Una persona alla quale va tutta la nostra solidarietà.
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 7 dicembre 2018
Palermo, imprenditore filma l'estorsione e consegna video ai carabinieri.
Una persona alla quale va tutta la nostra solidarietà.
La città perduta di Heracleion.
Heracleion, nota anche come Thonis, era una città dell'antico Egitto situata nel Delta del Nilo, le cui rovine si trovano oggi sommerse nella baia di Abukir, a 2,5 km dalla costa. Wikipedia
Palermo, Catania, Enna e Agrigento Il grande summit dei boss al bar. - Riccardo Lo Verso
A rappresentare i palermitani c'era Filippo Bisconti, uno dei capi della Cupola. Una pista porta a Messina Denaro.
PALERMO - Arrestato e condannato, poi di nuovo arrestato ma assolto. Sono anni che la cronaca giudiziaria si occupa di Filippo Bisconti. Ora si scopre che sedeva al tavolo della nuova Cupola di Cosa nostra. Era il capo del mandamento di Belmonte Mezzagno.
Il 13 aprile scorso Macaluso spiegava che Bisconti “è stato messo nella commissione provinciale per occuparsi dei mandamenti. Pensavamo che lo avesse messo Matteo Messina Denaro come persona di fiducia perché si occupava anche di Trapani. A parte della serietà della persona, lui si occupava delle problematiche dei paesi della zona di Trapani ad esempio Cinisi, Trapani e Partinico, sino ad Alcamo. Ci diceva che tutto doveva passare da lui".
Tra i mafiosi era maturata la certezza che "l'incarico poteva essere dato solo da Matteo, vista l'importanza del ruolo. Lui, Bisconti, però non lo ha mai detto esplicitamente”.
Bisconti, secondo i carabinieri del Nucleo investigativo, era l'alter ego di Salvatore Sciarabba, altro nome storico del mandamento di Belmonte Mezzagno, e pure lui fermato su ordine della Procura della Repubblica. Sciarabba era vincolato dall'obbligo di soggiorno a Palermo e così avrebbe delegato i poteri di rappresentanza a Bisconti soprattutto in trasferta.
Come quella che lo condusse a Catania nel febbraio 2016. Fu un "summit interprovinciale”. Quel giorno una Bmw partì in direzione Catania. A bordo c'erano Antonio Giovanni Maranto (uomo forte a San Mauro Castelverde, arrestato nel maggio successivo all'incontro e condannato alcuni mesi fa), Filippo Di Pisa (arrestato nel blitz di due giorni fa e affiliato alla famiglia di Misilmeri) e il messinese Santo Di Dio.
L'appuntamento era fissato al bar “Pigno d'Oro”. I carabinieri del Ros di Catania si appostarono all'esterno del locale. Annotarono la presenza di “esponenti di spicco delle famiglie mafiose”: Giovanni Pappalardo di Catania, Giuseppe Costa Cardone di Catania, Calogerino Giambrone di Cammarata, Domenico Maniscalco di Sciacca, Giuseppe Marotta di Pietraperzia, Giuseppe Benigno e Filippo Bisconti di Belmonte Mezzagno.
Fu Bisconti ad accorgersi della presenza delle forze dell'ordine. Maranto, che diede subito la colpa ai catanesi, doveva consegnare qualcosa a qualcuno: “... glielo lascerei a lui stesso questo coso”. Ma, sentendosi braccato dalle forze di polizia (“c’è l’opera”), decise di allontanarsi. Quando Bisconti arrivò la riunione era già in corso. Lui sentì subito puzza di bruciato e fece finta di prendere solo un caffè.
Dalle parole di Maranto e Di Pisa emergerebbe che dentro il bar c'era pure Francesco Santapaola che sarebbe stato arrestato nell'aprile dello stesso anni. Pochi mesi fa Francesco Colletti, capomafia di Villabate, ha fornito un riscontro al ruolo ricoperto da Bisconti di ambasciatore lontano dalla provincia di Palermo: “... lui mi deve indicare con chi deve andare a parlare”. “Con Catania”, aggiungeva il suo autista Filippo Cusimano.
Le relazioni di Bisconti erano già emersi nel 2013. C'erano stati degli incontri fra boss palermitani e agrigentini. Incontri forse voluti da Matteo Messina Denaro. I militari seguivano Cosimo Michele Sciarabba, figlio di Salvatore, che dopo avere parlato con Alessandro D'Ambrogio, boss di Porta Nuova, partì alla volta di Agrigento in compagnia di Gaetano Maranzano, arrestato assieme a Sciarabba in un’operazione della Squadra mobila e indicato come il capo della famiglia mafiosa di Cruillas. Saranno fotografati in aperta campagna, nella zona di Sambuca di Sicilia, assieme a Leo Sutera, il boss che leggeva i pizzini di Matteo Messina Denaro, e ad un quarto uomo: Filippo Bisconti. Discutevano e leggevano qualcosa. Erano ancora lontani i giorni in cui, lo scorso maggio, Bisconti partecipava alla riunione della Cupola del dopo Riina, con il ruolo di capo mandamento di Belmonte Mezzagno.
https://livesicilia.it/2018/12/06/palermo-catania-enna-e-agrigento-il-grande-summit-dei-boss-al-bar_1018256/?fbclid=IwAR0_rr_Ukj6q2TlgjA4t2CjoKcEhYUKY6VcqqpEjRBM73jEV93fXNRCdtxQ
Blitz anti 'ndrangheta tra Europa e Sud America, 90 arresti.
