mercoledì 10 ottobre 2012

L'oligarchia finanziaria battuta da Hugo Chavez in libere elezioni in Venezuela. - Sergio Di Cori Modigliani



Come soffrono!
Talmente tanto che non sono riusciti neppure a mascherarlo.
Intendiamoci, non tanto per una questione di idee, di libertà, di diritti civili, o di altre nobili argomentazioni. Ma per una semplice questione di soldi. Tant’è vero che sei minuti dopo la dichiarazione di vittoria ufficiale di Hugo Chavez in Venezuela, il petrolio è crollato come titolo e l’intero listino planetario delle borse è andato in negativo facendo perdere diverse decine di miliardi di euro a questi signori e loro rappresentanti (Goldman Sachs, British Petroleum, J.P.Morgan, Citicorp, Royal Bank of Scotland, Unicredit, Shell corporated, Alcoa, Chase Manhattan Bank, Black Rock fund, gruppo mediatico Cisneros: ovvero i principali sponsor dichiarati del candidato perdente Capriles)  che davvero non pensiamo si dedicassero alla beneficenza nella salvaguardia dei diritti civili del popolo venezuelano. Una catastrofe!
Per loro, si intende. Per questi gruppi che ci avevano scommesso e la davano certa, la vittoria di Capriles. Tutti i sondaggi indicavano che ce l’avrebbe fatta, magari sul filo di lana. E anche se avviene in una regione lontana e molto remota, avrà un impatto simbolico molto forte dovunque in occidente.
Sulla carta, l’avevano giocata bene, puntando sull’assenteismo. I sondaggi davano Capriles vincente con un margine del 2% e un’affluenza al voto intorno al 60/65%; moltissima era la gente disgustata dalla conflittualità politica molto accesa, dalla violenza, dall’incertezza. La vittoria di Chavez (54,5% dei voti) è stata ottenuta grazie all’affluenza dell’80% della popolazione. E’ stato immediatamente attaccato – fornendola come prova che si tratta di un dittatore - perché nella giornata di sabato ha violato il codice del silenzio twittando continuamente dei messaggi invitando i contadini, gli abitanti nelle province più estreme e dimenticate, la gente che non voleva andare a votare, perché si recassero alle urne. Chavez si è giustificato sostenendo che era suo dovere farlo e che non aveva dato nessuna indicazione di voto, se non il fatto di sottolineare il “dovere di ogni venezuelano di dire no all’imperialismo dei colossi finanziari che ci vogliono portare via il nostro petrolio”.
I democratici elegantoni troveranno questa sua pratica disdicevole.
Io no.
La Well co. di Austin, Texas (famiglia Bush in comproprietà con il fratello saudita di Osama Bin Laden, un’accoppiata business che la dice tutta su come va il mondo) già si leccava i baffi perché si era assicurata la commessa d’appalto per nuove trivellazioni in Venezuela  e la consegna di almeno dieci grandi piattaforme petrolifere, per riprendere il controllo nei Caraibi e da Caracas (il Venezuela è la prima nazione geografica del Sudamerica) condurre la battaglia contro Brasile e Argentina, i due veri nemici dichiarati del liberismo selvaggio del Fondo Monetario Internazionale. La stessa Christine Lagarde, in un impeto di ritrovata passione per i diritti civili, venti giorni fa era arrivata a Caracas per sostenere pubblicamente il candidato Capriles a nome del Fondo, facendo intendere che un fiume di denaro si sarebbe riversato nelle banche venezuelane come credito agevolato alle imprese, comiziando sul tema dei diritti civili.
Una vera operetta da circo (con il senno di poi)  che avrebbe potuto diventare, invece, una tragedia mediatica post-moderna, sulla quale invito a riflettere tutti, perché è una tendenza in corso anche da noi in Europa. Era chiaro anche a un bambino che queste elezioni rappresentavano il primo scontro frontale tra i sostenitori del liberismo economico, dello schiavismo economico e sociale sostenuto dai colossi finanziari speculativi (da una parte) e dall’altra le esigenze di sovranità nazionale e di sviluppo economico locale, improntate alla difesa dello stato welfare e all’applicazione di economie di investimento e di sviluppo. Ma i sostenitori del liberismo selvaggio, a protezione della privatizzazione delle risorse energetiche, e grandi sostenitori delle politiche restrittive del Fondo Monetario Internazionale, avevano stabilito di costruire una campagna elettorale imperniata intorno al tema dei diritti civili, presentando il candidato Capriles come un campione del “socialismo che funziona”, la faccia giovane del “nuovo che avanza”.  Il candidato del FMI si era addirittura auto-eletto come grande sostenitore e amico del sindacalista brasiliano ed ex presidente del Brasile Lula da Silva, il quale aveva già fatto sapere che neppure lo conosceva, che non condivideva nessuna delle sue idee e non lo sosteneva affatto. Ma Capriles – grazie a un vasto controllo mediatico allestito dal gruppo media Cisneros- ha fatto tutta una campagna elettorale presentandosi come un socialista pragmatico e addirittura come nemico delle multinazionali e nemico della finanza anglo-americana.
E’ stata una campagna elettorale molto interessante, basata sulla totale confusione dialogica, per impedire di affrontare i veri temi in ballo: la assoluta necessità per le multinazionali dell’energia di riprendere il controllo dei Caraibi e del Sudamerica, lanciando un severo avvertimento a Obama e al resto del mondo. Le ultime settimane hanno visto scendere in campo i colossi della disinformazione della locale cupola mediatica, aiutati e spalleggiati anche da media francesi e soprattutto italiani (la più grande comunità di emigrati europei in Venezuela, dove i bloggers italiani sono seguitissimi e hanno avuto un loro ruolo tra i votanti) ma non sono riusciti a farcela. Centinaia e centinaia le presenze ben dissimulate tra i blog italiani che hanno partecipato in prima linea nello spiegare perché andava bene Capriles. Tra tutti, cito il blog “cado in piedi” che venti giorni fa aveva pubblicato (così piovuto dal nulla) un articolo dal titolo “Venezuela, carcere e (in)civiltà” a firma Katia Anedda, una scrittrice presentata come una esponente nella salvaguardia dei diritti civili in Italia. L’autrice del pezzo raccontava la storia di un “carcere incubo” a Caracas dove era andato a finire un giovane milanese, finito in una situazione di disperazione esistenziale con la sua vita a rischio e si parlava dell’amorevole aiuto fornito dal consolato italiano; in questo caso incredibilmente attivo nel sostenere il nostro connazionale in diverse conferenze stampa a Caracas.  Nel corso dell’articolo, l’autrice raccontava anche la verità sulla storia. Il giovane, infatti, era stato arrestato all’aeroporto di Caracas con 100 grammi di cocaina in tasca. Interrogato dalla polizia che gli aveva mostrato anche diverse prove fornite dall’interpol, il giovane aveva confessato che quella non era la sua prima volta. E così era finito in un carcere incubo. Tutto vero. Il punto è proprio questo. Tre anni fa, in una famosissima (e affollatissima) conferenza stampa, lo stesso Chavez aveva annunciato che si era stufato di giovani criminali europei che arrivavano con la loro arietta colonialista in Venezuela, d’accordo con i narcos colombiani e con le mafie italiane, pensando di far su e giù tra il Sudamerica e l’Europa spacciando la cocaina. E aveva annunciato che tutti quelli che sarebbero stati beccati sarebbero finiti nel carcere più duro insieme ai grossi criminali. E così aveva fatto. Il giovane italiano veniva presentato nell’articolo come vittima  (con racconti della famiglia disperata) preda della mancanza di diritti civili in Venezuela. Finendo l’articolo, un lettore medio non poteva che sentire compassione e solidarietà nei confronti del proprio connazionale, incorporando l’idea che i venezuelani sono un popolo di selvaggi e che Chavez era un dittatore che non rispettava il diritto degli europei che invece sono tanto democratici L’ho trovato un articolo subdolamente osceno. E ’ un vero insulto nei confronti dei tantissimi giovani italiani che ogni giorno combattono in questa nazione per cercarsi un lavoro decente e pagato, purchè onesto. Chiedere la solidarietà (e la denuncia di Hugo Chavez) per un giovane che fa lo spacciatore di professione (per sua stessa ammissione) lo trovo fuorviante. Mi dispiace per lui, e per “cado in piedi”, ma io rispetto chi lavora, chi cerca un lavoro e chi soffre l’ansia e il disagio del precariato senza cedere alla criminalità organizzata e al guadagno facile disonesto. Non nutro nessun rispetto civile  per chi fa su e giù con il Sudamerica spacciando la cocaina. Se l’è andata a cercare, che si assuma le sue responsabilità. Ma di lui, ne potete star certi, non ne parleranno più, dato che le elezioni si sono svolte.
E così, il “socialista” Capriles (decine di milioni di dollari investiti nella campagna elettorale) è stato battuto dal “dittatore” Chavez.
Peccato che il dittatore abbia espulso le multinazionali dell’energia, che abbia triplicato il salario minimo, che abbia aumentato le pensioni minime per un 45% in più dell’indice d’inflazione e che abbia istituito una percentuale dei profitti ricavati dalla vendita del petrolio per creare “il fondo di solidarietà per studenti universitari provenienti da famiglie disagiate”, che abbia lanciato quella che io definisco una svolta esistenziale nel campo della solidarietà perché nel 2007 ha dato il petrolio e il gas gratis alla Repubblica dell’Ecuador che aveva optato per la denuncia del debito immorale, invitando poi sia Lula che Nestor Kirchner a dare una mano all’Ecuador contro le grosse multinazionali.
Splendido l’articolo scritto da Gennaro Carotenuto, un ricercatore italiano che vive a Parigi dove insegna all’università, e si occupa di questioni sudamericane. Lo consiglio a tutti. Così come appare davvero penoso l’articolo di Gianni Riotta su La Stampa, davvero preoccupato all’idea dello schiaffo in faccia che il continente sudamericano, in libere elezioni che si sono svolte legalmente, ha mollato al Fondo Monetario Internazionale, alla BCE, ma soprattutto ai colossi finanziari che sostenevano Capriles; guarda caso gli stessi che stanno finanziando Romney in Usa.
A dimostrazione del valore di una libera elezione. Se l’intelligenza e l’attenzione e la consapevolezza è alta, è possibile vincere contro lo schiavismo, contro il liberismo e contro coloro che vogliono riportarci nel medioevo.
Questa è la notizia, oggi.
Da qualche parte del mondo stanno dicendo no al Nuovo Ordine Mondiale.
E non è roba da poco.
Da notare, in conclusione, che nell’annunciare la sua vittoria, Hugo Chavez ci ha tenuto a presentarsi alla folla avendo accanto il premio nobel per la pace guatemalteco, Rigoberta Manchù e Piedad Cordoba, la più grande attivista sudamericana nel campo dei diritti civili, di nazionalità colombiana, da sempre in prima fila nella lotta contro il narcotraffico, contro la criminalità organizzata e contro i legami tra la finanza oligarchica e le mafie italiane che hanno bisogno di un Sudamerica debole, avvilito e servo, per farci sopra il grande business.

