domenica 16 settembre 2012

Ferdinando Imposimato.



Non ci libereremo mai di Berlusconi se non ci liberiamo di Massimo D'Alema. Il governo di centro sinistra si pronunciò per l'eleggibilità di Berlusconi per l'ambizione di D'Alema che mirava ai voti del premier per stravolgere la Costituzione introducendo il Presidenzialismo.

Fu Massimo D'Alema - lo diciamo da anni- che diede a Silvio Berlusconi, nel 1994, l'assicurazione che il suo impero mediatico non sarebbe stato toccato. Ignorava l'allora capo della opposizione che il 69,3% degli italiani decide come votare guardando la TV. La verità la confessò Luciano Violante nel febbraio 2002, quando disse, nello stupore del Paese: “L'on Berlusconi sa per certo che gli è stata data garanzia piena nel 1994 che non sarebbero state toccate le televisioni. Voi ci avete accusato, nonostante non avessimo fatto la legge sul conflitto di interessi e dichiarato eleggibile Berlusconi nonostante le concessioni” E ciò in violazione della legge 30 marzo 1957, ignorando l'appello di Giorgio Bocca, Paolo Sylos Labini e Giuseppe Laterza. Non c'era stata ignoranza ma un consapevole patto scellerato tra D'Alema e il suo amico di Arcore.

Un regime nato e cresciuto sui rapporti con la mafia stragista, sui servizi deviati alleati della mafia, sui poteri occulti, sulle ingiustizie sociali, sui potentati economici, sulla umiliazione della scuola pubblica e dell'Università.

https://www.facebook.com/FImposimato/posts/10151013980471750

Favia e Tavolazzi, “due serpi in seno”.


Tavolazzi e Storari ai tempi della concordia.

Accuse dell’ex Ppf Mantovani. E Storari ricostruisce l’affaire Parma.


Serpi in seno, schizzi di veleno, traditori. Si alimenta anche a livello locale la spaccatura all’interno del Movimento 5 Stelle. Nel caso specifico a stigmatizzare il comportamento dei reprobi Favia e Tavolazzi è Tommaso Mantovani che, abbandonata la diplomazia dei giorni successivi al suo addio a Progetto per Ferrara (vai all’articolo), rincara la dose dopo le critiche al consigliere comunale di essere “ondivago, non trasparente, in contrasto con il Movimento 5 Stelle” (leggi).
Questa volta il j’accuse di Mantovani si allarga a Giovanni Favia, il consigliere regionale Cinque Stelle, ormai arcinoto per il fuori onda contro Casaleggio trasmesso da La 7 (leggi). “Sono convinto che se il M5S non fosse quotato al 15-18% Tavolazzi e Favia se ne sarebbero andati da un pezzo”. Iniziano così le rimostranze dell’ex ppf ‘confidate’ sui commenti di Estense.com: “la questione è tutta qui, secondo me: c’è chi vorrebbe trasformare il Movimento5 Stelle in un partito, con strutture e software portatori di ‘democrazia diretta’ (ma che spesso hanno solo l’aria della moda tecnologica) per poter entrare in Parlamento. E c”è chi un altro partito inevitabilmente simile agli altri, non lo vorrebbe, ma preferirebbe un movimento che spingesse tutti ad occuparsi di politica nel senso del bene comune, non della carriera personale o della squadra di appartenenza”.
