mercoledì 3 ottobre 2018

I gonzi di Riace. - Marco Travaglio



(pressreader.com) – Domenico Lucano, il sindaco ribelle di Riace, da ieri agli arresti domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta rifiuti, è un fuorilegge onesto. Pare un ossimoro, ma è proprio così: fuorilegge, perché è lui stesso a definirsi orgogliosamente così nelle sue conversazioni intercettate; onesto, perché anche il gip che l’ha arrestato riconosce che non ha mai agito per interesse personale e ha svolto un gran lavoro per integrare i migranti e riqualificare il suo comune spopolato. Da anni ci sgoliamo a ripetere che un conto è la questione penale, che attiene al rispetto delle regole; un altro è la questione morale, che riguarda i principi etici, i quali non sempre coincidono col codice penale. Quando noi giornalisti veniamo processati e magari condannati per aver ecceduto (secondo un giudice) in una critica o sbagliato in buona fede, pubblicando una notizia che sul momento pareva vera e verificata e poi si rivela falsa o inesatta, non diventiamo per ciò stesso disonesti. Se la legge è uguale per tutti, fissa e immutabile (almeno finché non viene cambiata), il giudizio morale varia a seconda dei princìpi, della cultura, dell’educazione, della sensibilità di ciascuno, ma anche del ruolo che ricopre l’autore della condotta.
Se è un eletto o un pubblico ufficiale, oltreché alle regole dell’etica deve obbedire all’art. 54 della Costituzione, che richiede l’esercizio di pubbliche funzioni “con disciplina e onore”. E soprattutto richiede il buon esempio: se a violare una legge è colui che per primo dovrebbe rispettarla, perché ha giurato di adempiere a quel dovere o perché addirittura la legge l’ha scritta lui, salta il patto sociale che ci tiene tutti uniti e a quel punto vale tutto. Cioè si precipita nell’anarchia, nel caos, nel Far West. Ma c’è un problema: se una legge è ritenuta ingiusta, disumana, immorale, che si fa? Si prova a cambiarla. Ma, se poi non ci si riesce, c’è una scelta estrema: quella della disobbedienza civile non violenta. Quella di Gandhi e dei suoi epigoni, giù giù fino a Pannella. Che divennero “fuorilegge” per contestare leggi che non condividevano: Gandhi si ribellò a quelle di un regime autoritario (la dominazione britannica in India) e finì in carcere, Pannella a quelle di uno Stato democratico come l’Italia (per esempio, su droga, aborto ed eutanasia) e finì tante volte denunciato e qualcuna condannato. Nessuno ha mai pensato che questi “fuorilegge” fossero disonesti: Gandhi è passato alla storia come padre dell’indipendenza dell’India, Pannella come alfiere dei diritti civili in Italia.
Lo stesso vale per il poeta Danilo Dolci, processato per le sue battaglie in Sicilia e difeso da Piero Calamandrei. E per Erri De Luca, processato per i suoi atti di disobbedienza in Val Susa accanto al movimento No Tav. Il dibattito su come contrastare una legge che si ritiene ingiusta lo avviò Sofocle nell’Antigone, la tragedia sulla storia della donna che decise di seguire la legge divina e seppellì il cadavere del fratello Polinice, morto in guerra, contro la legge umana imposta dal nuovo re-tiranno di Tebe, Creonte, che la fece condannare all’ergastolo e rinchiudere in una grotta, dove si impiccò poco prima di venire liberata.
L’Italia, diversamente dalla Tebe di Antigone e dall’India di Gandhi, è una democrazia e uno Stato di diritto. Dove non esistono processi politici o morali, ma solo penali, affidati a una magistratura indipendente nei suoi vari (secondo noi troppi) gradi di giudizio. Quindi chi grida al complotto o al regime fascio-salviniano per l’arresto di Lucano, oltre a usare pericolosamente l’armamentario lessicale berlusconiano, sbaglia bersaglio. Salvini usa politicamente l’arresto di un avversario politico “buonista”, esaltando i magistrati che fanno comodo a lui dopo aver insultato quelli che indagano su di lui e che hanno sequestrato alla Lega i 49 milioni rubati. Ma non è il mandante degli arresti di Riace: quelli li ha chiesti la Procura di Locri, sulla scorta delle indagini della Guardia di Finanza, e li ha disposti il gip, cancellando gran parte delle accuse e adempiendo così fino in fondo al suo dovere di giudice terzo. Gli arrestati (il sindaco e la sua compagna) potranno impugnare il provvedimento dinanzi al Riesame e, se sconfitti, ricorrere in Cassazione. Alla fine 10 magistrati avranno esaminato la misura cautelare. Poi, se si andrà a giudizio per volontà di un gup, se ne occuperanno altri 3 giudici di tribunale, 3 d’appello e 5 di Cassazione. Di quale “regime” stiamo parlando?
