Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
mercoledì 15 ottobre 2025
martedì 14 ottobre 2025
Benefici della propoli.
Cos’è la Propoli
La propoli è un composto naturale resinoso con una consistenza simile alla cera ed un colore marrone scuro.
Viene prodotta dalle api mellifere per riparare l’alveare, isolarlo da bruschi sbalzi di temperatura e proteggerlo da predatori e microrganismi.
Per produrla, le api elaborano le resine e gli essudati raccolti da gemme e cortecce di alberi come l’ippocastano, il pioppo, l’ontano, il pino, e tante altre con appositi enzimi salivari e cera d’api.
In seguito, le api utilizzano l’elaborato per sterilizzare l’alveare e proteggerlo da intrusi, parassiti e agenti patogeni esterni.
Il termine Propoli deriva dal greco πρόπολις (Propolis) e significa “davanti alla città”. Questo termine, in senso figurato, assume il significato di “difensore della città”. Ed è proprio lì che si trovano gli intrusi indesiderati degli alveari come batteri, germi, funghi e virus.
I nostri laboratori erboristici la utilizzano per la produzione di 4 rimedi: tintura madre di propoli, spray alla propoli, propoli senza alcol, propoli per bambini.
A cosa serve.
La propoli è rimedio naturale efficace, in erboristeria si utilizza per i suoi effetti antibatterici, fungicidi, antivirali, cicatrizzanti, immunostimolanti ed antinfiammatori e viene spesso inserita come principio attivo di integratori e cosmetici.
Nel corso dei secoli diverse popolazioni si sono servite delle proprietà anti-putrefattive della propoli per vari utilizzi.
- Gli Egizi la usavano per la mummificazione.
- Greci e Romani la utilizzavano per sanare le ferite grazie all’azione antisettica e cicatrizzante.
- I persiani per il trattamento di eczema, mialgie e reumatismi.
Grazie al suo ampio spettro d’azione, la propoli viene utilizzata per numerose condizioni di salute:
- virus influenzali e parainfluenzali
- infezioni batteriche
- parassiti intestinali
- infezioni fungine
- raffreddore, tosse, mal di gola
- candida e infezioni genitali
- cistite
- disturbi gastrointestinali e ulcera
- Helicobacter pylori
- igiene del cavo orale
- infiammazioni del cavo orale come gengivite e paradontite
- herpes simplex
- ferite, anche infette
Cosa contiene
La propoli è ricchissima di molecole bioattive ed il suo contenuto varia a seconda della sua origine botanica e geografica.
La composizione percentuale media della propoli è la seguente:
- 50-60% di resine e balsami
- 30-40% di cere e acidi grassi
- 5-10% di oli essenziali e aromatici
- 5-10% di polline
- circa il 5% di altre sostanze
Questo ultimo 5% comprende decine di molecole tra cui polifenoli, flavonoidi, aminoacidi, oligoelementi, enzimi, minerali e vitamine. A queste sono dovute numerose proprietà biologiche e terapeutiche tra cui effetti antidiabetici, antinfiammatori, antiossidanti, antitumorali, cardioprotettivi, neuroprotettivi e immunomodulatori.
Tra questi elementi troviamo:
- artepillina C
- acido caffeico
- CAPE (estere fenetilico dell’acido caffeico)
- apigenina
- crisina
- galangina
- kaempferolo
- luteolina
- genisteina
- naringina
- pinocembrina
- acido cumarico
- quercetina
- minerali come ferro, cromo, rame, zinco, manganese, selenio, magnesio, silicio
- vitamine A, B, C, E, H o B7
Proprietà e benefici
La propoli è considerata l’antibiotico naturale per eccellenza, è altamente tollerabile e sicura. Presenta una forte attività battericida (ovvero elimina i batteri), e batteriostatica (ne blocca la replicazione). Inoltre ha proprietà antimicrobiche, antivirali, antiossidanti, antinfiammatorie e immunomodulanti dimostrate.
Negli ultimi decenni sono stati condotti molti studi per testare la capacità della propoli di interagire con gli antibiotici di sintesi, con l’obiettivo di contrastare l’antibiotico-resistenza e ridurre le dosi dei farmaci.