Il riferimento è tutt’altro che mediato. “Non mi stupirei che ora Grillo – prosegue Mantovani - consapevole di essersi allevato due serpi in seno (né Favia né Tavolazzi avrebbero avuto gli stessi voti senza di lui) mandasse tutti a quel paese e mollasse la politica… ma forse è proprio questo che qualcuno spera. E dovrà rendere conto del danno arrecato a tutti gli attivisti e i simpatizzanti del MoV5stelle, non solo ai propri lecchini”.
Poco prima, scontrandosi con i suoi detrattori, il grillino ribadisce che in Ppf, “tranne qualche eccezione, sono rimasti solo quelli che odiano Grillo e postano solo schizzi di veleno. Ma allora perché sforzarsi di dire che si è ancora nel MoV5stelle? Forse perché nei sondaggi è dato al 15%?”. E ancora: “Traditore è chi adesso sputtana Grillo con tutti i link possibili sul googlegroup di Ppf. Me ne sono andato soprattutto per questo”. Infine, sulla democraticità del suo ex capogruppo: “Mi sembra di sognare…. Tavolazzi che critica Grillo per “le modalità decisionali” e per gli utenti “che non vengono mai chiamati a discutere e votare”… Ma guardi prima quello che fa lui, su democrazia e trasparenza, con decisioni prese sì e no in cinque, quando va bene, per tutta la lista. E si faccia una ragione: che gli piaccia o no siamo tutti fuori dal Mov5stelle. È inutile che usi il “noi”, sperando in qualche scissione del movimento. Fa finta di difendere Grillo e poi lo sputtana appena può: ho sentito più cattiverie su grillo da Tavolazzi & co. che in tutto il web. E Ferrara ha perso un’occasione epocale di cambiamento”.
Dopo Mantovani, arriva tramite lettera lo sfogo del secondo ex Ppf, il primo però ad andarsene come rivelò in anteprima Estense.com, l’ex portavoce e cofondatore della lista Angelo Storari (vai all’articolo). Storari smentisce le parole di Favia riportate dal Fatto Quotidiano, al quale assicura di essere estraneo all’affaire Tavolazzi-Parma. Il 23 maggio il grillino si trovava a Comacchio in attesa del comizio di Grillo. “Favia, senza nascondersi, anzi piuttosto erga omnes – ricorda Storari -, dice pubblicamente che in caso di vittoria a Parma di Pizzarotti, Tavolazzi verrà chiamato per fare il dg, vista la difficile situazione del Comune di Parma. Addirittura, assai ben informato, arriva a citare il nome del primo dei non eletti che dovrà nel caso rimpiazzare Tavolazzi nel consiglio comunale di Ferrara” (Mantovani, ndr).
“Tavolazzi ben una settimana dopo, la sera del 30 maggio – ricostruisce l’ex portavoce -, nella consueta riunione settimanale della lista civica, afferma che il giorno prima (mercoledì) ha ricevuto da Pizzarrotti una generica “richiesta di aiuto da parte nostra”. Valentino dirà poi di aver usato termini generici, ma di essersi riferito alla proposta di direttore generale a Parma, motivando il fatto con la presenza di nuovi arrivati. Anche successivamente in un dialogo vis a vis, confermerà tale versione”.
Due versioni abbastanza discordanti, quelle di Tavolazzi e di Favia. “Mi sembra difficile comprendere come entrambi possano dire la verità – pungola Storari -, ma se qualcuno riuscisse a farlo, ne saremmo ben felici. Se il fine reale era di far evolvere e crescere il Movimento, si è sbagliato su tutto il fronte. Tempi, modi, parole, toni, linguaggi”.

