lunedì 22 febbraio 2010

2010 odissea in parlamento - Furio Colombo


Una giornata

qualunque nella

routine di una

Camera dei

Deputati

devitalizzata,

in cui l’orgia

di corpi e mani

protesi a omaggiare

il capo unico, offusca

il senso stesso della

vita democratica

del Paese



Alle ore 15 e 35 del 18 febbraio il primo ministro -sua eccellenza Silvio Berlusconi - fa il suo ingresso alla Camera dei deputati.


L’evento è di portata storica, perché - salvo che in due casi di voto per se stesso – non si ricorda una circostanza simile dall’insediamento della coalizione Berlusconi-Bossi.


L’ingresso determina un caos festoso.


Quelli della Lega, in cravatta e fazzoletto verde di ordinanza, salutano in piedi, con larghi cenni da treno che parte.


Dai banchi gremiti della maggioranza, la folla viene giù come rivoli di lava dall´Etna, tanti percorsi confusi e rapidi per farsi vedere vicino a Berlusconi, toccargli la mano.


Ci sono fotografi e telecamere in tribuna.


C´è il tutto esaurito per l´imminente votazione sulla Protezione Civile, tanto è vero che Guido Bertolaso siede (sedeva, adesso sono tutti in piedi) al banco del governo, pronto a combattere l´opposizione, (ma anche qualunque cauta obiezione al suo operato) con la risolutezza con cui si combatte una esondazione.


Il primo ministro, dunque, entra in Aula, producendo un solco e una scia nella folla dei suoi fedeli, mentre sta parlando il deputato Palomba dell’Italia dei Valori.


Palomba, come farà più tardi Zaccaria del Pd, denuncia la incostituzionalità della legge omaggio a Bertolaso.


L´emiciclo è una grande ameba, che si muove agglutinata dal carisma del capo con un unico corpo collettivo, tante gambe che si spostano rapide, tante braccia che si protendono verso di lui , e una sola testa - scurita dal trucco quando guarda in su – e campo di sperimentazione tricologica (un vivaio di nuovi bulbi), quando mostra il cranio accuratamente restaurato.


Le scene di accoglienza festosa continuano e salgono di tono, sommergendo l’oratore abbandonato al traffico umano di deputati sconvolti dall´emozione.


L´abbandono è spiegabile perché nel giorno e nell´ora del raro e memorabile evento, la Camera dei Deputati era presieduta dall’onorevole Antonio Leone (Pdl) che tutto avrebbe voluto fare al mondo meno che affrontare l’ingorgo di passione che stava sommergendo più di metà della Camera .


Per capire, anche nelle piccole cose, come si svolge la vita della Repubblica, può essere utile trascrivere il verbale d’Aula del momento di cui sto parlando.


Federico Palomba: "Presidente, se parlassi solo per lei sarebbe un onore, ma, se possibile, vorrei potermi rivolgere...”


Presidente: "Colleghi, se permettete..."


Furio Colombo: "Presidente, ma non vede che c´è un comizio in corso?"


Presidente: "E allora? Vuole aggiungere anche il suo comizio?"


Furio Colombo: "Le chiedo solo di presiedere".


Presidente: "La smetta, onorevole Colombo".


Federico Palomba: "Signor Presidente, vorrei un po´di tempo..."


Il banco del governo, come ho detto, era affollato.


Si andava da Frattini, ministro degli Esteri, a Tremonti, ministro dell´Economia (oltre a due decine di sottosegretari ignoti).


Eppure ognuno dei due aveva da temere dalla comparsa in pubblico.


Frattini ha schierato l´Italia con la Libia contro la Svizzera, ma gli italiani continuano ad essere respinti dalla Libia.


Tremonti ha vantato la buona situazione dell´Italia in un fantasioso "dopo-crisi", mentre gli arrivavano dall´Europa, dall´Istat e dalla Banca d’Italia i dati peggiori da vent´anni di vita italiana, crollo del Pil, crollo degli ordini nelle aziende,crollo dell´occupazione.


Ma c´erano tutti, dalla star Brunetta, al sottosegretario ignoto.


Bisognava votare la "legge Bertolaso", ovvero la creazione della "Protezione Civile Spa" e la messa al sicuro (scudo giudiziario) del sottosegretario molto attivo in tanti modi, proprio mentre piovono intercettazioni e si moltiplicano le inchieste.


