giovedì 11 ottobre 2012

Costi politica, Lombardia: tre consiglieri indagati per truffa aggravata e peculato.


Consiglio Regionale Lombardia

Ispezioni a sorpresa nella sede del Consiglio regionale lombardo e nelle Marche. Al Pirellone i finanzieri hanno sequestrato i rendiconti completi delle spese sostenute dai gruppi di Pdl e Lega Nord dal 2008 al 2012. In particolare, la documentazione riguarda i loro viaggi, cene e spese di comunicazione e rappresentanza.

Dopo LazioCampaniaEmilia Romagna e Piemonte, oggi tocca a Lombardia e Marche. Ispezione a sorpresa degli agenti della Guardia di Finanza nei due consigli regionali per compiere acquisizioni per accertamenti sulle spese dei gruppi regionali. Al Pirellone risultano indagati i consiglieri Davide Boni (Lega)Franco Nicoli Cristiani e Massimo Buscemi (Pdl) per peculato e truffa aggravata. Al centro viaggi, cene e spese di comunicazione e rappresentanza del gruppo consiliare Pdl-Lega tra il 2008 e il 1012. I finanzieri hanno acquisito tutta la documentazione presso l’assessorato al Territorio e Urbanistica, l’assessorato alla Cultura e Giovani, la Presidenza e l’ufficio di Presidenza. L’indagine riguarda in particolare le spese da loro sostenute ”nel periodo intercorso tra l’inizio di questa legislatura e marzo 2012”, come hanno affermato in una nota congiunta il presidente del consiglio regionale della Lombardia Fabrizio Cecchetti (Lega Nord) e i vicepresidenti Carlo Saffioti (Pdl) e Sara Valmaggi (Pd).
In sostanza, quando era presidente del Consiglio regionale Davide Boni, che si è dimesso da presidente del Consiglio regionale a seguito delle accuse di corruzione a suo carico. Buscemi, ex assessore alle Risorse idriche, è inoltre marito della figlia di Pierangelo Daccò, il faccendiere accusato di associazione per delinquere, bancarotta e altri reati nell’inchiesta sul dissesto dell’ospedale San Raffaele, è stato condannato con rito abbreviato a 10 anni di carcere
Lombardia – I finanzieri che questa mattina sono entrati al Pirellone hanno portato via borsoni e trolley contenenti presumibilmente dei documenti, che sono stati prelevati al nono piano del grattacielo, dove si trova l’ufficio legale del Consiglio. ”Non abbiamo nulla da nascondere, ed è curioso che per indagini che non riguardano i fondi dei gruppi ma i singoli consiglieri regionali vengano acquisiti i documenti di tutto il gruppo consiliare, e solo di Pdl e Lega Nord’’, ha detto il capogruppo regionale del Pdl Paolo Valentini. “La richiesta di documenti da parte della Guardia di finanza – ha sottolineato il capogruppo della Lega Nord Stefano Galli – è collegata all’indagine in corso riguardante il consigliere regionale Davide Boni e non riguarda l’inchiesta sull’utilizzo dei fondi consiliari in corso in altre Regioni italiane”. A quanto si apprende, per ora non ci sarebbero state acquisizioni di documenti negli uffici degli altri gruppi consiliari, e l’intervento delle Fiamme gialle si sarebbe concentrato negli uffici di Pdl e Lega Nord.

Sara Giudice, da eroina anti Minetti ai voti della ‘ndrangheta: “Un complotto”.


Sara Giudice


La giovane ribelle del Pdl, poi passata a Fli, messa nei guai da un presunto "accordo corruttivo" stretto dal padre Vincenzo con un emissario delle cosche. Ma nulla prova che sapesse dei legami criminali dell'interlocutore, presentatosi sotto falso nome. Lei replica: "Vogliono distruggermi politicamente".