Si tratta del frutto di un lungo lavoro investigativo condotto tra Italia, Germania, Olanda, Belgio e paesi oltreoceano.
Un blitz contro la 'ndrangheta e le sue ramificazioni all'estero è in corso in queste ore da parte di Polizia e Guardia di Finanza. Sono 90 le misure cautelari che le forze di polizia stanno eseguendo in Italia e - in collaborazione con le autorità di quei paesi - in Germania, Olanda, Belgio e in alcuni paesi del Sud America.
Le accuse ipotizzate nei confronti dei soggetti destinatari del provvedimento vanno, a vario titolo, dall'associazione mafiosa al riciclaggio, dall'associazione dedita al traffico internazionale di droga alla fittizia intestazione di beni e altri reati aggravati dalle modalità mafiose. Il blitz di oggi è il frutto di un lungo lavoro investigativo svolto da una squadra investigativa comune costituita presso Eurojust tra la magistratura e le forze di polizia di Italia, Paesi Bassi e Germania. Al team investigativo hanno aderito per l'Italia la Dda di Reggio Calabria e diversi reparti di Polizia e Guardia di Finanza. L'indagine è stata coordinata dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e riguarda diversi importanti esponenti di famiglie storiche della 'ndrangheta operante nella Locride.
I dettagli dell'operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa in programma alle 16.30 nella sede della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo a Roma, alla quale parteciperanno il procuratore nazionale antimafia e il procuratore di Reggio Calabria.
5.12.2018
giovedì 6 dicembre 2018
Cancro, test rivoluzionario potrebbe diagnosticare tutti i tipi di tumore: come funziona. - Andrea Centini
Un team di ricerca australiano ha sviluppato un promettente test sperimentale che potrebbe rilevare tutti i tipi di cancro in pochi minuti. Gli scienziati hanno scoperto che il DNA delle cellule cancerose modifica la sua struttura quando immerso nell’acqua; sfruttando particelle d’oro è possibile evidenziare il cambiamento con un cambio di colore della soluzione o attraverso un segnale elettrochimico.
Sviluppato in laboratorio un rivoluzionario test sperimentale potenzialmente in grado di diagnosticare qualsiasi forma di cancro in pochi minuti, grazie alla capacità di rilevare una “firma” – tecnicamente un biomarcatore – che sembrerebbe essere presente in tutti i tipi di tumore. Lo ha messo a punto un team di ricerca guidato da studiosi dell'Istituto Australiano di Bioingegneria e Nanotecnologia (AIBN) presso l'Università del Queensland. Come indicato, al momento si tratta soltanto di un test sperimentale condotto su cellule cancerose prelevate da biopsie (liquide e non) e non coinvolgendo direttamente i pazienti. Gli scienziati sono comunque fiduciosi circa i risultati degli studi clinici in previsione.
Ma come funziona esattamente questo test? Tutto ruota attorno a una interessante scoperta fatta dalla squadra coordinata dai dottori Abu Sina e Laura G. Carrascosa e dal professor Matt Trau, docente presso il Centro per la nanomedicina personalizzata dell'ateneo australiano. In parole semplici, gli scienziati hanno scoperto che immergendo nell'acqua il DNA delle cellule cancerose, esso esprime una modifica ricorrente nella sua struttura (che non si manifesta immergendo le cellule sane). Che si tratti di tumore alla mammella, all'intestino, alla prostata o un linfoma, quando le cellule malate vengono inserite nell'acqua si evidenzia sempre la stessa tipologia di modifica al DNA. Gli scienziati australiani l'hanno rilevata analizzandolo il materiale biologico con un sensibile microscopio elettronico a trasmissione.
Sulla base di questa scoperta, Trau e colleghi hanno approntato un sistema in grado di mettere in evidenza la modifica strutturale, che si verifica tipicamente nel gruppo metilico, una piccola molecola superficiale del DNA. Poiché il DNA canceroso possiede una elevatissima affinità con l'oro, è sufficiente immergerlo in una specifica soluzione con particelle di questo elemento per osservare un cambiamento di colore in soli 5 minuti. È la “prova” che si è innanzi al cancro. Il test può essere eseguito anche rilevando il segnale elettrochimico del DNA su un piatto d'oro, che produce un segnale ancor più forte.
