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giovedì 3 ottobre 2024

Che odore avevano i ricchi romani?

 

Nel 2019 un residente della città spagnola di Carmona stava scavando una piscina quando ha sfondato una camera sotterranea. Gli archeologi di Siviglia furono chiamati a indagare e, salendo nella buca, trovarono una tomba di famiglia romana intatta del I secolo d.C. con sei urne sepolcrali ancora in posizione.
Tra le offerte funerarie ad una donna morta intorno ai 40 anni c'era una delicata bottiglia ricavata in cristallo di quarzo, sigillata con un tappo di bitume e con al suo interno il contenuto coagulato. Utilizzando tecniche di scansione all'avanguardia come la diffrazione dei raggi X, la spettroscopia a raggi X a dispersione e la microscopia elettronica a scansione, gli esperti sono riusciti a determinare l'esatta composizione della sostanza all'interno del recipiente senza aprirla.
Che la bottiglia contenesse olio profumato - offerta comune nelle tombe romane - non era di per sé una sorpresa ma l'essenza precisa era di grande interesse. L'analisi ha rivelato che il profumo era composto da due ingredienti: primo, una base o un legante di olio d'oliva che avrebbe aiutato a facilitare l'applicazione e la conservazione dell'aroma. Quanto all'essenza, è stato identificato come pogostemon cablin, altrimenti noto come patchouli.
Quasi sicuramente importato dall'India, il patchouli sarebbe stato un bene raro e costoso in epoca romana e - insieme al suo prezioso vascello - attesta l'elevato status sociale del defunto. I ricercatori hanno precedentemente rilevato accenni di estratti floreali in bottiglie usate per conservare cosmetici, conosciuti come unguentaria, ma è la prima volta che viene individuata la fonte di un aroma.

mercoledì 25 novembre 2020

Ricchi da Covid 34 miliardi in tasca a 40 italiani. È il virus, che bellezza! - Alessandro Robecchi

 

Mi piacciono moltissimo gli appelli alla compattezza e all’unità del Paese, che dovrebbe attutire i colpi della crisi da virus. Ne prendo appunto ogni volta su un taccuino, sottolineando qui e là, specie quando il monito viene dai piani più nobili della Repubblica. Disse Mattarella il 2 Giugno: “C’è qualcosa che viene prima della politica e che segna il suo limite. Qualcosa che non è disponibile per nessuna maggioranza e per nessuna opposizione: l’unità morale, la condivisione di un unico destino, il sentirsi responsabili l’uno dell’altro”. Bellissime parole, sottoscritte all’unanimità da tutti – ma proprio tutti – i commentatori.

Passati quasi sei mesi, col Natale alle porte, il dibattito sull’apertura delle piste da sci che surclassa quello sulla riapertura delle scuole (che non vendono skipass, non fatturano in polenta e stanze d’albergo, quindi chissenefrega), sarebbe forse il momento di fare il punto sulla “condivisione dell’unico destino”. E così ci vengono in aiuto due ricerche, da cui grondano numeri e dati. Una è quella del Censis, che si può riassumere con pochi punti fissi: 7,6 milioni di famiglie il cui tenore di vita è seriamente peggiorato causa pandemia, 600 mila persone entrate in quel cono d’ombra che sta sotto la soglia di povertà, 9 milioni di persone che hanno dovuto chiedere aiuto (a famigliari e/o banche). L’altra ricerca viene da PwC e Ubs (le banche svizzere), e ci dice che i miliardari (in dollari) italiani erano 36 l’anno scorso, e che quest’anno sono 40, hurrà. La loro ricchezza complessiva ammontava nel 2019 a 125,6 miliardi di dollari e poi, in quattro mesi (dall’aprile al luglio 2020) è balzata a 165 miliardi di dollari, con un incremento del 31 per cento e oltre quaranta miliardi di dollari in più. In euro, al cambio attuale, fa 33,7 miliardi. E siccome i numeri sono beffardi e cinici, ecco che il totale fa più o meno quanto si è tagliato alla Sanità pubblica in dieci anni, che è poi la stessa cifra che arriverebbe indebitandosi con il Mes (circa 36 miliardi).

Non serve sovrapporre le due ricerche per capire che i vasi comunicanti della distribuzione della ricchezza non comunicano per niente, e alla luce di questi numeri le belle parole di Mattarella strappano un sorriso.