Eppure ieri è partito il solito derby. Con una particolarità. Qui non si sfidano colpevolisti e innocentisti, perché è lo stesso Lucano nelle intercettazioni a dirsi colpevole. Qui si sfidano i tifosi (Salvini e tutto il centrodestra) e i nemici (un bel pezzo della sinistra) dei magistrati di Locri che hanno disposto gli arresti. Noi, se ancora è lecito, preferiamo militare in una terza squadra: quella del buon senso. Il sindaco ribelle è simpatico e onesto: ha certamente agito animato dal più alto spirito umanitario per salvare migranti irregolari dall’espulsione, e non per tornaconto personale (anche se resta da spiegare l’appalto dei rifiuti affidato senza gara a due coop amiche, sintomo di quello che il gip definisce giustamente il “diffuso malcostume” di certi sindaci-Masaniello che fanno come gli pare). Ma – lo dice lo stesso Lucano – ha violato la legge sull’immigrazione, che ritiene “balorda”, organizzando falsi matrimoni proprio grazie al suo status di pubblico ufficiale (“io sono responsabile dell’ufficio anagrafe, il matrimonio te lo faccio immediatamente”) e di responsabile della Polizia municipale (“non mando neanche i vigili, mi assumo io la responsabilità e gli dico va bene, sono responsabile dei vigili”). E i magistrati non solo potevano, ma dovevano far rispettare la legge: guai se qualcuno, tantopiù se è il primo cittadino, fosse autorizzato a calpestarla.
A chi deve obbedire un agente della polizia di Riace: al suo comandante che gli dice di applicare le leggi dello Stato, o al sindaco che le viola e istiga a violarle? E perché in tutta Italia i migranti devono mettersi in fila per chiedere l’asilo o il permesso di soggiorno e, se non l’ottengono, ricevere il foglio di via ed essere eventualmente rimpatriati, mentre a Riace possono aggirare le regole con finti matrimoni organizzati e officiati dal sindaco? Anziché prendersela con i magistrati che fanno il proprio dovere, chi si schiera con Lucano e ritiene “balorde” le norme sull’immigrazione ha strumenti più efficaci per cambiarle: organizzare un referendum abrogativo, raccogliere firme per una legge di iniziativa popolare, chiedere agli amici in Parlamento di modificarle, provare a farla impugnare da un tribunale dinanzi alla Consulta (che peraltro le ha già ritenute costituzionalmente legittime, cancellando parti incostituzionali della Bossi-Fini e dei decreti Maroni). Se non ci riesce, può anche disobbedire, purché lo rivendichi e soprattutto ne accetti le conseguenze. Chi viola platealmente una legge penale sa che verrà indagato e processato, forse anche arrestato. E, quando questo avviene, l’unica cosa che non può fare è stupirsi o scandalizzarsi.
Altrimenti quello di Riace diventa un pericoloso precedente: e se domani la magistratura arrestasse un sindaco leghista che ritiene le leggi sull’immigrazione non troppo rigide, ma troppo blande, e provvede personalmente a inasprirle con raid razzisti o atti xenofobi, autoproclamandosi “fuorilegge” e creando una repubblica separata della xenofobia, opposta ma speculare alla repubblica separata dell’accoglienza illegale di Riace? Con quali argomenti chi ora grida al regime giudiziario di destra potrà contrastare i leghisti che strilleranno al regime autoritario di sinistra?
Certi paroloni-boomerang è molto meglio lasciarli a B.&Salvini e concentrarsi semmai sulla battaglia per una legge sull’immigrazione più razionale, che premi finalmente chi viene in Italia per lavorare. Solo così si prevengono casi come quello di Riace. Evitando, fra l’altro, di dar ragione a Leo Longanesi sugli italiani che “pretendono di fare la rivoluzione col permesso dei carabinieri”.
“I gonzi di Riace”, di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 3 ottobre 2018

