venerdì 8 agosto 2025

Tutti in ginocchio, tranne Roma.

 

Roma è stata presa.
Non da un esercito, non da una rivoluzione, ma da una marea di croci, zaini, cori stonati, ragazzi che dormivano ovunque: marciapiedi, aiuole, sagrati, scalinate. Nessun rispetto, nessun permesso, nessuna regola applicata.
E intorno, autorità sorridenti, zelanti, arrendevoli.
Sembrava che l’unico dovere dello Stato fosse quello di servire la Chiesa.
La città si è trasformata in un campeggio parrocchiale permanente. I mezzi pubblici bloccati, le strade chiuse, i trasporti nel caos. I pendolari abbandonati. I lavoratori lasciati a piedi. I turisti confusi.
Tutto fermo, tutto sacrificato perché dovevano passare loro. Dovevano cantare.
Dovevano occupare.
Perché sì. Perché era il Giubileo dei giovani.
E lo Stato? Pagava. Il Comune? Spendeva. I cittadini? Subivano.
Milioni di euro di lavori straordinari, turni aggiuntivi di polizia, logistica, pulizia, gestione. Tutto finanziato con fondi pubblici.
Il Vaticano?
Non un euro.
Non una partecipazione.
Non una responsabilità.
Il Vaticano ha preso Roma, l’ha usata, l’ha spremuta, e se n’è tornato oltre il Tevere come se nulla fosse. Nessun grazie. Nessuna condivisione dei costi. Solo pretese, solo potere.
E il potere è stato accontentato.
Senza fiatare. Senza domande. Perché quando la religione cattolica chiama, lo Stato italiano si inginocchia.
La destra si inginocchia. E anche la sinistra, quando c’è, ammicca e tace.
Non importa se quei giovani che marciano felici non credono nell’aborto, non credono nel matrimonio egualitario, non credono nella parità, nel divorzio, nella libertà.
A loro è concesso tutto.
A loro è permesso bloccare, invadere, trasgredire.
A loro non serve alcun permesso.
Perché sono bianchi, cattolici, obbedienti.
Perché stanno sotto l’ala del potere più vecchio d’Europa, quello che non si vota mai, ma governa sempre.
E allora viene il dubbio, feroce, insopportabile: cos’è questo, se non una forma moderna di colonizzazione?
Uno Stato straniero che impone la sua agenda e lo fa senza contraddittorio, senza pagare, senza rispondere a nessuno.
Lo fa come se fosse un diritto naturale, divino, scontato.
E noi?Noi paghiamo.
Paghiamo con i soldi e con i diritti.
Paghiamo con la pazienza.
Paghiamo con la libertà.
Perché se un altro gruppo, qualunque altro, avesse fatto lo stesso, sarebbe stato disperso, identificato, represso.
Avrebbero chiamato tutto questo minaccia all’ordine pubblico.
Ma quando la Chiesa si muove, tutto si azzera.
La Costituzione, le regole, la laicità, la parità.
Questo Giubileo non è stato un evento. È stato un abuso.
Una dimostrazione di forza.
Un’umiliazione per chi crede ancora che lo Stato debba essere laico, giusto, uguale per tutti.
Una prova che i diritti sono negoziabili, ma i privilegi del Vaticano no.
E allora basta con le ipocrisie.
Non è fede, questa.
È occupazione.
Non è spiritualità. È logistica di propaganda.
Non è amore. È retorica che pesa come piombo.
È una religione che non ha più parole, ma pretende i microfoni.
Che non ha più fedeli, ma si compra le folle.
Che predica umiltà ma sventola crocifissi d’oro.
Che parla di poveri ma vive da principe.
E noi dovremmo pure tacere. Dovremmo accogliere.
Dovremmo ringraziare.
No. Non oggi.
Perché la Roma vera non è quella inginocchiata.
È quella stanca, inchiodata nel traffico, costretta a spostarsi a piedi mentre qualcuno canta “Gloria”.
È quella che paga, che lavora, che non ha santi in paradiso
né cardinali in giunta.
È quella che resiste.
È quella che non crede più.
Ma ricorda tutto.

Nessun commento:

Posta un commento