Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 16 aprile 2015
Legge di stabilità per le scuole. - Nunzia Catalfo
Nell'ultima Legge di Stabilità il governo ha stanziato 130 milioni di euro per la manutenzione ordinaria delle scuole pubbliche. Alle scuole paritarie, invece, di milioni ne ha dati 200 per 5 anni (fino al 2019), per un totale di 1 MILIARDO di euro! Tutti numeri confermati nel Def.
Giudicate Voi!
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Pensionati d’oro, Pietro Ciucci: persa un’Anas per lui ce n’è sempre un’altra. - Anna Morgantini
E' l'Associazione Nazionale Amici delle Strade. Fondata dallo stesso Ciucci e da tre alti dirigenti dell'azienda statale che gestisce la rete viaria italiana. Adesso al centro dei sospetti dei parlamentari grillini. Che chiedono lumi al governo.
Si chiama Anas. E si trova in via Mozambano 10, proprio dove c’è la sede centrale dell’Anas. Possono farne parte solo dipendenti ed ex dipendenti dell’Anas. Ed è stata fondata dall’ex presidente dell’Anas Pietro Ciucci (nella foto), che non l’ha lasciata neanche dopo aver mollato la poltrona di vertice dell’Anas. Sembra uno scioglilingua. Invece è un mezzo mistero approdato addirittura in Parlamento, grazie a una preoccupata interrogazione del Movimento 5 Stelle.
ASSEGNO A CORTE L’Anas di cui Ciucci è stato presidente fino all’altro giorno è, infatti, come da definizione del sito ufficiale, «il gestore della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale». E’«una società per azioni il cui socio unico è il ministero dell’Economia» ed è «sottoposta al controllo e alla vigilanza tecnica e operativa del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti». Dal 2006 Ciucci ne è stato il padre-padrone, il presidente-amministratore delegato-direttore generale, il manager tra i meglio pagati d’Italia (vedere immagini in basso): 504.635,13 euro di stipendio base, più una parte variabile legata ai risultati raggiunti (Mbo) pari a 252 mila euro nel 2013, per un totale di 779.682,83 euro usati come «base di calcolo» per liquidargli, appunto, tfr e indennità varie quando è andato in pensione. Ciucci, come raccontato da Il Fatto Quotidiano, è ufficialmente uscito dall’elenco dei dipendenti Anas il 31 agosto 2013, portandosi a casa 779.682 euro e 83 centesimi come «anzianità contributiva globale» e altrettanto come «indennità per mancato preavviso» (e il mancato preavviso è discutibile, essendosi lui dimesso spontaneamente). Aggiungiamoci un Tfr pari a 266.397 euro. In complesso, un assegnuccio da 1.825.745 euro e 53 centesimi, su cui la Corte dei Conti sta cercando di capire se ci sono errori o irregolarità. In quiescenza come dg, Ciucci ha però continuato a restare in Anas da presidente, a 311mila euro l’anno (poi ridotti a 240mila dalla legge Madia). Ha mollato la poltrona, praticamente su invito del governo, giusto l’altro giorno. Ma come riempirà oggi le sue giornate di pensionato? Possiamo scommettere che non andrà ai giardinetti, ma resterà a via Mozambano 10, cambiando semplicemente di ufficio.
LARGO AGLI AMICI In quel famoso 2013, esattamente cinque mesi prima di dimettersi da direttore generale dell’Anas, Ciucci ha infatti partorito un’altra Anas, quella di cui parlavamo all’inizio. Un’associazione che ha la stessa sigla, la stessa sede e praticamente la stessa gente dell’Anas ufficiale. In questo caso,Anas sta per Associazione Nazionale Amici delle Strade. Tra i soci fondatori risultano Ciucci, per l’appunto; Piero Buoncristiano, direttore centrale di Anas oggi in pensione (è l’uomo, per intenderci, che ha avallato i conti sulla buonuscita milionaria di Ciucci); Stefano Granati (che ne è presidente), attuale condirettore centrale di Anas, potente custode delle chiavi della cassa, e Giuseppe Scanni, che sempre di Anas è direttore in servizio. Gli Amici delle Strade si sono costituiti il 13 marzo 2013 e da allora godono di una sede gratuita presso la sede ufficiale dell’Anas, ovviamente concessa grazie all’allora presidente Ciucci. E cosa fanno? Per statuto hanno lo scopo di «valorizzare e diffondere la storia e la cultura delle strade in Italia e nel mondo».