martedì 2 ottobre 2018

Ponte Morandi, chat cancellate nei telefoni sequestrati dopo il crollo. - Ferruccio Sansa

Ponte Morandi, chat cancellate nei telefoni sequestrati dopo il crollo

La Finanza che indaga sulla tragedia del ponte ha trovato conversazioni rimosse da dirigenti di Autostrade e ministero. Saranno ricostruite.

Chat e email cancellate. Ma recuperate dagli esperti informatici della Guardia di Finanza. Da qui potrebbe arrivare una svolta alle indagini sulla tragedia del ponte: dai messaggi scambiati tra dipendenti di AutostradeSpea (società controllata che si occupa di controlli) e ministero delle Infrastrutture.
Nei giorni immediatamente successivi alla tragedia gli uomini del primo gruppo della Finanza di Genova avevano sequestrato cellulari e computer di una quindicina di persone, anche non indagate. La speranza era di trovare sms, chat whatsapp e mail che parlassero del ponte. Un lavoro enorme, perché parliamo di 13 terabyte di file sequestrati. Nelle settimane successive gli investigatori hanno calato le reti a strascico sperando che qualcosa restasse impigliato. Sono state utilizzate parole chiave: “ponte”, “pericolo”, “sicurezza”, “criticità”. E sono stati cercati tutti i file cancellati. Grazie a sofisticati software chiamati di ‘captazione’, i computer degli investigatori hanno fatto un bel raccolto: dai cellulari di alcuni dipendenti sono riemerse chat whatsapp e mail cancellate. Chi ha premuto il tasto ‘elimina’ non sapeva che i messaggi lasciano un segno nella memoria. E possono essere recuperati. Si tratta, a un primo esame, di messaggi di lavoro. Ma sono emerse anche chat amorose. Cancellate per timore che l’inchiesta rivelasse relazioni galeotte.
Il lavoro dei pm intanto va avanti. E la lista degli indagati si allunga. Ai diciannove iscritti all’inizio di settembre se ne sono aggiunti due. Entrambi dirigenti del ministero delle Infrastrutture dove si occupavano di vigilanza: il primo è Bruno Santoro, sentito sabato dai pm. Il secondo è il funzionario della quarta divisione – vigilanza – che ricevette il progetto di refitting cui doveva essere sottoposto il ponte.
Stamattina intanto i periti incaricati dal gip si ritroveranno al Morandi per compiere le prime analisi di quel che resta del ponte e delle macerie. Avranno due mesi di tempo per presentare le loro conclusioni.
Il primo incidente probatorio ha lo scopo di ‘congelare’ lo stato dei luoghi. Cioè di ricostruire esattamente quanto è rimasto dopo il crollo. Sono gli accertamenti irripetibili previsti dal codice e non più eseguibili dopo la demolizione. Così poi potranno cominciare i lavori. Anche se, come ha fatto notare la Procura, le indagini non sono un ostacolo alla ricostruzione perché i periti hanno avuto un chiaro mandato: “Devono essere concordate modalità di demolizione idonee a salvaguardare le prove”. Non solo: “Per l’incidente probatorio potrebbe essere utile avere alcune parti di ponte già demolite da analizzare. Anche per evitare che i periti rischino la propria incolumità”.
Non sono state le indagini a provocare il ritardo nella ricostruzione. A quasi due mesi dal disastro non si sa ancora chi e come effettuerà la demolizione. Così come nulla è stato deciso sul progetto del nuovo ponte. La scelta del commissario, Claudio Andrea Gemme, dovrebbe accelerare i lavori. A dicembre, poi, si svolgerà un secondo incidente probatorio, mirato sull’individuazione delle responsabilità nel crollo.
Intanto non manca chi si cimenta nel fornire consigli sulla ricostruzione. L’ultimo in ordine di tempo è stato Flavio Briatore, giunto ieri in Procura per essere sentito come indagato in un’inchiesta su un presunto caso di corruzione legato alla confisca del suo yacht Force Blue. L’imprenditore non ha mancato di dire la sua sul ponte, sposando la causa di Autostrade: “Tragedia enorme. Genova per ripartire avrebbe bisogno di ricostruire subito ed eliminare le burocrazie. È incredibile che dopo un mese e mezzo non ci sia nulla. Era normale che Autostrade ricostruisse il Ponte, ma al governo non abbiamo grandi geni”, Briatore dixit.

