giovedì 22 luglio 2010

http://www.savonaeponente.com/2009/09/04/il-punto-sul-caso-montanari-e-sul- microscopio-elettronico/


di VALERIA ROSSI – Dopo la pubblicazione dell’intervista al dottor Montanari e il successivo colloquio con Marina Bortolani, che mi ha portato a togliere la suddetta intervista dal giornale, ho cercato di raccogliere quanto più materiale possibile per fornire una panoramica completa dei fatti.

Ho scambiato telefonate e mail con la Onlus Carlo Bortolani, con lo stesso dottor Montanari e con altre persone direttamente coinvolte nei fatti, l’ultima delle quali è stata Sonia Toni, ex moglie di Beppe Grillo tuttora in ottimi rapporti con lui, che ha curato una lunga serie di conferenze del dottor Montanari e promosso la pubblicazione di alcuni suoi libri.

Premetto che la verità in tasca non l’avevo prima e non ce l’ho neanche oggi: ma avendo pubblicato e successivamente “s-pubblicato” un’intervista su questo tema, ritengo di dover comunicare ai lettori almeno i fatti – comprovati da testimonianze o documenti – di cui sono venuta in possesso.

Da questi emerge che la decisione di donare il microscopio elettronico all’università di Urbino è stata motivata principalmente da due fattori:

a) l’utilizzo di questa apparecchiatura dalla Nanodiagnostics srl anche per scopi commerciali (analisi a pagamento) e non esclusivamente per la ricerca, come era stato invece dichiarato nel corso della raccolta fondi;

b) il fatto che la stessa raccolta fondi sia partita sulla base di quello che potremmo definire “un equivoco” o più crudamente “una manipolazione” del dottor Montanari ai danni di Beppe Grillo, scoperta solo in un secondo tempo.

I fatti: il dottor Montanari contattò Beppe Grillo, nel 2006, lamentando quello che definì lo “scippo” del microscopio elettronico a quel tempo in uso alla Nanodiagnostics, ad opera dell’Università di Modena.
Montanari sosteneva che questo microscopio era stato pagato, almeno in parte, con suo denaro personale e che l’unica motivazione per cui si era deciso il trasferimento era il fatto che le sue ricerche, evidenziando la pericolosità delle nanoparticelle (prodotte in larga misura dagli inceneritori), avessero infastidito qualche potere forte.

La motivazione poteva essere credibile e non è escluso che, del tutto o in parte, fosse anche reale: non fu reale, però, il racconto che Montanari fece a Grillo sul fatto che pericolose nanoparticelle fossero state rinvenute, a seguito delle sue ricerche, in una serie di diffusissimi e notissimi prodotti alimentari.

Montanari disse a Grillo di aver scritto a tutte le aziende interessate e di non aver mai avuto alcuna risposta. Grillo, indignato da questi fatti gravissimi, invitò Montanari a partecipare ad una serie di spettacoli in cui, oltre a dare direttamente spazio al dottore, mostrava l’elenco dei prodotti incriminati e delle sostanze nocive che erano state trovate al loro interno grazie alle ricerche dello stesso Montanari e di sua moglie, la dottoressa Gatti.

Nel video che potete vedere qui sotto si vede e si sente chiaramente Stefano Montanari che alla domanda: “Stefano, le ditte hanno mai risposto?” esclama: “No, no, mai!”.

Peccato che…sorpresa! Nel 2007, in un’intervista a “Disinformatico” (che potete ancora leggere integralmente sul sito attivissimo.net) il dottor Montanari afferma che la storia delle nanoparticelle nei prodotti alimentari è stata manipolata e distorta nei contenuti.
Testualmente, afferma: “
la cosa parte giusta, nel senso che quello che è stato detto di base, all’origine di tutto c’è una cosa quasi giusta. Poi, poi si è estrapolato e si sono dette delle cose che assolutamente non corrispondono al vero, ma proprio minimamente“.

Montanari spiega (qui riassumo brevemente, ma consiglio la lettura dell’intervista intera) che lui e sua moglie, la dottoressa Gatti, hanno pescato a caso ed analizzato alcuni prodotti presi sugli scaffali dei supermercati.
E specifica: “
Attenzione, questo è fondamentale: di ogni prodotto noi abbiamo esaminato un pezzo, uno , non di più, cioè non abbiamo preso un lotto, due lotti, tre lotti, dieci lotti, come si dovrebbe fare se si fa un controllo normale, di legge, eccetera e si va a vedere che cosa c’è in tutti questi prodotti. Noi abbiamo preso una scatola di quel tipo di biscotti, un barattolo di quell’omogeneizzato, eccetera, e abbiamo esaminato. E abbiamo visto che in gran parte di questi prodotti, non tutti certamente, ci sono queste polveri che noi cerchiamo“.

In pratica si era trattato di controlli casuali, che avevano sicuramente evidenziato un possibile problema di inquinamento ambientale ma che non avevano e non potevano avere alcuna valenza scientifica, visto che poter definire una prova “scientifica” occorrono, come in parte ammette lo stesso Montanari, campionature mirate, analisi protocollate e, ovviamente, la pubblicazione dei risultati.
In assenza di tutto questo, Montanari non disponeva di alcuna vera “prova” da poter presentare alle ditte produttrici… e infatti non scrisse mai neppure una riga a queste ditte, come sostiene nella stessa intervista, sbugiardando Beppe Grillo.

