venerdì 12 febbraio 2016

Rischio nucleare nel cuore dell’Europa. - Alessandro Codegoni



I vessel, cioè i contenitori di acciaio che ospitano gli elementi di combustibile nucleare e l’acqua di raffreddamento ad alta pressione, di due reattori in due diverse centrali atomiche in Belgio registrano migliaia di difetti nel metallo che potrebbero indebolire pericolosamente la struttura. Ma le autorità nazionali hanno deciso di non fermare gli impianti.


Immaginate di avere una bicicletta con cui correte in mezzo al traffico per andare al lavoro. Un giorno scoprite nel suo telaio tante piccole crepe: continuereste a usarla, con il rischio che, alla prima buca, si spezzi e vi faccia cadere proprio davanti a un autobus? Probabilmente no.
Sembra invece che scoprire che il vessel di un reattore, il contenitore di acciaio che ospita gli elementi di combustibile nucleare e l’acqua di raffreddamento ad alta pressione, sia indebolito da migliaia di difetti nel metallo, non sia motivo sufficiente per fermare l’impianto.
È quanto accaduto nell’area più densamente abitata del continente che ospiti centrali nucleari, il Belgio, dove, in un raggio di 70 km intorno alle sue due centrali, abitano 9 milioni di persone. Ma andiamo con ordine.
Il Belgio produce il 60% della propria elettricità con il nucleare, grazie a 5,7 GW di potenza, suddivisa fra i 4 reattori della centrale di Doel e i tre di quella di Tihange. I reattori più vecchi di queste centrali avrebbero dovuto essere chiusi già nel 2015, ma, per “mancanza di alternative”, i belgi hanno deciso di prolungarne la vita almeno fino al 2025.
Durante un controllo di routine nel 2012, però si scoprì che il reattore 3 di Doel (entrato in funzione nel 1982, foto a lato) e quello 2 di Tihange (1983, foto in alto), mostravano all’esame ultrasonico dei loro vessel, realizzati dalla Rotterdam Drydocks,8.000 discontinuità nell’acciaio a Doel e 2.100 a Tihange, con difetti simili a una sfogliatura del metallo, il più esteso dei quali misurava 7 centimetri.
Una cosa preoccupante per un elemento che deve contenere acqua a 350 °C di temperatura e 150 atmosfere di pressione, e dalla cui assoluta integrità dipende sia il corretto raffreddamento del nocciolo nucleare, sia l’assenza di fuoriuscita di radiazioni. Nonostante questa scoperta l’ente di controllo nucleare belga, la Fanc, diede il via libera nel 2013 alla ripartenza dei due reattori.
La ragione che l’ha convinta è il tipo di difetti riscontrati. Secondo Electrabel, che possiede le due centrali, si tratta di “hydrogen flakes”: discontinuità indotte nell’acciaio dalla presenza di idrogeno, che si infiltra nel suo reticolo cristallino e lo altera. Se l’idrogeno continua a penetrare nelle sottilissime crepe prodotte, queste si ampliano e si uniscono fra loro, finendo per “infragilire” l’acciaio, portandolo cioè dall’essere elastico al diventare rigido come vetro, mettendolo a rischio di spezzarsi.
Ma per Electrabel gli hydrogen flakes individuati a Doel e Tihange si sono formati nell’acciaio durante la fabbricazione del vessel, alla fine degli anni ‘70, e sono stati scoperti solo nel 2012 grazie ai moderni sistemi di indagine. E se quei difetti non hanno causato guai per 30 anni, se ne resteranno certo tranquilli anche per i prossimi 10.
La rassicurante spiegazione della Electrobel ha convinto la Fanc, ma non due professori di metallurgia, Wim Bogaerts dell’Università di Leuven, e Digby Macdonald dell’Università della California a Berkeley, che hanno fatto notare come durante il funzionamento un reattore sottoponga il metallo a bombardamento di neutroni, che alterano a loro volta l’acciaio, e a una ulteriore produzione di idrogeno, a causa della scissione dell’acqua causata dalla radioattività. Questo vuol dire che gli hydrogen flakes potrebbero essersi moltiplicati ed estesi nel tempo, ponendo prima o poi una minaccia all’integrità dei vessel.
