Gian Gaetano Bellavia è un noto commercialista milanese, esperto di diritto penale dell’economia. Ha seguito negli anni molte vicende di riciclaggio e criminalità economica e finanziaria.
Serve la riduzione del contante in circolazione?
L’eliminazione delle monete di grosso taglio sì, riduce la possibilità di movimentare grandi quantità di denaro. Ma avendo in Italia una normativa antiriciclaggio poderosa e gestita in maniera egregia dalle banche, non c’è possibilità di movimentare grosse quantità di denaro contante senza essere segnalati dalle banche alle autorità antiriciclaggio. Diciamo la verità, io in Italia non vedo girare valigie di contanti e se girano non girano tramite banca. Ci sono i russi, o altri stranieri, che girano con i rotoli di banconote in tasca, ma gli italiani io non li vedo così, sarà forse perché opero a Milano e ho l’osservatorio di Milano.
Ma la riduzione della quantità di contante in circolazione può favorire la riduzione dell’evasione fiscale?
Sì, certo ma non è risolutiva perché potrà intervenire su situazioni marginali, con protagonisti artigiani, commercianti. Io non la vedo una mossa che possa risolvere il problema, certo può aiutare nel caso di evasioni marginali. La soluzione più efficace per l’evasione fiscale è la certezza della pena e l’eliminazione della prescrizione.
Può mettere in difficoltà le operazioni illegali dei gruppi criminali e della criminalità organizzata?
La criminalità organizzata certamente raccoglie grandi quantità di denaro contante e poi lo utilizza per corrompere, per comprare beni eccetera. Però non credo che la limitazione del contante ai 3 mila o ai mille euro possa davvero incidere sulle grandi attività criminali. I boss tengono 15 milioni di euro nel muro, come abbiamo scoperto in una recente operazione antimafia. Poi li movimentano nell’Est Europa, non in Italia né nelle banche italiane. Ridurre da 3 mila a mille euro la possibilità di spendere contante non incide sulle loro attività, la loro movimentazione di denaro contante continuerà come prima. Raccolgono denaro in Italia, lo utilizzano in Italia e poi lo mandano in Romania, nei Paesi dell’Est Europa comunitaria. Lì versano, riciclano e poi fanno transitare i fondi per i soliti Paesi offshore, come il Lussemburgo, infine reinvestono in Italia. Lei non si chiede da dove arriva la massa di denaro che torna in Italia sui fondi esteri basati in Delaware, Stati Uniti o in Lussemburgo? Non è possibile sapere che cosa c’è dentro, da dove vengono, di chi sono tutti quei soldi, chi può escludere che possano provenire da attività illecite?
Il gruppo di Colao ha proposto una sorta di sanatoria sul contante detenuto in nero.
La voluntary disclosure sul contante è un’ottima idea. Ma è irrealizzabile. La dichiarazione volontaria di denaro in nero detenuto in contanti presuppone la confessione totale della genesi e di tutta la movimentazione di questo denaro, con l’indicazione di tutti quelli che l’hanno toccato. E a mio parere nessuno in Italia è disposto a fare questa confessione. Potrebbero farla, in casi limitati, per esempio il panettiere che ha messo via 20 mila euro o cifre sotto la soglia di punibilità penale. Se non scatta alcun reato, il panettiere può dichiararli e regolarizzarli. Ma non possiamo pensare che possa succedere quello che è successo con la vecchia voluntary disclosure dei patrimoni detenuti all’estero. È impossibile che qualcuno accetti di regolarizzare grandi quantità di denaro, perchè dovrebbe autodenunciarsi per le condotte illecite che hanno generato questo denaro. E non reputo possibile che uno sano di mente si possa autodenunciare per reati gravi di corruzione, o false fatturazioni, o anche reati tributari sopra la soglia. Le autodenunce sono ipotizzabili in casi di piccole cifre, dunque l’idea è buona ma non realizzabile. A meno di aggiungerci una amnistia per quei reati, e ritengo la proposta né giusta né possibile. Non l’ha fatta, ai suoi tempi, neppure Silvio Berlusconi.
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