Ecco le sue testuali parole: “la lettera che noi avremmo scritto a queste industrie: la lettera non esiste, non abbiamo mai scritto niente a nessuna industria, mai. Mai perché non abbiamo mai messo sotto accusa nessuno, cioè l’unico, l’unico ente che abbiamo messo sotto accusa è lo Stato, cioè chi legifera, chi non fa leggi per controllare questo tipo di inquinamento. Noi non abbiamo mai scritto nulla a nessuno. Quindi se non abbiamo mai scritto è chiaro che nessuno ci risponde. Non c’è lettera, non c’è risposta“.
Eppure, nel video, si vede chiaramente Grillo che parla di queste lettere e si sente altrettanto chiaramente Montanari che non solo non si sogna di smentirlo, ma avvalora le sue parole (
“Hanno mai risposto, Stefano?” “No, no, mai!”).
Inoltre Grillo, come si vede sempre chiaramente nel video, espone una “lista nera” di prodotti senza che Montanari, presente sullo stesso palco, si sogni di intervenire, di spiegare che si è trattato di campionature casuali, insomma di specificare, come fa invece nell’intervista, che “
dare un elenco di prodotti da mettere all’indice non ha nessun significato scientifico”.

E non è tutto qui, purtroppo.

Un altro dato di fatto è che non siano mai state prodotte le prove (richieste più volte) del fatto che il primo microscopio elettronico fosse stato pagato anche con i soldi dei due ricercatori.
Ma il dato di fatto ancor più eclatante è che il primo microscopio elettronico (quello “scippato” , secondo la prima versione di Montanari)
sia lo stesso microscopio con cui la dottoressa Gatti sta tuttora lavorando al progetto europeo DIPNA.
Sì, il microscopio è ancora in uso alla stessa ricercatrice: è con quello che porta avanti le sue ricerche, e
non con il secondo microscopio, quello acquistato con la raccolta fondi.

Lo ammette, ancora una volta, lo stesso Montanari: “Il microscopio ci è stato tolto ormai già dal giugno del 2006, è rimasto imballato per nove mesi all’università di Modena, è stato riassemblato, rimontato diciamo così, di nuovo a spese nostre, perché noi adesso con quel microscopio portiamo avanti un altro progetto europeo“.

Dunque, il primo microscopio non venne mai realmente “sottratto” alle ricerche della dottoressa Gatti, ma semplicemente “spostato” dalla Nanodiagnostics di Modena all’Università di Modena.
L’unica cosa che, di fatto, veniva impedita a Montanari/Gatti era l’utilizzo privato dell’apparecchiatura.

In conclusione, questi sono i dati di fatto:

a) il dottor Montanari lamentò la sottrazione di un microscopio che in realtà era ancora in uso a sua moglie per le proprie ricerche;
b) raccontò a Beppe Grillo la storia delle merendine inquinate e permise a Grillo di basare, su questa “scoperta” che in realtà non aveva alcun fondamento scientifico, una serie di spettacoli mirati alla raccolta di fondi per un nuovo microscopio;
c) a raccolta terminata e microscopio acquisito, negò la validità delle ricerche sulle merendine attribuendo a Grillo la responsabilità di aver “capito male, perché non era uno scienziato”.

Mi risultano dunque questi i motivi principali (ne esistono altri ancora, ma non posso scrivere un libro e quindi mi limito a quelli più gravi) per cui si interruppe il rapporto tra Beppe Grillo e Stefano Montanari, che oggi, in un’intervista rilasciata a Byoblu, si dichiara molto stupito del fatto che la Onlus e lo stesso Grillo “non si fossero più fatti vedere”.
Forse non c’era molto di cui stupirsi…

Si aggiunga che Stefano Montanari, in alcune occasioni, millantò partecipazioni a progetti che in realtà non l’avevano affatto visto tra i protagonisti. Per esempio nella sua biografia sul sito della sua casa editrice si definisce “consulente del progetto Nanopathology” della CE; circostanza smentita dall’ufficio stampa della stessa Comunità Europea, consultato da una docente universitaria in chimica:

From: “ALEXANDRESCU Laura” <>
To:
(il nome del richiedente è stato omesso per ovvi motivi di privacy)
Subject: RE: (Fwd) Re: DIPNA {REF RTD REG/G.4(2008)D/579365}]{REF RTD
REG/E.3(2008)D/593026} Date sent: Wed, 3 Dec 2008 15:30:59 +0100

Il Dr Montanari non ha alcun titolo a vantarsi di aver partecipato ai 2 progetti finanziati…

Fin qui i fatti, comprovati, che ho potuto raccogliere sulla storia del primo microscopio.
Quanto al
secondo microscopio, acquistato grazie alla raccolta di fondi fondata (mi si perdoni il bisticcio) sull’equivoco si cui sopra, sarebbe rimasto probabilmente fuori dalla querelle tra Grillo e Montanari se solo i due scienziati avessero prodotto le prove del suo utilizzo a scopo di ricerca.

Purtroppo, come si legge sul sito della Onlus: come più volte sollecitato ai due dottori, rimaniamo in attesa di una reportistica sui risultati e sulle scoperte scientifiche – confermate da pubblicazione e da attestati della comunità scientifica – prodotti in questi tre anni di possesso del microscopio. Ciò crediamo sia doveroso nei confronti dei benefattori. E’ evidente che riferimenti a ricerche e studi svolti prima dell’acquisto del microscopio in oggetto non sono inerenti a tale ripetuta richiesta, ma, anzi, possono risultare fuorvianti”.

In realtà, anche nell’intervista concessa al Ponente, il dottor Montanari mi ha parlato di scoperte (“le nanoparticelle entrano nel nucleo della cellula”, “le nanoparticelle passano dalla madre al feto”) che in realtà appartengono ad un periodo precedente l’acquisizione del microscopio. A dire il vero esse venivano già citate dal professor Renzo Tomatis, (scomparso nel 2007) in alcuni suoi studi. Ma senza voler entrare nel merito di “chi ha scoperto cosa”, visto che qui non stiamo facendo discussioni scientifiche né accademiche, se ne deduce comunque che queste scoperte non sono dovute alla presenza del microscopio elettronico nella sede della Nanodiagnostics.
Non risultano, peraltro, pubblicazioni a nome Montanari e/o Gatti relative agli ultimi tre anni, ovvero al periodo di permanenza del microscopio presso il loro laboratorio.

