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mercoledì 10 ottobre 2012

L'oligarchia finanziaria battuta da Hugo Chavez in libere elezioni in Venezuela. - Sergio Di Cori Modigliani



Come soffrono!
Talmente tanto che non sono riusciti neppure a mascherarlo.
Intendiamoci, non tanto per una questione di idee, di libertà, di diritti civili, o di altre nobili argomentazioni. Ma per una semplice questione di soldi. Tant’è vero che sei minuti dopo la dichiarazione di vittoria ufficiale di Hugo Chavez in Venezuela, il petrolio è crollato come titolo e l’intero listino planetario delle borse è andato in negativo facendo perdere diverse decine di miliardi di euro a questi signori e loro rappresentanti (Goldman Sachs, British Petroleum, J.P.Morgan, Citicorp, Royal Bank of Scotland, Unicredit, Shell corporated, Alcoa, Chase Manhattan Bank, Black Rock fund, gruppo mediatico Cisneros: ovvero i principali sponsor dichiarati del candidato perdente Capriles)  che davvero non pensiamo si dedicassero alla beneficenza nella salvaguardia dei diritti civili del popolo venezuelano. Una catastrofe!
Per loro, si intende. Per questi gruppi che ci avevano scommesso e la davano certa, la vittoria di Capriles. Tutti i sondaggi indicavano che ce l’avrebbe fatta, magari sul filo di lana. E anche se avviene in una regione lontana e molto remota, avrà un impatto simbolico molto forte dovunque in occidente.
Sulla carta, l’avevano giocata bene, puntando sull’assenteismo. I sondaggi davano Capriles vincente con un margine del 2% e un’affluenza al voto intorno al 60/65%; moltissima era la gente disgustata dalla conflittualità politica molto accesa, dalla violenza, dall’incertezza. La vittoria di Chavez (54,5% dei voti) è stata ottenuta grazie all’affluenza dell’80% della popolazione. E’ stato immediatamente attaccato – fornendola come prova che si tratta di un dittatore - perché nella giornata di sabato ha violato il codice del silenzio twittando continuamente dei messaggi invitando i contadini, gli abitanti nelle province più estreme e dimenticate, la gente che non voleva andare a votare, perché si recassero alle urne. Chavez si è giustificato sostenendo che era suo dovere farlo e che non aveva dato nessuna indicazione di voto, se non il fatto di sottolineare il “dovere di ogni venezuelano di dire no all’imperialismo dei colossi finanziari che ci vogliono portare via il nostro petrolio”.
I democratici elegantoni troveranno questa sua pratica disdicevole.
Io no.
La Well co. di Austin, Texas (famiglia Bush in comproprietà con il fratello saudita di Osama Bin Laden, un’accoppiata business che la dice tutta su come va il mondo) già si leccava i baffi perché si era assicurata la commessa d’appalto per nuove trivellazioni in Venezuela  e la consegna di almeno dieci grandi piattaforme petrolifere, per riprendere il controllo nei Caraibi e da Caracas (il Venezuela è la prima nazione geografica del Sudamerica) condurre la battaglia contro Brasile e Argentina, i due veri nemici dichiarati del liberismo selvaggio del Fondo Monetario Internazionale. La stessa Christine Lagarde, in un impeto di ritrovata passione per i diritti civili, venti giorni fa era arrivata a Caracas per sostenere pubblicamente il candidato Capriles a nome del Fondo, facendo intendere che un fiume di denaro si sarebbe riversato nelle banche venezuelane come credito agevolato alle imprese, comiziando sul tema dei diritti civili.
Una vera operetta da circo (con il senno di poi)  che avrebbe potuto diventare, invece, una tragedia mediatica post-moderna, sulla quale invito a riflettere tutti, perché è una tendenza in corso anche da noi in Europa. Era chiaro anche a un bambino che queste elezioni rappresentavano il primo scontro frontale tra i sostenitori del liberismo economico, dello schiavismo economico e sociale sostenuto dai colossi finanziari speculativi (da una parte) e dall’altra le esigenze di sovranità nazionale e di sviluppo economico locale, improntate alla difesa dello stato welfare e all’applicazione di economie di investimento e di sviluppo. Ma i sostenitori del liberismo selvaggio, a protezione della privatizzazione delle risorse energetiche, e grandi sostenitori delle politiche restrittive del Fondo Monetario Internazionale, avevano stabilito di costruire una campagna elettorale imperniata intorno al tema dei diritti civili, presentando il candidato Capriles come un campione del “socialismo che funziona”, la faccia giovane del “nuovo che avanza”.  Il candidato del FMI si era addirittura auto-eletto come grande sostenitore e amico del sindacalista brasiliano ed ex presidente del Brasile Lula da Silva, il quale aveva già fatto sapere che neppure lo conosceva, che non condivideva nessuna delle sue idee e non lo sosteneva affatto. Ma Capriles – grazie a un vasto controllo mediatico allestito dal gruppo media Cisneros- ha fatto tutta una campagna elettorale presentandosi come un socialista pragmatico e addirittura come nemico delle multinazionali e nemico della finanza anglo-americana.
