perché i fossili del Cambriano e dell'Ordoviciano (circa 500 milioni di anni fa) siano dominati dagli artropodi.
Assenze fuorvianti nei registri fossili
Lo studio aiuta anche a interpretare le lacune nei registri fossili . Simulando la decomposizione in laboratorio, possiamo distinguere tra assenze ecologiche (quando un animale non ha mai abitato un ecosistema) e assenze di conservazione (quando l'animale esisteva ma non si è fossilizzato) , osserva Corthésy. Gli organismi piccoli e poveri di proteine, non generando condizioni riducenti, hanno minori possibilità di preservarsi, quindi alcuni gruppi antichi potrebbero essere scomparsi senza lasciare traccia per questo motivo.
Tuttavia, anche fattori esterni come il clima, la salinità e il tipo di sedimento influenzano la fossilizzazione, ma riprodurre queste variabili in laboratorio è complesso. Sappiamo che gli ambienti salini o freddi rallentano la degradazione, ma il nostro studio si concentra sul ruolo della materia organica e delle dimensioni del corpo , spiega Corthésy. È un altro tassello del puzzle, ma c'è ancora molto da esplorare .
La ricerca, finanziata dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, rafforza l'idea che la documentazione fossile sia un archivio distorto, in cui ciò che vediamo non sempre riflette la vera diversità del passato. Comprendere questi pregiudizi ci avvicina un po' di più alla ricostruzione della vita antica così com'era, non semplicemente come l'abbiamo trovata , conclude Saleh.
di Guillermo Carvajal

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CI MANCAVA ANCHE UNA BOMBA AL “BUCO NERO”. - di Guillermo Carvajal

 

Un team di ricercatori è riuscito a ricreare per la prima volta in un esperimento di laboratorio un fenomeno finora esistente solo in teoria nel campo dei buchi neri. L'esperimento dimostra che la rotazione di un oggetto può amplificare esponenzialmente le onde elettromagnetiche, imitando il comportamento di una pompa di buco nero , un concetto proposto più di 50 anni fa.
Tutto ebbe inizio nel 1971, quando il fisico Yakov Zel'dovich predisse che un cilindro metallico rotante avrebbe potuto amplificare le onde elettromagnetiche se avesse ruotato sufficientemente velocemente. L'idea è stata ispirata dai buchi neri rotanti, che teoricamente possono estrarre energia dalla loro rotazione e trasferirla alle onde che li circondano.
Zel'dovich pensò che se uno specchio fosse stato posizionato attorno all'oggetto rotante, le onde amplificate sarebbero rimbalzate indietro e si sarebbero propagate, crescendo in modo incontrollato fino a diventare instabili, trasformando il dispositivo in una specie di "bomba". Finora nessuno era riuscito a dimostrare questo effetto in un esperimento reale.
L'esperimento: un cilindro rotante e campi magnetici
Il team, guidato da ricercatori delle Università di Southampton e Glasgow, ha utilizzato un cilindro di alluminio che gira ad alta velocità, circondato da bobine che generano un campo magnetico rotante. Quando il cilindro gira più velocemente del campo magnetico, accade qualcosa di straordinario: invece di assorbire energia, la amplifica.
Il sistema funziona come un amplificatore, ma quando la resistenza elettrica nel circuito si riduce, accade qualcosa di ancora più curioso: le onde elettromagnetiche iniziano a crescere esponenzialmente da sole, alimentate dal rumore di fondo del sistema.
La "bomba" autodistruttiva.
In condizioni normali, questa crescita incontrollata causerebbe il collasso del sistema, ma gli scienziati sono riusciti a osservare un altro fenomeno previsto dalla teoria: man mano che il cilindro perde energia di rotazione, la sua velocità diminuisce fino a quando l'effetto di amplificazione non cessa, come se la bomba si stesse spegnendo prima di esplodere, un comportamento che corrisponde a quello che ci si aspetterebbe da un buco nero che perde energia fino a quando non si stabilizza.
Sebbene l'esperimento sia stato condotto su scala gestibile in un laboratorio, serve a convalidare teorie fisiche come la connessione tra la rotazione degli oggetti e l'amplificazione delle onde. Apre inoltre la porta a future ricerche volte a osservare effetti ancora più esotici, come la generazione di onde dall'energia del vuoto quantistico, un fenomeno anch'esso previsto da Zel'dovich ma che non è stato ancora rilevato direttamente.
di Guillermo Carvajal













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sabato 3 maggio 2025

Grotte della Gurfa: Il Mistero Rupestre Siciliano.

 

Scopri le affascinanti Grotte della Gurfa ad Alia (PA), un enigmatico complesso scavato nella roccia che sfida il tempo e le interpretazioni archeologiche!
Perché sono speciali?
Architettura misteriosa: 6 ambienti scavati nell'arenaria, su due livelli, senza utilizzo di cavità naturali
Origini controverse: Datate tra l'Età del Bronzo (2500-1600 a.C.) e l'epoca bizantina
Leggende minoiche: Alcuni studiosi le collegano al mitico re Minosse di Creta
Capolavoro ingegneristico: Con una thòlos alta 16m che ricorda il Tesoro di Atreo a Micene
Cosa Vedere
• La maestosa "Thòlos" a campana (forse un'antica fossa granaria)
• Le tombe a grotticella della necropoli (1500-1250 a.C.)
• I resti della villa romana su Cozzo Barbarà
• Gli enigmatici arcosoli di epoca tardo-romana