Il risultato di questa analisi dimostra una sinergia positiva nell’associazione propoli-antibiotici, e comprova la sua maggiore efficacia sui batteri antibiotico-resistenti, come alcune varietà di S. aureus ed E. coli.
Ostacola i virus
Gli estratti di propoli hanno una potente e dimostrata attività antivirale ad ampio spettro, rivolta nei confronti di molti virus, tra cui: herpes simplex, coronavirus (1), virus influenzali e parainfluenzali, adenovirus.
Ha effetti antibatterici
La propoli é un antimicrobico naturale efficace in grado di agire sia sui batteri Gram-positivi che Gram-negativi, sia contro i batteri aerobi e anaerobi. É in grado di agire sia direttamente sui batteri, sia stimolando il sistema immunitario ed attivando le difese immunitarie dell’organismo (1).
La sua efficacia dipende dalla composizione chimica ed è diversa in base al paese di origine ed al metodo di produzione.
L’analisi dei meccanismi di azione della propoli consente di collegare i suoi effetti a più azioni:
- Sostiene le difese immunitarie dell’organismo.
- Riduce la mobilità batterica.
- Riduce la produzione di ATP cellulare.
- Aumenta la permeabilità della membrana cellulare del microrganismo.
- Altera il potenziale delle membrane batteriche.
Inoltre, contiene attivi come la pinocembrina e l’apigenina e l’acido cinnamico, che hanno effetti antibatterici dimostrati. In particolare:
- Picocembrina: attiva contro S. mutans, S. sobrinus, S. aureus, E. faecalis, L. monocytogenes, Pseudomonas aeruginosa e K. pneumoniae.
- Apigenina: agisce contro i batteri Gram-negativi come P. aeruginosa, K. pneumoniae, Salmonella enterica sierotipo Typhimurium, Proteus mirabilis e Enterobacter aerogenes.
- Acido cinnamico: Aeromonas spp., Vibrio spp., E. coli, L. monocytogenes, Mycobacterium tuberculosis, Bacillus spp., Staphylococcus spp. Streptococcus pyogenes, Micrococcus flavus, P. aeruginosa, S. enterica sierotipo Typhimurium, Enterobacter cloacae e Yersinia ruckeri
Sono disponibili pochi studi sull’azione della propoli sui batteri anaerobici. I dati attuali indicano la sua efficacia contro le specie Actinomyces, Bacteroides, Clostridium, Fusobacterium, Porphyromonas, Prevotella, e Propionibacterium.
Protegge la mucosa gastrica
Alcuni studi hanno dimostrato l’efficacia della propoli nel trattamento dell’ulcera gastrica e dell’H. Pylori evidenziando le sue proprietà antistaminergiche, antinfiammatorie e antiacide.
Contrasta i parassiti
É stata evidenziata la capacità della Propoli di contrastare i parassiti intestinali, come elminti, giardia e malaria.
Se soffri di parassiti intestinali ti invitiamo a leggere l’approfondimento sul protocollo Clark, una cura specifica per la rimozione dei parassiti dall’organismo.
Contrasta i funghi
La propoli vanta una buona azione antifungina, antibiotica ed antimicotica e può essere un valido aiuto in caso di candidosi ricorrente e la vaginite cronica.
Per uso esterno favorisce il processo di guarigione delle ferite e contrasta le dermatiti batteriche e micotiche, grazie alla sua azione antimicrobica, antinfiammatoria ed alla capacità promuovere la sintesi di collagene.
Riduce l’ossidazione
La propoli è nota per le sue proprietà antiossidanti. Gli antiossidanti presenti nella propoli, tra cui fenoli e flavonoidi, hanno importanti proprietà immunomodulanti.
É importante notare che, secondo gli studi scientifici, in primavera gli estratti idroalcolici di propoli contengono quantità maggiori di fenoli (fenoli totali, flavoni, flavonoli, flavanoni e diidroflavonoli) rispetto all’inverno (1).
Controindicazioni
In generale l’assunzione della propoli non presenta alcuna significativa controindicazione ed è sicura ed efficace per la maggior parte della popolazione.
Non devono assumere i preparati a base di propoli coloro che presentano allergie o sensibilità alle api o ai prodotti dell’alveare.
