La notizia più esilarante fra quelle, già spassosissime, sulla corsa al Quirinale è che c’è ancora qualcuno che parla con Zerovirgola. Memori delle rocciose prove di affidabilità fornite nei suoi primi e ultimi 10 anni di carriera politica, diversi leader o presunti tali di destra, di centro e di sinistra trattano con lui sul futuro capo dello Stato che, ça va sans dire, dev’essere “condiviso”. Con chi? Ma con lui. Il fatto che lo Statista di Rignano non abbia mai mantenuto la parola data in vita sua, è un dettaglio trascurabile, in una classe politica affetta da una coazione a ripetere a livelli sadomaso. Stiamo parlando di uno che si fece eleggere segretario del Pd col programma di Grillo e poi realizzò il programma di B.. Uno che giurò fedeltà al governo Letta e poi lo rovesciò nello spazio di un mattino, anzi di untweet (“Enricostaisereno”). Uno che promise a Gratteri il ministero della Giustizia e poi ci piazzò Orlando. Uno che fece il Patto del Nazareno con B. impegnandosi a condividere il successore di Napolitano e poi si elesse da solo Mattarella, mentre l’altro che sperava in Amato restò con un palmo di naso, anzi di nano. Uno che giurò di ritirarsi per sempre dalla politica se avesse perso il referendum, poi lo straperse ed è ancora lì (anche se, coerentemente, si occupa soprattutto di affari). Uno che trattò con Di Maio per il governo 5Stelle-Pd, poi andò da Fazio e disse che non ci pensava proprio. Uno che un anno dopo propose il governo 5Stelle-Pd contro Salvini e, appena nacque il Conte-2, si scisse dal Pd per farsi un partito dopo aver detto peste e corna di tutte le scissioni, e prese a trescare con Salvini per buttar giù Conte e riportare su Salvini, fallendo solo a causa del Covid.
Ci riuscì 14 mesi dopo, mentre fingeva di trattare sul Conte-3, poi prese a dire che il governo Draghi l’aveva inventato lui (per la gioia di Draghi, immaginiamo): come uno che scassa la sua macchina e poi si vanta perché arriva lo sfasciacarrozze o un piromane che incendia il suo palazzo e poi si pavoneggia per l’intervento dei pompieri. Uno che chiedeva a tutti i politici di esibire il loro estratto conto perché chi sta in Parlamento non deve fare affari, poi corse a incassare da Bin Salman e si mise a piagnucolare perché i pm rovistavano nel suo conto corrente e i giornali ne parlavano. È per questo pedigree che l’altro Matteo, la cui affidabilità è quasi altrettanto proverbiale, tratta con lui sul Colle. E lo fa pure quel gran genio di Miccichè: “Renzi mi ha detto che voterà Berlusconi”. L’altro ovviamente l’ha negato. Ora, visti i precedenti, non si sa se abbia mentito quando gliel’ha detto o quando l’ha smentito. Ma è probabile che, violando pure il principio di non contraddizione, abbia mentito sia la prima sia la seconda volta.
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