martedì 9 ottobre 2012

Firme false nel listino Formigoni, indagata l'assistente della Minetti.

(Fotogramma)

MILANO - Non più flash per la sola Nicole Minetti in Consiglio regionale, ma adesso anche per la sua assistente Clotilde Strada, che è fra gli indagati nell'inchiesta per le presunte firme false per il listino delle Regionali in Lombardia, nel quale peraltro è stata eletta la stessa Minetti. Martedì mattina alla buvette del Pirellone giornalisti, fotografi e cameramen attendevano come ormai di consueto la Minetti, che come da copione si è limitata a sorridere senza però parlare. Presto, dunque, l'attenzione si è spostata su Clotilde Strada, l'ombra della consigliera regionale del Pdl a processo per il caso Ruby.
Indagata l'assistente della Minetti
Indagata l'assistente della Minetti   Indagata l'assistente della Minetti   Indagata l'assistente della Minetti   Indagata l'assistente della Minetti   Indagata l'assistente della Minetti   Indagata l'assistente della Minetti   Indagata l'assistente della Minetti
INSEGUITA - Clotilde Strada, all'epoca delle elezioni vice responsabile del settore elettorale del Pdl Lombardia, è stata inseguita dai fotografi prima al bar e poi sui divanetti in cui gli assistenti seguono i lavori dell'Aula. «Non ho niente da dire», è stata l'unica risposta gelida indirizzata con evidente fastidio alla stampa. Ed è stato un tripudio di flash ogni qualvolta Minetti e Strada si sono incrociate per chiacchierare o leggere notizie sull'i-pad.
L'APPELLO DEI RADICALI - I radicali si rivolgono al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affinchè intervenga a garanzia della legge sulla vicende delle firme false. Secondo Marco Cappato con i 15 indagati dell'inchiesta sono stati individuati «gli autori materiali, ma nulla si dice dei mandanti politici». «Noi Radicali - ha continuato Cappato- abbiamo portato le prove della gigantesca truffa elettorale compiuta nella presentazione delle liste di Roberto Formigoni, con un migliaio di persone che hanno confermato alla Procura della Repubblica di non aver mai firmato per quella lista».