In letteratura sono riportati alcuni rari casi di allergia cutanea, secchezza della bocca e disturbi gastrici, a volte associati a diarrea.
Per l’utilizzo durante la gravidanza sentire sempre il parere del proprio medico curante.
Integratori alla propoli FITOSOFIA®

Grazie alle sue numerose proprietà, la propoli può essere utilizzata nella formulazione di capsule, compresse, estratti idroalcolici e preparati senza alcol, tavolette, caramelle, creme, unguenti e lozioni.
L’erboristeria Fitosofia® dispone di diversi integratori alimentari a base di Propoli, con caratteristiche differenti e adatti a tutte le esigenze:
- Propoli tintura madre, un estratto di propoli pura e non decerata. Ha un sapore forte ma è efficace dai primissimi utilizzi.
- Propoli spray è un prodotto a base di Propoli, Liquirizia, Echinacea ed Erisimo, con Lisozima ed oli essenziali. É specifico per le problematiche localizzate nella gola e nel cavo orale come laringite, faringite, placche, mal di gola, afonia ed afte.
- Propoli analcolica, un integratore senza alcol in gocce arricchito con estratti di Timo, Origano, Vitamina C ed olio essenziale di Pino mugo. Questa formulazione realizzata con ultrasuoni a freddo è particolarmente apprezzata da coloro che non tollerano l’alcol e che preferiscono una propoli dal sapore gradevole. Adatta anche ai bambini.
- Propoli per bambini, adatto ai più piccoli con estratto di propoli e succo di mela. Grazie al suo sapore dolce e delicato è ben tollerato anche dai bambini.
GLI ALVEARI D'ARGILLA DI AL-KHARFI: API, SOPRAVVIVENZA E INNOVAZIONE NEL DESERTO.
Sulle aride colline a sud di Taif, in Arabia Saudita, le rovine di un antico insediamento, noto come Al-Kharfi, nascondono una straordinaria testimonianza della resilienza umana: 1200 arnie costruite con argilla e fango e scavati nella roccia o costruiti su terrazze, molti dei quali ancora in piedi, ma in rovina. Queste strutture silenziose raccontano di un popolo che ha sfruttato il potere delle api per sopravvivere e prosperare in un ambiente desertico ostile.
Il sito di Al-Kharfi si trova nel governatorato di Maysan, a sud di Taif, arroccato su alture scarsamente piovose. Gli alveari sono raggruppati lungo pareti rocciose e pendii, disposti in file, a volte una sopra l'altra, su terreni irregolari. L'architettura è semplice ma efficace: cavità cilindriche e prismi rettangolari in argilla, fango e roccia, spesso incassati nel pendio per sfruttare l'ombreggiatura e l'isolamento naturali.
Studiosi ed esploratori locali conoscono da tempo questi alveari, talvolta chiamati "case del miele" nei resoconti regionali. Ma negli ultimi anni hanno attirato sempre più attenzione come testimonianze archeologiche delle economie del deserto e dell'apicoltura nell'antichità.
Perché costruire così tanti alveari? In un paesaggio in cui la crescita delle piante è limitata e le precipitazioni irregolari, le api offrono una risorsa unica: e i servizi di impollinazione che sostengono la flora selvatica. Per una comunità che vive al limite della sussistenza, questi prodotti potrebbero avere un valore enorme: miele, cera, propoli.
Gli alveari in argilla manterrebbero temperature interne relativamente stabili (importanti per lo sviluppo della covata), proteggerebbero dai venti del deserto e ridurrebbero lo stress dovuto alle temperature estreme. La loro posizione vicino a valli o wadi (flussi d'acqua stagionali) e su pareti rocciose ombreggiate suggerisce un'attenta scelta dei microclimi.
L'apicoltura nella Penisola Arabica ha una lunga tradizione etnografica: ancora oggi, nelle regioni montuose, si utilizzano alveari fatti di argilla o tronchi cavi. Il complesso di Al-Kharfi rappresenta probabilmente una fase iniziale di questa tradizione.