Curiosità.
L'ipotesi più affascinante: potrebbe trattarsi di un sepolcro monumentale miceneo
Utilizzate fino agli anni '50 come pagliara (deposito agricolo)
Le pareti mostrano ancora tracce di nerofumo da antichi fuochi
Come arrivare:

- SS121 al km 182, deviazione per Alia (PA)
- Ingresso libero
- Visibile tutto l'anno


PROTEZIONE SOLARE PREISTORICA: COME L'HOMO SAPIENS SOPRAVVISSE ALL'INVERSIONE MAGNETICA DEL PIANETA 41.000 ANNI FA

 


Una recente ricerca condotta dall'Università del Michigan suggerisce che l'Homo sapiens, che abitava l'Europa circa 41.000 anni fa, fu in grado di sopravvivere a un periodo di intensa radiazione solare grazie a innovazioni tecnologiche apparentemente semplici ma molto efficaci: l' uso di pigmenti protettivi come l'ocra , la creazione di indumenti attillati e il riparo in grotte. Tali strategie, secondo lo studio, avrebbero offerto un vantaggio evolutivo decisivo rispetto ai Neanderthal, la cui scomparsa definitiva si stima sia avvenuta circa 40.000 anni fa.

Il periodo in questione corrisponde al cosiddetto Evento di Laschamps , un fenomeno geofisico verificatosi tra 42.200 e 41.500 anni fa, durante il quale i poli magnetici terrestri si spostarono dalle loro consuete posizioni geografiche. Sebbene questo evento non abbia provocato un'inversione completa del campo magnetico, ne ha prodotto un indebolimento significativo (fino a solo il 10% della sua intensità attuale), consentendo alle particelle energetiche provenienti dal Sole e dallo spazio di penetrare più facilmente la superficie terrestre.
Questo indebolimento dello scudo magnetico terrestre portò con sé un'intensificazione globale delle aurore boreali , che divennero visibili anche alle latitudini equatoriali e, soprattutto, in zone come l'Europa e il Nord Africa. Ma insieme a questo spettacolo celeste è aumentata anche l'esposizione degli esseri viventi a radiazioni ultraviolette più intense, con i relativi effetti nocivi: dalle malattie degli occhi alla riduzione dell'acido folico, essenziale per lo sviluppo fetale e la sopravvivenza dei bambini.
Di fronte a questo ambiente ostile, l'Homo sapiens sembra aver sviluppato notevoli risposte adattive. Secondo Raven Garvey, professore associato di antropologia presso l'Università del Michigan, in siti collegati agli esseri umani anatomicamente moderni sono state rinvenute prove archeologiche di strumenti quali aghi, punteruoli e raschietti . Questi oggetti, assenti nei contesti dei Neanderthal, suggeriscono che i nostri antenati realizzassero già indumenti attillati che non solo offrivano protezione termica, ma anche una barriera contro le radiazioni solari.
Contemporaneamente, nello stesso periodo, è documentato con frequenza sempre maggiore l' uso intensivo dell'ocra , un pigmento naturale composto da ossidi di ferro, argilla e silice. Recenti studi sperimentali hanno dimostrato che questo minerale ha proprietà simili a quelle delle moderne creme solari . La sua applicazione cutanea potrebbe aver contribuito a ridurre l'impatto delle radiazioni ultraviolette, un'ipotesi rafforzata dalle osservazioni etnografiche di gruppi umani che hanno utilizzato questo materiale proprio a scopo fotoprotettivo.
Il ricercatore Agnit Mukhopadhyay, affiliato al Dipartimento di Scienze del Clima e dello Spazio dell'Università del Michigan, è stato responsabile della modellazione del campo magnetico terrestre durante l'escursione di Laschamps. Per farlo, ha utilizzato lo Space Weather Modeling Framework , uno strumento computazionale avanzato che simula l'interazione tra il campo magnetico terrestre e le particelle solari. In collaborazione con Sanja Panovska del Centro tedesco di geoscienze (GFZ), ha realizzato una ricostruzione tridimensionale dell'ambiente spaziale terrestre di quel periodo.
Sovrapponendo questo modello ai dati archeologici è emersa una correlazione notevole: le aree più esposte alle radiazioni cosmiche coincidono con le regioni in cui è stato documentato un aumento dell'occupazione delle grotte e dell'uso dell'ocra da parte dell'Homo sapiens. Questa coincidenza spaziale e temporale suggerisce che questi comportamenti non erano casuali, ma piuttosto risposte adattive a un ambiente mutevole e potenzialmente letale.
Sebbene gli autori dello studio, pubblicato sulla rivista Science Advances , insistano sul fatto che le loro conclusioni siano correlazionali e non deterministiche, offrono una nuova prospettiva su un interrogativo antropologico di vecchia data: perché i Neanderthal scomparvero mentre gli Homo sapiens prosperarono? Garvey sottolinea che le differenze tecnologiche, in particolare nella fabbricazione degli indumenti e nell'uso di pigmenti protettivi, potrebbero aver svolto un ruolo cruciale in questa divergenza evolutiva.

venerdì 2 maggio 2025

Parcheggi pubblici con giardini. - Giappone.

 

In Giappone, hanno iniziato a installare giardini galleggianti sui tetti dei parcheggi pubblici, trasformando queste aree in spazi verdi. Questi giardini abbelliscono il paesaggio urbano e forniscono habitat cruciali per api e altri impollinatori, essenziali per la biodiversità. 

Questa iniziativa verde mira a mitigare gli effetti del cemento nelle città, offrire rifugio alla fauna selvatica e migliorare la qualità dell’aria. I giardini sui parcheggi rappresentano un passo verso la sostenibilità urbana, sottolineando l’importanza della natura negli spazi urbani.

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