La Bella Italia che c'è. La Bella Italia che non c'è. - Sergio Di Cori Modigliani



C’è una importante partita di calcio che deciderà le sorti del campionato. Si incontrano due squadre. Una è forte, di grandissima esperienza, sostenuta da arbitri compiacenti, abile nell’avere un management che sa come frequentare i corridoi dei palazzi sportivo-finanziari che contano. L’altra è la squadra, diciamo “rivelazione” del campionato. Nel corso della partita, la squadra potente si accorge che la squadra meno ricca sta giocando a meraviglia, è fortissima, muscolarmente tonica, e da un momento all’altro finirà per segnare. Ha soltanto due uniche possibilità: arrendersi all’evidenza (versione sportiva dell’esistenza) accettando l’inevitabile disfatta, oppure buttarla in rissa grazie alla propria esperienza (versione mercatista dell’esistenza), finendo per creare in campo un tale stato di caos che, inevitabilmente, trasformerà’ la competizione sportiva in una zuffa tra gladiatori dove la squadra più potente finirà per vincere non per propri meriti sportivi ma per il fatto di poter contare su un arbitraggio compiacente che finirà per punire la fresca ingenuità della squadra rivelazione che pensava di giocarsela sul merito agonistico.
Chi segue il calcio sa che eventi del genere fanno parte della Storia.
Idem per ciò che avviene in Politica.
Soprattutto per ciò che riguarda le stanze dei bottoni di chi governa l’economia.
Così come creare crisi economiche è sempre la strada migliore per far passare ogni legge iniqua, imbrigliando la volontà popolare, e finendo per bastonare i disagiati nel nome di “c’è la crisi non esistono alternative”; così, in Politica, sottrarre il Senso dell’esistenza attraverso la falsificazione della realtà, creando false mitologie, consente di creare una situazione insensata di totale caos delle intelligenze (la rissa sul campo di calcio) e permette di presentare la banalità piatta mista a idiozia, il paradosso, la truffa ben congegnata, come la soluzione culturale più avanzata nel campo dell’opposizione. E’ l’estrema trappola nella quale imbrigliare la protesta popolare vanificandola, disossandola, annacquandola, appiattendola.
Così facendo, eventi, situazioni, atti, circostanze, contraddittorie e “assolutamente prive di alcun Senso Logico o Senso Comune o Buon Senso” vengono accettate e incorporate dalla massa come Norma. In tal modo, le persone finiscono per accettare una situazione paradossale come se fosse scontata e vivono la Surrealtà come se fosse la Realtà.
Oggi, i surrealisti storici (intendo dire Dalì, Bunuel, Magritte, ecc.) sarebbero iper-realisti.
Perché la Realtà si è capovolta, ed è bene e utile comprenderlo..
Il virtuale ha soppiantato la realtà (la finanza  ha sostituito la produzione economica delle merci, l’incontro feisbucchiano  ha sostituito l’incontro sociale in carne e ossa) e quindi la Surrealtà è diventata Realtà. Nella situazione in cui viviamo, il surrealismo (storico) è diventato iper-realismo. La chiave del gioco –e della partita in campo- sta tutta, oggi, ottobre 2012,  nella capacità di attribuire di nuovo un Senso all’esistenza, alle argomentazioni, alla logica, in modo tale da poter aspirare al lusso ritrovato di un nuovo Significato esistenziale nel quale credere. Far irrompere sullo scenario dello scambio quotidiano psico-sociale il Senso delle cose, delle persone, della vita.
Creare caos, confusione, mescolare i linguaggi, evitare i distinguo, abbattere la coerenza, sono tutti elementi formativi dell’oligarchia per poter gestire indisturbata la propria quota parte di privilegio. Nella confusione vince sempre il demerito e l’incompetenza.
Oggi, i grandi sostenitori del liberismo montiano si travestono, si mascherano e si presentano sulla piazza mediatica fingendo di essere la contundente opposizione a Monti, mentre in realtà sono i suoi camerieri da lui mandati a lavorare sul campo, un evento paradossale che provoca uno sconcertante effetto: i veri oppositori a Monti si trovano accanto ai camerieri di Monti e quindi (nella migliore delle ipotesi) finiscono in confusione travolti dalla perdita del Senso. Far perdere il "Senso delle cose" è il primo fondamentale obiettivo culturale del neo-liberismo, una teoria politico-economica basata sulla negazione del bene comune, la negazione della volontà collettiva, (ovverossia la cancellazione del Senso Civico) che provoca l’affermazione dell’esercizio del potere da parte di una elite superiore auto-referenziale, il cui obiettivo consiste nell’avvilire le coscienze, addormentarle, appiattendo la realtà per poter affermare dei principii che hanno Senso solo e soltanto per una ristrettissima cerchia di persone. La massa, ben pilotata e manipolata da questa elite che si ritiene superiore, finirà per sceglierli, volerli, pretendendo addirittura (inconsciamente) che siano loro, proprio loro, i membri della nuova aristocrazia sociale a rappresentare le istanze di tutti, perché la propria esistenza, la propria vita, le proprie esigenze autentiche, i propri desideri veri veritieri, sono diventati ormai privi di Senso: hanno perso Valore.
Sono stati sostituiti da desideri e bisogni fittizi e indotti, perché il virtuale ha sostituito il reale e quindi tutto è concesso, tutto è possibile. L’evento Fiorito è soltanto la piccola punta dell’iceberg nella sua sezione umana più miserevole di questo gigantesco castello esistenziale. E così, la cittadinanza finisce per vivere una quotidianità in cui il Senso non esiste più. Diventa “normale” che il primo responsabile della lotta contro l’evasione (il ministro per lo sviluppo economico Corrado Passera) sia stato individuato dalla magistratura come responsabile di una gigantesca evasione fiscale nell’ordine di 760 milioni di euro quando era presidente di Intesa San Paolo, identificandolo pertanto come uno dei più grossi evasori d’Italia, ma per i parlamentari e per tutti i membri dell’opposizione è considerato “un evento normale”. Diventa normale che si discuta tra deputati sulla norma giusta per consentire al parlamento di varare una legge che salvi Berlusconi da una inevitabile condanna nel suo processo Ruby. E’ normale che siano degli imputati indagati per corruzione che devono varare un decreto anti-corruzione. E’ normale che il leader politico-spirituale di una importante organizzazione (Comunione e Liberazione) il cui cavallo di battaglia è sempre stato la sua dichiarazione di appartenenza a un codice molto severo spirituale, basato sul voto pubblico di “umiltà modestia e castità”, scelga una vita lussuosa e dispendiosa, come se non esistesse il concetto di contraddizione. La truppa mediatica asservita si è ben guardata di fare mai, neppure una volta, all’on. Roberto Formigoni, una domanda semplice semplice, elementare, sorretta da un forte Senso, del tipo: “Mi scusi, onorevole, ma visto che lei pratica l’umiltà e la modestia non le sembra davvero poco modesta e nient’affatto umile la scelta di trascorrere le vacanze in un resort di lusso al prezzo di 14.000 euro al giorno? Che Senso ha? Le sembra Normale?”. A una domanda del genere, si sarebbe potuto rispondere soltanto in due modi: sì, è normale; oppure, no, è anormale. In entrambi i casi il lettore o l’ascoltatore o il telespettatore avrebbe potuto, in seguito, trarne le dovute considerazioni personali e interrogarsi sul Senso. Questa domanda non gli è stata mai posta.