Per verificarlo la Fanc decise allora di far compiere test di irradiamento di campioni di acciaio simili a quelli del vessel, in parte integri e in arte contenenti hydrogen flakes, per vedere se i neutroni potessero far progredire i difetti, rendendo l’acciaio fragile.
La misura del potenziale infragilimento è avvenuta su un frammento di generatore di vapore francese, scartato nei primi anni ‘80 perché vi si erano trovati degli hydrogen flakes, e su un pezzo non utilizzato dello stesso vessel di Tihange, ma privo di difetti.
Le prove di resistenza sui due pezzi prima dell’irraggiamento sono stati soddisfacenti: l’acciaio era ancora duttile. Ma dopo l’esposizione per alcuni mesi ai neutroni di un reattore di ricerca tedesco, il pezzo di generatore di vapore, quello con gli hydrogen flakes, è diventato decisamente più fragile.
Così nel 2014 la Fanc ha fermato di nuovo di due reattori, ha ordinato nuovi esami ad ultrasuoni e chiesto la consulenza a nove dei maggiori esperti mondiali.
Il nuovo e più sensibile esame a ultrasuoni ha prodotto pessime notizie: i difetti scoperti sono diventati 13.000 a Doel e 3.100 a Tihange, mentre il “fiocco” più esteso è risultato essere di 18 centimetri di larghezza.
Vita finita per i due reattori? Macché, la Fanc ha concesso a novembre del 2015 la luce alla Electrabel, perché i nove esperti hanno concluso che è improbabile che i neutroni e il poco idrogeno che si forma nei reattori possano far crescere gli hydrogen flakes e indebolire pericolosamente il vessel.
Ma allora perché questo è avvenuto sul frammento di acciaio con hydrogen flakes irradiato? Secondo la Fanc quel campione non è rappresentativo dell’acciaio dei vessel; per quello fa fede il  frammento privo di difetti, che è uscito inalterato dall’irraggiamento. Viene allora da chiedersi che l’abbiano fatta a fare la prova con il pezzo di generatore di vapore. E il fatto che le crepe siano aumentate in numero e dimensioni fra 2012 e 2014?
Per la Fanc è solo una illusione, creata dalla maggiore sensibilità degli apparecchi di rilevamento del 2014, ma, di nuovo, non si capisce perché allora non abbiano ripetuto la prova anche con l’apparecchiatura del 2012, per avere un risultato confrontabile.
Insomma, riassumendo, per la Fanc:
  1. I difetti sono nati come li vediamo oggi per la presenza di idrogeno durante la costruzione del vessel.
  2. Non sono stati visti durante i controlli in fabbrica perché non c’erano apparecchi abbastanza sensibili per rilevarli.
  3. Non si sono più evoluti da allora, e quindi resteranno innocui anche per i prossimi anni. Doel 2 e Tihange 3, sono quindi da considerarsi sicuri in tutte le condizioni di funzionamento.
Vi sentite rassicurati? Certo non si sono sentiti così né gli olandesi, Doel è vicina a Maastricht, né i tedeschi, che hanno Aquisgrana ad appena 60 km da Tihange.
Questi ultimi hanno mandato il loro ministro dell’ambiente a Bruxelles a chiedere un riesame congiunto della situazione, ma senza alcun risultato: mentre la UE decide sulle dimensioni delle banane, la sicurezza nucleare in Europa resta un affare esclusivamente nazionale.
E gli olandesi? Loro hanno rapidamente abbozzato: a Borssele hanno un reattore in funzione dal 1973, la cui vita è stata prolungata fino al 2023, e non gli conviene fare troppo i pignoli sulla sicurezza nucleare.
A non rassegnarsi sono invece stati i Verdi europei, che hanno chiesto a una esperta indipendente in materiali, Ilse Tweer (sulle cui qualifiche e ricerche svolte, a dire il vero, su internet non si trova nulla, se non che è coinvolta da tempo nell’attivismo antinucleare) di commentare il rapporto della Fanc.
E la Tweer ne ha tratto alcune conclusioni.
  1. La Fanc dà per scontato che si tratti di hydrogen flakes, ma questa è solo una ipotesi, che non si accorda con il fatto che questi difetti compaiano solo in due vessel, e solo in alcune loro parti, fra i vari costruiti dalla fabbrica olandese. Una spiegazione alternativa è che errori nella fase di  “cladding”, rivestimento, di alcune parti, abbiano provocato difetti nel metallo, meno benigni degli hydrogen flakes.