Il miele è più di un semplice dolcificante. Nelle società preindustriali, fungeva da medicinale (antisettico, medicazione per ferite, digestivo), conservante, fermentabile (nell'idromele o in altre bevande) e talvolta come fonte di calorie trasportabili. In periodi di siccità o scarsità, il miele poteva integrare o stabilizzare la dieta.
Con oltre mille alveari, Al-Kharfi potrebbe essere stato un centro regionale per la produzione di miele, producendo eccedenze non solo per il consumo locale, ma probabilmente anche per il commercio con le vicine oasi, le rotte carovaniere o gli insediamenti urbani ai margini delle pianure e degli altipiani.
Le dimensioni del complesso alveare implicano lavoro organizzato, trasferimento di conoscenze, gestione stagionale e coordinamento. Qualcuno doveva occuparsi della manutenzione degli alveari, ispezionare gli sciami, raccogliere in sicurezza, conservare la cera e distribuire il prodotto. Ciò suggerisce ruoli sociali (specialisti, apicoltori) che vanno oltre la semplice agricoltura di sussistenza o la pastorizia.
Inoltre, la presenza di così tanti alveari è indice di una pianificazione a lungo termine e di una memoria ecologica: le persone sapevano quali pendii utilizzare, come proteggere le api nelle stagioni più difficili e come integrare l'apicoltura nelle loro strategie di sostentamento più ampie.
Indica economie miste: non puramente pastorali o agricole, ma che hanno integrato gli insetti come parte del mix di risorse. Nelle frontiere desertiche, la flessibilità è spesso il margine tra collasso e sopravvivenza.
Le nostre conoscenze sono frammentarie. Mancano resoconti di scavo dettagliati, dati cronologici e ricostruzioni paleoambientali relative ad Al-Kharfi. Rimangono alcuni interrogativi:
Quando esattamente venivano utilizzati questi alveari (secolo, millennio)?
Servivano solo la comunità locale o facevano parte di reti commerciali più ampie?
In che modo le fluttuazioni climatiche (siccità, variabilità delle precipitazioni) hanno influenzato la produttività e la sopravvivenza dell'alveare?
In che misura le api erano specie selvatiche locali o popolazioni selvatiche indotte?
Alcuni dei riferimenti pubblicati sono fonti popolari o secondarie; è difficile trovare pubblicazioni archeologiche rigorose con dati stratigrafici.
Pertanto, sebbene la narrazione di “resilienza e ingegnosità” sia avvincente, gli studiosi devono procedere con cautela quando avanzano affermazioni radicali.
Gli alveari di argilla di Al-Kharfi ci ricordano come gli esseri umani non si limitino a sopportare passivamente ambienti ostili, ma li plasmano attivamente, favorendo la vita anche dove le condizioni sono implacabili. Questi alveari rappresentano un ponte tra ecologia selvaggia e cultura umana: le api vivono ai margini e gli esseri umani estendono il loro dominio imparando l'ecologia delle api, i microclimi e il comportamento degli insetti.
In una prospettiva globale, questi antichi complessi di alveari sono simili ad altre pratiche di nicchia (raccolta del ghiaccio, saline, pesca in grotta, agricoltura terrazzata) in territori estremi. Ci costringono a rivalutare il significato di "marginale": ciò che appare sterile può nascondere sistemi di conoscenza depositati nel corso delle generazioni.
lunedì 13 ottobre 2025
Grotte di Longmen. - Elly Tran
Le Grotte di Longmen, situate vicino a Luoyang, nella provincia cinese dell'Henan, sono una delle più straordinarie realizzazioni dell'antica arte e devozione buddista.
Scavate nelle pareti calcaree lungo il fiume Yi, il sito contiene oltre 2.300 grotte e nicchie contenenti più di 100.000 statue di Buddha, stele e iscrizioni.
Le prime incisioni iniziarono durante la tarda dinastia Wei Settentrionale, nel IV secolo d.C., quando l'imperatore Xiaowen trasferì la capitale a Luoyang e promosse il buddismo come religione di stato.
L'attività artistica fiorì durante la dinastia Tang (VII-X secolo d.C.), quando il mecenatismo reale e la devozione pubblica diedero vita alle sculture più grandiose del sito.