Premio Nobel per la fisica 2018 ad Ashkin, Mourou e Strickland.


Arthur Ashkin, Gerald Gérard Mourou e Donna Strickland


Le loro ricerche hanno rivoluzionato la fisica del laser, favorendone l'utilizzo in molti ambiti. Strickland è la terza donna a ricevere il premio da quando è stato istituito. L'ultima volta che il Nobel per la fisica era stato assegnato a una scienziata era il 1963.
Donna Strickland è la terza donna a ricevere il premio da quando è stato istituito. L'ultima volta che il Nobel per la fisica era stato assegnato a una scienziata era il 1963. Allora la vincitrice era stata Maria Goeppert-Mayer. Sessant'anni prima, il premio era stato assegnato a Marie Curie (chi sono le altre donne).

La rivoluzione della fisica del laser.

Ashkin, Mourou e Strickland hanno reso possibile una vera e propria rivoluzione della fisica del laser. I loro risultati hanno aperto la strada alla possibilità di studiare in modo nuovo e con una grandissima precisione oggetti di dimensioni minuscole. Le applicazioni riguardano numerosi campi, dai nuovi materiali all'industria, fino alla biomedicina. Arthur Ashkin ha avuto il merito di avere messo a punto le "pinzette ottiche", vere e proprie trappole per la luce che permettono di girare, tagliare, spingere o tirare oggetti di dimensioni piccolissime, utilizzando semplicemente la luce come un potentissimo strumento. Le pinze ottiche oggi sono utilizzate nei laboratori di tutto il mondo e hanno fatto del laser uno strumento indispensabile per manipolare oggetti microscopici, dalla struttura dei materiali a quella di microrganismi come batteri e virus. Gérard Mourou e Donna Strickland hanno invece messo a punto il metodo che ha permesso di rendere il laser ancora più versatile, con la generazione di impulsi ultra-brevi.

Chi sono i tre scienziati.

L'americano Arthur Ashkin, 96 anni, ha trascorso gran parte della sua carriera scientifica nei Bell Telephone Laboratories a Murray Hill. Nato il 2 settembre 1922 a New York, ha studiato alla Columbia University e poi ha lavorato alla Cornell University. Il francese Gérard Mourou, 74 anni, è stato direttore del Laboratorio di ottica applicata della Scuola francese superiore di tecniche avanzate (Ensta). Nato nel 1044 ad Albertville, ha insegnato all'Ecole Polytechnique e, negli Stati Uniti, è stato tra i fondatori del Centro di Scienza Ottica ultraveloce (Cuos) dell'Università del Michigan. La canadese Donna Strickland, 59 anni, nata a Guelph, si è laureata nella McMaster University e ha proseguito gli studi col dottorato all'Università di Rochester. Attualmente insegna nell'Università di Waterloo.


Reddito di cittadinanza, come funzionerà? Zero cash, app e premi a chi spende di più.