Nel pieno dello scandalo escortSara Giudice diventò una sorta di eroina della politica pulita. Giovanissima esponente del Pdl milanese, aveva criticato apertamente l’elezione di Nicole Minetti nel listino bloccato del consiglio regionale della Lombardia. Sommersa di critiche dai fedelissimi di Silvio Berlusconi, era passata a Fli, raccogliendo oltre 1000 voti alle comunali del 2011, restando fuori dal consiglio solo per lo scarso successo del Terzo polo di Fini e Casini. Ora proprio quei voti la proiettano nell’incubo dell’inchiesta per voto di scambio politico-mafioso che ha portato in carcere l’assessore regionale lombardo alla casa Domenico Zambetti. Sara non è indagata, perché il contatto con l’emissario delle cosche lo ha avuto suo padre Vincenzo Giudice (nella foto padre e figlia insieme a una manifestazione) già presidente del consiglio comunale di Milano per il Pdl, che infatti è finito sotto inchiesta. Dopo l’arresto di Zambetti, Sara Giudice ha convocato i giornalisti davanti a Palazzo Marino, sede del Comune, e ha parlato apertamente di un “complotto” organizzato per distruggerla politicamente (guarda il video). Comunque sottolineano gli inquirenti nelle carte dell’inchiesta, nessun elemento prova che il padre fosse a conoscenza dei rapporti criminali del suo interlocutore, né che la figlia fosse a conoscenza dell’accordo stretto. 
Protagonista dell’avvicinamento, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare del tribunale di Milano, Eugenio Costantino, indicato come un referente del clan Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia), da tempo radicato in Lombardia, in particolare in Brianza. Presentandosi con le false generalità dell’”avvocato Roberto Licomo”, nel maggio 2011 Costantino ha incontrato Vincenzo Giudice “come rappresentante di una cordata di imprenditori e di liberi professionisti”. In quel momento, Giudice è presidente della Metro Engineering srl, società partecipata della Metropolitana Milanese Spa. Il sedicente avvocato, continua il gip, gli propone “un accordo corruttivo“. Vale a dire,  ”la promessa di raccogliere voti a favore della figlia dello stesso Giudice, Sara, candidatasi alle elezioni per il rinnovo del Consiglio Comunale di Milano, a fronte della promessa concreta di assegnazione preferenziale di appalti e lavori pubblici per la costruzione della metrotranvia di Cosenza (di cui Mm aveva ottenuto l’appalto, ndr) e successivamente riguardanti le scuole”. Appalti che “come esplicitato dallo stesso Costantino, sarebbero stati girati a società e cooperative controllate da gruppi della ‘ndrangheta“.  In seguito all’incontro, l’intermediario si è dato da fare per la raccolta dei voti – con un apporto finale stimato in 3-400 preferenze - rivolgendosi a “esponenti dei clan Di Grillo-Mancuso e Morabito-Bruzzaniti-Palamara“. 
Il politico incontra il presunto emissario delle cosche due volte, tra aprile e maggio maggio 2011. Secondo il gip,  ”Giudice rifiutò l’iniziale richiesta di erogazione di denaro in cambio dei voti a favore della figlia, e promise, quale corrispettivo dei voti, l’assegnazione dei predetti lavori pubblici”. Il tutto, sottolinea in più punti l’ordinanza, senza sapere nulla dei rapporti criminali della persona che si trovava di fronte. 

Video shock a “Chi l’ha visto”, bambino portato via con la forza a Padova.



Video straziante trasmesso ieri sera durante “Chi l’ha visto”, su Rai Tre. Il filmato immortala un bambino di dieci anni, prelevato dalla polizia mentre si trovava a scuola, in un paese in provincia di Padova, e poi trascinato con la forza tra le urla disperate del piccolo e della zia, autrice del video. Il bimbo è al centro di una drammatica guerra tra i suoi genitori separati. Secondo l’ordinanza del giudice, avrebbe dovuto essere trasferito in una struttura protetta per poi essere affidato al padre. Nel provvedimento si precisa anche che il papà avrebbe potuto avvalersi, se strettamente necessario, “dell’ausilio dei Servizi Sociali e della Forza Pubblica, da esplicarsi nelle forme più discrete e adeguate al caso”. Quando la polizia riesce a caricare il bambino nell’auto, la zia chiede le ragioni dell’accaduto. Un’ispettore donna le risponde che non è tenuta a dare spiegazioni. E aggiunge: “Io sono un poliziotto. Lei non è nessuno”