Risulta invece che il microscopio è stato utilizzato per analisi private a pagamento: lo si evince dai ricavi dichiarati, visto che la mission principale della Nanodiagnostics sono appunto le analisi a pagamento.
Il dottor Montanari, a questo proposito, rifiuta l’accusa di utilizzo lucroso, ma dichiara, in un post sul suo blog: “
quello che facciamo per poter sopravvivere è cercare di vendere qualche analisi ai privati che se lo possono permettere e per questo usiamo anche (non sempre) il microscopio che, in qualche modo, cerca di contribuire al suo stesso mantenimento, visto che né lei né altri si muovono e tutto ci grava addosso“.

Queste spese di mantenimento del microscopio sono state indicate da Montanari in 90.000 euro/anno; ma anche questo costo è stato smentito dalla ditta produttrice, che invece le ha quantificate in circa 25/30.000 euro/anno.

Insomma: soltanto la mancanza di chiarezza sull’utilizzo del macchinario – e soprattutto la mancanza di pubblicazioni relative alle ricerche svolte per mezzo di questo microscopio (e non di quello dell’Università di Modena, pagato con fondi CE) - hanno indotto la Onlus Carlo Bortolani ad affidarlo all’Università di Urbino.

Il resto sono opinioni, ipotesi, supposizioni.
Per esempio: può esistere una macchinazione o un complotto politico ai danni di Montanari?
Ma certo che sì!
E’ risaputo, e ne abbiamo chiari esempi anche nella nostra provincia, che chiunque lotti contri inquinamento, inceneritori e affini è sicuramente malvisto ed è spesso soggetto a pressioni, ricatti e altre piacevolezze simili.
Nessuno si sogna di negare che cementificatori e “inceneritoristi” siano capaci di tutto e che spesso abbiano un potere politico ed economico sufficiente a stroncare una carriera o a danneggiare gravemente chi lotta contro di loro.
Purtroppo, in questo caso, la mia personale impressione è che i presunti nemici di Montanari non abbiano neppure avuto bisogno di entrare in azione, perché il dottore ha fatto tutto da solo.
Le dichiarazioni e controdichiarazioni, l’indubbia strumentalizzazione del caso-merendine e il fatto di avere evidentemente carpito la fiducia di Beppe Grillo, per poi dissociarsene a risultato ottenuto, sicuramente gli hanno alienato diverse simpatie, nonostante si tenda (la sottoscritta per prima) a tifare sempre di cuore per chiunque sposi la causa ambientalista.
Tifare per chi lo fa in modo scorretto, però, diventa più difficile; e anche ammettendo che il suo “non accorgersi che Beppe Grillo aveva frainteso” fosse per una buona causa e che comunque il fine giustificasse i mezzi, almeno a mio avviso, non è esattamente l’esempio di limpida correttezza professionale che ci si aspetterebbe da cotanta icona della ricerca italiana.

Per questo ritengo, personalmente, che il dottor Montanari abbia commesso qualche errore di troppo e che questi errori giustifichino la decisione di spostare il microscopio acquistato coi fondi dei cittadini in altra sede.
Ancora oggi il dottor Montanari mi ha inviato alcune e-mail, una delle quali attacca l’Università di Urbino accusandola di “
essersi schierata in più occasioni a favore di soggetti privati ed iniziative di carattere “imprenditoriale” di dubbia validità. Prova ne siano le recenti consulenze dell’Istituto di Botanica dell’Università e del Prof. Orazio Attanasi, in qualità di docente dell’Ateneo, a sostegno della realizzazione della centrale termoelettrica a cosiddette biomasse nel Comune di Orciano di Pesaro, un progetto ritenuto altamente pericoloso anche dall’IST – Istituto Nazionale per la Ricerca su Cancro di Genova, chiamato a esprimersi da uno dei comuni interessati.”
Purtroppo, sempre dalle testimonianze in mio possesso, risulta che fu lo stesso Montanari ad indicare l’Università di Urbino come destinataria nominale del microscopio.
Se sapeva che questo ente pubblico era complice degli inquinatori, per quale motivo l’ha scelto?
E se non lo sapeva, come può oggi accusare (più o meno velatamente) la Bortolani Onlus di complicità occulte con un Ente che NON è stato scelto da loro?

Comunque, personalmente inviterei i lettori a separare nettamente le due cose, anzi tre: la ricerca da una parte, la lotta contro l’inquinamento dall’altra, la figura del dottor Montanari da un’altra ancora.

Se una qualsiasi di queste non risulta limpida come tutti vorremmo, non è necessariamente valido l’assunto secondo cui non valgono nulla neanche le altre.
Non è così che funziona, e qualsiasi tentativo di virare questa storia a favore di inquinatori e inceneritori sarebbe una strumentalizzazione inaccettabile.