Le ipotesi allo studio del governo: decurtazione del 4% a chi tenderà a risparmiare e limiti ai prodotti acquistabili.


Nessuno scambio di contanti tra acquirente e venditore, pagamenti attraverso una tessera bancomat o via app, un premio a chi spende di più e una penalità a chi spende di meno, ma anche un limite ai prodotti da acquistare. Così si dovrebbe articolare il reddito di cittadinanza, secondo le prime ipotesi allo studio del Governo.
780 euro per tre anni: ecco i requisiti.
In base alle prime stime l'assegno dovrebbe essere garantito a 5 milioni di persone. Un single dovrebbe percepire 780 euro al mese per tre anni, ma la misura è prorogabile. Quattro i requisiti richiesti: ricerca attiva del lavoro, completamento dei percorsi di formazione, involontarietà della disoccupazione, e reddito familiare. Il diritto a percepire la somma si perde quando, nel corso dei tre anni, si rifiutano tre offerte di lavoro "congrue".
Premi a chi spende di più e divieto di acquisto di alcuni beni.
L'obiettivo dell'esecutivo, stando alle prime analisi, è quello di incentivare il consumo. E chi spende di più sarà premiato: si sta valutando, infatti, un aumento dell'assegno del 4% a chi utilizza, per acquisti tracciabili, il 75-80% della cifra erogata. Chi, al contrario, tenderà a risparmiare sarà penalizzato, con una decurtazione del 4%. L'idea è poi quella di limitare l'uso del reddito di cittadinanza solo ad alcune tipologie di acquisti: non si potrà, ad esempio, utilizzare la somma per beni non necessari o per fare scommesse. Ma in che modo si potranno controllare gli acquisti dei circa 6,5 milioni di persone che beneficeranno dell'assegno? Laura Castelli, viceministro dell'Economia, intervistata da Il Fatto Quotidiano ha spiegato che, stando al disegno del governo, basterà prevedere l'esclusione di alcuni circuiti dal processo di pagamento.
Divieto di utilizzo del contante: si pagherà attraverso il bancomat o con i bonifici.
Il meccanismo dovrebbe essere il seguente: si va dal salumiere, in farmacia o al supermercato, si prende ciò che si ritiene necessario e, al momento del pagamento, si dà il bancomat, sul quale questi 780 euro saranno caricati, al commerciante. Quest'ultimo dovrebbe avere a disposizione un apposito software con il quale scalare dalla carta la cifra spesa. Qualcosa di simile alla social card? Dal governo assicurano di no perché, spiegano, nessuno si sentirà ghettizzato dal momento che non utilizzerà una carta ad hoc ma il bancomat che già possiede. E chi non ha un bancomat come dovrà procedere? Per il momento a questa domanda non sembrano esserci risposte. Per i pagamenti tramite bonifico, invece, si ricorrerà a una app. L'idea, insomma, è quella di escludere del tutto i contanti da questo processo.
I dubbi sull'adeguamento dei Centri per l'Impiego e sullo stato della tecnologia.
Un nodo da sciogliere è quello della tecnologia: per aggiornare i sistemi di pagamento potrebbe essere necessario del tempo. Non la pensa così Laura Castelli che, sul punto, ha assicurato: "Le tecnologie per i pagamenti sono già tutte disponibili. Mentre ci vorranno alcune settimane per incrociare le banche dati di Inps, centri per l'impiego, Comuni e centri di formazione". Adeguare i centri per l'impiego alla nuova normativa, spiega il Corriere della Sera, potrebbe essere un'operazione complessa, oltre che dispendiosa:
Una rete di 554 sedi con 8mila che dovrà affiancare le persone in cerca di lavoro e i disoccupati in percorsi di formazione. Per potenziare i Cip in una piattaforma che guidi questo percorso occorrono però soldi, almeno 800 milioni di euro, nuovo personale più qualifico, e investimenti in tecnologia.
Il ministro Di Maio ha chiesto di occuparsi della rivoluzione dei centri dell'impiego a Domenico Parisi, docente italiano che vive da anni negli Stati Uniti. Ha lavorato scrive La Verità - alla trasformazione dei Job Center del Mississippi. Il suo sì alla proposta del ministro del Lavoro non è ancora ufficiale, ma del reddito di cittadinanza, intanto, dice:
"Non so se l'idea sia giusta ma sono filosoficamente d'accordo: nessuno dovrebbe vivere in povertà. Tutto, però, va fatto a termine, senza assistenzialismo. La giusta risposta politica, anche qui negli Usa, è dare un sussidio ai poveri e ai disoccupati e intanto formarli e trovare loro un lavoro".
Quanto alla digitalizzazione dei processi, il Corriere spiega che sarà affidata all'ex numero due di Amazon, Diego Piacentini, nominato da Renzi commissario straordinario per l'agenda digitale. A lui Di Maio ha chiesto di lavorare alla prima fase dell'iter per l'attuazione del reddito di cittadinanza: quello dell'individuazione dei beneficiari.

