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martedì 26 ottobre 2021

Disagio ambientale, economico, morale.



Oggi leggo che una madre, a Verona, ha ucciso le due figlie ed è fuggita; 

- un padre, nel padovano, ha ucciso i due figli adolescenti e poi si è ucciso.

C'è molto malessere in giro, dovremmo soffermarci a comprendere perché avvengono queste atrocità.
Non crederò mai che un padre od una madre possano uccidere i propri figli senza un motivo di pressante disagio.

Solo la frustrazione, la mancanza di ciò che è necessario nella vita di un essere umano: la dignità di un lavoro, e, pertanto, l'impossibilità di dare ai propri figli l'indispensabile, porta l'uomo a commettere questi atti estremi.

cetta

venerdì 21 maggio 2021

Reati fiscali, un altro processo per mamma e babbo Renzi. - Vincenzo Iurillo

 

Imputati - Rinviata a giudizio anche la sorella Matilde.

Ieri Tiziano Renzi, Laura Bovoli e Matilde Renzi, padre, madre e sorella dell’ex premier Matteo Renzi, sono stati rinviati a giudizio per l’accusa di dichiarazione fraudolenta con uso di fatture per operazioni parzialmente inesistenti, e dichiarazione infedele dei redditi percepiti, intorno alla condizione della società Eventi6 srl di Rignano sull’Arno. “Chiederemo la riunione di questo filone – dice l’avvocato Federico Bagattini – al procedimento principale”. Si riferisce al processo per il fallimento della cooperativa di servizi di volantinaggio Marmodiv, e a quelli delle coop Delivery Service Italia e Europe Service, che inizierà il 1° giugno davanti al Tribunale di Firenze. Le due inchieste infatti sono connesse perché secondo le indagini dei pm fiorentini, Eventi 6 avrebbe documentato false passività per 5,5 milioni di euro evadendo imposte per 1,2 milioni, frutto di operazioni illecite scaturite dai rapporti dei coniugi Renzi con Marmodiv.

La tesi inquirente di quest’ultimo rinvio a giudizio, relativo solo alla società Eventi6, è che i coniugi Renzi avrebbero usato Marmodiv e le altre cooperative di cui sarebbero stati amministratori di fatto per aumentare il volume di affari di Eventi6, la società di cui la signora Bovoli era legale rappresentante, Tiziano Renzi amministratore di fatto e Matilde Renzi legale rappresentante solo per l’anno 2018. Nel dettaglio, i passivi fittizi sarebbero stati indicati nelle dichiarazioni dei redditi tra il 2016 e il 2018, che per i pm furono viziate dalla contabilizzazione di dieci fatture emesse da Marmodiv verso Eventi 6 nel 2017 e nel 2018. Tali fatture per il pm erano “gonfiate” (sovrafatturate) in quanto relative a prestazioni finte.

La srl si sarebbe formalmente avvalsa dei servizi della cooperativa Marmodiv, che sarebbe stata usata per gestire la manodopera per conto della Eventi 6 e si sarebbe accollata tutti gli oneri previdenziali, contributivi e fiscali. E le fatture contestate avrebbero determinato lo scarico per Eventi 6 di costi di manodopera quando invece – sottolineano gli inquirenti – si trattava del costo di lavoro dipendente fatto sostenere sotto mentite spoglie a Marmodiv, la coop andata in bancarotta. I diversi meccanismi irregolari avrebbero permesso ai titolari di Eventi 6 di evadere pagamento di imposte e Iva. I tre congiunti Renzi sono accusati in concorso della violazione dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 74/2000 che punisce chi “al fine di evadere le imposte…, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi”. È contestato anche l’articolo 4 dello stesso decreto legislativo n. 74/2000 sui reati tributari. Punisce chi “al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto indica in una delle dichiarazioni annuali (…) elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti”. La prima udienza sarà il 7 marzo 2022. Se dovesse essere accolta la richiesta dell’avvocato Bagattini, il processo verrebbe riunito a quello Marmodiv.

IlFQ


sabato 3 aprile 2021

“Messinscena Fontana: l’evasione fiscale scaricata tutta sulla madre”. - Davide Milosa

La rogatoria in Svizzera - La procura: operazioni costruite “per motivi di immagine politica”.