Il tutto con l´espediente del voto di fiducia.


Come è noto, non è andata così e l’evento simbolico è stata la visita di sua eccellenza il primo ministro al fronte.


Quasi all´improvviso, il padrone di Arcore che pensava di celebrare il trionfo, si è avviato col suo corteo di corpi umani agglutinati verso la porta ed è uscito in fretta, dall´Aula e da Montecitorio.


Era accaduto questo.


I suoi, guidati probabilmente da Gianni Letta, avevano in parte ceduto: niente "Bertolaso Spa", niente scudo giudiziario penale.


In cambio Bertolaso sta dove sta (capo della Protezione Civile), finché inchiesta giudiziaria consenta.


Ma lo spettacolo è continuato, incalzante, fuori dalla scena un po´ arrischiata, dell´Aula di Montecitorio.


Ecco la sequenza.


Ore 16.00 Berlusconi annuncia severità assoluta verso gli indagati e annuncia la campagna "liste pulite".


Ore 16.20 Il sottosegretario Cosentino, il cui arresto per reati di camorra è stato chiesto dai giudici di Primo grado,d´Appello e di Cassazione, si è dimesso da coordinatore della Cdl in Campania (inclusa la zona a lui familiare di Casal di Principe) e da sottosegretario all´Economia del governo Berlusconi.


Ore 17.00 Il presidente Berlusconi respinge le dimissioni del suo super indagato collaboratore e lo reintegra all´istante nelle sue posizioni e responsabilità: coordinatore Cdl e sottosegretario all´Economia.


Intanto accadono altre due cose.


Berlusconi dichiara di essere in pericolo di attentato e il portavoce di Berlusconi, quello vero, Augusto Minzolini, svergogna, in un editoriale audio-video, tutti coloro che hanno osato attaccare la sacra persona di Guido Bertolaso, rappresentante in terra (sia disastrata, sia contesa dagli appalti) di Berlusconi.


La somma delle due dichiarazioni serve a metterci in guardia.


Chi può dire se l´avversario politico che finge di battersi contro la corruzione politica e lo strapotere del governo e del sottogoverno è invece uno che trama un attentato contro la vita del capo del governo italiano?


La mattina di venerdì 19 febbraio si ripete il miracolo.


Al momento del voto (tutta la maggioranza Berlusconi-Bossi più tutto il governo, compreso il coraggioso Frattini, mentre gli italiani continuano ad essere respinti dall´alleato libico) Silvio Berlusconi è presente, con l´espressione astiosa e determinata della cultura del fare, mascelle strette e sguardo di sfida che a momenti - solo per un istante - diventa triste.


Forse quando si rende conto, persino lui, che dove lui distrugge non cresce più erba, e che oggi ha posto fine anche alla riserva indiana che era - o credevamo che fosse - la Protezione Civile.


InvanoDario Franceschini definisce "vittoria delle opposizioni" l´avere spinto via il progetto di privatizzazione di tutto, creando la "Protezione Civile Spa".


Le inchieste stanno dimostrando e dimostreranno che ogni impresa di questo governo è affare privato.


Ma - come sanno i portavoce preposti all´informazione - è una questione di percezione.


Già un quarto d´ora dopo la cupa entrata e uscita dal Parlamento di Silvio Berlusconi - di cui si è percepita al primo sguardo una congenita e irrimediabile estraneità - giornali radio e telegiornali montano frasi e applausi nella giusta sequenza.


Prima Cicchitto - che nella vera vita ha parlato per ultimo - poi Cota della Lega che aveva parlato subito prima di Cicchitto, poi lo scroscio di applausi da concerto che raramente hanno spazio nel Tg e Gr.


In questo modo diffondono l´impressione di una grande vittoria di Berlusconi, Bertolaso e soci.


La mite opposizione benevola non lascia traccia e non raggiunge gli elettori, in questo montaggio di regime.


Dovranno aspettare le motivazioni del prossimo avviso di garanzia.


Il Fatto quotidiano del 21 febbraio 2010.