Il colossale Buddha Vairocana nel tempio di Fengxian, commissionato dall'imperatrice Wu Zetian, si erge come un capolavoro dell'arte Tang, irradiando serenità e maestosità imperiale.
Le grotte rivelano una graduale evoluzione dell'arte buddista cinese, fondendo influenze straniere del Gandhara con stili cinesi autoctoni per creare un'estetica unica e raffinata.
Le iscrizioni scolpite lungo le statue riportano i nomi dei donatori – imperatori, monaci e gente comune – a dimostrazione di quanto profondamente il buddismo permeasse la società.
Secoli di intemperie, saccheggi e guerre hanno danneggiato parti del sito, eppure la maggior parte delle incisioni si erge ancora come silenziosa testimonianza dell'eredità spirituale e artistica della Cina.
Nel 2000, l'UNESCO ha riconosciuto le Grotte di Longmen come Patrimonio dell'Umanità, onorandole come "una straordinaria manifestazione del genio creativo umano".
Oggi, le grotte rimangono un luogo sacro e maestoso, dove pietra, fede e storia si fondono per raccontare la storia senza tempo della civiltà buddista cinese.
Penso positivo.
Non ho vissuto una vita facile, ma le difficoltà mi hanno forgiata, insegnandomi ad essere più forte e ad apprezzare ciò che mi circonda, traendo da ogni esperienza negativa il meglio, anche se, e purtroppo debbo ammetterlo, le esperienze negative, causate da persone negative, mettono a dura prova ogni buon proposito, contribuendo a creare quei punti neri che sottraggono, a loro volta, quell'attimo di vita che avresti potuto utilizzare meglio, spensieratamente e creativamente.
Oltretutto, cercare di trarre da ogni nuovo problema il lato positivo diventa sempre più difficoltoso... Ma insisto, è più forte di me, perchè abbattersi è la morte dell'anima, la morte dell'essere.
E non odio chi mi ha fatto del male, mi limito ad allontanare i soggetti negativi dalla mia vista provando per loro solo un senso di nausea, di disgusto per la loro pochezza d'intenti; e non riuscirei mai a far del male a nessuno, perchè io voglio crescere e non morire dentro: sono convinta, infatti, che facendo del male, facendo prevalere la parte peggiore di noi stessi, si inibisce la parte migliore, che è quella propedeutica per la crescita personale.
Cetta.
mercoledì 8 ottobre 2025
Il Grande Gelo e le Città Sotterranee.
Negli antichi testi zoroastriani si racconta di un evento catastrofico che devastò la Terra: un'improvvisa e breve era glaciale, chiamata "i giorni di Malkush", che durò circa tre anni. Prima che questo disastro si verificasse, una divinità, Ahura Mazda, offrì un mezzo di salvezza: costruire città sotterranee per proteggersi dal gelo. Che ci sia del vero in questa storia, che sembra uscita direttamente da un romanzo di fantascienza?
Quella che vedete nella foto è Derinkuyu, una misteriosa città sotterranea situata nella regione turca della Cappadocia. Secondo gli archeologi, il centro della città esisteva già 2.800 anni fa, almeno 8 secoli a.C. Stiamo parlando di un'intera città, scavata fino a una profondità di 85 metri, in grado di ospitare fino a 20.000 persone. Ma è probabile che anche le grotte naturali siano antecedenti a questa data.
Derinkuyu non è una semplice grotta: è una struttura complessa, con 18 livelli sotterranei, tra cui pozzi, cappelle, stalle, scuole e persino aree dedicate alla produzione di vino e olio. Alcune parti della città mostrano tracce di riutilizzo in epoca medievale, con l'aggiunta di strutture religiose cristiane, ma il nucleo originario risale a un'epoca molto più antica.
La città fu "riscoperta" solo nel 1963, quando un uomo, mentre ristrutturava la sua casa, trovò per caso un tunnel che conduceva a questo mondo sotterraneo. Da allora, Derinkuyu è diventata uno degli esempi più affascinanti dell'ingegno umano antico.