La vicenda dei conti esteri e la presunta evasione fiscale del presidente lombardo Attilio Fontana sono descritte dalla Procura di Milano come “una complessiva messinscena” costruita “per motivi di immagine politica” e “per evitare di denunciare al fisco la propria pregressa evasione fiscale”. Parole nette quelle dei magistrati, scritte nelle conclusioni della richiesta di rogatoria inviata alle autorità svizzere. A pagina dieci (di 14), la Procura si fa più stringente: “La falsità ideologica che permea l’operazione di rimpatrio dei capitali illeciti ha consentito a Fontana di trarre illegittimo profitto dall’utilizzo della simulata causale della successione ereditaria”, risparmiando 171mila euro di sanzioni. Secondo i pm non tutti i 5,3 milioni scudati sarebbero da ricondurre al presunto “nero” dei genitori del presidente.

A pagina 2 si legge che, “secondo l’assunto investigativo” Fontana “nel corso della procedura di voluntary ha dichiarato falsamente che il denaro detenuto all’estero sarebbe da ricondurre all’evasione fiscale posta in essere dalla madre Giovanna Maria Brunella, malgrado siano emersi plurimi elementi per ritenere che si sia trattato di provento (tutto o in parte) riconducibile alla propria evasione fiscale”. Poco dopo: “A seguito dell’esito favorevole del procedimento in questione, Fontana ha poi impiegato tali proventi in attività speculative”. Seguendo l’impianto dell’accusa, a pagina 7 si riprende una nota dell’Agenzia delle entrate relativa ai redditi dei genitori del presidente: “Alla luce dei livelli reddituali dichiarati” tra “il 1988 e il 2004 si rileva che il patrimonio detenuto al 31 dicembre 2014 risulta potenzialmente incongruo”.

L’incipit delle conclusioni della richiesta rogatoriale è ancora più netto. È scritto che “gli elementi” raccolti dall’accusa “portano a concludere per la protagonistica gestione da parte” di “Fontana delle operazioni finalizzate a ripulire una parte consistente (almeno 2,5 milioni) dei proventi dell’evasione fiscale per il tramite di un distorto utilizzo della voluntary disclosure”. Distorsione legata anche al fatto che Fontana, secondo i pm, non ha fornito “i documenti (…) per spiegare come sono stati generati i capitali all’estero”. Tanto che “la relazione (…) al riguardo è totalmente muta”. Di più: i tentativi dei pm di recuperare i documenti sono falliti visto che “le procedure di voluntary” per come spiegato dai testimoni “hanno seguito percorsi (…) inverosimili”. Per questo il governatore lombardo è indagato per autoriciclaggio e false dichiarazioni in voluntary. Fontana è anche accusato di frode in pubbliche forniture rispetto al caso dei camici venduti alla Regione dal cognato.

Sempre a pagina 10 della rogatoria si spiega come è stato impiegato il denaro scudato nel 2016: “Non vi sono dubbi che il patrimonio ripulito (…) è stato reinvestito da Fontana in strumenti finanziari”, attraverso un mandato all’Unione fiduciaria e l’apertura di un profilo di investimento presso Ubs che, per la Procura, “è annoverabile nel genus delle attività speculative”. Dagli atti, poi, emerge che Fontana scuderà 5,3 milioni, ma solo 3,5 sono riconducibili al conto del 1997 intestato alla madre. Su altri 2,5 milioni vi sono dei buchi che la rogatoria tenterà di ricostruire. Si legge, infatti, che “con l’apertura della relazione (…) (quella del 2005) vi è stata “una immissione di liquidità ulteriore rispetto a quella proveniente dalla relazione (…) (quella del 1997)”.

Dalla rogatoria emerge poi un dubbio di autenticità sulle firme relative al conto del 2005 e anche al conto del 1997. Viene scritto: “L’elaborato peritale rileva (…) anomalie nelle firme apposte nel 1997 da Fontana e da sua madre all’atto dell’apertura del conto (…) in quanto apparentemente apposte in un primo momento dalla signora Brunella e solo successivamente in circostanze di luogo e di tempo diverse, da Fontana”. Insomma una “messinscena” e, per i pm, “un duplice movente: economico e di immagine”. Fontana dal canto suo ha inizialmente spiegato di aver saputo del primo conto nel 2015 e poi, ieri, di averlo saputo già allora, anche se il conto lo gestiva la madre. Ora da indagato, se vorrà, potrà spiegare tutto ai magistrati.

IlFattoQuotidiano

giovedì 21 gennaio 2021

Cuneo, acquisite le mail di Renzi sr. - Marco Grasso

 

Laura Bovoli imputata. La madre di matteo accusata di bancarotta. Ieri l’udienza.

