giovedì 23 settembre 2021

L’indagato Renzi scimmiotta B.. - wa. ma.

 

Riforma Cartabia - Il sì del senato: il leader Iv ne approfitta per attaccare i pm.

Cravatta verde Lega, accanto a lui Francesco Bonifazi, appoggiato (e non seduto) sullo scranno in posa plastica, Matteo Renzi – intervenendo in Senato per annunciare il sì di Italia Viva alla riforma Cartabia – pronuncia quello che aveva annunciato nella Enews come “un intervento difficile, uno dei più difficili” della mia carriera. L’aula del Senato lo ascolta tra il distratto e il perplesso, in quello che sembra una sorta di déjà-vu di altri attacchi contro la magistratura, in momenti decisamente più importanti della sua carriera politica. Eppure, a sentirlo parlare, lui che di indagini a suo carico ne ha già tre, tra le righe si intravedono più obiettivi. Il primo, come sospettano alcuni senatori, è di difesa preventiva: se stesse per arrivargli un altro avviso di garanzia, l’ex premier ha già pronta la motivazione politica. Il secondo è di posizionamento: la riforma Cartabia è “un ottimo primo passo” che “ci toglie dalla riforma Bonafede”. Ma lui si colloca idealmente a destra: “C’è stata una parte di quest’Assemblea e di quella della Camera, in particolar modo a sinistra, che ha immaginato di trarre vantaggio dalle vicende giudiziarie che riguardavano un’altra parte della politica, quella che stava nell’emiciclo di destra. C’è una responsabilità politica della sinistra nell’aver cercato di strumentalizzare questo e della destra nell’aver risposto con leggi ad personam”.

Il posizionamento include tirare dalla sua Di Maio che “ha detto parole chiare sull’uso barbaro e incivile, da parte dei 5Stelle nel 2016, della questione giudiziaria”, in contrapposizione a Bonafede. Mentre parla di “trent’anni di lunga guerra tra magistratura e politica”, Renzi cita la “profezia” di Massimo Bordin, allora direttore di Radio Radicale, sui magistrati che sarebbero arrivati ad arrestarsi tra loro. Non manca il passaggio sul fatto che due dei personaggi del pool di Mani Pulite, “gli unici due rimasti, oggi siano alle carte bollate tra di loro”. Il riferimento è allo scontro tra Francesco Greco e Piercamillo Davigo. Poi passa all’attacco del sistema delle correnti della magistratura e parla del punto “più basso” del Csm. Abbozza pure un’autocritica, ma che fosse Luca Lotti, insieme a Luca Palamara e Cosimo Ferri, a orientare le nomine dei magistrati è un dato più che acquisito. A proposito di responsabilità. Non evita di annunciare la necessità di riformare il Csm, regno delle correnti. Tanto da arrivare a un paragone “epocale”: “La correntocrazia dentro la magistratura del 2021 è come la partitocrazia nella politica del 1991”. Si arriverà a una legge di riforma del Csm, con il resto della maggioranza? Da valutare, spiegano da Iv. Infine, il passaggio che suona personale: “Quando le correnti dicono di voler stringere un cordone sanitario intorno al senatore X o Y, non si deve preoccupare quel senatore, ma il Senato”.

ILFQ

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