Dario Vergassola - nasce il Misfatto

All you need is law - Marco TRavaglio



21 febbraio 2010

Ci hanno provato, e di questo gli siamo grati. Ma alla fine i legislatori pret à porter del Banana han dovuto arrendersi: è più forte di loro, una legge anti-corruzione non gli viene proprio, esula dalle loro umane possibilità. Mettiamoci nei loro panni: l’altro giorno all’improvviso, dopo una vita spesa a sfornare leggi pro-corruzione, Angelino Jolie e la sua badante, al secolo Niccolò Ghedini, vengono convocati dal capo per una mission impossible: "Ragazzi, stavolta dovete farmi una legge contro la corruzione. No, non sono impazzito, è la gente che è incazzata. Fate voi, mettetecela tutta, leggete qualche libro, ce la potete fare". Il duo Ad Personam si mette all’opera. Anzitutto consulta il dizionario della lingua italiana, alla voce "anti-corruzione", ma non trova la pagina, a suo tempo strappata per non cadere in tentazione. I due chiedono in giro fra amici e clienti, ma niente da fare: nessuno che li aiuti a decodificare il criptico concetto.

Vanno capiti: non s’erano ancora riavuti dalle ultime cinque leggi pro-corruzione -lodo
Alfano bis, processo morto, legittimo impedimento, impunità parlamentare e anti-intercettazioni – e quello pretende che vadano contro natura. Come chiedere aBasaglia si riaprire i manicomi e alla Merlin i bordelli. Angy & Nick provano e riprovano, alzano pene di qua, le abbassano di là, infilano tre reati e ne escludono sei (quelli del capo), dividono, sottraggono, aggiungono, estraggono radici quadre, moltiplicano pigreco e alla fine presentano un testicolino che fa ridere perfino il Banana: "Avevo detto anti, non pro!". Pare che quel buontempone di Ghedini, per combattere meglio la corruzione, avesse pensato di ridurre da 8 a 6 anni la pena massima per la corruzione giudiziaria, guardacaso quella per cui sono imputati il Banana e Mills. E, siccome nelle norme sostanziali vale sempre la più favorevole al reo, la norma avrebbe incenerito all’istante il processo. La forza dell’abitudine. La cosa è parsa eccessiva financo al Banana, che l’ha rinviata in attesa di tempi migliori.

Peccato, perché l’ambasciatore
Romano aveva già indossato la feluca d’ordinanza per prenderla sul serio: "Un buon segnale", l’ha definita sul Pompiere. Invece Feltrie Ferrara han subito colto l’aspetto eversivo di un’eventuale legge anticorruzione: solo a sentirla nominare, han messo mano alla fondina. Il Giornale l’ha nascosta da par suo (ieri apriva sul traffico urbano, alla Johnny Stecchino), manganellando quel mariuolo di Fini che osa pronunciare la parola "legge". Il Foglio chiede al capo se sia diventato matto: "Deputati in rivolta, sgomento per l’ineleggibilità degli inquisiti che consegna le liste ai pm". Meglio consegnarle ai ladri. Libero, anzi Occupato, èbipartisan: pubblica commenti sia pro sia contro i ladri. Memorabile quello diPomicino, l’esperto: "Non serve una legge per essere onesti". E lui, dall’alto del patteggiamento per corruzione e della condanna per finanziamento illecito, ne è la prova vivente.

Ma il bello deve ancora venire: il Banana prepara le "liste pulite". Fuori indagati e condannati, dentro le igieniste dentali. "Via dai partiti chi commette reati". Esclusi i presenti, si capisce. Pare che abbia cazziato il povero Verdini, beccato a fare un millesimo di quel che ha sempre fatto lui: affari privati con soldi pubblici. E senza neppure avvertirlo per dividere. Ora s’annuncia un giudizio universale a Palazzo Grazioli. Decine di forzisti hanno smesso di dormire a casa. I primi convocati dovrebbero essere
Sciascia e Berruti, condannati l’uno per le tangenti Fininvestalla Finanza, l’altro per aver depistato le indagini: "Ragazzi, ma davvero corrompevate e depistavate a nome mio senza dirmi niente? A saperlo ve l’avrei impedito". Seguirà Previti: "Cesare, mi dicono che avresti corrotto un giudice con soldi miei per regalarmi la Mondadori: non potevi avvertirmi? L’avrei subito restituita". L’ultimo, per motivi precauzionali, sarà Dell’Utri: "Marcello, si vocifera di uno stalliere, tale Mangano, in casa mia. Ne sai per caso qualcosa?".