  2. Se questi numerosi e macroscopici difetti sono lì dal 1985, com’è possibile che non siano stati notati allora? Che fosse possibile rilevarli lo dimostra il generatore di vapore coevo, scartato per le stesse imperfezioni. Questo fa temere che i difetti nel vessel, se presenti fin dall’inizio, fossero pochi e piccoli, e siano cresciuti nel tempo in numero e dimensioni.
  3. Le prove di duttilità eseguite sui campioni dicono poco, perché fatte su acciai diversi da quelli dei vessel o privi di difetti, e che non sono stati comunque per 30 anni a contatto con acqua a 350 °C, idrogeno e radiazioni.
  4. L’aumento di numero di difetti rilevati fra 2012 e 2014 si dice essere dovuto alla strumentazione migliore: ma se è ovvio che una maggiore risoluzione individui più difetti, è strano non si sia vista la loro reale grandezza fin dal 2012. Questo non permette di escludere che già in quel breve periodo ci sia stata una loro crescita. 
  5. In ogni caso un pezzo così critico per la sicurezza, con così tante imperfezioni, sarebbe oggi (ma anche nel 1985) immediatamente scartato: non si capisce in base a cosa, invece, questi vessel possano continuare ad essere usati.
Bisogna dire che in realtà neanche la Fanc sembra essere poi così sicura che tutto sia ok a Doel e Tihange: conclude infatti dicendo che una crescita dei difetti è “improbabile”, quindi non esclusa, e che ogni tre anni bisognerà comunque ripetere le analisi ad ultrasuoni dei vessel.
«E speriamo - dice l’ingegnere nucleare Alex Sorokin, della società di consulenza InterEnergy - che questa volta usino metodi di rilevamento perfettamente comparabili con i precedenti, così da avere un quadro chiaro dell’evoluzione del problema. Quanto alla decisione di far ripartire i reattori, siamo all’interno di una “zona grigia” in cui si devono fare valutazioni probabilistiche sulla sicurezza di un impianto, in assenza di dati certi. In questi casi si può essere più o meno rigidi, a seconda di come si interpretano gli indizi a disposizione. Certo, nel caso del nucleare, vista l’entità dei danni in caso di incidente, si dovrebbe sempre propendere per la massima prudenza, ed è sconcertante che si permetta di continuare a usare un elemento del reattore così pieno di difetti».
Ammesso che il vessel sia veramente indebolito, cosa potrebbe farlo cedere?
«La situazione più rischiosa sarebbe un’improvvisa discesa della temperatura nel reattore da 350 a meno di 100 °C. Lo shock termico renderebbe fragile l’acciaio difettoso, che potrebbe fessurarsi sotto la pressione presente nel reattore. Questo si può verificare in caso di incidente con perdita di acqua di raffreddamento: in questi casi si deve procedere all’immissione nel reattore di acqua fredda», ci dice Sorokin.
E che succederebbe se un vessel si dovesse rompere? Sulla piattaforma di petizioni online  Avaaz.org è circolata una richiesta, firmata da 880mila persone, per il blocco dei due reattori, per, dicono, ”evitare una nuova Chernobyl”.
«No, non esageriamo - spiega l’ingegnere - il reattore di Chernobyl era intrinsecamente insicuro, circondato da tonnellate di infiammabile grafite e privo di guscio di contenimento in cemento intorno al reattore. Anche uno scenario tipo Fukushima è improbabile: lì il raffreddamento è venuto a mancare per decine di ore, portando alla fusione del nocciolo. Probabilmente se il vessel di uno di questi reattori belgi cedesse, comincerebbe a perdere vapore radioattivo, che finirebbe però nel contenitore esterno in cemento, dove verrebbe fatto condensare. Probabilmente si eviterebbero fuoriuscite radioattive, ma la situazione sarebbe certamente molto grave, anche per la difficoltà di avvicinarsi al reattore lesionato e metterlo in sicurezza, svuotandolo dal combustibile».
E il fatto che siamo qui a discutere che questo possa, anche se improbabilmente, avvenire nel cuore più popoloso d’Europa, è francamente un’ipotesi che non credevamo di dover mai contemplare.
Alcuni documenti (pdf):