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/10/11/video-shock-visto-bambino-portato-forza-padova/207122/

Il giudice ordina di affidarlo al padre: bimbo preso con la forza a scuola.


Il bambino preso con la forza a scuola


A prelevare il ragazzino anche alcuni poliziotti. La madre sporgerà denuncia.

VENEZIA - Una lunga guerra di carte bollate tra genitori che dal 2004 si disputano la custodia del figlio che ora ha dieci anni e frequenta la quinta elementare, ha avuto ieri un drammatico epilogo in una scuola di Cittadella. Il bimbo portato via con la forza dalla propria classe ha cercato in tutti i modi di evitare il trasferimento in un istituto dove sarà ospitato, per preparare l'affidamento in via esclusiva al padre. Così ha stabilito un decreto della Corte d'appello di Venezia che è stato esibito da un drappello di assistenti sociali, un medico, dal padre del bimbo e alcuni poliziotti che si sono presentati dopo mezzogiorno alla direttrice dell'istituto, Marina Zanon.

In quelle pagine si stabilisce «l'allontanamento del minore dall'ambiente materno e il suo affido in via esclusiva al padre», con collocamento in una comunità. Era solo la prima di una serie di sequenze che si sono fatte sempre più concitate. Il dirigente scolastico non ha consentito agli agenti di entrare in classe. Ha chiesto al maestro di far uscire il piccolo e di portarlo in aula magna. Ma lui ha capito che erano venuti a prenderlo. Ci avevano provato altre quattro volte, dal 25 agosto in poi, ad eseguire il provvedimento che lo toglie alla madre, laureata in farmacia, per affidarlo al padre, un avvocato padovano.

La prima volta si era rifugiato nella sua cameretta, rimanendo aggrappato alla rete del letto ore. Anche le altre volte aveva opposto una resistenza tale da far sospendere l'esecuzione.
Visto il rifiuto ad uscire di classe, il direttore didattico ha preferito far allontanare gli altri compagni. Aggrappato al suo banco è rimasto solo il bimbo, il cui comportamento scolastico viene considerato irreprensibile. Ad entrare sono stati gli assistenti sociali, il medico e il padre. Ma la reazione è stata molto violenta.

L’ultima scena è la più drammatica, anche perché documentata da fotografie e riprese di una videocamera. Il bimbo è stato letteralmente portato via con la forza, visto che cerca di divincolarsi con altrettanto vigore dettato dalla disperazione. È a quel punto che intervengono anche un paio di agenti dell'Ufficio minorenni della questura. Due persone lo tengono per le gambe. Un altro lo afferra per le spalle, mentre lui tira calci. Cade a terra. Viene trascinato. Si dispera. Tutto inutile. Alla fine viene caricato su un'auto. Fuori dalla scuola ci sono la mamma e i nonni, riprendono la scena con una videocamera. Ci sono molti genitori, altri bambini. La madre ha annunciato che presenterà denuncia e ha chiesto la visita di un pediatra per accertare se il piccolo ha subito lesioni. La questura si è limitata a parlare di «notevoli difficoltà» nell’esecuzione di un provvedimento legittimo.


In un video si sentono precise le parole pronunciate da una esponente delle forze dell'ordine nei confronti della zia del bambino che chiedeva spiegazioni e cercava di fermare lo scempio: Io sono un'ispettore di polizia, lei non è nessuno.