STREGHE IN STRADA Nobile obiettivo, per carità. In due anni hanno realizzato, per esempio, «la notte delle streghe» del 28 luglio 2014, «un ciclotour sulle orme delle streghe romane», «per sciogliere incantesimi, fare sortilegi, farsi sedurre dalla magia». Il 20 settembre hanno invece fatto un convegno all’Aquila sulla sicurezza stradale: «Mettiamoci sulla buona strada!!». Ma per quale motivo dei pensionati Anas, strapagati come Ciucci e Buoncristiano, oppure dei dirigenti in carica, pagatissimi anche loro, devono riunirsi in questa specie di dopolavoro? Soltanto per la nobile missione di «incentivare l’uso delle biciclette» e «la costruzione di piste ciclabili e ciclostazioni»? Oppure per sostenere la divulgazione di «condotte e comportamenti di guida mirati a ridurre i consumi di carburante»?
FILANTROPI NEL MIRINO E’ un’iniziativa filantropica che non convince tutti. Tanto che ha meritato un’interrogazione parlamentare della deputata a 5 Stelle Donatella Agostinelli, marchigiana, che chiede al ministero dell’Economia e a quello delle Infrastrutture e Trasporti, cioè a Pier Carlo Padoan e a Graziano Delrio, se mai «abbiano autorizzato la costituzione dell’associazione all’interno della sede centrale Anas». Perché qui c’è un punto delicatissimo: «La continua frequentazione dell’azienda da parte di questi potenti pensionati», spiega la Agostinelli a ilfattoquotidiano.it, «potrebbe configurare una sorta di Anas parallela in grado di esercitare condizionamenti sui colleghi di lavoro». Insomma, i famosi ex dirigenti, finanziati come prevede lo statuto oltre che dall’Anas ufficiale magari anche da aziende private, potrebbero chissà trasformarsi in lobbisti di lusso. Oppure trarre lucrosi vantaggi personali dall’operazione, come teme la deputata Agostinelli, che chiede infatti ai ministri competenti di sapere «quanti e quali incarichi di collaudo per opere di competenza statale siano stati conferiti, da chi e per quali importi» agli eccellenti Amici delle strade.
CONFLITTI LORO Sospetti pesanti. Ma cosa rispondono gli interessati? Interpellato da ilfattoquotidiano.it, il presidente Granati spiega: «Le nostre attività sono quelle previste dallo statuto. Facciamo tutto alla luce del sole. Quanto alla storia del potenziale conflitto di interesse», aggiunge Granati, «sono sospetti infondati. L’associazione non dà né riceve incarichi. Se qualcuno degli aderenti ne ottiene da Anas, si tratta di lavori che rientrano nella normale attività professionale e non hanno niente a che vedere con l’associazione».
Whirlpool chiude fabbriche Indesit a Caserta, None e Albacina: 1.350 esuberi.
Nel luglio 2014, dopo l'acquisizione da parte del gruppo statunitense, il premier Renzi aveva parlato di "operazione fantastica" rivendicando di aver "parlato personalmente con gli americani a Palazzo Chigi". "Il punto non è il passaporto, ma il piano industriale", aveva spiegato. Ed ecco il piano: 500 milioni di investimenti ma stop delle attività in tre stabilimenti.