La lotta contro l’inquinamento si basa su ricerche scientifiche fondate, validissime, alcune delle quali sicuramente attribuibili anche alla dottoressa Gatti, con la collaborazione del dottor Montanari:
questo non va assolutamente messo in discussione.
Purtroppo sembra risultare che il dottor Montanari, perseguendo il nobile scopo della ricerca – che personalmente voglio continuare a credere fondato su puri ideali e non su speranze di lucro personale – abbia manipolato un po’ troppo persone, dati e fatti.
Quindi la mia, personalissima ed opinabilissima, opinione è che Beppe Grillo abbia avuto fondati motivi per allontanarsi da questa figura e che la Bortolani Onlus abbia altrettanto fondati motivi non per “rubargli” il microscopio, ma per collocarlo in una sede in cui possa essere utilizzato anche per altre ricerche e da altri scienziati, in grado di garantire quei risultati scientifici e quelle pubblicazioni ufficiali che fino ad oggi la Nanodiagnostics non ha prodotto,
ma a cui i donatori hanno assolutamente diritto.
Il tutto consentendo ugualmente a Montanari-Gatti di continuare a far uso del microscopio per le proprie ricerche, come risulta dall’atto di donazione.
Certo, non sarà comodo fare ogni volta 200 chilometri per utilizzarlo: su questo il dottor Montanari ha sicuramente ragione. Però è anche vero che questo disagio appare come il risultato della sua scarsa trasparenza, e di questo non credo possa incolpare altri che se stesso.
Che poi qualche potere (politico od economico che sia) legato agli inceneritori possa far festa, è fuor di dubbio: ma questa è la
conseguenza, mentre non c’è alcuna prova che possa farlo ritenere la causa di quanto è successo.

Nota finale: ciò che ho pubblicato è il risultato di due giorni di ricerche; ma non pretendo sicuramente, in due giorni, (per quanto intensi) di aver sciolto tutti i nodi che compongono questa intricata storia.
Il dottor Montanari avrà ampio diritto di replica, così come lo avranno tutte le persone informate che vorranno partecipare alla discussione, portando possibilmente fatti concreti: ma anche le semplici opinioni saranno bene accette.
Come si sarà notato, in questo mio “punto della situazione” manca la testimonianza diretta di uno dei principali interessati, e cioè Beppe Grillo. In realtà avevo cercato di contattarlo tramite il meetup savonese; ma la sua decisione, comunicata dal suo assistente, è quella di “
non rilasciare interviste su questa faccenda per non alimentare ulteriori “rumors” fino a quando (a breve) farà un post su questo argomento“.
Ed ovviamente – anche se un po’ a malincuore – non possiamo che rispettarla.

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Scacco matto alla celiachia, ecco i tre colpevoli.


ROMA - Si stringe il cerchio sulle molecole che causano la celiachia, l'intolleranza alla proteina dei cereali (glutine) che puo' causare seri problemi di assimilazione e deperimento: scoperte infatti le tre molecole tossiche responsabili della malattia, i frammenti (peptidi) del glutine che scatenano la reazione immunitaria nei pazienti. E' un passo avanti enorme che accelera la corsa verso un vaccino per questo male. Annunciata sulla rivista Science Translational Medicine, la scoperta ha gia' portato all'avvio di una prima sperimentazione su pazienti di una cura messa a punto sulla base dei tre peptidi colpevoli, che consiste nella desensibilizzazione dei pazienti al glutine, in pratica un vaccino che puo' bloccare la malattia prima che faccia danni gravi all'intestino. La sperimentazione in corso e' condotta dalla compagnia biotech di Melbourne Nexpep Pty Ltd. La scoperta e' merito dell'equipe di Bob Anderson e di Jason Tye-Din del Walter and Eliza Hall Institute of Medical Research a Parkville, Australia.

''E' un risultato importante che ci attendavamo dal gruppo di Anderson che da anni studia la celiachia ed e' a caccia di questi peptidi, ed e' un risultato arrivato anche prima del previsto; cio' permette grosso modo di dimezzare i tempi previsti per la messa a punto e la commercializzazione di nu vaccino, 5-10 anni contro i 15-20 ritenuti necessari finora'', ha commentato la notizia Italo De Vitis, dirigente dell'unita' di medicina interna e gastroenterologia dell'Universita' Cattolica di Roma presso il centro integrato Columbus che e' un presidio accreditato per sorveglianza, prevenzione e diagnosi della celiachia. La malattia e' un'intolleranza che causa seri problemi all'intestino, rovinandone le pareti. Come conseguenza di cio' il paziente non riesce piu' ad assimilare vitamine, minerali ed altri nutrienti assunti con la dieta e quindi anche gli altri organi ne risentono come se il corpo fosse malnutrito. In Italia si stima vi siano 600 mila celiaci ma solo 100 mila di questi sono venuti allo scoperto e quindi hanno nua diagnosi e tengono a bada la malattia, sostanzialmente non mangiando cereali e tutto cio' che contiene glutine. Per gli altri il rischio e' di gravi carenze nutrizionali e quindi, a lungo termine, di danni all'organismo o problemi di sviluppo nei bambini.

Il gruppo di Anderson, ha spiegato De Vitis, finora aveva scovato la sequenza di amminoacidi del glutine responsabile della reazione immunologica nel celiaco quando questo viene a contatto con la proteina, ma restavano imprecisati i peptidi contenuti in questa sequenza maggiormente responsabili della reazione immunitaria del malato. Gli esperti australiani hanno arruolato un gran numero di pazienti, 200, ed hanno fatto mangiare loro dei cereali. Dopo sei giorni con un prelievo di sangue hanno isolato le cellule immunitarie artefici della reazione al glutine ingerito giorni prima. Poi i ricercatori hanno fatto 'incontrare' queste cellule (linfociti T) con 2700 peptidi sospetti ed hanno trovato i tre che si accoppiano piu' saldamente alle cellule. Tali tre composti sono quindi i peptidi che piu' di tutti scatenano la reazione immunitaria e adesso sono oggetto di sperimentazione in un test per vedere se, somministrando in piccolissime quantita' i tre peptidi ai pazienti, questi pian piano si desensibilizzano nei confronti del glutine. ''La scoperta e' importante - ha concluso De Vitis - perche' potrebbe fornire una cura per il 90-95% dei celiaci e quindi assicurare il controllo precoce di questa malattia prima ancora che arrechi danni all'organismo e senza dover rinunciare ai cereali nella dieta''.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/scienza/2010/07/21/visualizza_new.html_1874290405.html