Riforma elettorale, niente colpi di mano. - Paolo Hutter



“Stanno facendo una gran manfrina per lasciare su il Porcellum”: non è vero. “Col pretesto di cambiare il Porcellum stanno preparando una gran porcata”: è abbastanza  vero, ma si tenga conto che sono divisi da interessi conflittuali. Occhio:  immagine e sostanza sono piuttosto distinti, anche in questo tema apparantemente astruso.
La facciata della questione della riforma elettorale si basa su sentimenti, istinti, giudizi ormai ben noti. Chi decide chi andrà in Parlamento? “I capipartito o i cittadini-elettori?” Il dito è puntato contro le liste bloccate del Porcellum. Allora nella facciata – e nella nuova vulgata popolare -  la questione viene  vista così: sti capipartito mollano o no ai cittadini il potere di scelta?  Molto meno popolare è una discussione seria su come meglio si può esercitare questo potere di scelta, se  con le preferenze, con i collegi, quali, o con le primarie sulle liste.
Ma la questione che ha mobilitato tanta gente – ovvero quella di come vengono scelte le persone, i rappresentanti in Parlamento – è stata affiancata e superata da un braccio di ferro sul premio di maggioranza, che a questo punto è la principale sostanza del problema, perché determina quale maggioranza esce o può uscire dal voto. Quando i big del Pdl dicono, “ha ragione Napolitano, non si può andare al voto con questa legge, la gente non lo tollererebbe” in realtà non pensano alla cosiddetta “differenza tra Parlamento dei nominati e Parlamento degli eletti” ma alla possibilità di impedire che si formi una coalizione di centrosinistra che conquisti  il Governo, come è avvenuto l’anno scorso in quasi tutte le città in cui si è votato, da Milano a Cagliari. ( O una coalizione “alternativa” come a Napoli e Palermo.) Quello che viene messo in discussione è il premio di maggioranza alla coalizione o il premio di maggioranza tout court, proponendo in alternativa il premio al primo partito o il proporzionale alla tedesca e basta. 
Non sono concetti astrusi o vuote formule. Significa che mentre col premio di maggioranza alla coalizione – che con diverse sfumature vige in Italia da 19 anni per Comuni Province Regioni e Parlamento – possono esistere centrosinistra e centro destra, o anche altre proposte, ma legate alla candidatura di un nome e cognome preciso alla testa di un esecutivo, e dopo le elezioni si sa subito che alleanza ha vinto e chi governa, se aboliscono il premio alla coalizione nasce una Terza Repubblica in cui le alleanze vere sono variabili dopo le elezioni. Adesso abbiamo letto che Pdl  Udc e Lega proporrebbero il proporzionale. Mica per il pluralismo – metterebbero lo  sbarramento per evitare di dare spazio a concorrenti minori – ma perché sanno che non vinceranno le elezioni e quindi vogliono evitare che il Pd e i suoi alleati – o 5 stelle se avesse un’ulteriore crescita – abbiano in Parlamento, col premio di maggioranza, i numeri per governare.  
Altro che nominati del Porcellum o preferenze, sarebbe una improvvisa svolta nel sistema , una svolta che arriverebbe dall’alto  prima ancora che la gente capisca di cosa si tratti. Il premio diciamo di maggioranza al primo partito – e non alla coalizione – è una variante azzardata di questo disegno, non sarebbe comunque sufficiente a creare una maggioranza parlamentare. E’ un sistema in vigore in Grecia, dove ha provocato la ripetizione di due elezioni anticipate in due mesi, e in concreto, in Italia, è un tentativo di corrompere il Pd perché in nome di un vantaggio di partito rinunci al meccanismo della coalizione.
Purtroppo la indignazione contro i nominati si è riversata tutta sulla legge elettorale e su tutta la legge elettorale, ( nessuno si è occupato invece della riforma dei partiti), e ora – mi si scusino i riferimenti animali – l’anti Porcellum rishia di essere il “cavallo di Troia” di ben altro.  A questo punto è meglio votare con la attuale legge, ma le liste bloccate dei candidati devono essere assolutamente formate e verificate con la base degli elettori prima d presentarle.
ps: vi chiedo scusa per la lunghezza, ho lavorato molto per offrire un testo aperto che può essere utilizzato, integrato, linkato  etc in una mobilitazione autogestita on line da chi condivide questo punto di vista, di elettore che non vuole essere fregato da un colpo di  mano di un Parlamento morente.

Berlusconi: il piano per Renzi premier. - Tommaso Cerno e Marco Damilano



'L'Espresso' è entrato in possesso del documento riservato messo a punto per il Cavaliere da un gruppo ristretto di consiglieri capeggiati da Dell'Utri e Verdini (oltre che dal suo nuovo guru Volpe Pasini). Risultato: via il Pdl e quasi tutti i suoi dirigenti, nasce una Lista Civica nazionale che dovrà allearsi con il sindaco di Firenze, destinato a Palazzo Chigi. Obiettivo: salvare Silvio dai giudici e (se possibile) farlo eleggere Presidente della Repubblica.

Il documento circolava ieri riservatamente nell'aula di Palazzo Madama mentre i senatori si apprestavano a votare per l'arresto di Luigi Lusi. Appena arrivato da Milano, top secret, affidato soltanto a un ristrettissimo gruppo di notabili berlusconiani. Nessun file, solo carta, come ai bei vecchi tempi. Otto pagine dattiloscritte più la copertina, titolo "La Rosa Tricolore", sottotitolo "Un Progetto per Vincere le elezioni politiche 2013". E il simbolo, una rosa stilizzata con i petali rossi, bianchi e verdi su tutte le pagine. 

Dopo giorni di indiscrezioni sempre smentite, ecco per la prima volta messo nero su bianco il piano di Silvio Berlusconi per superare indenne il disastro del Pdl, dato in picchiata nei sondaggi, e provare a vincere alle prossime elezioni, tra un anno o nel 2012 «nel caso di voto anticipato», si legge nel documento, nell'eventualità più che mai attuale che il governo Monti venga fatto cadere. 

Un piano in tre mosse. Primo, azzerare l'attuale Pdl, considerato in blocco «non riformabile» insieme a tutti i suoi dirigenti (con un singolare eccezione: Denis Verdini). 

Secondo, costruire un network di liste di genere (donne, giovani, imprenditori) tutte precedute dal logo "Forza". 