Il Tribunale di Cuneo ha acquisito alcuni scambi di email che collegano i genitori di Matteo Renzi alla Direkta srl, impresa al centro di un crac da quasi 2 milioni di euro. Direkta per diversi anni è stata subappaltante della Eventi 6, amministrata da Laura Bovoli, madre dell’ex premier, indagata per concorso in bancarotta fraudolenta. La corrispondenza è stata trasmessa alla Procura di Firenze, che indaga su altri fallimenti di aziende satellite dei Renzi. Il processo di Cuneo è entrato nel vivo e ieri i giudici hanno sentito alcuni testimoni ritenuti centrali: Mirko Provenzano, ex amministratore della Direkta, e la compagna Erika Conterno, entrambi già condannati e sentiti come testimoni assistiti. Al centro dell’attenzione dei giudici ci sono fatture che mostrano come le campagne pubblicitarie affidate alla Direkta, fossero “gonfiate”: “Fino al 70%” dei volantini stampati – ammette Provenzano – finivano al macero”. La sua azienda, in altre parole, “veniva pagata per 100, ma distribuiva 30”. Pratiche che, dice, erano “note ai clienti” (tra quelli citati Ipercoop Liguria). Sul perché accettassero tale pratica, l’imprenditore invita a chiedere altrove: “A questo non so rispondere”.

Dalla mancata distribuzione c’era ancora modo di ricavare qualcosa. “I soldi ottenuti dalla vendita al macero – domanda il pm Pier Attilio Spea – che fine facevano?”. La versione di Provenzano è che quel denaro veniva incamerato da Direkta. È a questo punto che il magistrato produce la corrispondenza: “Io ho mail che dicono il contrario”. La prima è datata 28 agosto 2013 e firmata da Bovoli: “Ti ricordo che questo è il quarto bilico di carta e non ci è stato riconosciuto ancora nulla”. In quello stesso periodo le fatture certificano carta consegnata al macero lombardo gestito dalla Maresca srl. Direkta (il cui fallimento è rappresentato dall’avvocato Vittorio Sommacal) versa già in grave condizioni, non riesce più a pagare le cooperative che distribuiscono i volantini che a loro volta salteranno in aria. L’11 settembre Erika Conterno propone ai Renzi di mettersi in diretto contatto con la Maresca srl. Le risponde Tiziano Renzi: “Per la carta preferiamo non apparire, per quanto riguarda il passato. Per il futuro, se non ritenete di continuare, provvederemo in altra maniera”.

Laura Bovoli è imputata per quello che agli occhi dell’accusa è un “favore” che al momento non trova spiegazione: su richiesta di Provenzano avrebbe modificato a posteriori le note di accompagnamento di alcune fatture, 80mila euro, trasformando costi concordati in penali per lavori svolti male. Una contestazione che avrebbe consentito a sua volta a Provenzano di ribaltare le accuse sulle cooperative. Il 3 febbraio saranno sentiti gli imputati. Laura Bovoli ha già fatto sapere che non ci sarà.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/21/cuneo-acquisite-le-mail-di-renzi-sr/6073174/#

giovedì 5 settembre 2019

Negli USA una mamma fa causa alla contea per aver dato il permesso al suo figlio minorenne di cambiare sesso senza il suo consenso. - Malachia Paperoga



Mentre i fatti di Bibbiano in Italia lanciano un avvertimento inquietante alle famiglie italiane su cosa può succedere ai bambini se i genitori vengono giudicati “non idonei”, negli Stati Uniti il processo è purtroppo molto più avanzato. I diritti di genitori “idonei” vengono completamente ignorati quando i figli vengono convinti a fare “la cosa giusta™”, come per esempio un’operazione di cambio di sesso quando sono ancora minorenni. 

Di Lisa Bourne, 24 luglio 2019 

Una mamma del Minnesota, il cui figlio è stato convinto a sottoporsi a “cambio di sesso” dai funzionari della sua contea, ha chiesto alla Corte Suprema USA di rivedere il suo caso. Accusa il governo di aver usurpato i suoi diritti genitoriali in quanto un agente governativo ha fornito a suo figlio i servizi transgender e gli stupefacenti contro la volontà della madre.