Gli scienziati hanno eseguito il test con 200 campioni di tessuti e sangue rilevando una precisione del 90 percento; si tratta di un ottimo risultato per un test sperimentale, ma dovrà essere ulteriormente perfezionato per evolvere in un sistema diagnostico d'uso comune. Solo studi clinici più approfonditi potranno dimostrare la sua efficacia e se è effettivamente in grado di rilevare tutti i tipi di tumore. I ricercatori hanno pubblicato i risultati sull'autorevole rivista scientifica Nature Communications.
https://scienze.fanpage.it/cancro-test-rivoluzionario-potrebbe-diagnosticare-tutti-i-tipi-di-tumore-come-funziona/
Giuseppe Conte risponde (piccato) a Boccia di Confindustria: “Il negoziato lo conduco io, ho le idee chiare”.
Il 3 dicembre il presidente degli industriali gli chiedeva provocatoriamente di "trovare 4 miliardi per evitare la procedura di infrazione Ue, o di dimettersi". Il premier ha replicato: "Ringrazio per i suggerimenti". Poi ha punto Salvini: "Difesa legittima, ma a certe condizioni".
La difesa a casa propria è sempre legittima? “A certe condizioni“. Il suggerimento provocatorio di Vincenzo Boccia? “Sono io che conduco il negoziato, ma credi di avere le idee chiare”. Il declassamento di Fitch? “Non conosce la proposta all’Europa, si ricrederà”. L’ipotesi delle dimissioni di Tria? “Non c’è nessun motivo”. La vendita dei beni del Tesoro per evitare la procedura d’infrazione? “I gioielli di famiglia ce li teniamo stretti”. Il premier Giuseppe Conte non ha i toni di Lega e M5s, ma sembra rivendicare una sua autonomia anche rispetto alle posizioni dei suoi vicepremier. In un’intervista al Fatto d’altra parte aveva sostenuto apertamente di sostenere il Global Compact sull’immigrazione e di auspicare in Parlamento un dibattito “informato” e la libertà di coscienza per i parlamentari. E ora tocca a un altro tema caro alla Lega: la legittima difesa.
Che per Salvini è sempre e comunque legittima, mentre per il presidente del Consiglio deve avere dei paletti. Lo ha sottolineando in un’intervista all’AdnKronos, spiegando che la nuova legge “tutelerà tutti perché comunque si tiene sempre conto, anche nella formulazione che sta venendo fuori dal percorso parlamentare, dell’esigenza di contemperare tutte le esigenze in gioco: le esigenze di difesa e le esigenza di tutela della vita umana“. Per il capo del governo, quindi, difendersi nella propria abitazione è legittimo “a certe condizioni”, ovvero “quelle che sono precisate e verranno precisate nelle norme che modificheranno la vecchia disciplina“.
Non uno strappo con la Lega, che detiene la patria potestà della norma, ma una precisazione sostanziale orientata al rispetto dei due sentimenti contrapposti, “le esigenze di difesa” e la “tutela della vita umana”. Niente di incendiario, per carità, ma concetti e toni precisi, come quelli utilizzati per rispondere al presidente di Confindustria. Il 3 dicembre, durante l’incontro delle categorie produttive a sostegno della Tav, Vincenzo Boccia aveva detto: “Se fossi in Conte convocherei i due vicepremier e chiederei di togliere due miliardi per uno visto che per evitare la procedura d’infrazione bastano 4 miliardi. Se qualcuno rifiutasse mi dimetterei e denuncerei all’opinione pubblica chi non vuole arretrare”. Una provocazione, a cui il premier ha risposto con garbo e fermezza: “Con tutto il rispetto, sono io che conduco il negoziato. Lo ringrazio per i suggerimenti, ma credo di avere le idee chiare”.
Il presidente del Consiglio, poi, si è soffermato su questioni di strettissima attualità, come il taglio delle stime di crescita dell’Italia da parte dell’agenzia di rating Fitch. Poche parole: “Non ha ancora visto la nostra proposta all’Europa, l’agenzia si ricrederà”. Stesso modus operandi per quanto riguarda l’indiscrezione sull’ipotesi delle prossime dimissioni del ministro dell’Economia Giovanni Tria. Un’eventualità rispedita al mittente: “Un passo indietro del titolare del Tesoro? Assolutamente no, non credo assolutamente che voglia dimettersi, non ce n’è motivo”. Alla domanda se il fatto di non aver menzionato il responsabile di via XX Settembre nella nota di fiducia siglata da Di Maio e Salvini domenica scorsa sia stato letto come uno ‘sgarbo istituzionale‘, Conte ha risposto che “d’accordo anche con Tria, il negoziato lo conduco io. Questo non significa che chi prepara e lavora ai conti, il ministro dell’Economia, sia stato esautorato – ha continuato – Tria non è stato né deve sentirsi esautorato. Io sono il presidente del Consiglio, ho la responsabilità di esprimere l’indirizzo politico ed economico del governo. Quindi è ovvio che con Juncker l’interlocutore sono io”. Infine un passaggio riguardo all’ipotesi di cessione di asset fondamentali in mano al Tesoro per evitare la procedura d’infrazione della Ue. “I gioielli di famiglia noi ce li teniamo stretti” ha detto Conte, cercando di chiudere una questione che ha creato molteplici polemiche.
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