Il 13 luglio scorso, dopo l’annuncio dell’acquisizione della marchigiana Indesit da parte del gruppo statunitense Whirlpool, Matteo Renzi aveva definito l’operazione “fantastica” rivendicando di aver “parlato personalmente con gli americani a Palazzo Chigi”. No a “una visione del mondo autarchica”, aveva detto il premier in un’intervista al Corriere della Sera: “Noi, se ci riusciamo, vogliamo portare aziende da tutto il mondo a Taranto, a Termini Imerese, nel Sulcis, come nel Veneto. Il punto non è il passaporto, ma il piano industriale. Se hanno soldi e idee per creare posti di lavoro, gli imprenditori stranieri in Italia sono i benvenuti”. Ora che il piano industriale di Whirlpool è arrivato, però, si scopre che è ben diverso dagli auspici del presidente del Consiglio: comprende la chiusura di tre siti produttivi e 1.350 esuberi.
Il gruppo intende fermare le attività della fabbrica di Carinaro (Caserta), di Albacina (frazione di Fabriano) e di None (Torino). E ha ufficializzato al ministero dello Sviluppo che prevede appunto 1.350 esuberi, di cui 1.200 nelle fabbriche e 150 nei centri di ricerca su un totale di 5.150 lavoratori. A renderlo noto è stato Gianluca Ficco della Uilm nazionale, dopo l’incontro con l’azienda al dicastero di via Veneto. Vertice che è andato malissimo, con rsu e segretari sindacali territoriali che in segno di protesta hanno abbandonato la riunione. Intanto da Nord a Sud è scattata la mobilitazione: gli operai dell’impianto di Albacina (che saranno trasferiti nello stabilimento di Melano) hanno bloccato la strada provinciale 256 Muccese e si sono diretti verso la superstrada Ancona-Roma per protestare e negli stabilimenti del Fabrianese è scattato lo stato di agitazione. Il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, ha convocato ad horas un tavolo con i sindacati, mentre l’omologo delle Marche Gian Mario Spacca definisce la chiusura di Albacina “inaccettabile” e attacca: “Singolare che su una vicenda di tale rilevanza il governo nazionale abbia escluso la partecipazione delle Regioni”. Fabrizio Bassotti, della Fiom Cgil di Fabriano, ha buon gioco a rispolverare l’intervista del presidente del Consiglio chiedendo se ”questa è l’operazione fantastica di cui parlava Renzi”.
Comprensibile, visto il trionfalismo ostentato dal capo del governo solo otto mesi fa, l’imbarazzo del ministro Federica Guidi. Che ha diffuso una nota in cui si legge che “il governo ha preso atto degli aspetti positivi e certamente importanti sul fronte degli investimenti e dell’incremento dei volumi, ma ha, al contempo, espresso forte contrarietà per gli aspetti legati agli impatti occupazionali inerenti diversi siti produttivi” e ha “chiesto all’azienda di confermare l’impegno a non procedere a licenziamenti unilaterali fino al 2018″.
La Whirpool dal canto suo rivendica che il piano di integrazione tra gli stabilimenti che già aveva in Italia – Cassinetta di Biandronno (Varese), Siena e Napoli – e quelli ex Indesit prevede nei prossimi quattro anni 500 milioni di investimenti per “la Ricerca e Sviluppo, il rinnovamento delle piattaforme di prodotto e il miglioramento dei processi produttivi”, “un incremento dei volumi produttivi e il rientro in Italia di produzioni oggi presenti in stabilimenti esteri”. A Fabriano dovrebbe poi nascere “il più grande stabilimento in Europa per la produzione di piani cottura”. Quanto ai posti di lavoro, però, la musica è ben diversa da quanto auspicato dal presidente del Consiglio: 1.200 esuberi nelle fabbriche e 150 nei centri di ricerca su un totale, ricordano i sindacati, di 5.150 lavoratori.