Mercoledì la Thomas More Society ha presentato una petizione all’Alta Corte  per conto di Anmarie Calgaro, sostenendo che i diritti al giusto processo della Calgaro sono stati “calpestati” quando la contea di St. Louis e i suoi operatori sanitari “hanno posto fine alla sua potestà genitoriale sul figlio minore senza alcuna ordinanza di emancipazione di un tribunale”.

“E’ il peggior incubo di un genitore” ha detto il consigliere speciale Erick Kaardal della Thomas More Society. “Il figlio di Anmarie Calgaro, mentre era minorenne, è stato avviato a un processo permanente di modificazione del corpo fisico, capace di determinare un cambiamento dell’intera vita, che lo ha reso una pedina dell’agenda sociopolitica di qualcun altro, influenzato da persone che non hanno alcun diritto giuridico o morale di usurpare il ruolo di un genitore”.

Nel 2016 la Calgaro ha citato in giudizio le agenzie statali e gli operatori sanitari davanti al tribunale federale per aver posto fine ai suoi diritti parentali senza il necessario processo, in quanto il suo figlio minore ha ricevuto assistenza medica per il cosiddetto “cambio di sesso” senza il consenso della madre o una sentenza legale di emancipazione.

Nella sua causa afferma che le autorità statali hanno deciso autonomamente che il ragazzo allora diciassettenne fosse emancipato.

La dichiarazione della “Thomas More” dice che gli imputati hanno gestito il caso del figlio della Calgaro come se fosse un minore emancipato, anche se non c’era stata alcuna azione giudiziaria in tal senso. Né il distretto scolastico, né la contea, né nessuna delle agenzie mediche indicate nella causa diedero alla Calgaro alcun preavviso o udienza prima di porre fine ai suoi diritti genitoriali sul figlio minore.

Un giudice distrettuale ha respinto la causa della Calgaro nel maggio 2017, ammettendo che il ragazzo non era legalmente emancipato da una sentenza del tribunale, ma ritenendo che tuttavia i diritti genitoriali della Calgaro “erano rimasti intatti”. La Thomas More Society dice che il giudice ha decretato che l’emancipazione de facto del figlio minore della Calgaro da parte della contea, della scuola e degli operatori sanitari non ha costituito una violazione dei diritti genitoriali costituzionalmente garantiti.

Il caso è andato in appello nel luglio 2017 e la sentenza la sentenza del tribunale distrettuale è stata confermata della Corte di Appello dell’8° Circuito nel marzo di quest’anno.

La Contea di St. Louis ha deciso senza alcuna base che il figlio della Calgaro era emancipato e poteva ricevere queste prestazioni sociali, anche se la Calgaro era un “genitore idoneo” non in accordo con le loro azioni, secondo la dichiarazione legale della Corte Suprema.

Secondo Kardaal: “Incredibilmente, lo Statuto del Minnesota autorizza una contea a ritenere un minore “emancipato” e in diritto di ricevere sussidi statali per vivere in proprio e permette agli operatori sanitari di ignorare il parere dei genitori se risulta che il minore vive in un luogo diverso dai genitori e gestisce personalmente le proprie finanze”.

“Ed è prassi corrente del distretto scolastico della contea di St. Louis in Minnesota di impedire a un genitore di essere conivolto nell’istruzione di un ragazzo per più di due anni dopo che il ragazzo è ritenuto, dal preside della scuola e non da una sentenza del tribunale, ‘emancipato’”. “Si tratta di una situazione inaccettabile per qualsiasi genitore e una seria violazione dei diritti genitoriali e del giusto processo”.

I termini dell’emancipazione in Minnesota sono vaghi, e la legge di stato non prevede alcun diritto procedurale per i “genitori idonei”, secondo Kaardal, sebbene li preveda per quelli non idonei.

“Perché non dovrebbe valere lo stesso per i genitori idonei?” ha chiesto.

Kaardal ha detto di essere particolarmente preoccupato per la contraddizione interna alle disposizioni giuridiche del Minnesota.

“La Corte di Appello USA ha ignorato la grande contraddizione nella decisione della Corte Distrettuale, in cui i diritti dei genitori sono ammessi ma non onorati, e la ridicola affermazione che le agenzie hanno violato i diritti della Calgaro, ma non hanno fatto nulla di male”. “La Corte Suprema USA ha ora l’opportunità di scongiurare questo scenario incompatibile e insostenibile; così che i genitori di tutti gli Stati Uniti possano continuare a fare i genitori senza interferenze governative”.

