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giovedì 11 ottobre 2012

Sara Giudice, da eroina anti Minetti ai voti della ‘ndrangheta: “Un complotto”.


Sara Giudice


La giovane ribelle del Pdl, poi passata a Fli, messa nei guai da un presunto "accordo corruttivo" stretto dal padre Vincenzo con un emissario delle cosche. Ma nulla prova che sapesse dei legami criminali dell'interlocutore, presentatosi sotto falso nome. Lei replica: "Vogliono distruggermi politicamente".

Nel pieno dello scandalo escortSara Giudice diventò una sorta di eroina della politica pulita. Giovanissima esponente del Pdl milanese, aveva criticato apertamente l’elezione di Nicole Minetti nel listino bloccato del consiglio regionale della Lombardia. Sommersa di critiche dai fedelissimi di Silvio Berlusconi, era passata a Fli, raccogliendo oltre 1000 voti alle comunali del 2011, restando fuori dal consiglio solo per lo scarso successo del Terzo polo di Fini e Casini. Ora proprio quei voti la proiettano nell’incubo dell’inchiesta per voto di scambio politico-mafioso che ha portato in carcere l’assessore regionale lombardo alla casa Domenico Zambetti. Sara non è indagata, perché il contatto con l’emissario delle cosche lo ha avuto suo padre Vincenzo Giudice (nella foto padre e figlia insieme a una manifestazione) già presidente del consiglio comunale di Milano per il Pdl, che infatti è finito sotto inchiesta. Dopo l’arresto di Zambetti, Sara Giudice ha convocato i giornalisti davanti a Palazzo Marino, sede del Comune, e ha parlato apertamente di un “complotto” organizzato per distruggerla politicamente (guarda il video). Comunque sottolineano gli inquirenti nelle carte dell’inchiesta, nessun elemento prova che il padre fosse a conoscenza dei rapporti criminali del suo interlocutore, né che la figlia fosse a conoscenza dell’accordo stretto. 
Protagonista dell’avvicinamento, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare del tribunale di Milano, Eugenio Costantino, indicato come un referente del clan Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia), da tempo radicato in Lombardia, in particolare in Brianza. Presentandosi con le false generalità dell’”avvocato Roberto Licomo”, nel maggio 2011 Costantino ha incontrato Vincenzo Giudice “come rappresentante di una cordata di imprenditori e di liberi professionisti”. In quel momento, Giudice è presidente della Metro Engineering srl, società partecipata della Metropolitana Milanese Spa. Il sedicente avvocato, continua il gip, gli propone “un accordo corruttivo“. Vale a dire,  ”la promessa di raccogliere voti a favore della figlia dello stesso Giudice, Sara, candidatasi alle elezioni per il rinnovo del Consiglio Comunale di Milano, a fronte della promessa concreta di assegnazione preferenziale di appalti e lavori pubblici per la costruzione della metrotranvia di Cosenza (di cui Mm aveva ottenuto l’appalto, ndr) e successivamente riguardanti le scuole”. Appalti che “come esplicitato dallo stesso Costantino, sarebbero stati girati a società e cooperative controllate da gruppi della ‘ndrangheta“.  In seguito all’incontro, l’intermediario si è dato da fare per la raccolta dei voti – con un apporto finale stimato in 3-400 preferenze - rivolgendosi a “esponenti dei clan Di Grillo-Mancuso e Morabito-Bruzzaniti-Palamara“. 
Il politico incontra il presunto emissario delle cosche due volte, tra aprile e maggio maggio 2011. Secondo il gip,  ”Giudice rifiutò l’iniziale richiesta di erogazione di denaro in cambio dei voti a favore della figlia, e promise, quale corrispettivo dei voti, l’assegnazione dei predetti lavori pubblici”. Il tutto, sottolinea in più punti l’ordinanza, senza sapere nulla dei rapporti criminali della persona che si trovava di fronte. 

mercoledì 10 ottobre 2012

Regione, arrestato Zambetti "Pagò i voti alla 'ndrangheta". - Piero Colaprico


Regione, arrestato Zambetti "Pagò i voti alla 'ndrangheta"

L'assessore regionale alla Casa, Domenico Zambetti

I carabinieri parlano di "preferenze pagate 50 euro l'una in contanti" dall'assessore alla Casa del Pirellone. In tutto ai boss calabresi sarebbero finiti circa 200mila euro. In manette anche Ambrogio Crespi, fratello del sondaggista, sarebbe il collettore di voti per la lobby calabrese. In tutto gli ordini di custodia cautelare sono una ventina.

MILANO - Ordine d'arresto per un assessore regionale della giunta Formigoni. I carabinieri parlano di operazione "senza precedenti", un'espressione non raramente abusata, ma in questo caso suona a proposito: sinora non s'era mai visto in Lombardia un politico pagare i gangster della 'ndrangheta per avere un pacchetto di voti sicuri. Erano voti pagati in contanti, a caro prezzo, 50 euro circa l'uno, quelli presi da Domenico Zambetti, 60 anni, pdl. Era stato eletto alle ultime competizioni con 11.217 voti di preferenza, quindi nominato assessore alla Casa al Pirellone.

Secondo l'inchiesta, ha dovuto pagare ai clan calabresi, in varie rate, 200mila euro. Una è di 80 mila, una versata il 31 gennaio 2011 e l'ultima rata, 30 mila euro, è stata pagata nell'associazione culturale 'Centro e libertà' con sede in via Mora 22 il 15 marzo 2011. Ad incassarli, secondo l'accusa, Giuseppe D'Agostino, gestore di locali notturni, già condannato negli anni scorsi per traffico di droga, che appartiene alla cosca calabrese Morabito-Bruzzaniti; l'altro, referente del clan Mancuso, è l'imprenditore Eugenio Costantino.