Così parlò Beppe Grillo: "E' l'Italia che ha bisogno della Sicilia".


sicilia-grillo-messina_10102012
Per nulla affaticato dalla traversata nello Stretto di Messina – da un anno si allenava per l’impresa -, Beppe Grillo, smentendo i bookmaker, non solo ce l’ha fatta, ma era pure fresco come una rosa e di buon umore, nonostante, come ha raccontato, “Sono entrato in mare dentro una fogna e sono arrivato dentro una fogna” – e non in senso figurato, ma letterale!
Sarà perché di campagna elettorale trattasi, ma il comico genovese ai giornalisti ha dimostrato tutta la sua disponibilità, persino quando ci siamo avvicinati al camper parcheggiato presso l’albergo:prima di scendere dal mezzo, per una mezzoretta si è intrattenuto con noi.
Cos’è più difficile, attraversare lo Stretto o cambiare la Sicilia?
“Ma no, è la stessa cosa. Basta volere una cosa e si porta a casa il risultato. Noi non dobbiamo convincere la gente a votare: dobbiamo cambiare una cultura e una ideologia ben precisa che c’è. Il Movimento 5 Stelle è questo: noi non siamo venuti ad elemosinare dei voti. Siamo venuti per dire: “Signori, adesso si può cambiare, un’alternativa c’è”.
Poi ha aggiunto sornione: “Guarda, stanno succedendo delle cose meravigliose: ieri sera sono arrivato a Reggio Comunale ed è stato sciolto il consiglio comunale. Così, per agevolarci un attimo”.
Ma – abbiamo obiettato – si tratta di un sistema che esiste anche al nord: abbiamo fino ad oggi assistito a vicende che a Milano hanno coinvolto il Comune e la Regione, con, in ultimo un altro arresto di un assessore della giunta Formigoni.
“Vede, se lei dove va tira su un coperchio, trova qualsiasi cosa. E’ un sistema a delinquere di stampo legale: prima hanno fatto le leggi e poi hanno fatto i reati e, quindi, sono reati a norma di legge. Come fai a rubare una cosa che è già stata rubata. E’ un furto alla seconda”. Poi, Grillo ha continuato con l’esempio del referendum sui partiti e, ha spiegato che ora parlano di Parlamento pulito: “Bastava tirar fuori le 350 mila firme raccolte e messe in un cassetto”, ha riferito.
Cosa ne pensa degli altri candidati in Sicilia, Musumeci, Miccichè, Fava-Marano, Crocetta e di questa sinistra che litiga?
“Ma sì, non c’è più questo concetto di destra o sinistra. Se lei va a vedere, sono per il cemento, per i ponti, per gli inceneritori. Crocetta l’ho conosciuto quando era sindaco di Gela, era un uomo che si è messo in gioco, ha rischiato anche la vita. Per carità, qui non si discute sulle persone. Qui però consideriamo un sistema. Qui ci vuole, un’idea, un sogno a vent’anni, con le rinnovabili, ad esempio”.
Poi Grillo riflette sulla nostra Isola:
“La Sicilia è una cosa strana. Se la Grecia fallisce per il debito, la Sicilia fallisce per il credito. Il Governo deve alla Sicilia un miliardo. La Sicilia non ha bisogno dell’Italia: è l’Italia che ha bisogno della Sicilia”.
Realisticamente parlando, voi potreste anche ottenere il seggio alla Regione. Ma come si cambiano le cose? Siate aperti ad accordi?
“Voi continuate a non capire cos’è questo Movimento: io sto aggregando persone. Ma perché io devo passare sempre per Hitler, il demagogo, il populista”. E, indicando la giornalista dice: “Se noi ci troviamo in questo sistema è soprattutto colpa vostra. Perché ormai avete depistato tutta l’informazione, consapevolmente o inconsapevolmente. Io sono qua per dire: “Signori informatevi”.
Conclusa l’intervista, abbiamo cordialmente contestato a Grillo questo suo atteggiamento nei confronti della stampa: lui è rimasto della sua opinione che i giornalisti, ormai, non servono più per comunicare, noi abbiamo chiarito che ancora la gente ha pure bisogno dell’informazione, che è cosa ben diversa dalla comunicazione.