“Secondo la legge federale, il diritto dei genitori è considerato un diritto implicito, protetto dalle interferenze governative dalle Clausole del Giusto Processo del Quinto e Quattordicesimo Emendamento”, ha detto Kaardal. “La ‘garanzia’ delle clausole del Giusto Processo salvaguarda quei diritti sostanziali “così radicati nelle tradizioni e nella coscienza da essere classificati come fondamentali”.

La Corte Suprema USA si riunirà a ottobre.

http://vocidallestero.it/2019/08/27/negli-usa-una-mamma-fa-causa-alla-contea-per-aver-dato-il-permesso-a-suo-figlio-minorenne-di-cambiare-sesso-senza-il-suo-consenso/


Il classico caso del genitore padrone.
I figli non sono cose, sono persone, i loro diritti, le loro espressioni non vanno repressi, vanno scoperti ed accompagnati. Il compito di un genitore è aiutare il proprio figlio a fare emergere la propria essenza, le proprie aspirazioni, le proprie attitudini, non è possedere e cercare di cambiare la natura della persona: quella resterà sempre, anche se celata, ed emergerà in qualsiasi momento della vita con l'aggravante della rabbia repressa. C.

giovedì 11 ottobre 2012

Il giudice ordina di affidarlo al padre: bimbo preso con la forza a scuola.


Il bambino preso con la forza a scuola


A prelevare il ragazzino anche alcuni poliziotti. La madre sporgerà denuncia.

VENEZIA - Una lunga guerra di carte bollate tra genitori che dal 2004 si disputano la custodia del figlio che ora ha dieci anni e frequenta la quinta elementare, ha avuto ieri un drammatico epilogo in una scuola di Cittadella. Il bimbo portato via con la forza dalla propria classe ha cercato in tutti i modi di evitare il trasferimento in un istituto dove sarà ospitato, per preparare l'affidamento in via esclusiva al padre. Così ha stabilito un decreto della Corte d'appello di Venezia che è stato esibito da un drappello di assistenti sociali, un medico, dal padre del bimbo e alcuni poliziotti che si sono presentati dopo mezzogiorno alla direttrice dell'istituto, Marina Zanon.

In quelle pagine si stabilisce «l'allontanamento del minore dall'ambiente materno e il suo affido in via esclusiva al padre», con collocamento in una comunità. Era solo la prima di una serie di sequenze che si sono fatte sempre più concitate. Il dirigente scolastico non ha consentito agli agenti di entrare in classe. Ha chiesto al maestro di far uscire il piccolo e di portarlo in aula magna. Ma lui ha capito che erano venuti a prenderlo. Ci avevano provato altre quattro volte, dal 25 agosto in poi, ad eseguire il provvedimento che lo toglie alla madre, laureata in farmacia, per affidarlo al padre, un avvocato padovano.

La prima volta si era rifugiato nella sua cameretta, rimanendo aggrappato alla rete del letto ore. Anche le altre volte aveva opposto una resistenza tale da far sospendere l'esecuzione.
Visto il rifiuto ad uscire di classe, il direttore didattico ha preferito far allontanare gli altri compagni. Aggrappato al suo banco è rimasto solo il bimbo, il cui comportamento scolastico viene considerato irreprensibile. Ad entrare sono stati gli assistenti sociali, il medico e il padre. Ma la reazione è stata molto violenta.

L’ultima scena è la più drammatica, anche perché documentata da fotografie e riprese di una videocamera. Il bimbo è stato letteralmente portato via con la forza, visto che cerca di divincolarsi con altrettanto vigore dettato dalla disperazione. È a quel punto che intervengono anche un paio di agenti dell'Ufficio minorenni della questura. Due persone lo tengono per le gambe. Un altro lo afferra per le spalle, mentre lui tira calci. Cade a terra. Viene trascinato. Si dispera. Tutto inutile. Alla fine viene caricato su un'auto. Fuori dalla scuola ci sono la mamma e i nonni, riprendono la scena con una videocamera. Ci sono molti genitori, altri bambini. La madre ha annunciato che presenterà denuncia e ha chiesto la visita di un pediatra per accertare se il piccolo ha subito lesioni. La questura si è limitata a parlare di «notevoli difficoltà» nell’esecuzione di un provvedimento legittimo.


In un video si sentono precise le parole pronunciate da una esponente delle forze dell'ordine nei confronti della zia del bambino che chiedeva spiegazioni e cercava di fermare lo scempio: Io sono un'ispettore di polizia, lei non è nessuno.