E, infine, l'idea più clamorosa: candidare un premier a sorpresa, pescato come nel calcio mercato dalla squadra avversaria: non Luca Cordero di Montezemolo né Corrado Passera né tantomeno il povero Angelino Alfano. Ma il giovane sindaco di Firenze Matteo Renzi, oggi candidato in pectore alle primarie del Pd. 

Pdl tutti a casa. E senza tv. 
Il presupposto dell'operazione Rosa Tricolore è la catastrofe dell'attuale centrodestra e del partito azzurro. «Il Pdl», si legge, «appare non riformabile e i suoi dirigenti hanno un tale attaccamento al proprio posto di privilegio da considerare come fondamentale la sopravvivenza solo di se stessi. Miracolati irriconoscenti appiccicati sulle spalle di Berlusconi». Il rischio è che la sconfitta del Pdl trascini con sé anche «la fine politica» del Cavaliere. E non solo: «La sconfitta toglierebbe a Berlusconi la sola protezione contro chi lo vuole morto finanziariamente, giudizialmente e fisicamente»


Insomma, i capi del Pdl, pur di non soccombere, condannerebbero al patibolo il loro creatore Silvio. Con alcune eccezioni. Più di tutti, Denis Verdini, «che ha dimostrato capacità di lavoro e di risultato organizzativo ed operativo», ma anche il coordinatore lombardo Mario Mantovani. Soluzione radicale: «la sola svolta possibile sarebbe le loro dimissioni dai ruoli di partito, la loro scomparsa dai giornali e dal video e la loro non ricandidatura», eccezion fatta per chi ha un solo mandato. Insomma, si salva Maria Rosaria Rossi. 

E a casa, e pure senza telecamere, i «professionisti della politica»: La Russa, Gasparri, Frattini, Quagliariello, Cicchitto, Matteoli, Brunetta, Sacconi... E naturalmente il segretario Alfano, «che aveva la possibilità di dimostrare la sua leadership e invece non ha fatto nulla dimostrando di far parte a pieno titolo della vecchia classe dirigente che i cittadini chiedono che venga sostituita con facce nuove giovani e non».

Dalla Brambilla a Marco Rizzo 
Un progetto di rottamazione? Molto di più: il Piano di Rinascita Berlusconiana si richiama esplicitamente a Beppe Grillo. Un movimento leggero, solo nazionale, senza apparati regionali, costi bassissimi, senza finanziamento pubblico e, svolta epocale per Sua Emittenza, con la Rete al posto della tv. Un network che mette insieme lo spirito vincente di Forza Italia '94 e la lezione di 5 Stelle. Organizzazioni di genere: «Forza Donne. Forza Imprenditori. Forza Giovani». E poi studenti, pensionati, pubblici dipendenti. Tutti raggruppati in un movimento nazionale, le cui ipotesi di nome sono Forza Silvio oppure Forza Italiani. 

Una lista del genere, si calcola, potrebbe valere con quel che resta del Pdl il 28-30 per cento dei voti. Cui andrebbero aggiunti i consensi raccolti dal bouquet di liste fiancheggiatrici già pronto. Si va dalla Destra di Storace alla lista Sgarbi ("Rivoluzione") ai pensionati alle new entries.


La lista Santanchè, gli animalisti della Brambilla, una fantomatica nuova Alleanza democratica con gli ex dc, una Lista Sud e una Lista Nord («se salta l'accordo con la Lega») e la nuova di zecca Siamo Italia affidata all'ex supercommissario Guido Bertolaso. Tutte insieme le liste pro-Silvio potrebbero toccare tra il 37 e il 42 per cento. Competitive con Grillo, che scenderebbe al 12 per cento. E soprattutto con il Pd e con il centrosinistra oggi dato per vincente. 

Contando anche su qualche quinta colonna nel campo avversario: per esempio il comunista Marco Rizzo. Per togliere voti alla coalizione di Bersani «potrebbe essere di interesse sostenere la presenza del gruppo di Marco Rizzo affinché si presenti alle elezioni politiche». Quando si dice la doppiezza: Berlusconi anti-comunista nelle piazze, sponsor di Rizzo nelle stanze dei patti elettorali.

Matteo nuovo SilvioMa la sorpresa più grande il Piano B. la riserva quando si arriva a parlare di chi potrebbe essere il prossimo candidato premier. «Fermo restando che nessuno potrebbe svolgere questo compito meglio di Berlusconi, questo vale solo se lui sente il grande fuoco dentro di sempre». Se invece il fuoco del Cavaliere fosse intiepidito, sarebbe meglio pensare a un nome nuovo. Alfano? «Non crea trascinamento e emozioni». Montezemolo? «Troppo elitario e tentennante». Passera? «Privo di carisma e di capacità decisionali forti. La permanenza nel governo Monti non lo aiuta». 