L’onorevole Giulio Tremonti, l’uomo che tra il marzo e l’ottobre del 2009 ha dato, nella sua qualità di Ministro dell’Economia, ben 45 miliardi di euro alle banche (senza nessuna forma di garanzia) depauperando le casse dello Stato e provocando un buco disastroso finanziario che ha aggravato la crisi, considera un evento normale andare in giro a comiziare per l’Italia settentrionale sostenendo che il nemico sono le banche, che il nemico è la finanza e che lui sa come risolvere la faccenda. Che Senso ha? 
Che Senso ha accettare il principio tale per cui un miliardario noto per la sua bulimica avidità di danaro, come Adriano Celentano, spiega agli italiani che il danaro fa schifo e non bisogna desiderarlo, ma per poter spiegare tutto ciò si fa pagare centinaia di migliaia di euro?
Che Senso ha ascoltare dei sermoni sulla necessità inderogabile di combattere contro la cosiddetta “casta dei privilegiati”, se a fornire tali consigli sono membri accolti all’interno di quella stessa casta di privilegiati?
Eppure, tutto ciò, invece, ha un suo “specifico Senso molto preciso”.
E’ la comunicazione al cittadino che esistono due schieramenti in campo, molto chiari, delineati, specifici, e la discriminante che li distingue consiste nel fatto che esiste una classe di esseri superiori i quali sono al di sopra della Legge, al di sopra della Norma, al di sopra del senso comune, perché seguono dei codici altri, ai quali il cittadino comune–inconsapevole schiavo imbambolato e ipnotizzato dal totem della visibilità e della popolarità- non può avere accesso. Mai. Ma ciò che più conta è far capire e comprendere che “le richieste di Senso” da parte nostra non sono legittime. Perché per chi vive all’interno di quella ristrettissima cerchia, i codici sono “altri”.
Si sviluppa, così, nell’immaginario collettivo della nazione, il desiderio indotto (conscio o inconscio che sia) di dover, voler e poter, entrare a far parte in qualche modo di “quell’universo del Senso” e si è disposti a tutto pur di infilarsi dentro.
Ecco perché, oggi, non esiste affatto tangentopoli, e non ci sarà.
Perché Belsito, Lusi, Fiorito, Saggese e tutti gli altri, in nessun caso, mai e neppure per un secondo, hanno manifestato l’assunzione in proprio di una responsabilità individuale. All’interno della cerchia oligarchica, infatti, i codici sono diversi: spendere 20 euro o 2.000 euro per una cena è uguale. Il danaro, infatti, ha perso la sua funzione di Valore. Così come l’ha perso il Lavoro, depauperato e atomizzato, sottratto alla sua dignità, ragion per cui è “normale” che in Italia, oggi, si chiedano prestazioni non retribuite: è il NON-SENSO della cerchia oligarchica che sta filtrando nel sociale, contagiando la collettività. Le persone che vivono dentro quel sistema esistenziale hanno perso completamente il concetto di manifestazione ed espressione lavorativa come espressione di competenza specifica e merito, loro non vengono pagate perché “fanno” qualcosa, bensì perché “sono” qualcosa.
E’ una classe superiore.
E’ la codificazione di un neo-nazismo esistenziale che riconosce l’esistenza di semi-dei, con l’aggravante (tutta italiana) dei nuovi funzionari semi-dei che vengono messi al comando della gestione della “industria dell’indignazione”, una squisita invenzione mediatica utilissima ai semi-dei, per convogliare eventuali dissapori o proteste dentro argini socialmente accettabili, alchimizzabili, semplici da gestire. Se ci fate caso, tra i profeti che gestiscono la cultura della protesta indignata in Italia non ce n’è neppure uno che abbia anche un minimo rapporto con gli schiavi, che dica o scriva una parola gratis (come viene invece chiesto ai loro collaboratori), che sia disposto o disponibile a “essere nella cittadinanza e nel territorio” se non come parte di un evento spettacolare profumatamente pagato, laddove il Senso non è più la rivolta contro la casta, bensì la sua sostituzione con un neo-totem di tipo narcisistico: il profeta dell’indignazione diventa un divo, fa una religione, fonda una setta, promuove una lista civica, ripropone con la sua comportamentalità lo stesso identico atteggiamento contro il quale invita i suoi adepti, seguaci, lettori, spettatori, a combattere. E finisce per essere inglobato in quei codici altri: a loro sono concesse attività, stili, modalità ad altri negate perché loro sono superiori, in quanto deputati scelti con astuzia per fornire il teatro (finto) della denuncia dei superiori. Detto in termini banali: dopo il danno anche la beffa.
L’Italia è diventato un paese dove addirittura la protesta, l’indignazione, lo scandalo, la denuncia del privilegio, è affidata a chi ne gode i vantaggi. Nella sua miserabile vicenda da piccolo-borghese minimo, Fiorito diventa quasi meritevole di compassione umana comprensibile: un poveraccio senza arte né parte, senza alcuna competenza, senza sapere far nulla si  trova a fare un giro dentro quel sistema e quindi si adatta agli usi e costumi. Nella sua totale piattezza umana e totalmente privo di qualsivoglia strumento di comprensione della realtà (lui è immerso nella Surrealtà ma non lo sa) rimane sorpreso e sconcertato per il fatto di finire in prigione. Non si rende mica conto. Non ha capito che era dentro un video game, che stava giocando a una slot machine e per un caso è apparsa la scritta game over. Da bravo ludopatico protesta la sua innocenza, solo perché vuole ritornare a giocare; quella, ormai, è la sua essenza esistenziale. E’ il risultato voluto da questa classe elitaria, che ha proposto e propone un modello alternativo al “lavoro inteso come Valore”; è addirittura sostitutivo. Per loro “basta essere” per essere pagati tanto. Quindi, non sono in grado di comprendere le istanze, le esigenze, le domande, le proteste, di chi considera e vive “il Lavoro” come la manifestazione socialmente più alta e meritevole di rispetto nella società civile degli Umani. Da questo punto di vista bisogna quindi comprendere che l’uscita del sottosegretario al lavoro, Martone “chi non è laureato a 28 anni è uno sfigato” corrisponde a una verità sociale italiana. Per loro, infatti, è davvero così. Vivono all’interno di questo tipo di realtà. A 28 anni, infatti, Mario Monti aveva già la cattedra. Il premier è l’unico rettore di università privata specifica in tutto l’occidente senza nessun titolo: non ha mai preso il dottorato di ricerca. Ci ha provato, non ce l’ha fatta per scarsità intellettuale. Ha lasciato perdere. Tanto sapeva che per la sua carriera era uguale. Non ha mai pubblicato in tutta la sua esistenza professionale neppure un articolo di due pagine accettato in una rivista scientificamente accreditata. Non è mai stato invitato a nessun convegno, incontro, seminario di economisti seri internazionali. Quando ci è andato, lo ha fatto sotto altre vesti: consulente finanziario di Goldman Sachs, preside della Bocconi, commissario politico dell’Unione Europea. E’ stato dal 1982 a oggi consulente di svariati governi per otto volte. Tutto ciò che lui ha sostenuto (nero su bianco) per ben otto volte, si è dimostrato sbagliato. Ha attraversato la sua esistenza passando da un fallimento all’altro. Ma per lui è irrilevante. Così come lo è per Fabrizio Viola, il quale, nella sua qualità di gestore della Banca Popolare di Emilia Romagna ha portato l’istituto emiliano da un titolo in borsa che valeva 18 euro a 4, 20 facendo perdere decine di miliardi di euro e provocando il fallimento di decine di migliaia di aziende nella regione. In un paese “reale” sarebbe stato scuoiato vivo dagli azionisti e dai correntisti. E invece è stato promosso, inviato come direttore generale al Monte dei Paschi di Siena, con un aumento di stipendio. Gianni Alemanno ha distrutto definitivamente la produzione agricola italiana, quando era Ministro dell’Agricoltura. Anche lui è stato promosso. Il che vuol dire che queste persone vivono in un mondo dove i codici sono altri, diversi, che appartengono a una norma per noi insensata.
