La diseguaglianza accelera sempre più: nell’ultimo quarto di secolo l’1% più ricco ha prodotto 15% delle emissioni, il doppio della metà più povera.
L'emergenza climatica è un problema planetario, ma le origini e le ricadute non lo sono. La causa principale delle emissioni di gas a effetto serra, infatti, è lo stile di vita dei ricchi del mondo, mentre gli effetti pesano prevalentemente sui poveri, cioè sulle popolazioni che abitano nelle zone più calde del pianeta.
Anche la crisi del clima, quindi, è un problema di diseguaglianze, come risulta in maniera sempre più estrema dai rapporti Oxfam sulla “Carbon Inequality”, l'ultimo dei quali analizza la quantità di emissioni per fasce di reddito nel periodo 1990-2015, grazie alla collaborazione con lo Stockholm Environment Institute.
In questi 25 anni, spiega il rapporto, è stata immessa in atmosfera tanta CO2 quanta quella emessa dalle attività umane in tutta la storia precedente. Da chi? Soprattutto dai più agiati del pianeta. Il 10% più ricco della popolazione mondiale (630 milioni di persone) ne ha emessa la metà (52%) e tutti gli altri insieme (7 miliardi) l'altra metà (48%).
Processo in accelerazione.
Un dato che negli anni è peggiorato: tra il 1990 e il 2015 le emissioni annuali sono aumentate del 60%, ma il 5% della popolazione più ricca ha determinato oltre un terzo (37%) di questo aumento.
Non basta. Se si va a disaggregare ancora di più i dati raccolti dall'istituto di Stoccolma, si scopre che in questi 25 anni l'1% più ricco (63 milioni di persone) è responsabile del 15% delle emissioni totali: più di tutti i cittadini dell'Ue e il doppio della quantità (7%) prodotta dalla metà più povera del pianeta, 3,5 miliardi di persone.
Con le emissioni più che raddoppiate in 25 anni, è diventato sempre più difficile contenere l'aumento delle temperature entro 1,5 gradi centigradi rispetto al periodo pre-industriale, la soglia definita più sicura dall'Ipcc e fissata come limite preferibile dall'Accordo di Parigi sul clima.
Carbon budget esaurito.
Oltre alle emissioni cumulative di gas serra nel quarto di secolo preso in esame, il rapporto analizza anche un secondo parametro: il nostro carbon budget complessivo. Dall'analisi risulta che in questi 25 anni il 10% più ricco della popolazione ha consumato un terzo del nostro budget complessivo di carbonio, mentre la metà più povera della popolazione solo il 4%.
In altre parole, l'ammontare massimo di anidride carbonica che può essere rilasciata in atmosfera senza far aumentare la temperatura globale sopra 1,5 gradi centigradi è stato già consumato, per più del 30%, dal 10% della popolazione più ricca del pianeta.
«I consumi eccessivi di una ricca minoranza stanno alimentando la crisi climatica, ma sono le comunità più povere e le giovani generazioni a pagarne il prezzo. Questa estrema diseguaglianza è una conseguenza diretta delle strategie dei nostri governi, che puntano su una crescita economica ad alta intensità di carbonio e fondata sulle disparità», spiega Tim Gore, capo di Oxfam per il clima e del team di autori del rapporto.
Gore ha espresso forte preoccupazione per l'andamento dei prossimi mesi: è probabile che le emissioni di CO2 riprendano rapidamente a crescere man mano che i governi allenteranno i blocchi relativi alla crisi pandemica. «Se le emissioni non continueranno a diminuire di anno in anno, così come le relative diseguaglianze, il budget di carbonio rimanente per restare sotto 1,5 gradi sarà completamente esaurito entro il 2030», commenta Gore.
Un modello economico insostenibile.
«I dati raccolti dal 1990 alla metà degli anni Dieci ci raccontano di un modello economico non sostenibile, né dal punto di vista ambientale né dal punto di vista economico e sociale, che alimenta la diseguaglianza soffocando il pianeta da tutti i punti di vista - sostiene Elisa Bacciotti, responsabile campagne di Oxfam Italia -. Ripartire dal vecchio modello economico pre-Covid, iniquo e inquinante, non può essere un'opzione. I governi dovrebbero cogliere l'opportunità di ridisegnare le nostre economie per costruire un futuro migliore, mettendo un freno alle emissioni dei più abbienti e investendo in settori a basso consumo di CO2».
Per raggiungere questo obiettivo, realisticamente a cambiare dovrebbero essere le abitudini della fascia più ricca del pianeta. Uno studio recente ha rilevato ad esempio che il 10% più ricco delle famiglie utilizza quasi la metà (45%) di tutti i consumi di energia relativi ai trasporti terrestri e tre quarti di tutta l'energia relativa all'aviazione.
Oggi le diseguaglianze nelle emissioni di CO2 sono talmente profonde che, anche se il resto del mondo azzerasse le proprie emissioni di colpo, il 10% più ricco del pianeta esaurirebbe il budget globale di carbonio entro il 2033.
Il rapporto stima infatti che il 10% più ricco dovrebbe ridurre di dieci volte le proprie emissioni pro-capite di CO2 entro il 2030, per mantenere il mondo sulla traiettoria indicata dall'Accordo di Parigi. In questo modo si riuscirebbe a tagliare le emissioni annuali globali di un terzo.
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