Trentuno nomi, solo nove denunce La città che si piega al pizzo. - Riccardo Lo Verso

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Uomini del racket in azione


PALERMO - Trentuno commercianti vessati dal racket. Solo in nove hanno confermato di avere subito le richieste estorsive. Appena tre quelli la cui denuncia è arrivata prima degli arresti. Il resto dei negozianti ha negato anche di fronte all'evidenza delle intercettazioni.

I carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Palermo, su input della Direzione distrettuale antimafia, hanno completato il giro di convocazioni di coloro che emergevano dalle indagini sui mandamenti mafiosi di Resuttana e San Lorenzo. Il blitz è quello dello scorso dicembre che ha portato all'arresto di venticinque persone. L'elenco si apriva con Mariangela Di Trapani, moglie del boss Salvino Madonia, che avrebbe preso in mano il bastone del comando. Qualche mese dopo toccò a Giuseppe Biondino, considerato il capomafia di San Lorenzo, finire in carcere.

Il silenzio continua ad essere la reazione principale dei negozianti e si sta valutando se incriminarli per favoreggiamento. Dal piccolo costruttore al titolare di un'agenzia di pompe funebri, dal proprietario di un noto ristorante a quello di una pasticceria altrettanto famosa: tutti negano di avere ricevuto la visita degli uomini del racket. Eppure quelle visite sono rimaste impresse nelle voci intercettate dei boss e dei picciotti che per fare il lavoro sporco si spostavano nelle vie del centro. Bussavano alle porte di pub, macellerie, osterie, pizzerie, pub, negozio di scarpe e supermercati.

“Ti devo dire una parola”, la visita degli esattori cominciava quasi sempre con queste parole e proseguiva con il consiglio di “farsi una strada”. E cioè di mettersi a posto con l'amico di turno. Perché quando c'è da pagare il pizzo spunta sempre un amico che sa a chi ci si deve rivolgere. Seguono le intimidazioni: dalla colla attak alle bottiglie incendiarie. Il repertorio è ormai classico.

A leggere gli atti giudiziari chi non ha pagato il pizzo – da poche centinaia di euro a qualche migliaio per le imprese più grandi – è riuscito a farla franca solo perché chi era andato a chiedere i soldi è stato arrestato. Il ricambio degli uomini del racket avviene puntualmente. Nel frattempo alcuni commercianti, disorientati per la momentanea mancanza di un punto di riferimento nella propria zona, si guardano attorno per capire a chi rivolgersi.

E così solo in tre casi su trentuno imprenditori e commercianti hanno deciso di denunciare ancor prima che avvenissero gli arresti. Sono un imprenditore edile di Borgetto e i titolari di due pub a Palermo. Troppo pochi per parlare di ribellione in una città ancora piegata al racket.


https://livesicilia.it/2018/10/02/pizzo-denunce-palermo-mafia_1000382/

lunedì 1 ottobre 2018

I premi Nobel per la Medicina a James Allison e Tasuku Honjo.