E allora la sola cosa da fare, «folle, geniale», è schierare il campione del campo avverso: «Il solo giovane uomo che ci fa vincere: Matteo Renzi». Il sindaco di Firenze? Ma non è del Pd? Certo. Ma chi ha scritto il documento ricorda con lucidità che il rottamatore è inviso ai dirigenti del partito e alla Cgil, mentre è apprezzato dagli elettori del centrodestra. «Se Berlusconi glielo chiedesse pubblicamente non accetterebbe. Sarebbe un errore fare una richiesta pubblica da parte del leader», che pure conosce e stima Renzi, annota il testo, ricordando gli incontri di Arcore tra il sindaco e il Cavaliere. «Bisogna che Renzi si candidi da solo con la sua lista Renzi e che apra a tutti coloro che condivideranno il suo programma (ovviamente preventivamente concordato). A quel punto la nuova coalizione di centrodestra si confronterà con lui e deciderà di sostenerlo per unità di vedute e di programmi». Lista Renzi e Forza Silvio insieme. E le primarie annunciate del Pd, dove Renzi dovrebbe sfidare Bersani? Non si faranno mai, scommettono gli autori del documento, che si ritengono ben informati.


Nuovi inni e vecchi condoni 
Il programma. I punti forti sono da berlusconismo d'antan. Via le tasse dalla prima casa, via le intercettazioni e carcere preventivo, via i limiti troppo stretti per l'uso dei contanti. E poi abolizione di Equitalia, un «grande condono» e presidenzialismo. Ma la rivoluzione sarà nella forma: un programma già composto di disegni di legge da approvare senza emendamenti entro cento giorni per le leggi ordinarie e dodici mesi per le leggi costituzionali. E poi, sembra una notazione frettolosa, c'è da eleggere il Presidente della Repubblica. Il candidato non è specificato, ma si può immaginare chi sia. Un piano così minuzioso non poteva dimenticare la colonna sonora, i gadget e le parole d'ordine. L'inno «sarà quello di Forza Italia adeguato al nuovo nome». E c'è già l'indirizzo web: rosatricolore.it che si aggiunge ai già esistenti forzasilvio.it eforzaitalia.it

Il circolo Dell'Utri 
Fantapolitica? Se lo chiedono alla fine anche gli estensori del Piano. E ci sarebbe da pensarlo se non fosse per altri indizi che portano direttamente nel cuore di Arcore e di Palazzo Grazioli. A registrare il domino web di Rosa Tricolore il 23 aprile scorso è stato Diego Volpe Pasini, da ormai quasi due anni fra i più intimi consiglieri dell'ex premier. Imprenditore dalle alterne fortune, cinquantuno anni, romano di nascita ma friulano di adozione, tra i fondatori di Forza Italia nel 1994, animatore della lista Sgarbi, dopo anni burrascosi è rientrato nell'inner circle di Berlusconi forte degli antichi rapporti con il senatore Marcello Dell'Utri, mai interrotti nel corso degli anni, e di una più recente amicizia con il coordinatore Verdini. E' lui il probabile estensore del Piano, partorito all'interno della fondazione che è stata incaricata da Berlusconi di rinnovare il Pdl. Da mesi lavorava in silenzio, questo è il primo risultato. Che dimostra come per tornare a vincere bisogna ripartire dagli amici di sempre, quelli che fondarono Forza Italia. Dell'Utri e il suo sodale della P3 Verdini, per esempio. Il futuro ha un cuore antico: anche per Berlusconi.


(21 giugno 2012)

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/berlusconi-il-piano-segreto-per-renzi-premier/2184940

Nuovo farmaco anti-fumo ha successo sui topi: presto i test sull'uomo.



Colpendo i recettori della dopamina sarà possibile vincere l'astinenza.

La ricerca pubblicata da Neuropsychopharmacology è stata condotta nella sede veronese dell'Aptuit Centre for Drug Discovery and Development. Grandi speranze per chi vuol smettere con le sigarette.
New York, 15 settembre 2012 - Un farmaco può bloccare un tipo di recettori della dopamina legati alla dipendenza da nicotina. Lo ha scoperto uno studio della sede veronese dell'Aptuit Centre for Drug Discovery and Development, un centro ricerche privato statunitense, pubblicato dalla rivista Neuropsychopharmacology.