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578


domenica 21 febbraio 2010

Appalti, incontri a Palazzo Chigi "Ci dobbiamo vedere"

Della tempesta in arrivo sui grandi appalti della Protezione civile, Palazzo Chigi sapeva. Guido Bertolaso sapeva. E ad informarli era stata una "cricca di banditi", "quella cricca", ormai con le ore contate. Nuovi atti istruttori della Procura di Firenze svelano oggi definitivamente le omissioni e le bugie di Guido Bertolaso.
Danno un senso alle mosse del Presidente del Consiglio in questa vicenda. Le nuove carte (oltre cento pagine, raccolte in un'informativa del Ros dei carabinieri del 30 gennaio scorso e in una "integrazione della Procura della Repubblica di Firenze alla richiesta di custodia cautelare" datata 4 febbraio) sono state depositate nelle ultime 48 ore al Tribunale del Riesame di Firenze e raccontano una storia che arriva dritta al cuore di Palazzo Chigi.

Documentano che, tra il 29 e il 30 gennaio scorsi, Angelo Balducci, presidente del consiglio nazionale dei lavori pubblici, fulcro e anima "tecnica" della "cricca dei banditi", informò Guido Bertolaso e almeno un'altra figura di spicco a Palazzo Chigi (Gianni Letta?) delle mosse e del merito dell'indagine condotta dalla magistratura toscana sugli appalti della Protezione civile. Dunque, delle misure di custodia cautelari imminenti (Aldo Balducci, Mauro Della Giovampaola, Fabio De Santis e Diego Anemone saranno arrestati il 10 febbraio), delle intercettazioni telefoniche in corso. Di più: i nuovi atti documentano la significativa coincidenza temporale tra il momento in cui il segreto istruttorio venne violato, grazie alla "disponibilità" del procuratore aggiunto di Roma Achille Toro, e l'annuncio di Silvio Berlusconi che Guido Bertolaso sarebbe stato presto nominato ministro della Repubblica.

Ecco, dunque, attraverso i documenti, cosa è accaduto tra il 28 e il 30 gennaio scorsi.

28 GENNAIO - UN TITOLO SU "LA REPUBBLICA"
LA PROCURA DI ROMA CHIAMA FIRENZE
LA CRICCA SI METTE AL LAVORO
28 Gennaio. Giovedì. "la Repubblica" titola in prima sull'inchiesta dei nostri Paolo Berizzi e Fabio Tonacci: "Dal G8 all'abbandono. Il flop della Maddalena ci è costato 300 milioni. Dopo gli investimenti faraonici, zero posti di lavoro". Le due pagine rianimano un fantasma che la "cricca" dà per dissolto. Ma la novità è che mettono in moto il Procuratore della Repubblica di Roma, Giovanni Ferrara i cui uffici, da tempo, indagano su quegli appalti, con un fascicolo delegato al Procuratore aggiunto Achille Toro, responsabile del pool contro i reati della pubblica amministrazione.

Scrivono i pubblici ministeri di Firenze:
"A seguito di notizia giornalistica, il Procuratore di Roma chiedeva un primo contatto informativo per via telefonica con il Procuratore della Repubblica di Firenze (Giuseppe Quattrocchi ndr.) in ordine alla effettiva esistenza di un procedimento penale pendente presso la Procura di Firenze, che coinvolgesse le vicende degli appalti del G8. Il Procuratore di Firenze confermava, in tale primo contatto telefonico, la effettiva esistenza di un procedimento e la disponibilità ad attivare indagini collegate".
Nella giornata del 28, dunque, il Procuratore di Roma Ferrara sa per certo che esiste un'indagine a Firenze sugli appalti del G8 e la Protezione civile. Non sappiamo a che ora questa telefonata sia avvenuta. Né, dalle carte, è dato sapere quanto sia scesa nel dettaglio. È verosimile ritenere, tuttavia, che di quel colloquio Ferrara informi, se non altro per competenza, il suo aggiunto Achille Toro.