Nobel per la Medicina a James Allison e Tasuku Honjo (fonte: Fondazione Nobel)RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA/Ansa

Per le ricerche sul freno naturale ai tumori alla base dell'immunoterapia.


Il Premio Nobel per la Medicina 2018 è stato assegnato a James P. Allison e a Tasuku Honjo. Sono stati premiati per le ricerche sul freno naturale che riesce a bloccare l'avanzata dei tumori, sulle quali si basa l'immunoterapia.

Le ricerche di James P. Allison e Tasuku Honjo sono state una pietra miliare nella lotta contro i tumori perché per la prima volta hanno portato alla luce i meccanismi con i quali le cellule del sistema immunitario attaccano quelle tumorali.


Allison ha aperto la via a queste ricerche studiando le proteine che funzionano come un freno del sistema immunitario e intuendo le loro grandi potenzialità: manipolando il loro freno naturale sarebbe stato possibile aggredire i tumori con nuove armi.
Honjo ha segnato un altro passo lungo questa nuova strada scoprendo una proteina delle cellule tumorali che funziona anche come un freno, ma con un meccanismo d'azione diverso rispetto a quelli noti fino a quel momento.
Entrambe le scoperte si sono tradotte nel tempo in nuovi approcci per la terapia contro i tumori che si stanno dimostrando molto promettenti.


Tasuku Honjo con il suo gruppo di ricerca dell'università di Kyoto, subito dopo l'annuncio del Nobel (fonte: Nobel Foundation)
James P. Allison, 70 anni, è immunologo americano e dal 2004 ha condotto le sue ricerche nel Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York. Nato negli Stati Uniti il 7 agosto 1948, ha cominciato la sua carriera scientifica negli anni '80, prima nell'università del Texas e poi in quella californiana di Berkeley.
Tasuku Honjo, 76 anni, è di origini giapponesi e ha lavorato a lungo fra Giappone e Stati Uniti, tra le università di Kyoto e Osaka, la Carnegie Institution di Washington e i National Institutes of Health. Immunologo di formazione, è nato il 27 gennaio 1942 a Kyoto e nella sua città ha lavorato a lungo a partire dagli anni '70, tranne brevi parentesi negli Stati Uniti e a Osaka.

domenica 30 settembre 2018

Plebiscito, la piazza ritrovata nel sottosuolo: restaurato l'ipogeo di oltre mille metri quadri.




C'è una piazza sei metri sotto la basilica di San Francesco di Paola, nel largo del Plebiscito. 
Un ipogeo di oltre mille metri quadri realizzato nell’Ottocento per volere di Murat. 
In questa rete di cunicoli fino a poco tempo fa entravano solo la luce di oculi e bocche di lupo, oltre a qualche Super Santos finito giù durante le partite degli scugnizzi. 
L’area è stata riqualificata da Comune e Provveditorato alle opere pubbliche grazie a un progetto che ha coinvolto anche Demanio, Curia, Fec (Fondo edifici di culto), soprintendenza e prefettura. 
"Ogni istituzione ha fatto un piccolo passo indietro per riqualificare e restituire il sito alla città" spiega l’assessore ai Beni comuni e all’Urbanistica Carmine Piscopo, mentre con l'architetto Salvatore Russo apre le porte di un gioiello che diventerà una prestigiosa area espositiva, capace di contenere fino a 300 persone. 
Mostre, convegni. Si potrà scendere nel cuore di Napoli sotterranea attraverso due botteghe del colonnato del Plebiscito. 
Il viaggio nell’ipogeo comincia alle porte numero 6 e 7. Attraverso una scala e un ascensore di vetro si arriva nel ventre della città: archi e pietre di tufo lasciate a vista, i resti dei palazzi ottocenteschi abbattuti per fare posto all’ipogeo. Si arriva così nell’aula centrale con la grande volta a forma di fungo. È la struttura che sorregge la basilica e regala un effetto Guggenheim.

Videoservizio di Anna Laura De Rosa