RISONANZE POSITIVE - Il farmaco è stato testato su babbuini e topi prima resi dipendenti, e a cui sono state fatte risonanze al cervello una volta ricevuta la terapia. I risultati sono definiti 'molto promettenti' dal comunicato dell'azienda, secondo cui presto inizieranno i test sull'uomo. La nuova ricerca si basa su studi precedenti che hanno mostrato che la nicotina rilascia dopamina, un ormone legato al senso di ricompensa, in alcune aree specifiche del cervello.
MOTIVATA ATTESA - Le scansioni hanno mostrato che il farmaco non evita questo fenomeno, ma fa in modo che i recettori della dopamina 'non si accorgano' della presenza dell'ormone: "Questi primi test hanno mostrato che è possibile eliminare la dipendenza senza l'astinenza che di solito è associata - scrivono i ricercatori - e dopo i test sull'uomo il farmaco potrebbe entrare a far parte di quelli usati per smettere di fumare".

Fiorito, l'inchiesta scuote la Regione Lazio. Polverini convoca un consiglio d'urgenza.



La presidente punta a un taglio dei costi della politica. 
ROMA - L'inchiesta sulla spese folli del Pdl scuote la Regione Lazio e spinge la presidente Renata Polverini a convocare un consiglio d'urgenza entro lunedì con l'obiettivo di dare un taglio ai costi della politica. Nel caso mancasse un'intesa, la governatrice non esclude le dimissioni. Intanto l'intervista al Messaggero dell'ex capogruppo indagato per peculato, Franco Fiorito, provoca la reazione indignata di Giorgia Meloni. Mentre Angelino Alfano sentenzia: «Fiorito è fuori dal partito».

Consiglio urgente. 
Taglio dei costi della politica, riduzione dei fondi ai gruppi e nel caso di mancata convergenza la possibile estrema ratio delle dimissioni. Renata Polverini sarebbe intenzionata ad agire col pugno di ferro sul caso Fiorito. In Aula potrebbe presentare un suo progetto di 'tagli' alle spese della politica, in questi giorni al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica. In Aula, inoltre, potrebbe arrivare da parte sua l'idea di una drastica riduzione (se non un azzeramento) dei fondi oggi nella diretta disponibilità dei gruppi consiliari, in favore di un sistema che garantisca un maggior controllo delle spese dopo le vicende legate all'ex capogruppo. Non si esclude che Polverini possa addirittura arrivare, se non troverà dall'Aula un atteggiamento largamente collaborativo, anche a minacciare le più estreme conseguenze politiche, come le sue stesse dimissioni da presidente della Giunta, causando così, ai sensi dell'art. 44 dello statuto regionale, lo scioglimento del Consiglio. 

Alfano. «Al di là del profilo penale, occorre che ci si renda conto che in tempi di crisi, il primo che deve pagare il conto in termini di sobrietà, compostezza e anche un certo stile è il politico», commenta intanto il segretario del Pdl Angelino Alfano in merito all'inchiesta che vede indagato Fiorito. Fiorito «per quanto ci riguarda è gia fuori» dal partito, ha detto Alfano intervenendo al meeting della Confesercenti a Perugia.

Lo sfogo di Meloni. 
Giorgia Meloni è furiosa. Le frasi su sua sorella pronunciate da Franco Fiorito, l'ex capogruppo Pdl alla Regione Lazio ora indagato per peculato, non le sono piaciute per niente: «Arianna - tuona - è una lavoratrice precaria della Regione Lazio da oltre 10 anni. Ha collaborato inizialmente a titolo gratuito nel gruppo di An, ben prima che io ricoprissi ruoli pubblici. È una impiegata semplice, che ha avuto due bambine e che per conciliare la maternità con il lavoro usufruisce dei congedi parentali previsti dalla legge». 

«Il suo è un caso di "parentopoli al contrario": per evitare illazioni - continua - non ha mai completato un percorso di stabilizzazione lavorativa. Da Fiorito mi sarei aspettata delle scuse prima di vederlo scomparire dalla politica italiana. Ma come tutti i disonesti che pensano di essere più furbi degli altri ha provato a gettare fango su chi non ha scheletri nell'armadio, per far passare il principio "i politici sono tutti ladri". Mi auguro che sia espulso dal Pdl per il suo comportamento e per le sue sguaiate reazioni: la gente come lui infanga l'impegno di tutte le persone oneste che fanno politica».

L'Eco Paper Maker Log.



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