Un fatto è certo. Quello stesso giorno, in un orario significativo, le 18.42, Camillo Toro, figlio del Procuratore aggiunto, contatta l'avvocato Egidio Azzopardi, l'uomo che la "cricca", almeno dal settembre del 2009, ha incaricato di "monitorare" cosa bolle nelle inchieste di Roma e Firenze sulla Protezione Civile. Un professionista che ha un rapporto di amicizia con il magistrato romano (le mogli si frequentano, l'avvocato invia al magistrato regali di Natale e annuncia visite a sorpresa bene accette). E a cui il magistrato deve molto (Azzopardi ha fatto ottenere al figlio di Toro, Camillo, un posto al ministero delle Infrastrutture).
Azzopardi e Camillo Toro, dunque, la sera del 28 si vedono. Non una, ma due volte.

29 GENNAIO MATTINA - "ANGELO,
TI DEVO VEDERE SUBITO"
"NON OGGI. DOMANI. OGGI A PALAZZO CHIGI
ABBIAMO FATTO IL PUNTO
PRESUMO SULLA STESSA COSA"
Ora, quali informazioni ha consegnato il figlio di Toro ad Azzopardi la sera del 28 gennaio? Si direbbero cruciali. E non si deve essere molto lontani dal vero nel ritenere che si tratti delle notizie coperte da segreto che si sono scambiati i procuratori di Firenze e Roma. Perché il 29 gennaio, alle 8.50 del mattino, l'avvocato, senza successo, cerca Angelo Balducci. Vuole incontrarlo immediatamente. A casa sua. Con cautele straordinarie. "Senza telefono e senza autista", fa sapere. L'ingegnere, che è diretto a Pesaro, viene informato da Roberto Di Mario, uno dei suoi segretari:
"Angelo, è venuto qui quell'avvocato che viene da noi... E mi ha detto che alle 10 dovresti stare a casa sua... senza autista e senza anche questo strumento che stiamo adoperando... senza niente... lui sta qui... dall'altra persona e mi ha detto di fargli sapere".
Balducci chiede di spostare l'appuntamento al giorno dopo. E nel farlo, di aggiornare però l'avvocato Azzopardi su una circostanza significativa.
"Digli che sono fuori.... che però stamattina...(inc) Palazzo Chigi... abbiamo fatto il punto... presumo sulla stessa cosa e quindi... capito?".
Balducci, dunque, informa Azzopardi che a Palazzo Chigi, quella stessa mattina - e, va detto, assai presto visto che la telefonata con il suo segretario è delle 8.58 - c'è stato "un punto" sulla "stessa cosa" di cui l'avvocato si sta occupando: le inchieste di Roma e Firenze. E al "punto", visto l'uso del plurale ("abbiamo fatto"), devono aver partecipato almeno in due. Balducci e chi altro? Le carte nulla dicono. Anche se - lo vedremo - quel che accade nelle ore successive offrirà qualche indicazione.

29 GENNAIO MATTINA - LA PROCURA DI FIRENZE
INFORMA LA PROCURA DI ROMA
"ABBIAMO CHIESTO QUATTRO ARRESTI"
È sempre la mattina del 29. Venerdì. E conviene ora spostarsi da piazza Montecitorio (Palazzo Chigi) a piazzale Clodio (Uffici della Procura della Repubblica). Mentre Balducci aggiorna l'avvocato Azzopardi sul "punto" a Palazzo Chigi e fissa un appuntamento per l'indomani (sabato 30 gennaio), il Procuratore della repubblica Ferrara alza nuovamente il telefono per parlare con il Procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi.

Scrivono i pubblici ministeri di Firenze:
"Nella mattina del 29 gennaio, avveniva un nuovo contatto telefonico tra i vertici degli uffici delle due Procure che accompagnava la formale richiesta di coordinamento delle indagini della Procura di Roma. In tale contatto, preliminare alla attivazione di un incontro di coordinamento, poi effettivamente avvenuto l'1 febbraio, il Procuratore della Repubblica di Firenze comunicava la pendenza di una richiesta di misura cautelare e l'esistenza di indagini per reati contro la pubblica amministrazione e reati economici, come si desume dalla nota scritta a firma del Procuratore della Repubblica di Firenze inoltrata per attivare il coordinamento richiesto".
Rispetto a ventiquattro ore prima, dunque, il Procuratore Ferrara e, altrettanto verosimilmente, il suo aggiunto Achille Toro sanno qualcosa di più importante e delicato. Che l'indagine di Firenze è a uno snodo cruciale, perché sono quattro gli arresti che quell'ufficio ha chiesto. E il passaggio è così importante e così delicato che i magistrati delle due Procure concordano di incontrarsi nel primo giorno lavorativo utile: il lunedì della settimana entrante. L'1 febbraio.