Riappropriarsi del Senso è quindi fondamentale per poter aspirare alla costruzione di una opposizione alternativa efficace ed efficiente. Vuol dire alzare il livello dell’attenzione e sottrarsi alle trappole ben ingegnate di questa cerchia feudale; che appartengano agli industriali dell’indignazione oppure siano membri dell’opus dei, della massoneria, o di una fondazione bancaria, francamente è irrilevante.
Come fare a uscirne?
E’ davvero molto ma molto semplice.
E’ davvero molto ma molto elementare.
Bisogna capire innanzitutto che tutta questa gente, in verità, non è potente. E’ solo utile.
Il che è diverso. Sono intercambiabili. E già questo è il primo passo. Avere Enrico Letta o Corrado Passera o Roberto Maroni come ministro dell’economia è uguale. Questo penso che lo capite tutti. Il che è una prova lampante della loro inetta impotenza reale.
Cominciare a comprendere che esiste il potere personale individuale, ed è ciò che atterrisce queste persone. Senza la manna/tetta delle istituzioni, dei ministri, degli assessori, dei presidenti di regione, di presidenti di enti e fondazioni, queste persone non valgono nulla e non saprebbero come operare. Usano la cupola mediatica, avvalendosi del servile compiacimento deferente di una immonda classe intellettuale italiana, e quindi bisogna operare al di fuori cercando di organizzarsi nel territorio affidandosi a interlocutori di mercato, disposti e disponibili a investire risorse in nuove imprese meritevoli.
Operare una riconversione interiore per modificare comportamenti individuali reattivi e diventare consapevoli che i social networks non sono inter-attivi: è falso. Non è così.
“Essere inter-attivi” come dice la definizione, vuol dire muoversi nell’azione rispetto ad altri soggetti. Trascorrere gran parte del proprio tempo cliccando mi piace su proclami rivoluzionari, non ha nessun riferimento con la realtà politica, economica, culturale. Non vuol dire nulla. Cliccare mi piace esaltando Che Guevara o Hitler o la Lega Nord o Vendola, è uguale. Serve soltanto al proprio ego, al proprio narcisismo, eventualmente alla cattura di contatti a fini pubblicitari. Quindi soldi.
Cominciare ad accorgersi che la cultura acquisita inconsciamente su facebook non è cultura. Non è nulla. Per chi ha molta memoria, se va bene, è la possibilità nozionistica di conoscere due righe di John Locke e tre righe di David Hume; il che non vuol dire affatto aver capito, compreso, assorbito ciò che loro hanno scritto cambiando l’orizzonte dell’intellettualità europea.
Discutere animatamente nei propri ghetti, ghettizza.
Discutere della propria setta, nella pagina della setta, rende settari, cioè ottusi.
Leggere un e-book è acquisire informazioni in maniera bulimica passiva. Non è leggere.
Andare in libreria per acquistare il libro X, presuppone una scelta che, in questo momento, (in un paese in cui gli indici statistici segnalano la presenza della punta più alta europea nell’analfabetismo di ritorno) diventa un Atto Politico di autentica opposizione. Anche se comprate le memorie della mamma di Mario Monti, rimane sempre un’azione antagonista. Provare per credere.
L’inter-attività è partecipazione diretta: fisica, mentale, culturale.
Diventare consapevoli che quando si sente la scarica di adrenalina e si pigia mi piace sotto l’immagine di un Monti vampiro, non si è niente di più che un topino di laboratorio. Seguire chi odia le banche o un bel culetto o la nuova lista civica è uguale. E’ solo uno sfogo, che esaurisce la rabbia ma non la veicola dentro un canale attivo nella realtà.
Chi finisce in un ghetto, quando la pressione esterna aumenta, si candida all’inevitabile esecuzione della soluzione finale.
Bisogna uscire fuori dalla logica del branco, dal settarismo, dall’omologazione.
E alzare il livello dell’attenzione civile. Oppure, se non lo si vuole fare, accettare il fatto che non lo si vuole fare e assumersene la responsabilità.
Serata tragica, ieri sera, per l’Italia video-dipendente, sottoposta a un bombardamento massiccio della cupola mediatica. Canale 5 offriva lo show di un miliardario avido che spiega al popolo perché non devono desiderare i soldi, pagato lautamente da chi ha inserito con un immaginario microchip i soldi nel cervello degli italiani; mentre sulla Rai Fazio & co., quella che io chiamo “la avanguardia miliardaria”, quella deputata alla gestione profetica della industria dell’indignazione, vi spiegava dall’alto dei loro cachet memorabili come dovete vivere per andare a letto e sentirvi orgogliosamente indignati; mentre il network La7 offriva una seratina alternativa piena di preti, monachelle, vescovi, abati, amorevolmente accuditi da Gad Lerner, proprio la stessa sera che concludeva la giornata nella quale il Consiglio di Stato aveva dichiarata illegittima la pretesa del governo di tassare le attività economiche del vaticano in Italia, in tal modo finendo per essere puniti dall’Unione Europea con una gigantesca salatissima multa che il ministero del tesoro sarà costretto a pagare: davvero il danno dopo la beffa.
E intanto, in tutto il Sudamerica, si parlava di come fermare gli strozzini finanziari.
Questa era una premessa necessaria (lo so, sono prolisso: nessuno è perfetto).
Ecco il post del giorno:
“Se il meridione si muove, è un dovere civile, quantomeno accorgersene”.
E’ necessario operare dei distinguo.
Nella regione Campania, in quel di Caserta, un gruppo di giovani (veri, anche in senso anagrafico, credo intorno ai 25/28 anni) se ne sono andati da un’altra parte.
Giornalisti professionisti regolarmente iscritti all’ordine, hanno scelto di dire no alle mafie, hanno preso atto dell’esistenza della cupola mediatica capendo che il sistema dell’informazione è blindato e non è permeabile e si sono messi in proprio, a vedersela con il mercato, con delle buone idee innovative, e un’ottima conoscenza dei sistemi più avanzati della multimedialità high tech. Se la vedono con il mercato. Il loro leader propugnatore si chiama Germano Miltes ed è un giovane uomo che non intende farsi contagiare dalla depressione, ma soprattutto non ha nessuna intenzione di rinunciare ai propri sogni e alle proprie ambizioni. E ha ragione. Si è messo su un portale da solo, insieme ad altri giovani professionisti e fanno ciò che possono. In allegria. Finchè sopravvivono. Ma stanno dando un segnale forte alla loro regione, al loro territorio, ai loro simili. Questi ragazzi sì che sono interattivi per davvero. Agiscono. Inventano, senza copiare, senza rubare, perché “osano” comportarsi come professionisti mediatici.

