venerdì 17 aprile 2020

E alla fine Meloni ha ammesso di aver detto una fake news sul MES. - Leonardo Cecchi

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“Gualtieri ha dato l’ok….firmare è l’unica parola su cui abbiamo detto una cosa inesatta”.
È arrivata. Dopo una settimana in cui l'intera opposizione ha avvelenato il clima del Paese affermando che durante l'eurogruppo si sarebbe firmato il MES, ieri sera è arrivata la candida confessione di uno dei due capi dell'opposizione. A mezza bocca, Giorgia Meloni ammette di aver detto una cosa "inesatta. In altri termini, di aver detto una fake. Perché inesattezza significa dire una cosa a metà. Sbagliarsi, ma non troppo. Andarci vicino, quantomeno. Mentre, per una deputata ed un senatore (e rispettivamente ex ministri), che qualcosina su come funzionano trattati dovrebbero saperla, affermare che un eurogruppo in conference call avrebbe "firmato" il MES non è un'inesattezza: è una fake news. Perché lì sta la differenza: nella totale consapevolezza che quanto affermato fosse falso, giacché tecnicamente impossibile.
Il problema di questa confessione, invero, è che arriva dopo una settimana, come detto, di inferno. Di più: che arriva dopo una settimana di pesantissime accuse e di manovre (fortunatamente malriuscite) volte a screditare governo e Presidente del Consiglio. Presidente del Consiglio accusato di tradimento, di atteggiamento dittatoriale, di falsità. Tutto, badate bene, basato su quella che ieri Meloni ha galantemente classificato come "inesattezza". In altri termini: tutto ciò che è scaturito da quella inesattezza è stata propaganda di basso livello. Tutto. Tranne una cosa: il discorso di Conte. Che oggi, alla luce di questa confessione, assume il valore che per buona parte degli italiani ha sempre avuto: un momento per ristabilire la verità. Su cosa? Su quella firma, sul MES. Perché forti di questa dichiarazione della Meloni, ora non vi è più dubbio: Conte ha fatto bene. Anzi, benissimo. Perché forse per qualcuno non è ancora chiaro che mentire spudoratamente, diffondere falsità (o "cose inesatte", come le chiama qualcuno), non è confronto politico. Non è dialettica. È terrorismo. E il terrorismo, le Istituzioni, debbono combatterlo. A viso aperto, in pubblico. "Facendo nomi e cognomi". Perché sarebbe troppo comodo per chi ricorre a questi bassi mezzi scamparla così, coperti da una sorta di assurda - e del tutto impropria - "immunità della dialettica politica". Anche perché, come detto, in quell'episodio e in molti altri, di dialettica politica non c'è stata neanche l'ombra.
Chiarita dunque la vicenda, evidenziato, comprovato, assodato per tramite di una stessa pubblica confessione che l'intero impianto accusatorio di Meloni e Salvini si basasse su una fake new, attendiamo quindi qualcosa. Attendiamo tutti coloro che, il giorno dopo la diretta di Conte, si sono scagliati violentemente contro tutto e tutti. Tutti quelli che parlavano, appunto, di "dialettica politica", e quindi di colpo basso da parte del Premier.

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