E’ stata una campagna elettorale molto interessante, basata sulla totale confusione dialogica, per impedire di affrontare i veri temi in ballo: la assoluta necessità per le multinazionali dell’energia di riprendere il controllo dei Caraibi e del Sudamerica, lanciando un severo avvertimento a Obama e al resto del mondo. Le ultime settimane hanno visto scendere in campo i colossi della disinformazione della locale cupola mediatica, aiutati e spalleggiati anche da media francesi e soprattutto italiani (la più grande comunità di emigrati europei in Venezuela, dove i bloggers italiani sono seguitissimi e hanno avuto un loro ruolo tra i votanti) ma non sono riusciti a farcela. Centinaia e centinaia le presenze ben dissimulate tra i blog italiani che hanno partecipato in prima linea nello spiegare perché andava bene Capriles. Tra tutti, cito il blog “cado in piedi” che venti giorni fa aveva pubblicato (così piovuto dal nulla) un articolo dal titolo “Venezuela, carcere e (in)civiltà” a firma Katia Anedda, una scrittrice presentata come una esponente nella salvaguardia dei diritti civili in Italia. L’autrice del pezzo raccontava la storia di un “carcere incubo” a Caracas dove era andato a finire un giovane milanese, finito in una situazione di disperazione esistenziale con la sua vita a rischio e si parlava dell’amorevole aiuto fornito dal consolato italiano; in questo caso incredibilmente attivo nel sostenere il nostro connazionale in diverse conferenze stampa a Caracas.  Nel corso dell’articolo, l’autrice raccontava anche la verità sulla storia. Il giovane, infatti, era stato arrestato all’aeroporto di Caracas con 100 grammi di cocaina in tasca. Interrogato dalla polizia che gli aveva mostrato anche diverse prove fornite dall’interpol, il giovane aveva confessato che quella non era la sua prima volta. E così era finito in un carcere incubo. Tutto vero. Il punto è proprio questo. Tre anni fa, in una famosissima (e affollatissima) conferenza stampa, lo stesso Chavez aveva annunciato che si era stufato di giovani criminali europei che arrivavano con la loro arietta colonialista in Venezuela, d’accordo con i narcos colombiani e con le mafie italiane, pensando di far su e giù tra il Sudamerica e l’Europa spacciando la cocaina. E aveva annunciato che tutti quelli che sarebbero stati beccati sarebbero finiti nel carcere più duro insieme ai grossi criminali. E così aveva fatto. Il giovane italiano veniva presentato nell’articolo come vittima  (con racconti della famiglia disperata) preda della mancanza di diritti civili in Venezuela. Finendo l’articolo, un lettore medio non poteva che sentire compassione e solidarietà nei confronti del proprio connazionale, incorporando l’idea che i venezuelani sono un popolo di selvaggi e che Chavez era un dittatore che non rispettava il diritto degli europei che invece sono tanto democratici L’ho trovato un articolo subdolamente osceno. E ’ un vero insulto nei confronti dei tantissimi giovani italiani che ogni giorno combattono in questa nazione per cercarsi un lavoro decente e pagato, purchè onesto. Chiedere la solidarietà (e la denuncia di Hugo Chavez) per un giovane che fa lo spacciatore di professione (per sua stessa ammissione) lo trovo fuorviante. Mi dispiace per lui, e per “cado in piedi”, ma io rispetto chi lavora, chi cerca un lavoro e chi soffre l’ansia e il disagio del precariato senza cedere alla criminalità organizzata e al guadagno facile disonesto. Non nutro nessun rispetto civile  per chi fa su e giù con il Sudamerica spacciando la cocaina. Se l’è andata a cercare, che si assuma le sue responsabilità. Ma di lui, ne potete star certi, non ne parleranno più, dato che le elezioni si sono svolte.
E così, il “socialista” Capriles (decine di milioni di dollari investiti nella campagna elettorale) è stato battuto dal “dittatore” Chavez.
Peccato che il dittatore abbia espulso le multinazionali dell’energia, che abbia triplicato il salario minimo, che abbia aumentato le pensioni minime per un 45% in più dell’indice d’inflazione e che abbia istituito una percentuale dei profitti ricavati dalla vendita del petrolio per creare “il fondo di solidarietà per studenti universitari provenienti da famiglie disagiate”, che abbia lanciato quella che io definisco una svolta esistenziale nel campo della solidarietà perché nel 2007 ha dato il petrolio e il gas gratis alla Repubblica dell’Ecuador che aveva optato per la denuncia del debito immorale, invitando poi sia Lula che Nestor Kirchner a dare una mano all’Ecuador contro le grosse multinazionali.
Splendido l’articolo scritto da Gennaro Carotenuto, un ricercatore italiano che vive a Parigi dove insegna all’università, e si occupa di questioni sudamericane. Lo consiglio a tutti. Così come appare davvero penoso l’articolo di Gianni Riotta su La Stampa, davvero preoccupato all’idea dello schiaffo in faccia che il continente sudamericano, in libere elezioni che si sono svolte legalmente, ha mollato al Fondo Monetario Internazionale, alla BCE, ma soprattutto ai colossi finanziari che sostenevano Capriles; guarda caso gli stessi che stanno finanziando Romney in Usa.
A dimostrazione del valore di una libera elezione. Se l’intelligenza e l’attenzione e la consapevolezza è alta, è possibile vincere contro lo schiavismo, contro il liberismo e contro coloro che vogliono riportarci nel medioevo.
Questa è la notizia, oggi.
Da qualche parte del mondo stanno dicendo no al Nuovo Ordine Mondiale.
E non è roba da poco.
Da notare, in conclusione, che nell’annunciare la sua vittoria, Hugo Chavez ci ha tenuto a presentarsi alla folla avendo accanto il premio nobel per la pace guatemalteco, Rigoberta Manchù e Piedad Cordoba, la più grande attivista sudamericana nel campo dei diritti civili, di nazionalità colombiana, da sempre in prima fila nella lotta contro il narcotraffico, contro la criminalità organizzata e contro i legami tra la finanza oligarchica e le mafie italiane che hanno bisogno di un Sudamerica debole, avvilito e servo, per farci sopra il grande business.