sabato 3 aprile 2021

“Messinscena Fontana: l’evasione fiscale scaricata tutta sulla madre”. - Davide Milosa

La rogatoria in Svizzera - La procura: operazioni costruite “per motivi di immagine politica”.

La vicenda dei conti esteri e la presunta evasione fiscale del presidente lombardo Attilio Fontana sono descritte dalla Procura di Milano come “una complessiva messinscena” costruita “per motivi di immagine politica” e “per evitare di denunciare al fisco la propria pregressa evasione fiscale”. Parole nette quelle dei magistrati, scritte nelle conclusioni della richiesta di rogatoria inviata alle autorità svizzere. A pagina dieci (di 14), la Procura si fa più stringente: “La falsità ideologica che permea l’operazione di rimpatrio dei capitali illeciti ha consentito a Fontana di trarre illegittimo profitto dall’utilizzo della simulata causale della successione ereditaria”, risparmiando 171mila euro di sanzioni. Secondo i pm non tutti i 5,3 milioni scudati sarebbero da ricondurre al presunto “nero” dei genitori del presidente.

A pagina 2 si legge che, “secondo l’assunto investigativo” Fontana “nel corso della procedura di voluntary ha dichiarato falsamente che il denaro detenuto all’estero sarebbe da ricondurre all’evasione fiscale posta in essere dalla madre Giovanna Maria Brunella, malgrado siano emersi plurimi elementi per ritenere che si sia trattato di provento (tutto o in parte) riconducibile alla propria evasione fiscale”. Poco dopo: “A seguito dell’esito favorevole del procedimento in questione, Fontana ha poi impiegato tali proventi in attività speculative”. Seguendo l’impianto dell’accusa, a pagina 7 si riprende una nota dell’Agenzia delle entrate relativa ai redditi dei genitori del presidente: “Alla luce dei livelli reddituali dichiarati” tra “il 1988 e il 2004 si rileva che il patrimonio detenuto al 31 dicembre 2014 risulta potenzialmente incongruo”.

L’incipit delle conclusioni della richiesta rogatoriale è ancora più netto. È scritto che “gli elementi” raccolti dall’accusa “portano a concludere per la protagonistica gestione da parte” di “Fontana delle operazioni finalizzate a ripulire una parte consistente (almeno 2,5 milioni) dei proventi dell’evasione fiscale per il tramite di un distorto utilizzo della voluntary disclosure”. Distorsione legata anche al fatto che Fontana, secondo i pm, non ha fornito “i documenti (…) per spiegare come sono stati generati i capitali all’estero”. Tanto che “la relazione (…) al riguardo è totalmente muta”. Di più: i tentativi dei pm di recuperare i documenti sono falliti visto che “le procedure di voluntary” per come spiegato dai testimoni “hanno seguito percorsi (…) inverosimili”. Per questo il governatore lombardo è indagato per autoriciclaggio e false dichiarazioni in voluntary. Fontana è anche accusato di frode in pubbliche forniture rispetto al caso dei camici venduti alla Regione dal cognato.

Sempre a pagina 10 della rogatoria si spiega come è stato impiegato il denaro scudato nel 2016: “Non vi sono dubbi che il patrimonio ripulito (…) è stato reinvestito da Fontana in strumenti finanziari”, attraverso un mandato all’Unione fiduciaria e l’apertura di un profilo di investimento presso Ubs che, per la Procura, “è annoverabile nel genus delle attività speculative”. Dagli atti, poi, emerge che Fontana scuderà 5,3 milioni, ma solo 3,5 sono riconducibili al conto del 1997 intestato alla madre. Su altri 2,5 milioni vi sono dei buchi che la rogatoria tenterà di ricostruire. Si legge, infatti, che “con l’apertura della relazione (…) (quella del 2005) vi è stata “una immissione di liquidità ulteriore rispetto a quella proveniente dalla relazione (…) (quella del 1997)”.

Dalla rogatoria emerge poi un dubbio di autenticità sulle firme relative al conto del 2005 e anche al conto del 1997. Viene scritto: “L’elaborato peritale rileva (…) anomalie nelle firme apposte nel 1997 da Fontana e da sua madre all’atto dell’apertura del conto (…) in quanto apparentemente apposte in un primo momento dalla signora Brunella e solo successivamente in circostanze di luogo e di tempo diverse, da Fontana”. Insomma una “messinscena” e, per i pm, “un duplice movente: economico e di immagine”. Fontana dal canto suo ha inizialmente spiegato di aver saputo del primo conto nel 2015 e poi, ieri, di averlo saputo già allora, anche se il conto lo gestiva la madre. Ora da indagato, se vorrà, potrà spiegare tutto ai magistrati.

IlFattoQuotidiano

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