Secondo Davide Castiglioni, amministratore delegato di Whirlpool Italia, il piano è “il migliore che possiamo mettere in campo. Abbiamo guardato tutti i piani possibili, è il migliore per garantire continuità e sostenibilità a lungo termine”. L’azienda sostiene che gli ulteriori esuberi rispetto a quelli esistenti al momento dell’acquisizione di Indesit sono 400 e “sono stati tenuti al livello più basso possibile”. Per “minimizzare l’impatto sulle persone e sulle comunità coinvolte” dai tagli “Whirlpool è disponibile a considerare soluzioni che evitino procedure di mobilità unilaterali fino alla fine del 2018 in linea con lo spirito del Piano Italia”, si legge in una nota.
Già nel 2011 l’azienda americana aveva dichiarato mille esuberi negli stabilimenti italiani, di cui 600 a Varese. Le uscite, scese a 495, erano poi state gestite attraverso prepensionamenti, mobilità volontaria e incentivata e contratto di solidarietà. A inizio 2014, poi, l’annuncio della chiusura di una fabbrica in Svezia e del trasferimento della produzione di microonde a incasso proprio a Cassinetta di Biandronno.
G8, “il mio piano sicurezza fu stravolto da Scajola”. - Marco Menduni
Bianco replica all’ex ministro: “Dice il falso”
Enzo Bianco, oggi sindaco di Catania e presidente del Consiglio nazionale dell’Anci, era ministro dell’Interno nel governo Amato che preparò il G8 di Genova. Quaranta giorni prima passò la mano a Claudio Scajola.
Scajola ha affermato che trovò il piano dell’ordine pubblico già predisposto dal precedente governo, senza poter cambiare nulla.
«Semplicemente non è vero. Il piano predisposto alcuni mesi prima dell’evento fu letteralmente stravolto.
Era stato previsto che attorno all’area rossa riservata esclusivamente al vertice ci fosse una zona gialla che doveva servire da “cuscinetto”, dove si poteva circolare ma non manifestare, e poi un’ampia zona verde, dove erano consentite le manifestazioni». Queste disposizioni furono modificate? «La zona gialla fu incredibilmente eliminata dall’allora ministro Claudio Scajola a seguito di una “trattativa” con gli organizzatori delle contestazioni. Fu creata di fatto una pericolosa contiguità fra la zona del vertice e quella dei cortei». Nei giorni scorsi è arrivata la condanna di Strasburgo per le «torture» della polizia.
«Vorrei sottolineare all’ex ministro Scajola che la condanna all’Italia espressa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo non riguardava certo l’organizzazione logistica del G8 di Genova ma il vergognoso pestaggio dei manifestanti nella Diaz.
E fu grave la presenza di alcuni autorevoli esponenti del governo all’interno degli uffici operativi delle forze di p olizia».
Poi sono seguite le polemiche su De Gennaro. «Per quanto riguarda la sua nomina a capo della polizia, confermo che fui io a proporla con un generale consenso. De Gennaro era un vero servitore dello Stato, a partire dagli anni di impegnativa e spesso rischiosa collaborazione con Giovanni Falcone, e lo ha dimostrato durante la sua lunga carriera. Insieme con lui proposi la nomina ai massimi vertici di Antonio Manganelli, Alessandro Pansa e Luigi De Sena. Il fatto che per 15 anni abbiano guidato nel generale apprezzamento di tutte le forze politiche e sociali la polizia dimostra che quelle scelte furono lungimiranti».
http://www.sicurezzacgs.it/g8-il-mio-piano-sicurezza-fu-stravolto-da-scajola-di-marco-menduni-la-stampa/#sthash.cs22MND7.45juIjQE.dpuf
Anas. Pietro Ciucci licenzia Pietro Ciucci senza preavviso. E prende l’indennità.
ROMA – Pietro Ciucci presidente di Anas licenzia Pietro Ciucci direttore generale di Anas.