Il sultano e il suo sultanato. -

[Carta Capital]

Berlusconi minaccia la democrazia tentando di mettere in pratica un piano messo a punto più di 30 anni fa

Venerdì 11 giugno la prima pagina de La Repubblica, uno dei due quotidiani più importanti e di maggior tiratura in Italia, è uscita completamente in bianco con al centro un’unica nota di chiarimento ai lettori: “La legge bavaglio nega ai cittadini il diritto di essere informati”. In seconda pagina il direttore del giornale Ezio Mauro esponeva il proposito di testimoniare “una violenza nel circuito democratico” portata avanti a forza di legge.

Nel pomeriggio di giovedì 10, il Senato aveva approvato a maggioranza semplice il progetto di legge preparato dal ministro della Giustizia Angelino Alfano sulle cosiddette “intercettazioni telefoniche” svolte dalla polizia su sollecitazione della magistratura che includono tuttavia, secondo la versione ufficiale, altre forme di violazione della privacy dei cittadini. Scrive Roberto Saviano, autore del best seller mondiale Gomorra: “La legge bavaglio non difende la privacy dei cittadini, difende quella del potere”.

Giorni difficili si preparano per il giornalismo italiano, tanto per gli editori quanto per i giornalisti. Le “intercettazioni” non potranno essere pubblicate in versione integrale e nemmeno la loro trascrizione, fino all´inizio del processo. Il giornale che non rispetterà la proibizione subirà multe variabili tra i 30mila e i 450mila euro. Il giornalista si espone al rischio di finire in carcere per un mese. Risulta chiara, tra le altre, l´intenzione di coinvolgere l´editore al punto di forzarlo ad interferire nella linea editoriale del giornale, il che configura una novità assoluta per il giornalismo italiano dove la direzione delle redazioni è affidata esclusivamente ai giornalisti.

Si proibisce alla televisione di riprendere qualsiasi magistrato all´interno del palazzo di Giustizia e ai procuratori di rilasciare dichiarazioni alla stampa e, inoltre, di pubblicare gli atti delle indagini in versione integrale fino al termine dell´udienza preliminare. Nel caso della criminalità organizzata le “intercettazioni” non potranno prolungarsi per più di 75 giorni, con la possibilità di proroga di 72 ore da richiedere previamente a un’istanza superiore. Si immagina che le mafie che infestano la penisola stiano festeggiando dentro le loro tane e perfino alla luce del giorno.

Il posto d’onore al tavolo dei festeggiamenti spetta anche a corruttori e corrotti che trafficano nei corridoi del potere. Se la Legge Alfano fosse già entrata in vigore, le conversazioni telefoniche tra gli imprenditori chiamati a partecipare alla ricostruzione de L´Aquila, ridotta in macerie dopo il terremoto, non sarebbero arrivate a conoscenza dell´attonito e perplesso pubblico. I signori della ricostruzione, convocati dalla Protezione (protezione?) Civile, sono stati intercettati mentre gioivano per il sisma e ringraziavano l´intervento della natura generosa. O sarebbe meglio dire della Provvidenza Divina?

La legge bavaglio è passata al Senato per l´imposizione della maggioranza di destra, chiamata da Silvio Berlusconi al voto di fiducia, in mezzo al tumulto delle proteste dell´opposizione. Al termine del dibattito, i senatori del Partito Democratico hanno abbandonato il maestoso salone del palazzo cinquecentesco rifiutandosi di partecipare alla pantomima. Anche così la strada che lo attende non si presenta tanto agevole per Berlusconi.

Il primo problema sorge all´interno della stessa coalizione di governo. Il secondo ha le fattezze altezzose e composte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Entrambi, in qualche modo, si intrecciano. Il presidente della Camera Gianfranco Fini, cofondatore del Popolo della Libertà, intravede la gravità della situazione e l´incostituzionalità della legge bavaglio in molti dei suoi punti chiave. Invece Berlusconi protesta costantemente contro una Costituzione che, dice lui, gli lega le mani, e minaccia perfino di riscriverla, ma nulla di tutto ciò facilita le relazioni tra il primo ministro e il presidente della Repubblica, al quale spetta di firmare la legge prima della promulgazione. A ragione, Fini teme che Napolitano rifiuti di firmare ed esiga modifiche. È un diritto che la Costituzione gli conferisce. Che farà Berlusconi? Forse si prepara ad affrontare un presidente che non è la regina di Inghilterra.

Fini teme una crisi istituzionale di dimensioni ed effetti imprevedibili e fa sapere, dall´alto di una carica che glielo permette, che la votazione alla Camera sulla legge bavaglio, la cui approvazione permetterebbe l´invio al tavolo presidenziale, dev’essere preceduta dal dibattito sulle severissime misure economiche previste dal ministro dell´Economia Giulio Tremonti per affrontare la crisi. Fini spera che, posticipando l´approvazione della Camera alla fine di agosto o all´inizio di settembre, la tensione di questi giorni si affievolisca. Non è impossibile che riesca a realizzare il suo piano. Tuttavia è abbastanza probabile che si illuda sulle sue conseguenze.