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Questa è l’avvilito sfogo di Germano Milites sulla mia bacheca di facebook di qualche giorno fa:
94.000 visite per Sara Tommasi nuda a Montecitorio. 94 visite per l'intervista esclusiva ed interessantissima ad una testimone di giustizia abbandonata dallo stato. Chi non guarda la tv è più evoluto di chi ancora la segue? A volte non sembra proprio
Ecco l’intervista alla testimone di giustizia che non interessa a nessuno.

Non ho saputo che cosa rispondere.
Il suo avvilimento mi sembra uno splendido termometro dell’Italia di oggi. Dello stato narcolettico in cui versa la nazione, popolata ormai da rivoluzionari della tastiera, seguaci di sette più o meno dichiarate, che non vogliono sapere le narrative esistenziali di un meridione che sta cambiando, che si è già svegliato, che si agita, che sta diventando dinamico, ma che si sta manifestando all’interno di un territorio nazionale abbrutito da una stupefazione ghettaiola di massa.
Questa sua accorata confessione mi ha indotto a porre una domanda a tutti voi: “Come si fa a competere con il culo della Tommasi?”.
Il solo fatto di trovarsi dinanzi a simile frangente, non vi sembra indecoroso?
Non pensate che sia il caso anche, magari, forse, di sentirsi incuriositi da una vicenda come questa che non a caso è vietata dalla cupola mediatica mainstream? Una testimone di giustizia racconta la sua storia, ma non parla di teorie, di banche, di grandi numeri, di epopee che salveranno l’Italia e i popoli e l’Europa. Parla dall’interno della realtà che è il cancro dell’Italia. Vogliamo almeno ascoltare chi, in un qualche modo, sta dando un contributo davvero inter-attivo per la sua estirpazione? Che cosa gli diciamo a questo giovane imprenditore? Arrangiati! Fatti furbo e metti anche tu il culetto della sorella del boss! Fregatene e vai da Bruno Vespa o da Fabio Fazio o da Corrado Formigli!
Penso che meriti una qualche risposta adulta. Io non glie l’ho saputa dare.
Vi aggiungo altri due input sulla Calabria, come risposta civile alla faciloneria usuale.

Corruption Is Seen as a Drain on Italy’s South: from Reggio Calabria.
Questo è il titolo di un ampio reportage apparso in data 8 ottobre 2012 sul prestigioso New York Times (lo trovate dovunque), nel quale si spiegano le ragioni per cui gli imprenditori e investitori seri a livello internazionale non vengono e non verranno in Italia.  Esce insieme a un’analisi della situazione italiana davvero ponderata, dove non si parla di spread, Monti, e le solite banche, ma si parla della REALTA’, ovverossia corruzione e criminalità organizzata, ben coadiuvate entrambe dal consociativismo colluso di chi con loro si mescola. Ha fatto un grosso effetto in diversi ambienti italiani, popolati da gente magari anche per bene, assopite e comode, malate di xenofilia piccolo-borghese provinciale, per cui devono leggere sul New York Times che in Calabria la ‘ndrangheta la fa da padrone per capire che esiste. A me basta che se ne parli. Ieri notte, alla tivvù, in nessun canale, nessuno ne ha parlato. Ne hanno parlato però nel resto d’Europa.
Eccome, se l’hanno fatto.
E per cambiare quella dimensione, dobbiamo cominciare a darci tutti una svegliata etica.
Il secondo input viene dalla Calabria che si è svegliata ed è interattiva. Anche qui un giovane giornalista di carattere; anzi, una giovane, essendo di genere femminile. Ha raccontato una bella storia, vera, densa, di quelle che vanno ascoltate. Le hanno chiuso tutte le porte in faccia e allora senza scomporsi più di tanto, è riuscita a trovare un mini-editore ed è finita come e–book. 
Ecco come ha presentato il suo lavoro:

L'ALTRA FACCIA DELLA CALABRIA                                                                                                                                                  

VIAGGIO NELLE NAVI DEI VELENI


Sara Dallabella, con una prefazione di Giovanni Tizian e  un'introduzione di Doris Lo Moro.
Ed. Quintadicopertina
Euro 3.99
L'altra faccia della Calabria - Viaggio nelle navi dei veleni è il racconto del backstage di un reportage televisivo. Una storia dove il percorso della ricostruzione giornalistica si accompagna ai racconti e le esperienze dei compagni di viaggio alla scoperta di una regione per molti versi ancora inesplorata.
Un esempio di narrative journalism articolato su tre livelli: alprimo la storia del viaggio della protagonista e del suo amore per la Calabria, nel secondo la realizzazione del reportage sulle Navi dei Veleni, curato per Current Tv e Round Robin. Al terzo infine vi sono le fonti consultate dall'autrice: le trascrizioni delle audizioni parlamentari e il materiale -di pubblico dominio- utilizzato per la stesura del testo e qui raccolto per una più agevole consultazione. Completano le fonti in rete, numerosi link alle associazioni che operano sul territorio e alle iniziative volte a informare e sensibilizzare i cittadini sulle tematiche trattate.
Oltre alla vicenda delle navi si racconta quindi anche il rovescio della medaglia: quello delle persone per bene che da anni si impegnano per la ricerca della verità e per il ricordo. Ricordare delle volte e' una forma di protesta
L'altra faccia della Calabria - Viaggio nelle navi dei veleni è il racconto corale di quello che si significa vivere in maniera onesta in una regione nota solo per la criminalità e la corruzione. La vicenda delle navi dei veleni è il pretesto per dare voce anche a chi normalmente non conquista i titoli di giornale.
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Questa è l’Italia dei giovani che mi piacciono.
Questa è la bella faccia dell’Italia Bella del Bel Paese che non è, ma che lo sarà di nuovo se noi siamo capaci di diventare un po’ più curiosi di ciò che accade fuori dal ristretto ghetto delle conventicole settarie. A Benevento, un gruppo di giovanissimi beneventani ha messo su una rivista che si chiama B-Magazine. E’ la migliore produzione culturale che si possa avere oggi in Italia, gestita, se ben ricordo, da un certo Paolo Alessandro Lombardo. Sono davvero bravissimi.
Questi qui, i Milites, i Lombardo, le  Dallabella, non si fanno intervistare piagnucolando perché sono precari e biascicano oscenità blasfeme del tipo “noi non abbiamo futuro”.
Questi, hanno deciso che il futuro vogliono andare a costruirselo perché ci credono e non intendono mettersi in fila, sotto la Regione, davanti alla segreteria partitica giusta, davanti alla loggia giusta, davanti al vescovado giusto, davanti all’assessorato giusto.
Ascoltano tutte le sere la canzone “My way” di Frank Sinatra, anche se magari non sanno neppure chi sia stato.
Che cosa rispondere, quindi a Germano Miltes?
Non lo so.
Certamente il dato è sconfortante.
Ma noi possiamo rendere il tutto confortevole, perché si tratta del nostro territorio.
Basta operare la rivoluzione della vocale, ricordandoci sempre che il salto da fare è quello da Cosa Nostra a Casa Nostra. .Tutto qui: basta cambiare una vocale dentro di noi.
Sono fiori nel deserto italiota.
Penso che sia un impegno doveroso da parte di tutti noi cercare di buttare un po’ di concime, sperando che facciano crescere qualche pianta, per darci a tutti un po’ di ombra necessaria per difenderci dall’arsura.
Se poi volete seguitare a inseguire il culetto delle modelle in cerca di contratto, fate pure.
Per voi, c’è pur sempre un miliardario che va per gli 80 che vi spiega perché dovete disprezzare il denaro. Un abile talento, non vi è dubbio. Che ha servito la Democrazia Cristiana negli anni’60 e negli anni’70 e il Partito Socialista negli anni’80 e i comunisti negli anni ’90 e finalmente oggi, sulla via di Damasco, folgorato dalla sua nuova rivelazione ci annuncia la buona novella del neo-profeta al comando dell’industria dell’indignazione. Naturalmente pagato, offerto e diffuso da quello che lui indicava come il suo nemico principale.
Quel Silvio Berlusconi sempre in pista, sempre al comando del cavallo, perché conosce i propri polli e sa come, nel tritatutto della cupola mediatica, lui la fa sempre da padrone. Alla fine, basta che lui paghi, e i musicanti suonano ciò che a lui fa gioco.
C’è gente, invece, che se ne sta andando da un’altra parte.
A me piace parlare di questa realtà.
Tutto il resto è paccottiglia del Paradosso della Surrealtà: sono tutti intercambiabili.
Il Bel Paese c’è.

Anche se non ne parlano.

Nobel: fisico, premiati scienziati delle particelle quantistiche.


David J. Wineland e Serge Haroche. 

(AGI) - Roma, 9 ott. - "Il premio Nobel per la fisica di quest'anno e' andato a due scienziati che sono riusciti a isolare e 'mettere sotto il microscopio' delle singole particelle quantistiche". E' il commento di Ezio Puppin, presidente consorzio interuniversitario scienze della materia, sui nuovi Nobel per la Fisica, David J. Wineland e Serge Haroche. "Il mondo che ci circonda e' fatto di oggetti che si comportano in base a leggi che per noi e' facile comprendere - ha spiegato Puppin - visto che siamo anche noi parte di questo stesso mondo. Questi oggetti pero' sono costituiti da un numero enorme di altri oggetti, molto piu' piccoli, che se presi individualmente si comportano in modo molto diverso, e strano.


Le leggi che regolano il comportamento di questi oggetti sono quelle della meccanica quantistica, formulate per la prima volta negli anni 20 del secolo scorso. Una delle cose piu' strane e' che questi oggetti possono essere, contemporaneamente, sia delle particelle (come le palle da biliardo) sia delle onde (come quelle che si propagano sulla superficie del mare). La meccanica quantistica funziona perche', basandosi su ipotesi tanto bizzarre, riesce a spiegare molto bene tante cose. Fino a poco tempo fa pero' nessuno era riuscito a prendere un singolo atomo o una singola particella di luce per poterle osservare individualmente, un po' come fa il biologo quando studia i microbi al microscopio". "Il premio Nobel per la fisica di quest'anno - ha detto Puppin - e' proprio andato a due scienziati che sono riusciti a fare questo, cioe' isolare e 'mettere sotto il microscopio' delle singole particelle quantistiche. E, per fortuna, hanno potuto confermare che il comportamento di queste particelle e' proprio quello strano previsto quasi un secolo fa. Ricerche, le loro, straordinarie sia per la loro importanza sia per la difficolta' tecnica degli esperimenti compiuti, che aprono pero' molte interessanti prospettive nel campo dei computer quantistici e delle misure di altissima precisione". (AGI) .
 
http://www.agi.it/research-e-sviluppo/notizie/201210091651-eco-rt10291-nobel_fisico_premiati_scienziati_delle_particelle_quantistiche

"La legge di stabilità sarà da 10 miliardi" la Camusso: "Risposte o sarà sciopero"



Il ministro dell'Economia Grilli spiega il provvedimento agli Enti locali: 6,5 miliardi serviranno per non aumentare l'Iva e 3,5 saranno destinati a produttività e detrazioni fiscali. Tagli da 1,5 miliardi per la sanità. Vertice con le parti sociali. Cgil sul piede di guerra, ma Monti resta ottimista: "Discussione proficua".