Derinkuyu non è un caso isolato. Grazie alle moderne tecnologie che ci permettono di esplorare il mondo sotterraneo, stiamo scoprendo che le città sotterranee e le reti di tunnel sono un fenomeno diffuso in tutto il mondo:
Egitto: sotto l'altopiano di Giza si estende un vasto sistema sotterraneo di grotte, tunnel artificiali e fiumi. Alcuni ricercatori, come il Dott. Selim Hassan, hanno documentato passaggi che si estendono per chilometri, suggerendo che gli antichi Egizi (o forse una civiltà precedente) conoscessero tecniche di scavo avanzate.
Guatemala: Sotto il complesso piramidale Maya di Tikal sono stati mappati 800 chilometri di tunnel, molti dei quali rimangono inesplorati.
Cina: nel 1992, nella provincia di Zhejiang furono scoperte 24 grotte artificiali, scavate con incredibile precisione. Si stima che per costruirle siano stati rimossi circa 36.000 metri cubi di pietra.
Europa: migliaia di tunnel dell'età della pietra, chiamati "Erdstall", si estendono attraverso il continente, lasciando gli archeologi perplessi circa il loro scopo originale.
Oggi sappiamo che circa 12.000 anni fa la Terra fu colpita da un'improvvisa e intensa era glaciale chiamata Dryas Recente. Questo evento, durato circa 1.300 anni, causò un drastico calo delle temperature e sconvolse gli ecosistemi globali. È possibile che i "giorni di Malkush" narrati da Zoroastro siano un ricordo distorto di questo cataclisma? E se così fosse, città sotterranee come Derinkuyu furono costruite per proteggersi dal gelo?
Ma c'è di più: da cosa, o da chi, si proteggevano gli antichi quando scavavano queste città? Come potevano persone che, teoricamente, non sapevano nulla del ferro o della ruota, creare opere così complesse? Anche con la tecnologia del XXI secolo, costruire una città come Derinkuyu richiederebbe decenni di lavoro.
Cosa ci nasconde il nostro passato? È possibile che civiltà avanzate, ormai dimenticate, abbiano lasciato tracce del loro passaggio sotto i nostri piedi?
Un fossile da un milione di anni riscrive la storia dell'Homo sapiens.
La ricostruzione virtuale del cranio Yunxian 2 rivela un mosaico di tratti primitivi e moderni, ridefinendo l’evoluzione umana.
Il protagonista di questa storia è Yunxian 2, un reperto di circa un milione di anni, scoperto in cina nel 1990 nella provincia di Hubei e a lungo attribuito erroneamente all’Homo erectus. Il cranio era gravemente danneggiato, ma oggi grazie a un lavoro tecnologico avanzato è stato possibile riportarlo alla sua forma originaria. La ricerca pubblicata su science ha mostrato come i ricercatori utilizzando tomografia computerizzata, scansione a luce strutturata e sofisticate tecniche di ricostruzione virtuale, sono riusciti a confrontare il cranio con oltre cento altri fossili umani e portando gli studiosi a credere che l'origine dell'homo sapiens potrebbe essere più antica di quanto pensassimo
Yunxian 2 combina tratti primitivi, come la scatola cranica bassa e tozza e il volto sporgente tipici dell’Homo erectus, con caratteristiche più moderne, simili a quelle dell’Homo longi, noto come “Uomo Drago”, e dello stesso Homo sapiens.
Secondo gli studiosi, guidati dall’Università Fudan di Shanghai e dall’Accademia delle Scienze cinese, in collaborazione con il paleo antropologo Chris Stringer del Natural History Museum di Londra, il fossile non appartiene a Homo erectus, ma a un ramo vicino ai Denisoviani.
La scoperta riscrive la nostra storia evolutiva: già un milione di anni fa i nostri antenati si erano divisi in più linee, da cui sarebbero emersi Neanderthal, Homo longi e Homo sapiens. Un quadro molto più antico e complesso di quanto si pensasse fino ad oggi con diverse linee evolutive che si sono separate in un arco di tempo molto ristretto, tra 1,38 e 1,02 milioni di anni fa. Come spiega lo stesso Stringer, “Yunxian 2 ci aiuta a chiarire quello che è l’enigma dei fossili compresi tra un milione e 300 mila anni fa”.
Un tassello fondamentale, che ci permette di guardare più a fondo alle radici intricate della nostra specie.