La minaccia alla democrazia italiana, del resto “incompleta” come sostiene l´ex leader del Pd ed ex sindaco di Roma Walter Veltroni, è fin troppo chiara. Berlusconi è arrivato a paragonarsi a Mussolini, il quale si lamentava di comandare meno dei suoi gerarchi, anche se il parallelo vale solo come caricatura. Il premier assomiglia più, molto di più, al sultano di un triste sultanato dove gli interessi mafiosi e di governo si incrociano. E dove perfino l´unità di Italia, che quest´anno celebra i 150 anni, è messa in scacco dalla Lega nord, della quale, in un certo qual modo, il sultano è ostaggio. È da essa che dipende la sua maggioranza.

Mussolini parlava di ingerenza dei suoi gerarchi, i sottoposti che lo circondavano. Berlusconi è accerchiato da lacchè, a cominciare dal ministro Alfano. In ogni caso, mai come adesso i legami tra la criminalità organizzata e il governo sono stati tanto portati alla luce. Due settimane fa il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, interrogato sull´onda degli attentati mafiosi iniziati con gli assassini dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e conclusasi con diverse bombe esplose nella prima metà del 1993 (una a Firenze, vicino al museo degli Uffici, con morti, feriti e danni al patrimonio artistico), ha fornito una spiegazione politica. Perchè gli attentati cessarono repentinamente? Grasso prospetta un’ipotesi inquietante: si voleva creare un clima in grado di favorire la nascita di una nuova “entità politica”.

Il 2 giugno l´ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha dato seguito alle parole di Grasso. Primo ministro nel 1993, in un´intervista di grande impatto ha detto di aver temuto all´epoca l´imminenza di un colpo di Stato, soprattutto nella notte dell´esplosione di una bomba a Roma, quando l´energia elettrica della capitale venne tagliata per molte ore. Ciampi concorda con il procuratore antimafia: l´obiettivo potrebbe essere stato quello di creare una forza politica disposta a mantenere intatte le relazioni tra governo e mafia. Tutto un regime di reciproci favori.

Seguendo questa misteriosa pista si torna al 1981, quando la scoperta della loggia massonica Propaganda 2, più conosciuta come P2, suscitò uno dei più fragorosi scandali politici della storia repubblicana italiana. Loggia “coperta”, ovvero segreta, che aveva l´obiettivo di sovvertire il modello sociopolitico vigente e guidata da un imprenditore toscano, Licio Gelli, abile trasformista durante la guerra, diviso tra l´adesione al fascismo in declino mentre organizzava una fuga di partigiani prigionieri. Tra il 1976 e il 1981 la P2 ebbe un notevole sviluppo e arrivò a fare proseliti in Sudamerica, Brasile incluso.

Nel quadro delle indagini sul presunto sequestro dell´avvocato e uomo d´affari Michele Sindona, i giudici istruttori autorizzarono un blitz della polizia nel casolare e nella fabbrica di Gelli. L´operazione portò alla luce una lista di circa mille affiliati alla P2, tra i quali lo stesso Sindona. Gelli scappò in Uruguay. Una commissione parlamentare portò alla luce che la loggia intendeva assumere le redini del potere secondo un “piano di rinascimento” destinato a collocare nei posti di comando dello Stato esponenti della P2.

Tra le figure che dovevano essere reclutate vi era Giulio Andreotti, sette volte primo ministro, lo stesso che abbandonò Aldo Moro al suo destino nelle mani delle Brigate Rosse nel momento in cui quest´ultimo negoziava l´alleanza tra la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista di Enrico Berlinguer, il compromesso storico. Tra gli altri spiccavano i leader non solo della DC, ma anche del partito Socialista, a cominciare da Bettino Craxi che diventerà premier, dei socialdemocratici e dei repubblicani. Si prevedeva di porre sotto controllo dell´Esecutivo il Consiglio Superiore della Magistratura, separare le carriere dei magistrati, rompere l’unità sindacale, abolire il monopolio della televisione statale Rai. Punti questi che fanno parte dell´attuale programma di Silvio Berlusconi, ex possessore della tessera n. 1816 della P2. La quale arrivò a contare più di duemila affiliati, tra essi tre ministri del governo dell´epoca, 44 parlamentari, 39 generali, 8 ammiragli, 4 brigadieri, oltre ad imprenditori, banchieri e figure centrali della società influente dell’epoca.

Non mancavano nella lista vari giornalisti, alcuni dei quali coinvolti nell´operazione condotta dalla P2 per annettere al progetto il Corriere della Sera dopo aver provocato il fallimento della famiglia Rizzoli, proprietaria del giornale, grazie all´inestimabile collaborazione del banchiere Roberto Calvi e dello IOR, la banca del Vaticano, considerata più sicura delle Cayman o della stessa Svizzera, all´epoca affidata alla competenza di monsignor Marcinkus, quel corpulento prelato che accompagnò Giovanni Paolo II nella sua visita in Brasile nel 1980.

Arrestato, Sindona venne avvelenato in carcere, mentre il cadavere di Calvi penzolava da una corda sotto un ponte di Londra, a simulare un impossibile suicidio.

Quanto a Gelli, oggi 90enne, vive agli arresti domiciliari nella sua bella villa toscana nei pressi di Firenze. Il mistero avvolge ancora oggi il nome del supremo sacedote della loggia. Secondo la vedova Calvi, sarebbe Andreotti, monumentale ipocrita, protagonista del film Il Divo, oggi 90enne e senatore a vita.
Condannato per collusioni varie con la mafia siciliana e per l´assassinio del giornalista Mino Pecorelli, non fu mai assolto come molti credono con l´approvazione del suo sguardo accondiscendente. Si dá il caso che fu condannato appena per “associazione di stampo mafioso”, ma la pena venne prescritta.

