Come tanti, quando sono in auto, tengo sempre la radio accesa per ascoltare le dirette sulla guerra e anche le opinioni degli ascoltatori che spesso fanno le domande più sensate, magari le stesse che avrei fatto io. Per esempio, ieri mattina, a Tutta la città ne parla.
(Radio3) si parlava del carico di armi pesanti che l’Italia si accinge a inviare a Kiev e qualcuno, assai pessimista sulla durata della resistenza ucraina, ha chiesto: e se poi questo gigantesco arsenale di missili, bombe, mitragliatrici dovesse finire nelle mani dei russi? Non corriamo il rischio di armare gli aggressori? Poi si è passati a considerare l’ipotesi di una possibile sollevazione popolare contro Vladimir Putin, alla luce delle proteste di piazza mostrate in tv. È stato risposto, attenzione a non confondere Mosca e San Pietroburgo – grandi metropoli europeizzate dove soprattutto i giovani sono molto simili ai loro coetanei di Berlino, Parigi o Londra – con la Russia profonda nella quale l’uomo del Cremlino gode ancora di vasta popolarità (cerco di riassumere le valutazioni del corrispondente Rai, Alessandro Cassieri). A proposito di questa idea di un Putin in difficoltà mi è venuto in mente che molto si è parlato di quella riunione del Consiglio di sicurezza russo nella quale Putin ha gelato il capo dei servizi segreti che chiedeva più tempo per i negoziati. È la prova, hanno commentato gli “esperti”, che il dissenso si allarga e che lo Zar Vlad potrebbe presto saltare. Ho pensato io (più terra terra): se qualcuno dovrà saltare sarà, se non sta attento, quel burocrate avventato. Quindi su Radio 24 sono trasecolato alla notizia che l’Università Bicocca di Milano aveva rinviato il corso dello scrittore e traduttore Paolo Nori su Dostoevskij (“evitiamo polemiche in un momento di forte tensione”). Poi, fortunatamente, la rettrice ha fatto marcia indietro, anche se questo episodio si somma alla richiesta di abiura fatta del sindaco di Milano e che ha portato Valerij Gergiev (solida fama di putiniano) a dare le dimissioni della direzione del Teatro alla Scala. Così come il soprano russo, Anna Netrebko (assai apprezzata da Putin) anche lei attesa alla Scala, ha preferito rinunciare dicendo che “non è giusto costringere gli artisti a denunciare la patria”. Chiedo sommessamente: non ci hanno insegnato che la superiorità della democrazia consiste nel non abbassarsi a discriminare chi la pensa diversamente? Come invece fanno le dittature?