ROMA - Il ministro dell'Economia Vittorio Grilli assicura: "Non sarà una nuova manovra", tuttavia, il governo, spiegando la legge di stabilità per il nuovo anno, ha prospettato agli enti locali tagli da circa 10 miliardi di euro di cui 6,5 miliardi per evitare l'aumento dell'Iva e 3,5 miliardi destinati a produttività e detrazioni fiscali. Lo ha detto il coordinatore degli assessori al bilancio delle province, Antonio Rosati al termine dell'incontro a Palazzo Chigi. 

Tra i provvedimenti inseriti nel provvedimento, stando alla bozza in circolazione in queste ore, lo stop all'affitto e all'acquisto di nuovi immobili (se non per realizzare un vantaggio) da parte di tutte le amministrazioni pubbliche. Ma anche all'acquisto e il leasing di autovetture. La Legge di Stabilità introduce poi una stretta anche per l'acquisto di arredi e per le spese di consulenze informatiche. Gli aumenti salariali aziendali dati "in relazione a incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativà" saranno tassati nel 2013 al 10% entro il limite di 3.000 euro lordi. E' previsto uno stanziamento massimo di 1.670 milioni nel 2013 e 526 milioni nel 2014. Nella bozza sono previsti anche tagli da 1,5 miliardi per la sanità mentre per i dipendenti pubblici è confermato il blocco dei contratti fino al 2014 ma per il 2013-2014 non sarà erogata neanche l'indennità di vacanza contrattuale.

Il governo, dopo aver incontrato anche le parti sociali, approverà il provvedimento nel corso di un consiglio dei Ministri.

Prima della riunione Susanna Camusso si è fatta precedere da dichiarazioni di fuoco. "L'impressione - ha detto il segretario della Cgil - è che la legge di stabilità è una manovra mascherata. Se non ci saranno risposte su reddito e lavoro sarà sciopero generale".

Più disponibile la Cisl.  "E' giusto evitare l'aumento dell'Iva, ma è necessario anche che si abbassino le tasse sui redditi di lavoratori e pensionati per far ripartire i consumi, oggi troppo bassi", ha detto  il segretario Raffaele Bonanni, intervenendo durante l'incontro con il governo. Parlando anche della produttività, Bonanni ha sottolineato che "sarebbe importante diminuire le tasse a chi lavora meglio". 

Al termine dell'incontro il giudizio del presidente del Consiglio è stato positivo. Monti ha parlato di "discussione proficua" sulla legge di stabilità e si è rallegrato per il clima di disponibilità dimostrata e per l'avvicinarsi di una conclusione sul negoziato sulla produttività.

Regioni, lo Stato taglia anche le competenze. Pronta una legge costituzionale.


Regioni, lo Stato taglia anche le competenze. Pronta una legge costituzionale


Oggi in consiglio dei ministri arriverà una prima bozza per modificare i contorni del Titolo V della Costituzione così come cambiato dal referendum del 2001. Al governo centrale dovrebbe tornare l'ultima parola su trasporti, istruzione, energia.

A vederlo controluce sembra un percorso pieno di saliscendi (anzi, più di salite che di discese). Però il governo sembra davvero intenzionato a prendere e scontornare con decisione le modifiche del Titolo V della Costituzione votate nel 2000 dalla maggioranza di centrosinistra in Parlamento e poi confermate da un referendum popolare l’anno successivo. Quella che dieci anni fa, più per moda che per altro, si chiamava devolution finisce sotto il bisturi dell’esecutivo tecnico. Gli scandali e gli sperperi hanno dato l’iniezione di coraggio sufficiente a mettere le mani dei ministri non solo nei portafogli (per alleggerirli), ma anche nella cassetta degli arnesi delle Regioni. Dunque davvero saranno riviste le competenze, le Regioni non dovranno più essere degli “Stati autonomi“, ma dovranno restare legate alle redini dello Stato centrale. Palazzo Chigi, quando il governo alcune sere fa ha presentato il decreto “anti Casta” con il quale faceva a fette milioni di euro e decine di poltrone in tutta Italia, in una nota aveva già posizionato i mortai: “Seguiranno presto altri provvedimenti che comporteranno una proposta di revisione della ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni al fine di assicurare un assetto razionale ed efficiente, con l’eliminazione di sovrapposizioni e duplicazioni burocratiche e chiameranno regioni ed enti locali a concorrere agli obiettivi di finanza pubblica, al consolidamento dei conti e al rispetto del pareggio di bilancio”. Parole che non lasciavano molto margine d’azione. 
Oggi la conferma. Il presidente Mario Monti ha confermato, durante l’incontro con Regioni ed enti locali a Palazzo Chigi, che il Consiglio dei ministri si occuperà anche della riforma del titolo V per riportare alcune competenze delle Regioni a livello centrale. Tra le materie “interessanti” per la riforma porti, aeroporti ed energia. Scuola e sanità rimangono materie concorrenti. Sui bilanci delle regioni c’è anche il controllo della Corte dei Conti.
Repubblica stamani aveva scritto che la “rivoluzione” potrebbe cominciare già oggi, quando il disegno di legge di modifica costituzionale sarà sul tavolo del Consiglio dei ministri. Più salite che discese, si diceva: come si sa, alle leggi costituzionali servono un doppio passaggio in Parlamento e pure la maggioranza qualificata (cioè due terzi dei voti). “Dato il breve spazio di legislatura ancora a disposizione – si legge nella relazione che accompagna il disegno di legge, citata da Repubblica – l’obiettivo è quello di apportare modifiche quantitativamente limitate, ma significative dal punto di vista della regolazione dei rapporti tra lo Stato e le Regioni”. 
La chiave sta nella cosiddetta “clausola di supremazia“, spiega il quotidiano di Ezio Mauro. Sulle materie concorrenti è la legge dello Stato a prevalere. Tutto gira intorno al principio “dell’unità giuridica ed economica della Repubblica come valore fondamentale dell’ordinamento”. Invece dal 2001 del decentramento “ulivista” sono aumentati i conflitti davanti alla Corte Costituzionale.
Non solo: alcune competenze torneranno ad essere solo nazionali. Grandi reti di trasporto e di navigazione, l’istruzione, il commercio con l’estero, la produzione, il trasporto e la distribuzione dell’energia. E così niente più scuole regionali, niente più barricate contro i rigassificatori. Basta con la visione del turismo porticciolo per porticciolo.