Vengono in mente, chissà perché, le continue metafore e similitudini con cui si paragona l’attuale crisi pandemica a una guerra: le trincee degli ospedali, gli eroi sul campo (medici e infermieri), i sacrifici della popolazione, l’incertezza su mosse e contromosse, la seconda terribile offensiva del nemico. E si dimentica volentieri, in questa continua, sbandierata analogia tra Covid e conflitto armato, che chi si arricchisce durante una guerra è più “pescecane” che “dinamico imprenditore”. Però – sorpresona! – di colpo, davanti alle cifre dell’impennata dei super ricchi italiani, la metafora del “Covid come la guerra”, solitamente molto gettonata, si scolora, si attenua, sparisce del tutto. Sarà una guerra, d’accordo, ma quelli che pagano sono i 600 mila scaraventati nella loro nuova condizione di molto-poveri, o oltre sette milioni di famiglie che stringono la cinghia e i denti. Pagano i tanti soldati, insomma, mentre i pochi generali festeggiano le loro rimpolpate ricchezze. Forse con i 34 miliardi piovuti in tasca ai 40 miliardari italiani si potrebbero attenuare problemi e sofferenze di qualche milione di persone. Come “condivisione di un unico destino” non sarebbe male, anzi, sarebbe un’ottima “unità morale” che, ovviamente, non vedremo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/25/ricchi-da-covid-34-miliardi-in-tasca-a-40-italiani-e-il-virus-che-bellezza/6015522/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-11-25

venerdì 16 ottobre 2020

Climate change, il 10% più ricco del pianeta responsabile di metà delle emissioni globali. - Elena Comelli



La diseguaglianza accelera sempre più: nell’ultimo quarto di secolo l’1% più ricco ha prodotto 15% delle emissioni, il doppio della metà più povera.

L'emergenza climatica è un problema planetario, ma le origini e le ricadute non lo sono. La causa principale delle emissioni di gas a effetto serra, infatti, è lo stile di vita dei ricchi del mondo, mentre gli effetti pesano prevalentemente sui poveri, cioè sulle popolazioni che abitano nelle zone più calde del pianeta.

Anche la crisi del clima, quindi, è un problema di diseguaglianze, come risulta in maniera sempre più estrema dai rapporti Oxfam sulla “Carbon Inequality”, l'ultimo dei quali analizza la quantità di emissioni per fasce di reddito nel periodo 1990-2015, grazie alla collaborazione con lo Stockholm Environment Institute.

In questi 25 anni, spiega il rapporto, è stata immessa in atmosfera tanta CO2 quanta quella emessa dalle attività umane in tutta la storia precedente. Da chi? Soprattutto dai più agiati del pianeta. Il 10% più ricco della popolazione mondiale (630 milioni di persone) ne ha emessa la metà (52%) e tutti gli altri insieme (7 miliardi) l'altra metà (48%).

Processo in accelerazione.

Un dato che negli anni è peggiorato: tra il 1990 e il 2015 le emissioni annuali sono aumentate del 60%, ma il 5% della popolazione più ricca ha determinato oltre un terzo (37%) di questo aumento.

Non basta. Se si va a disaggregare ancora di più i dati raccolti dall'istituto di Stoccolma, si scopre che in questi 25 anni l'1% più ricco (63 milioni di persone) è responsabile del 15% delle emissioni totali: più di tutti i cittadini dell'Ue e il doppio della quantità (7%) prodotta dalla metà più povera del pianeta, 3,5 miliardi di persone.

Con le emissioni più che raddoppiate in 25 anni, è diventato sempre più difficile contenere l'aumento delle temperature entro 1,5 gradi centigradi rispetto al periodo pre-industriale, la soglia definita più sicura dall'Ipcc e fissata come limite preferibile dall'Accordo di Parigi sul clima.

Carbon budget esaurito.

Oltre alle emissioni cumulative di gas serra nel quarto di secolo preso in esame, il rapporto analizza anche un secondo parametro: il nostro carbon budget complessivo. Dall'analisi risulta che in questi 25 anni il 10% più ricco della popolazione ha consumato un terzo del nostro budget complessivo di carbonio, mentre la metà più povera della popolazione solo il 4%.

In altre parole, l'ammontare massimo di anidride carbonica che può essere rilasciata in atmosfera senza far aumentare la temperatura globale sopra 1,5 gradi centigradi è stato già consumato, per più del 30%, dal 10% della popolazione più ricca del pianeta.

«I consumi eccessivi di una ricca minoranza stanno alimentando la crisi climatica, ma sono le comunità più povere e le giovani generazioni a pagarne il prezzo. Questa estrema diseguaglianza è una conseguenza diretta delle strategie dei nostri governi, che puntano su una crescita economica ad alta intensità di carbonio e fondata sulle disparità», spiega Tim Gore, capo di Oxfam per il clima e del team di autori del rapporto.

Gore ha espresso forte preoccupazione per l'andamento dei prossimi mesi: è probabile che le emissioni di CO2 riprendano rapidamente a crescere man mano che i governi allenteranno i blocchi relativi alla crisi pandemica. «Se le emissioni non continueranno a diminuire di anno in anno, così come le relative diseguaglianze, il budget di carbonio rimanente per restare sotto 1,5 gradi sarà completamente esaurito entro il 2030», commenta Gore.