Alcuni dei punti programmatici della P2 sono stati realizzati ancor prima che Berlusconi diventasse capo del governo per la prima volta nel 1994. Craxi, quando era primo ministro, aprì all´ex piduista le porte della TV privata. È in corso il tentativo di raggiungere altri obiettivi della famigerata loggia e l´Italia viaggia in direzione di un sultanato che fa vergognare un paese con tremila anni di storia. E non manca l’evidenza che, una volta cessati all’improvviso gli attentati mafiosi, la nuova “entità politica” irruppe sulla scena: Forza Italia, il primo partito politico di Berlusconi. Quello che ora ha la faccia tosta di presentarsi come il Popolo della Libertà.

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mercoledì 21 luglio 2010

I grillini ci hanno preso gusto. - Stefano Caselli



I sondaggi li danno già al 3%: "Pronti a entrare in Parlamento". Giovanni Favia, eletto a Bologna:"Ero contro i partiti, ma per incidere bisogna starci".

Se si votasse oggi, almeno stando a quanto rivela un sondaggio commissionato dal quotidiano La Stampa - raccoglierebbe il 3 per cento dei consensi, come Sinistra e Libertà di Nichi Vendola. Il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo,piaccia o no, è qualcosa con cui la politica italiana – e la sinistra in particolare – dovrà fare i conti nei prossimi anni. E lo sanno bene gli elettori dell’Emilia Romagna e, soprattutto, i piemontesi. Un possibile exploit, con margini di crescita indefinibili, che ancora una volta dimostra quanto paghino idee chiare e non negoziabili: lo insegna da una vita la storia della Lega, è tendenza ormai consolidata per l’Idv. Insomma, l’esatto contrario del Pd.

Davide Bono e Fabrizio Biolè da tre mesi siedono da extraterrestri in consiglio regionale a Torino. Davide, medico, 30 anni, è il capogruppo. È stato il primo a non stupirsi dei 90 mila voti che lo hanno catapultato a Palazzo Lascaris e non si sorprende del sondaggio: “Abbiamo una visione e sappiamo di avere un consenso alle spalle – racconta – il Movimento sta crescendo anche al di fuori della rete, perchè le nostre tematiche – energia, sostenibilità, trasparenza – sono di respiro mondiale. E’ il momento caldo per battere”. Per il futuro prossimo le idee sono chiare: “Presenteremo un candidato sindaco a Torino e, soprattutto, contiamo di entrare in Parlamento nel 2013. Il 4 per cento è una soglia raggiungibile, i risultati di Piemonte ed Emilia-Romagna lo confermano”.

Ma come sono stati questi primi mesi da “politico”? Davide risponde divertito: “È un lavoro duro – dichiara – per riuscire ad incidere nelle istituzioni e ottenere risultati bisogna imparare il mestiere. Ci stiamo provando”. Un obiettivo raggiunto, i due grillini – che trattengono per sé 2.500 euro al mese destinando il resto delle indennità al Movimento che a sua volta finanzia iniziative e progetti – se lo appuntano al bavero: “Il Piemonte ha dimezzato il Tfr per i consiglieri – dichiara Bono – Fino a ieri chiunque non fosse rieletto riceveva un indennizzo di 100 mila euro. Il taglio è passato come emendamento della maggioranza alla Finanziaria, ma i primi a proporlo siamo stati noi. Il meccanismo è sempre lo stesso, rigettare tutto quello che viene dalle opposizioni salvo poi ripresentarlo se conviene”.

L’omologo emiliano di Davide Bono si chiama
Giovanni Favia, ha 29 anni ed è un fiume in piena: “Quando siamo arrivati in Regione – racconta – abbiamo scatenato un tifone, proponendo da subito l’abolizione del vitalizio per i consiglieri; il Pd ha preso tempo fino a settembre per decidere. Poi abbiamo puntato sul taglio degli stipendi aggiuntivi, le indennità di funzione. Sono stati costretti ad approvarlo con una delibera”. I ragazzi sembrano averci preso gusto: “Ero tra quelli scettici con lo sporcarsi le mani in politica – confessa – ma sbagliavo. Prima le cose ce le dicevamo in piazza, magari in tanti, ma rimanevano circoscritte. Adesso dico una cosa e il giorno dopo me la ritrovo sul giornale. Ci chiamano antipolitica ma della politica siamo i signori: per noi è un servizio civile. E poi io e Andrea (Defranceschi, collega consigliere, ndr) leggiamo tutte le carte fino all’ultima riga, sono tutti sconvolti. I consigli regionali sono realtà ancora più opache e giù di tono del Parlamento; tutto è in mano alle giunte, nessuno discute, pochi lavorano. Per adesso a rompere le scatole ci siamo solo noi”. Stupito del possibile 3 per cento nazionale?: “No di certo – ancora Giovanni – qui in Emilia, per esempio, siamo molto radicati, abbiamo toccato punte dell’11% e possiamo arrivare al 15. Il Parlamento? È un discorso prematuro, ma penso proprio che ci candideremo. Beppe avrebbe potuto farlo dopo il V-day, ma sarebbe stata una decisione calata dall’alto. Ora, invece, c’è un forte movimento dal basso, con tanto cuore e tanta volontà”.

In Piemonte i colleghi del “palazzo” hanno accolto bene i due extraterrestri: “Sono tutti molto cordiali – racconta Davide Bono – Penso che abbiano anche paura di noi, sanno che qualunque cosa accada noi la rendiamo pubblica in tempo reale”. Facebook, Twitter, la blogosfera, lo sconfinato catino della rete dove i grillini consumano la loro luna di miele collettiva. Ma il mondo è anche fuori e qualche crepa, prima o poi, inevitabilmente comparirà. A Torino è già successo con i ricorsi (in parte accolti dal Tar) per l’annullamento delle elezioni regionali. Il Movimento a 5 Stelle li ha definiti “arroganti”, un po’ stonato per chi fa della legalità e della trasparenza un cavallo di battaglia: “È vero – ammette Bono – abbiamo ricevuto critiche per questa presa di posizione. Dico soltanto che mi sembrano ricorsi un po’ strumentali. Chi ha falsificato le firme lo ha fatto anche nel 2005, ma allora nessuno alzò un dito. In ogni caso se illegalità ci sono state è giusto che si faccia luce”.