29 GENNAIO POMERIGGIO
"DOVE SEI? FUORI?
CI DOBBIAMO VEDERE CAZZAROLA
SI'. ANCHE DOMANI CHE È SABATO"
Come è accaduto ventiquattro ore prima, il figlio di Toro, Camillo, si attacca al telefono per comunicare verosimilmente all'avvocato Azzopardi le novità che il padre magistrato ha raccolto la mattina in Procura. Il professionista non è in città. Ma non c'è un minuto da perdere.
C: "Vai a cena stasera?"
A: "No sono fuori rientro domani mattina"
C: "Domani che è... sabato?"
A: "... pure di sabato dobbiamo"
C: "... pure di sabato dobbiamo... sì cazzarola... va bè che insomma... che mi sei amico... che futuro padrino... ma insomma che cazzarola".
A: "Allora mi regolo di conseguenza".
I due prendono appuntamento per la prima mattina del 30 gennaio.

29 GENNAIO POMERIGGIO
BERLUSCONI ANNUNCIA: "BERTOLASO
SARA' MINISTRO"
LA CRICCA: "COME DICEVA IL GOBBO?
A PENSAR MALE..."
Il pomeriggio del 29, Berlusconi è a Coppito (l'Aquila) per la cerimonia che segna il passaggio di consegne agli amministratori locali dei poteri per la ricostruzione. Lo ascoltano il presidente della Regione Gianni Chiodi, quello della Provincia Stefania Pezzopane, il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente. E, naturalmente, seduto in prima fila, nel suo golfino blu, Guido Bertolaso. Silvio Berlusconi (ne dà conto l'inviato dell'Ansa) dice: "Credo che tutti possano immaginare che dopo l'exploit straordinario che Guido ha fatto in questi dieci mesi in Abruzzo, il minimo che possiamo dargli come riconoscimento e merito è la nomina a ministro da parte del presidente del Consiglio". Bertolaso si mette le mani tra i capelli e scoppia in lacrime.

Per il capo della Protezione civile - che ora sappiamo essere informato di quanto sta per accadere a Firenze (e non, come ha sostenuto in questi giorni, "tenuto incredibilmente allo scuro di quanto gli si muoveva intorno", "Ballarò" - Rai 18 febbraio) - quell'annuncio pubblico ha un significato chiaro. Almeno per lui, ci sarà un salvagente immunitario. Una fune che lo sottrarrà in tempo utile al drammatico naufragio della "cricca". E lo capisce anche la "cricca".

Nel pomeriggio, l'avvocato Azzopardi (A) lo dice infatti a Massimo Sessa (S), dirigente del ministero delle Infrastrutture e braccio destro di Angelo Balducci. Così.
A:... dimmi caro
S:... senti... fai una dichiarazione contro gli americani (il riferimento è alle dichiarazioni di Bertolaso sull'inefficienza della macchina degli aiuti Usa ad Haiti ndr)... può essere che hai un futuro (ride)
A:...(ride). .. tu sei un ragazzo perspicace ed intelligente invece. .. credo che tu abbia fatto le mie stesse riflessioni
S:... ehh!!. . bo'. .. mi sembra. .. solo lui o ha fatto anche sottosegretari?
A:... adesso stava a Coppito e ha detto in diretta... "Ringraziamo paraparàparà... e che io lo faccio Ministro... quindi lo ha annunciato adesso. .. tanto è vero che. .. non so se è stata una boutade eccetera eccetera. .. lui si è coperto il viso... Bertolaso. . come se si mettesse a piangere... si commuovesse...
S:... a piangere? Perché si è commosso?
A:... si è commosso. . però non si. .. se rideva o se piangeva
S:...(ride)
A:... hai capito?. .. io che però. .. come diceva il gobbo. .. "a pensare male non si fa peccato". .. allora ho fatto un retropensiero. ..
S:... va be'.. stiamo a vede'.