Siria: '470mila uccisi in 5 anni'.

 © EPA


Secondo rapporto del Syrian Center for Policy Research (Scpr).


E' di quasi mezzo milione di siriani uccisi il bilancio di cinque anni di violenze in Siria, circa il doppio di quanto documentato un anno e mezzo fa dall'Onu. 

Lo si apprende dal rapporto aggiornato di un autorevole think tank siriano indipendente, il Syrian Center for Policy Research (Scpr) basato a Beirut. Il centro ha diffuso nelle ultime ore un report sugli effetti economici e sociali della guerra. Tra le diverse cifre spicca il bilancio dei morti fino al dicembre 2015: 470mila siriani, tra civili e uomini armati. Nel 2014 l'Onu aveva smesso di contare il numero di uccisi in Siria per le difficoltà nel documentare in maniera autorevole i fatti sul terreno. Da allora l'unica fonte su cui i media si basavano erano i report periodici dell'Osservatorio nazionale per i diritti umani, una organizzazione siriana legata alle opposizioni. Nel rapporto del think tank siriano si afferma inoltre che l'aspettativa di vita in Siria è scesa di ben 14 anni, dai 70 del 2010 ai 56 del 2015.

Il fondale a largo di Pozzuoli bombardato con onde sismiche. - Marco Gaudini

<span class="entry-title-primary">Il fondale a largo di Pozzuoli bombardato con onde sismiche</span> <span class="entry-subtitle">Paura e rischi per cittadinanza e cetacei</span>

ISCHIA – Nella notte tra giovedì e venerdì scorso l’Osservatorio Vesuviano ha rilevato un’intensa attività sismica, seppur di lieve intensità, nel golfo di Pozzuoli. Un vero e proprio sciame sismico che pare derivi da alcune attività di ricerca messe in atto dal CNR. Una nave del Consiglio Nazionale delle Ricerche, sta infatti, conducendo da giorni ricerche sismiche sottomarine a una quindicina di chilometri dalla costa flegrea. A sollevare il caso e chiedere informazioni su quanto stia accadendo è Gisueppe Farace, giornalista e fotografo di cetacei, che ha dichiarato: «Stanno usando lairgun? Nessuno sa niente, silenzio sui siti web dello stesso CNR». Di certo è che sono in corso studi del CNR nel Golfo di Pozzuoli con l’impiego di una nave oceanografica. «Si tratta di studi basati sulla sismica a rifrazione – afferma Farace -. Stanno in pratica bombardando i fondali con onde sismiche artificiali (oltre cento solo l’altra notte). Quale sarà l’impatto sui cetacei del nostro golfo?» Le maggiori preoccupazioni, infatti, sono proprio relative alla salute dei mammiferi marini. Qualora infatti si stesse usando la tecnologia dell’airgun questo potrebbe costituire seri danni alla salute dei cetacei e non solo. Attraverso questo procedimento si effettuano degli spari di aria compressa sul fondale marino con intensità sonore che raggiungono i 260 decibel. Un livello che in natura è generato solo da terremoti ed esplosioni di vulcani. Una tecnica devastante per l’ecosistema che rappresenta una grave minaccia per la fauna.
Questa pratica da tempo ha generato grande preoccupazione tra associazioni ambientaliste. Si tratta sostanzialmente di un sistema adottato per la ricerca di giacimenti petroliferi. Il temuto dispositivo, però, può rendere sordi delfini e balenottere, causandone la perdita del senso di orientamento e mettendoli pericolosamente in fuga verso le coste.  Le conseguenze ambientali per la fauna sono pertanto immaginabili e devastanti, ed il tutto come segnalato da Farace, avviene nel silenzio delle istituzioni. Non vi sono riferimenti sui vari portali né vi sono informazioni ufficiali sul sito dello stesso CNR, circa la tipologia di attività messa in pratica e le tecnologie utilizzate. L’unico vero segnale è stato lo sciame sismico che inizia a generare preoccupazione, non solo tra gli ambientalisti.

Onde gravitazionali, parla Stephen Hawking: è un nuovo modo di guardare l'universo.

Onde gravitazionali, parla Stephen Hawking: è un nuovo modo di guardare l'universo

Il celebre fisico britannico commenta la scoperta epocale. "Oltre a provare la teoria della relatività generale, possiamo aspettarci di vedere i buchi neri nel corso della storia del cosmo".

LONDRA - La rilevazione delle onde gravitazionali, ultima predizione delle teorie di Albert Einstein che rimaneva da provare, apre le porte a "un nuovo modo di guardare l'universo". A dirlo, in un'intervista alla Bbc, è il fisico Stephen Hawking, 74 anni, esperto nel campo dei buchi neri. "La capacità di rilevarle ha il potenziale di rivoluzionare l'astronomia", ha aggiunto, spiegando che i segnali rilevati costituiscono anche "la prima prova di un sistema binario di buchi neri e la prima osservazione di fusione di buchi neri".