Forse c’è il timore di non ripetere l’exploit in caso di nuove elezioni? “È quello che mi dicono tutti – conclude Davide – In realtà sono sicuro che raddoppieremmo i consensi, ma non mi va di farlo sulle tasche dei piemontesi. Di sicuro non lo farei sulle mie: in campagna elettorale ho speso, oltre alla benzina, 50 euro di volantini. E abbiamo anche rinunciato ai rimborsi”.



“Il sistema di B. è in tilt: gli conviene sfilarsi”. - Silvia Truzzi



Secondo Alexander Stille, docente di Giornalismo alla Columbia University, gli scandali che stanno coinvolgendo il governo sono palesi anche agli elettori del Pdl.

Molti sentono puzza di basso impero. È l’odore che hanno l’impasse politico, la corruzione, i tentativi di strappo ai principi democratici. Fine di un’era? Risponde Alexander Stille, docente di Giornalismo alla Columbia University ed editorialista di Repubblica.

Capolinea Berlusconi?

Non credo che come individuo sia finito, rimane una figura potentissima. Ha assorbito scandali che avrebbero travolto qualsiasi leader politico del mondo. È ancora l’uomo più ricco del Paese: continuerà a influenzare la politica”.

E il berlusconismo?

Forse quel modo di fare politica, personalista e fondato sulla corte, è andato in tilt. E si è rivelato agli occhi dei cittadini per quello che è: un fallimento totale”.

La gente non pensa più che il Cavaliere trasformi il piombo in oro?

“È uomo d’immagine e s’interessa troppo poco della gestione reale dell’Italia. È convinto di saper fare meglio di tutti ed è incapace di pensare un modo di guidare il Paese diverso da quello incentrato su di sé. Questo comporta che l’esecutivo sia formato da suoi amici e cortigiani”.

Alcuni di loro sono compromessi.

“Una gestione personalizzata inevitabilmente si trasforma in governo clientelare. Lo scandalo della Protezione civile è emblematico del berlusconismo: un grande capo che agisce senza controlli. E poi ci sono i privilegi, impropri se non illegali, le cricche. Il sistema è questo, un sistema in bancarotta. Lo dimostra anche lo scandalo dell’eolico. Lo stesso meccanismo: gli amici di B. che fanno affari con Carboni. Forse ci sono tangenti, forse no. Però è il comitato d’affari. Quindi il famoso ‘governo del fare’ si riduce per forza alla gestione clientelare. Non si può governare alla Berlusconi senza scendere nella corruzione. Anche perché il premier cerca sempre di agire senza controlli. Ed è un signore che serve interessi suoi e se ne frega di tutto il resto. Ora questo è palese, anche agli occhi di molti che l’hanno votato”.

E il Pdl ha perso elettori alle ultime Regionali.

“Certo, anche dentro il centrodestra ora c’è una maggior cautela. Fini, ma anche la Lega che in questi giorni sta dicendo: ‘Siamo un partito senza inquisiti’. Distanze, no?”.

Qualcuno vede già Tremonti al posto di Berlusconi. Lei?

“Non dimentichiamo che Tremonti ha fatto i condoni edilizi e lo scudo fiscale. Anche questo fa parte del berlusconismo”.

La domanda era: è uno scenario plausibile?

“In un certo senso per il presidente del Consiglio sarebbe auspicabile: credo che si sottrarrebbe volentieri alle sue responsabilità”.

Molta responsabilità, molta immunità…

“Le persone potenti in Italia non pagano mai. Berlusconi non andrà mai in galera, qualunque cosa faccia. La sua vicenda non finirà per via giudiziaria. La sinistra scioccamente non ha mai sottolineato il disastro finanziario in cui il premier ha trascinato l’Italia. Crescita zero, un anno dopo l’altro dal 2001 al 2006″.

A proposito di sinistra: perché non combattono la maggioranza come succede dappertutto?

“D’Alema e i suoi hanno pensato di poter trattare con Berlusconi. E si sono fatti fregare una volta dopo l’altra, dalla Bicamerale alla legge Maccanico”.

Berlusconi non è il tipo di politico con cui per definizione non bisognerebbe trattare?

“Ovviamente. Ma la sinistra ha sottovalutato il conflitto d’interessi, dovevano fare una legge per stabilire un’Italia delle regole. Invece, anche nella Bicamerale, la giustizia fu trattata come merce di scambio. Grande errore: la sinistra avrebbe dovuto rappresentare un modo di fare politica diverso dai compromessi”.

Infatti: il Pd ha avuto un forte calo di consensi. Perdono voti tutti e due. Poco fisiologico in un sistema maggioritario?

“Non mi stupisce: pensiamo all’indulto per salvare Previti, o alla scelta di una figura molto chiacchierata, mi riferisco a Mastella, come ministro della Giustizia. Cosa dice ai suoi elettori? Non certo: ‘Noi siamo diversi’”.

La situazione politica è bloccata, mentre attorno alla politica c’è un grande fermento giudiziario.

“Bisogna provare a fare un governo senza Berlusconi e senza gli uomini di Berlusconi”.

Almeno per fare la nuova legge elettorale?

“Certo. E la sinistra deve riprendere terreno, invece di avere paura dei propri elettori”.

Da
Il Fatto Quotidiano del 21 luglio 2010