E' un altro colpo per una giunta, come quella Lombarda, che vede il presidente Roberto Formigoni indagato per corruzione con i faccendieri Antonio Simone e Piero Daccò, e ha visto altri arresti per appalti e inchieste per tangenti.

AMBROGIO CRESPI. L'ordinanza firmata dal gip Alessandro Santangelo viene eseguita in queste ore e nell'elenco degli arrestati figura, accanto all'assessore Zambetti, anche Ambrogio Crespi:  è il fratello minore del più celebre Luigi, ex sondaggista preferito di Silvio Berlusconi. Era proprio Crespi, secondo l'accusa, a rastrellare i voti nei quartieri periferici di Milano, grazie ai suoi numerosi contatti con la malavita organizzata.

IL CHIRURGO. Ai detective, coordinati dal pubblico ministero Giuseppe D'Amico, non è sfuggito il ruolo di Marco Scalambra, un chirurgo che ha collaborato con l'Humanitas, 55 anni, ma impegnato in politica come faccendiere del centrodestra. Viene considerato il burattinaio del sindaco di Sedriano, Alfredo Celeste, il quale finisce agli arresti domiciliari. In tutto sono venti le persone destinate al carcere, ma quello che emerge ancora una volta, da quando Ilda Boccassini è il coordinatore della distrettuale antimafia milanese, è la cosidetta 'zona grigia'. 

E' quel mondo di persone apparentemente lontane dal crimine ma in realtà disposte a ubbidire, manovrare, avere vantaggi grazie a gangster molto pericolosi, in questo caso legati a due gruppi, i Mancuso della provincia di Vibo Valenzia e i Morabito-Palamara Bruzzaniti di Africo Nuovo, con i loro affiliati in Lombardia. Una microspia, che i 'cacciatori' del nucleo investigativo milanese sono riusiti a piazzare dentro una Bmw, è diventata una specie di bussola per tracciare la rotta degli insospettabili: un'operazione che pare da manuale.

SARA, L'ANTI NICOLE MINETTI. Qualcuno ricorderà Sara Giudice: è la giovane ex esponente del Pdl a Milano che organizzò, anzi creò la la campagna 'anti-Nicole Minetti'. Invocava liste pulite, opponendosi alla 'politica del bunga bunga', partecipando a trasmissioni come Anno Zerol'InfedeleUn giorno da pecora. Ebbene, anche lei, non eletta a causa della legge elettorale, ha ricevuto i voti della 'ndrangheta, anche se probabilmente a sua insaputa. 

E' stata la più votata della della lista del Terzo Polo nel capoluogo lombardo, con 1.028 preferenze. "Non vi deluderò", aveva promesso. A fare l'accordo con i mafiosi calabresi, ma non c'è prova che sapesse con chi avesse a che fare, è stato suo padre, Vincenzo Giudice, ex consigliere comunale pdl. Uno molto chiacchierato ma intoccabile, finito nelle carte giudiziarie sempre per suoi incontri con uomini delle cosche. Per favorire sua figlia aveva promesso non soldi, ma appalti in Calabria, grazie a una società partecipata del Comune di Milano di cui, nominato dalla giunta Moratti, è al vertice.

ASSUNZIONE ALL'ALER. L'assessore Zambetti era in contatto con Eugenio Costantino, che gli presenta il boss Giuseppe D'Agostino, da qualche tempo detenuto, come 'portavoce' della 'ndrangheta. Da quel momento, Zambetti è sotto scacco: "Bisogna fare attenzione ... con il mangiare", gli fa sapere il boss. Gli mostrano anche una lettera-pizzino con la ricostruzione precisa della genesi dei loro rapporti e l'assessore fa assumere all'Aler, l'ex istituto case popolari, Teresa Costantino, consigliere comunale pdl a Sedriano, con la complicità di persone ancora da individuare.

IL PIANTO DELL'ASSESSORE. Quando Zambetti capisce che non ha molto spazio di ribellione e deve sottostare alle richieste di appalti e favori, "s'è messo a piangere, e piangeva per la miseria, si è cagato sotto, cagato completo, totale, ogni tanto solo così possiamo prenderci qualche soddisfazione. Il potere lo hanno i politici e la legge, però ogni tanto, vaff..., con l'aiuto degli amici, ogni tanto una soddisfazione ce la prendiamo", si dicono gli ndranghetisti.

OMERTA' DIFFUSA. La gang si occupava anche di estorsioni e di un traffico di gru, elevatrici, ruspe rubate in Italia e spedite nei paesi emergenti. Circa sessanta imprenditori verranno ascoltati nei prossimi giorni, perché nessuno - e si conferma l'allarme lanciato dalla Procura milanese - si è rivolto alle forze dell'ordine. Da notare, invece, un candidato di una lista vicina alla Lega, che a Rho rifiuta di essere sponsorizzato dal medico-faccendiere Scalambra, che gli propone  "i voti della "lobby calabrese"". L'inchiesta è in pieno svolgimento ma alle 13, nell'ufficio del procuratore capo, si terrà una conferenza stampa.


http://milano.repubblica.it/cronaca/2012/10/10/news/regione_arrestato_zambetti_pag_i_voti_alla_ndrangheta-44214628/?ref=HREA-1