"Oltre a provare la teoria della relatività generale, possiamo aspettarci di vedere i buchi neri nel corso della storia dell'universo. Potremmo addirittura vedere le vestigia dell'universo primordiale, durante il Big Bang" grazie alle onde gravitazionali, ha sottolineato il fisico. La ricercatrice dell'università di Glasgow Sheila Rowan, che ha partecipato al progetto Ligo che ha rilevato le onde, ha descritto il lavoro fatto come un "viaggio affascinante".
 

http://www.repubblica.it/scienze/2016/02/11/news/onde_gravitazionali_stephen_hawking_e_un_nuovo_modo_di_guardare_l_universo-133210198/

Air Force Renzi, segreto di Stato sul contratto del mega-aereo. Le informazioni sono “top secret”. - Stefano Feltri e Carlo Tecce



Tutti i documenti della trattativa tra Palazzo Chigi, Alitalia e Ethiad sono stati segretati: hanno cioè bisogno di un permesso speciale per essere maneggiati. La spiegazione ufficiale è che sull’Aibus A340-500 è previsto che viaggino, oltre al presidente del Consiglio, anche il presidente della Repubblica e membri del governo.

Scordatevi di sapere quanto paga Palazzo Chigi per il nuovo mega-aereo voluto dal premier Matteo Renzi, rassegnatevi a non sapere se si tratta di un salasso per il contribuente italiano o di un benefit concesso da James Hogan e dalla sua Etihad nell’ambito della trattativa che ha portato la compagnia araba ad acquisire il 49 per cento di Alitalia: sull’Airbus A340-500, meglio noto come Air Force Renzi, è tutto un segreto. Ed è segreto perché il contratto è stato segretato.
Non è un gioco di parole, ma la spiegazione ufficiale che arriva da Palazzo Chigi. All’articolo 17, il codice degli appalti prevede che si possa derogare agli obblighi di trasparenza e di gara “per i contratti al cui oggetto, atti o modalità di esecuzione è attribuita una classifica di segretezza” e anche “per i contratti la cui esecuzione deve essere accompagnata da speciali misure di sicurezza, in conformità a disposizioni legislative, regolamentari o amministrative”. Visto che sull’Air Force Renzi è previsto che viaggino, oltre al premier, anche il presidente della Repubblica e membri del governo, Palazzo Chigi ha giustificato il ricorso alla procedura di segretazione. Oltre all’accordo nascosto con Etihad, in questa circostanza, i documenti collegati hanno ottenuto una protezione ancora maggiore: una classificazione di riservatezza.
In Italia ci sono quattro livelli di segretezza per le “informazioni la cui conoscenza non autorizzata sia idonea a recare pregiudizio agli interessi fondamentali della Repubblica”, come recita il glossario del Dis, il coordinamento dei Servizi segreti prezzo la Presidenza del Consiglio. In ordine crescente di segretezza, le informazioni possono essere classificate come Riservato (R), Riservatissimo (RR), Segreto (S) e Segretissimo (SS). A differenza del segreto di Stato vero e proprio, per questi livelli di sicurezza non è precluso l’accesso alle informazioni per l’autorità giudiziaria che, però, deve “curarne la conservazione in modo da salvaguardarne la riservatezza, assicurando il diritto delle parti coinvolte nel procedimento a prenderne visione”. Sul contratto, invece, può vigilare solo la Corte dei conti.
Tutta la pratica è stata gestita da Palazzo Chigi, coinvolgendo per lo stretto indispensabile il Tesoro e il ministero della Difesa, che si è occupato soltanto di alcuni passaggi amministrativi. Per quello che ne sappiamo finora, lo schema è questo: Palazzo Chigi paga un canone ad Alitalia che a sua volta lo paga all’azionista Etihad la quale, secondo quanto ha ricostruito La Notizia Giornale, a sua volta potrebbe essere ancora impegnata da un contratto di leasing con una delle società di noleggio del settore che ha comprato l’aereo da Airbus, l’azienda produttrice dell’A340-500 in servizio dal 2006. Alitalia non comunica il canone di leasing che versa a Etihad, Palazzo Chigi ha classificato l’informazione per tenerla coperta, Etihad non risponde.
Da parte sua, Alitalia ha precisato di non sostenere alcun onere nell’operazione se non quello per la “manutenzione ordinaria”. Neanche quella è stata messa a gara, pur non essendo – formalmente – l’Airbus A340-500 un velivolo Alitalia, bensì del suo partner industriale Etihad. Che bisogno c’era di costruire questa complessa struttura contrattuale? Palazzo Chigi non poteva fare direttamente un contratto con Etihad o con la compagnia di leasing titolare della proprietà ultima del velivolo? La risposta sembra essere, ancora una volta, nell’esigenza di segretezza di tutta l’operazione.
Secondo quando spiegano fonti di Palazzo Chigi al Fatto, Alitalia è stata “scelta” (quindi senza alcun tipo di gara) perché nella ex compagnia di bandiera, oggi completamente privata, lavorano persone in possesso del Nos, il Nulla osta di sicurezza. Cioè il permesso concesso dalla Presidenza del Consiglio “che consente alle persone fisiche la trattazione di informazioni classificate riservatissimo o superiore”. Il Nos non è necessario per fare lavori collegati a contratti che richiedono “speciali misure di sicurezza” o con la classifica “riservato”. Questo significa che sotto il contratto segretato dal governo Renzi ci sono informazioni e documenti che hanno bisogno di un permesso speciale per essere maneggiate.
Nel 2010 il governo Berlusconi confermò che dentro la Rai c’era un gruppo di giornalisti dotati di Nos che serviva per “l’espletamento di incarichi di natura amministrativa e non riguarda l’attività giornalistica”. Ci furono molte polemiche sulle reali mansioni di questo gruppo di giornalisti che aveva anche mansioni non giornalistiche. Ma il mistero è rimasto. Come sull’Air Force Renzi. Almeno per ora.