Un modello economico insostenibile.

«I dati raccolti dal 1990 alla metà degli anni Dieci ci raccontano di un modello economico non sostenibile, né dal punto di vista ambientale né dal punto di vista economico e sociale, che alimenta la diseguaglianza soffocando il pianeta da tutti i punti di vista - sostiene Elisa Bacciotti, responsabile campagne di Oxfam Italia -. Ripartire dal vecchio modello economico pre-Covid, iniquo e inquinante, non può essere un'opzione. I governi dovrebbero cogliere l'opportunità di ridisegnare le nostre economie per costruire un futuro migliore, mettendo un freno alle emissioni dei più abbienti e investendo in settori a basso consumo di CO2».

Per raggiungere questo obiettivo, realisticamente a cambiare dovrebbero essere le abitudini della fascia più ricca del pianeta. Uno studio recente ha rilevato ad esempio che il 10% più ricco delle famiglie utilizza quasi la metà (45%) di tutti i consumi di energia relativi ai trasporti terrestri e tre quarti di tutta l'energia relativa all'aviazione.

Oggi le diseguaglianze nelle emissioni di CO2 sono talmente profonde che, anche se il resto del mondo azzerasse le proprie emissioni di colpo, il 10% più ricco del pianeta esaurirebbe il budget globale di carbonio entro il 2033.

Il rapporto stima infatti che il 10% più ricco dovrebbe ridurre di dieci volte le proprie emissioni pro-capite di CO2 entro il 2030, per mantenere il mondo sulla traiettoria indicata dall'Accordo di Parigi. In questo modo si riuscirebbe a tagliare le emissioni annuali globali di un terzo.

https://www.ilsole24ore.com/art/climate-change-10percento-piu-ricco-pianeta-responsabile-meta-emissioni-globali-ADVygZv

martedì 3 settembre 2013

L'Italia dei furbetti.

Falso povero concede prestiti per 6 mln.



(ANSA) - NAPOLI, 3 SET - Aveva messo in piedi una vera e propria attività bancaria e finanziaria abusiva nel Salernitano, e concesso prestiti, per 6,4 milioni di euro, a imprenditori e privati: i finanzieri di Salerno hanno denunciato un falso povero che, è stato accertato, ha anche evaso il Fisco per 9 milioni di euro. Le Fiamme Gialle hanno ricostruito gli ingenti movimenti di denaro dell'uomo, realizzati attraverso l'emissione di 424 assegni nel triennio 2004-2006. (ANSA).

http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/campania/2013/09/03/Falso-povero-concede-prestiti-6-mln_9237440.html


Falso povero con villa faraonica al Forte: dichiarava 3mila euro, ne guadagnava quasi 8milioni.

FIRENZE, 4 giugno - Dichiarava meno di 3mila euro di reddito annuo ma possedeva ville principesche a Forte dei Marmi, con piscina esterna riscaldata, e Firenze, quasi mille metri quadri vicino a Piazzale Michelangelo. Per raggirare il fisco avrebbe utilizzato due ‘trust' fittizzi intestati a prestanome in cui avrebbe girato i lauti guadagni realizzati con la sua società immobiliare, col quale gestiva la compravendita di immobili per milioni di euro. Nei guai finisce un imprenditore fiorentino di 71 anni, che si vede sequestrare preventivamente beni per un valore di 15milioni di euro.
L'evasione del fisco contestata risalirebbe al 2008, quando l'uomo avrebbe dichiarato redditi per 2800 euro, ‘dimenticandosene' però ben 7,4 milioni, frutto di numerose cessioni di immobili operate attraverso la sua società immobiliare, ma le cui plusvalenze venivano occultate con due ‘trust', uno a Firenze e uno nel Principato di Monaco. Nella fiduciaria fiorentina sarebbero stati girati i 17 milioni di euro realizzati cedendo gran parte del patrimonio immobiliare dell'azienda, incluso un albergo in pieno centro a Firenze, al prestanome nel Principato invece erano state intestate le due faraoniche ville sequestrate.
Per dare l'idea dei possedimenti di questo presunto falso povero bastino i dati delle due ville in questione: quella di Forte dei Marmi era dotata di piscina interna esterna riscaldata, il tutto su 450mq di casa e oltre 1200 di giardino. Ma niente in confronto alla residenza fiorentina, vicino Piazzale Michelangelo, una reggia di 870 mq con annessi 640 metri di verde. Inutile dire che a far partire le indagini delle guardia di finanza sia stata la discordanza tra le dichiarazioni dei redditi e il tenore di vita del 71enne P.P., molto noto a Firenze, che oltre alle due ville si è visto porre sotto sequestro anche i 32mila euro presenti sui suoi conti e adesso, per non vedersi confiscati definitivamente i beni, dovrà fornire le dovute spiegazioni.