Lo fa con una lettera e senza preavviso. Così al Ciucci licenziato da Ciucci spetta anche una ricca buonuscita da 1 milione 825.745,53 euro. E non si tratta di omonimia. Ciucci, che oltre ad essere pensionato dopo il licenziamento resta comunque presidente e amministratore di Anas, ha licenziato se stesso firmando quelle carte che gli avrebbero garantito una robusta integrazione della buonuscita. E Anas, ricordarlo non guasta, è una società pubblica.
Succede tutto nell’estate 2013 quando Ciucci evidentemente stanco del doppio incarico decide di lasciare la direzione. Solo che non fa la cosa più semplice. Non si dimette, si autolicenzia. La differenza tra le due scelte fa circa 780mila euro. Perché se Ciucci si fosse semplicemente dimesso non avrebbe preso anche l’indennità di “mancato preavviso”. Che invece gli spetta autolicenziandosi.
Non è finita. Il calcolo della buonuscita elaborato dagli uffici dell’Anas tiene conto dell’indennità di mancato preavviso e anche di quella spettante “in caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro”. Ovvero si è licenziato senza avvertirsi prima ma era allo stesso tempo d’accordo sul licenziarsi.
Il Fatto Quotidiano, sulla vicenda, è andato a chiedere spiegazioni all’Anas. Questa la risposta: Anas ha ammesso che le cose stanno così sostenendo che “è stata data esecuzione al contratto di lavoro individuale” di Ciucci che “disciplinava le condizioni economiche dello scioglimento secondo regole standardizzate” del ministero dell’Economia.
Perché crollano i ponti in Sicilia. Tutta la verità sull'Anas. - Giovanna Boursier
Anticipazione dell'inchiesta che andrà in onda questa sera a Report, alle 21.45 su Rai3.
Report apre la nuova stagione di inchieste con l'Anas, società pubblica di proprietà del ministero dell’Economia e vigilata dal ministero dei Trasporti, che gestisce 25.000 chilometri di strade e autostrade. Dal 2006 la dirige Pietro Ciucci.
Vedremo come viene amministrata la più importante stazione appaltante d’Italia, a partire dalla Sicilia, dove il viadotto Scorciavacche, inaugurato a Natale con 3 mesi d’anticipo, senza collaudo, è stato chiuso una settimana dopo a seguito del crollo della rampa d’accesso. Perché tanta fretta? Perché i collaudatori si sono dimessi prima dell’inaugurazione?
Poi la statale Maglie Leuca, in Puglia, dove Anas ha affidato l’appalto a un consorzio di imprese, ma gli esclusi hanno vinto il ricorso al Consiglio di Stato e adesso Anas ha dovuto passargli l'appalto: sono 44 km che attendono di essere rifatti da 15 anni. E si scopre anche che il tracciato della nuova strada passa sopra una serie di discariche che sono lì dagli anni '80, ma nessuno le ha viste.
In Umbria, invece, gli operai che hanno lavorato alla costruzione di un tratto di strada non ancora terminato, dicono che le ditte avrebbero messo meno cemento del dovuto nella volta di una galleria. La stessa cosa che è successa nella costruzione, eterna, dell'autostrada Salerno - Reggio Calabria, che adesso è finita anche nell’inchiesta Grandi Opere.
Alluvione di Genova, Paita indagata per mancata allerta.
Assessore regionale e candidata Pd in Liguria: mai sottratta a mie responsabilità.
Raffaella Paita assessore regionale alle infrastrutture e alla protezione civile e candidata per il centrosinistra alla presidenza della Regione ha ricevuto un avviso di garanzia per la mancata allerta in occasione dell'alluvione di Genova del 9 ottobre dello scorso anno, quando perse la vita una persona.
Paita si dichiara "sorpresa" delle contestazioni della magistratura per "la mancata allerta e i provvedimenti conseguenti". "Non mi sono mai sottratta alle mie responsabilità. Chiedo alla magistratura di andare avanti senza indugio", ha affermato aggiungendo di essere certa di aver agito nella "massima correttezza" e di rimanere "a disposizione" del suo partito.
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