Io credo che.....



Io credo che all'eventuale Dio che ci ha creati poco importa se noi crediamo in lui e lo adoriamo, potrebbe, semmai, importargli che ci comportassimo bene tra noi, che agissimo secondo logica e con rispetto nei confronti di ciò che ci ha donato.
La chiesa non è altri che un'apparato creato da uomini che approfittano della fede per interesse personale, e la dimostrazione di quanto affermo è la fastosità e la ricchezza che la chiesa e i suoi rappresentanti ostentano in tutte le loro manifestazioni. 
Se Dio esistesse non credo che vorrebbe essere rappresentato dagli uomini della chiesa, se ne vergognerebbe.


Cetta

giovedì 11 febbraio 2016

Banca Etruria dichiarata insolvente. La Procura dovrà procedere per bancarotta fraudolenta. - Fiorenza Sarzanini



Il rischio concreto è che vengano iscritti nel registro degli indagati l’ex presidente Lorenzo Rosi e i due ex vicepresidenti Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, 
padre della ministra per le Riforme Maria Elena.

La decisione del tribunale di Arezzo che accoglie le richieste del commissario liquidatore e dichiara lo stato di insolvenza di Banca Etruria apre la strada a una svolta clamorosa nelle indagini. Di fronte alla decisione presa dai giudici, la procura guidata da Roberto Rossi dovrà infatti procedere per bancarotta fraudolenta nei confronti degli ex amministratori. Il rischio concreto è che vengano iscritti nel registro degli indagati l’ex residente Lorenzo Rosi e i due ex vicepresidenti Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, padre della ministra per le Riforme Maria Elena. La richiesta del commissario Giuseppe Santoni era stata appoggiata proprio dai pubblici ministeri nel corso dell’udienza che si è svolta lunedì scorso.
Pronto il ricorso
Con il dispositivo depositato dal collegio fallimentare del tribunale di Arezzo, i giudici hanno anche respinto la richiesta di sollevare la questione di legittimità costituzionale del decreto salvabanche, formulata dai legali di Rosi. «Aspetto di leggere il provvedimento, ma a questo punto mi sembra scontato il nostro ricorso alla Corte d’Appello di Firenze» ha dichiarato l’avvocato Michele Desario, difensore dell’ex presidente di Etruria.
Codacons
«Non appena la procura di Arezzo aprirà il fascicolo per il reato di bancarotta fraudolenta, ci costituiremo parte offesa nel procedimento, a tutela degli investitori dell’istituto di credito» ha annunciato il Codacons. L’associazione offrirà assistenza legale a tutti i risparmiatori di Banca Etruria «che hanno visto azzerato il valore delle proprie obbligazioni a seguito del decreto salvabanche». Sono già più di duemila i piccoli risparmiatori di Banca Etruria che finora si sono rivolti all’associazione dei consumatori.