Dopo gli indignados, da Madrid parte un nuovo movimento che si appropria di edifici di banche e finanziarie per consegnarli alle famiglie che si sono viste pignorare le loro abitazioni. Nel silenzio della politica, questa pratica sta riscuotendo un consenso popolare senza precedenti.
“La cosa peggiore che adesso possiamo fare è quella di arrenderci – dice Ana Colau, leader della Pah, associazione per il diritto alla casa di Barcellona – perché significherebbe perdere tutto, mentre stiamo vincendo su molti fronti”. La vittoria, di cui parla la pasionaria del movimento che aiuta le vittime delle ipoteche è la simpatia e la solidarietà che le loro azioni stanno suscitando nell’opinione pubblica spagnola. Sì, perché la situazione a Madrid e dintorni è grave. Sono sempre di più i cittadini che, perdendo il lavoro, non riescono più a pagare il mutuo della propria casa e dopo pochi mesi se la vedono requisita, (molto spesso dalle stesse banche o da istituti finanziari che glie l’avevano venduta). Un dramma sociale di dimensioni impressionanti. Nei primi sei mesi del 2011 nella Capitale, secondo dati del Consiglio Generale del potere giudiziario, sono state pignorate 5.225 case.
La risposta, in assenza di interventi a livello politico, sta arrivando in maniera sempre più determinata dagli stessi cittadini. Improvvisamente è rinato un movimento di occupazione che potrebbe far ripensare al modello degli anni Settanta. Ma la differenza è evidente. “Fino alla metà degli anni novanta il profilo delle occupazioni era chiaro, si basava sui movimenti impegnati nel sociale, con azioni molto concrete e organizzate – dice Endika Zulueta, avvocato di Madrid, una delle figure storiche dei collettivi sociali spagnoli – Ora il movimento è sicuramente più eterogeneo. La crisi ha colpito a tutti i livelli, moltissime persone. Anche gente che prima non poteva nemmeno immaginarsi di poter finire sotto un ponte, ora vive nel terrore”.
La soluzione è arrivata quindi con una nuova ondata di occupazioni che negli ultimi mesi sono spuntate a Madrid, Barcellona, Siviglia. Lo slogan delle azioni si rifà allo spirito fondante della Costituzione, l’articolo 47: “Tutti gli spagnoli hanno il diritto ad una casa degna”.
Le case occupate diventano direttamente alloggi per le famiglie che si sono ritrovate improvvisamente senza un tetto e con il peso di un debito alle stelle con le banche.
A dar man forte ai cittadini in difficoltà ci sono spesso i collettivi giovanili. Alcuni fanno parte dell’area del movimento 15M, ma non sempre. Ad essere presi di mira sono gli edifici rimasti sfitti proprietà dell’amministrazione pubblica, delle banche e delle finanziarie che si basano sulle speculazioni edilizie. A Madrid gli stabili che hanno dato alloggio a un centinaio di persone rimaste sulla strada, sono 3 solo nelle ultime settimane: Tres Peces 25, Concepciòn Jéronima 11 e calle de la Corredera Baja de San Pablo.
A Barcellona dove il movimento di occupazione è sempre stato più battagliero, gli attivisti si trovano a pensare a nuove forme di intervento, in armonia tra la vita di tutti i giorni delle famiglie e l’impegno sociale. “La vita comunitaria è un impegno serio – dice Montse della Pah – occorre la volontà di tutti nell’affrontare i problemi concreti della convivenza. Ma le famiglie reagiscono con entusiasmo. Avere un tetto per i propri figli è la cosa più importante”. Nel capoluogo catalano il faro di questa convivenza è l’Edificio 15o, occupato dopo una massiccia manifestazione del movimento 15M lo scorso ottobre. La palazzina si trova nel quartiere Nou Barris, uno dei più colpiti dalla crisi, dove la disoccupazione tocca il 40 per cento e i pignoramenti di case di cittadini insolventi sono all’ordine del giorno. Le 11 famiglie che vi hanno trovato alloggio collaborano in tutto: spesa, cibo, organizzazione della gestione dell’edificio e anche nei laboratori appena nati per riparare biciclette e sistemi elettrici. Sulla stessa onda si sono aggiunti altri due nuovi edifici a Terrassa, cittadina catalana. Entrambi di proprietà delle banche sono stati destinati a una decina di famiglie senza casa. “Nessuno ora può negare che siamo passati dall’indignazione all’azione” ha detto Joan, uno dei nuovi inquilini.
La risposta, in assenza di interventi a livello politico, sta arrivando in maniera sempre più determinata dagli stessi cittadini. Improvvisamente è rinato un movimento di occupazione che potrebbe far ripensare al modello degli anni Settanta. Ma la differenza è evidente. “Fino alla metà degli anni novanta il profilo delle occupazioni era chiaro, si basava sui movimenti impegnati nel sociale, con azioni molto concrete e organizzate – dice Endika Zulueta, avvocato di Madrid, una delle figure storiche dei collettivi sociali spagnoli – Ora il movimento è sicuramente più eterogeneo. La crisi ha colpito a tutti i livelli, moltissime persone. Anche gente che prima non poteva nemmeno immaginarsi di poter finire sotto un ponte, ora vive nel terrore”.
La soluzione è arrivata quindi con una nuova ondata di occupazioni che negli ultimi mesi sono spuntate a Madrid, Barcellona, Siviglia. Lo slogan delle azioni si rifà allo spirito fondante della Costituzione, l’articolo 47: “Tutti gli spagnoli hanno il diritto ad una casa degna”.
Le case occupate diventano direttamente alloggi per le famiglie che si sono ritrovate improvvisamente senza un tetto e con il peso di un debito alle stelle con le banche.
A dar man forte ai cittadini in difficoltà ci sono spesso i collettivi giovanili. Alcuni fanno parte dell’area del movimento 15M, ma non sempre. Ad essere presi di mira sono gli edifici rimasti sfitti proprietà dell’amministrazione pubblica, delle banche e delle finanziarie che si basano sulle speculazioni edilizie. A Madrid gli stabili che hanno dato alloggio a un centinaio di persone rimaste sulla strada, sono 3 solo nelle ultime settimane: Tres Peces 25, Concepciòn Jéronima 11 e calle de la Corredera Baja de San Pablo.
A Barcellona dove il movimento di occupazione è sempre stato più battagliero, gli attivisti si trovano a pensare a nuove forme di intervento, in armonia tra la vita di tutti i giorni delle famiglie e l’impegno sociale. “La vita comunitaria è un impegno serio – dice Montse della Pah – occorre la volontà di tutti nell’affrontare i problemi concreti della convivenza. Ma le famiglie reagiscono con entusiasmo. Avere un tetto per i propri figli è la cosa più importante”. Nel capoluogo catalano il faro di questa convivenza è l’Edificio 15o, occupato dopo una massiccia manifestazione del movimento 15M lo scorso ottobre. La palazzina si trova nel quartiere Nou Barris, uno dei più colpiti dalla crisi, dove la disoccupazione tocca il 40 per cento e i pignoramenti di case di cittadini insolventi sono all’ordine del giorno. Le 11 famiglie che vi hanno trovato alloggio collaborano in tutto: spesa, cibo, organizzazione della gestione dell’edificio e anche nei laboratori appena nati per riparare biciclette e sistemi elettrici. Sulla stessa onda si sono aggiunti altri due nuovi edifici a Terrassa, cittadina catalana. Entrambi di proprietà delle banche sono stati destinati a una decina di famiglie senza casa. “Nessuno ora può negare che siamo passati dall’indignazione all’azione” ha detto Joan, uno dei nuovi inquilini.
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