Cancelleri: "Ecco quanto è costata l'impresa di Beppe Grillo".

Grillo rruvò


“Il gesto tutt’altro che simbolico di Grillo è la chiara dimostrazione che in Sicilia il ponte non serve, a noi servono le infrastrutture interne che al momento sono da Terzo mondo, è un ulteriore anacronismo il fatto che si siano già spesi milioni di euro per l’allestimento di un progetto su un ponte che di fatto non esiste”, ha detto il candidato governatore del Movimento 5 Stelle, Giancarlo Cancelleri, commentando l’arrivo di Beppe Grillo in Sicilia.
“La Sicilia ha vissuto tre sbarchi che hanno modificato la storia dell’isola e dei suoi cittadini – ha dichiarato Grillo alla folla che lo attendeva- quello dei Savoia, quello degli americani che hanno portato la mafia e quello del Movimento 5 Stelle che cambierà in meglio il volto dell’Isola, anche se l’unico che è arrivato a nuoto sono io”.
Cancelleri ha quindi risposto numeri alla mano alle polemiche sollevate da alcuni competitors della campagna elettorale siciliana sulle spese sostenute per l’impresa di Grillo. ““Le spese sostenute sono relative al medico che seguiva Grillo e lo staff che ne ha curato la traversata, l’autoambulanza presente all’arrivo, i cronometristi e le spese carburante dei barcaioli per un importo di 300,00 euro, tutto regolarmente fatturato e con autorizzazione della Autorità Marittima dello Stretto di Messina. Per quanto concerne le imbarcazioni che hanno ospitato i giornalisti che hanno raccolto le immagini della nuotata del comico genovese, queste, sono state pagate dalla stampa e non hanno gravato sul Movimento. Nel dettaglio comunque ricordiamo che non godendo di rimborsi elettorali, l’esigua cifra impiegata per la manifestazione è tratta dal conto corrente sul quale confluiscono le donazioni degli attivisti del Movimento“.

mercoledì 10 ottobre 2012

Finanziere ai domiciliari. Una casa per non denunciare.

cip cip cipea 300x219

BOLOGNA - Finisce agli arresti domiciliari un finanziere coinvolto in un'inchiesta relativa al comune alle porte di Bologna San Lazzaro di Savena. Per l'accusa l'uomo si sarebbe accordato per l'acquisto di un appartamento in edilizia convenzionata anche non avendone i requisiti. Si sarebbe separato solo sulla carta dalla moglie al fine di farsi aggiudicare la casa nel complesso residenziale costruito dalle aziende Cipea e Idroter.

La Procura ha accusato il finanziere di aver ottenuto l'appartamento come contropartita per favori: irregolarità non denunciate. Ma sulle costruzioni gravavano una serie di abusi edilizi. Per questi sono stati citati a giudizio Gianluca Muratori, presidente di Cipea Holding e presidente di Confartigianato e Giampaolo Cavicchioli, presidente Idroter, ditta esecutrice dei lavori, il direttore dei lavori e il rappresentante di una ditta sub appaltatrice. I fatti sono accaduti dopo un esposto del deputato del Fli Enzo Raisi

Il tribunale del Riesame ha disposto gli arresti domiciliari per il finanzidere dopo che la richiesta di domiciliari era stata respinta dal gip Bruno Giangiacomo. Ma i Pm hanno fatto ricorso. Il finanziare adesso ricorrerà in Cassazione. La vicenda però rischia di finire su un binario morto. La prima udienza è stata fissato nel 2014 e la prescrizione potrebbe essere reale visto che i tempi massimi per la prescrizione di un reato del genere sono 5 anni (i fatti sono stati denunciati nel 2010).


http://affaritaliani.libero.it/emilia-romagna/finanziere-ai-domiciliari-una-casa-per-non-denunciare101012.html