29 GENNAIO SERA
BALDUCCI: "ANTICIPIAMO L'APPUNTAMENTO
PERCHE' DEVO VEDERE BERTOLASO
E L'ALTRO A PALAZZO CHIGI"

Quando ormai è la sera del 29 gennaio, anche Balducci (B) si fa vivo. Lo ha chiamato al telefono Bertolaso e lui chiede a Roberto Di Mario (M), il suo segretario, di rintracciare l'avvocato Azzopardi (A). Ha urgenza di fissare l'appuntamento previsto per l'indomani "senza autista e senza telefono" a un'ora utile. Prima delle 11, perché dopo ha appuntamento con Bertolaso a Palazzo Chigi.
B:... potresti chiamare quel signore. .. (Azzopardi ndr)
M
:. .. sì. .. quello di domani?
B:. .. siccome mi ha chiamato (Bertolaso ndr) io poi c'ho 'sta cosa a palazzo Chigi. .. con lui (Bertolaso ndr) e quell'altro. .. se poteva anticiparmi un po' l'appuntamento.
M:. .. okay. .. a che ora potrebbe andare bene Angelo?
B:... un'oretta prima sarebbe l'ideale... se è possibile. . devo dare poi una risposta nell'altra direzione (Palazzo Chigi ndr)
M:. .. perfetto ed io lo chiamo subito e ti faccio sapere. . ciao.
Balducci chiude con il suo segretario e manda un sms a Bertolaso, complimentandosi per la futura nomina a ministro e manifestando un'amicizia che il capo della Protezione civile, a inchiesta deflagrata, disconoscerà pubblicamente ("Balducci? È un signore che ho conosciuto nelle sue vesti di tecnico").
"Sono commosso ed emozionato come un fratello vero può essere. Ti voglio bene davvero. Pensa a Papà cosa direbbe. Tuo angelo".
Intanto, il segretario di Balducci chiama Azzopardi.
M:... buonasera.... mi scusi... Angelo chiedeva se era possibile anticipare l'appuntamento perché dice poi dovrebbe vedere Bertolaso a palazzo Chigi
A:... alle 11?
M:... sì. .. lui mi ha detto alle 10 e mezzo...11 per cui
A:... sì perché io devo vedere prima quell'altro... proprio alle 10 e mezzo. . e quindi volevo essere fresco. .. ha capito?
M:... come no?!. . va bene
A:... quindi gli dica. ..
M:... alle 11 sempre lì. .. dove c'eravamo detti
A:... sì sì
M:... "55" (il civico della via dei Parioli dove abita Azzopardi ed è fissato l'appuntamento).
Il quadro è chiaro quanto la frenesia che lo anima. Balducci, il giorno dopo, sabato 30 gennaio, deve vedere Bertolaso e "l'altro" (l'altro chi? Gianni Letta?) a Palazzo Chigi. E poiché a quell'incontro serve andare con l'ultimo aggiornamento di quanto si muove nell'inchiesta di Firenze (a Palazzo Chigi se ne è discusso una prima volta, lo abbiamo visto, proprio quella stessa mattina del 29), Azzopardi promette di presentarsi "fresco" delle ultime novità che, l'indomani, verso le 9 del mattino, conta di raccogliere da Camillo Toro, il figlio del magistrato.

30 GENNAIO MATTINA
INCONTRO IN CASA DELL'AVVOCATO
LA MOGLIE DI BALDUCCI AL TELEFONO:
"ANGELO CHE HAI? TI SENTO MORTO".
Alle 11 del mattino, nel quartiere Parioli, nel salone dell'abitazione dell'avvocato Azzopardi, siedono Angelo Balducci e il dirigente del ministero delle infrastrutture Massimo Sessa. I cellulari vengono spenti. Azzopardi ha incontrato due ore prima il figlio di Toro. Le notizie, per la "cricca", sono terribili. Sono quelle che l'Italia comincerà a leggere undici giorni dopo, dal 10 febbraio in avanti. Non è dato sapere, dove e come, quel mattino, Balducci consegni le brutte nuove a Palazzo Chigi. "A Bertolaso" e "all'altro". Si sa al contrario cosa dice Rosanna Thau, moglie di Balducci, parlando con il marito pochi istanti dopo che ha lasciato la casa di Azzopardi: "... Angelo... ti sento morto... tante volte quando sei al telefono esulti... non ti sento niente... pensavo di parlare a nessuno".

L'Aquila, contestata troupe del TG1 di Scodinzolini

Intervista a Peter Gomez sul caso Telecom