Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 3 agosto 2019
Bibbiano, confermati i domiciliari per sindaco Andrea Carletti. Polemiche sulla commissione d’inchiesta regionale: presidenza al Pd.
L'avvocato difensore del primo cittadino, Giovanni Tarquini, nei giorni scorsi aveva presentato una corposa memoria difensiva chiedendone la liberazione, sostenendo che il suo assistito si fosse rifatto a leggi regionali e avesse agito sempre nella legalità.
Il Giudice per le indagini preliminari di Reggio Emilia, Luca Ramponi, ha confermato gli arresti domiciliari per Andrea Carletti, sindaco di Bibbiano coinvolto nell’inchiesta Angeli e Demoni sugli affidi illeciti di minori da parte dei servizi sociali della Val d’Enza. La decisione del magistrato arriva dopo che la difesa del primo cittadino aveva chiesto la revoca della misura cautelare.
Carletti, che si è autosospeso dal Partito Democratico, è accusato di abuso d’ufficio e falso ideologico e si trova agli arresti domiciliari dal 27 giugno. Già dopo il lungo interrogatorio di garanzia, per il sindaco erano stati confermati i domiciliari. Il suo avvocato difensore, Giovanni Tarquini, nei giorni scorsi aveva presentato una corposa memoria difensiva chiedendone la liberazione, sostenendo che, per gli incarichi alla Onlus di Torino Hansel e Gretel al centro delle contestazioni, Carletti si fosse rifatto a leggi regionali e avesse agito sempre nella legalità.
Si tratta di uno “stravolgimento della realtà”, ha commentato Tarquini dopo la decisione del gip. “Sono stati del tutto ignorati – ha continuato – gli elementi oggettivi illustrati e documentati in modo esaustivo e articolato nella memoria difensiva a supporto della totale estraneità del mio assistito dai reati contestati e della richiesta di revoca della misura cautelare. C’è in questa vicenda un costante stravolgimento della realtà dei fatti e una palese confusione dei ruoli e delle competenze di amministratori e tecnici”. Secondo il legale “appare evidente un pregiudizio di fondo e una preoccupante mancanza di serenità che si riflette sul percorso dell’accertamento giudiziario e così anche su quest’ultima decisione”.
Intanto, scoppia la polemica politica dopo che venerdì si è insediata la commissione d’inchiesta regionale. Al centro delle proteste che si sono levate dalla destra, il fatto che la presidenza sia stata affidata a Giuseppe Boschini, consigliere del Pd, mentre le due vicepresidenze siano andate a Igor Taruffi di Sinistra Italiana e Raffaella Sensoli del Movimento 5 Stelle. “Il Pd nomina una commissione d’inchiesta in Emilia Romagna sullo scandalo degli affidamenti illeciti di minori assegnandosi la presidenza e dando le due vicepresidenze al M5s e alla Sinistra italiana. Lo stesso Pd che ha i propri esponenti coinvolti nello scandalo e che non voleva si parlasse di Bibbiano. Lo stesso M5S che chiedeva verità, ma a livello locale vanta tra le sue fila un avvocato che ha rinunciato a ogni ruolo istituzionale per difendere una delle principali indagate. Una situazione talmente paradossale che farebbe quasi ridere, se di mezzo non ci fosse il dramma di tante famiglie”, ha scritto su Facebook Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia.
Strage discoteca Corinaldo: presa la banda dello spray al peperoncino, arresti per omicidio.
Fermo immagine del ragazzo che avrenne spruzzato lo spray urticante.
Gruppo criminale di Modena faceva rapine con il prodotto urticante.
Grazie alle rapine compiute con lo spray al peperoncino la banda di giovanissimi che ha provocato la strage nella discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo (Ancona), dove il 7 dicembre scorso morirono cinque giovani e una madre, riusciva a mettersi in tasca circa 15mila euro al mese. E' quanto hanno accertato gli investigatori che stanno ora indagando su tutta un'altra serie di episodi analoghi avvenuti in 60 locali del centronord e anche all'estero: uno dei colpi è infatti stato realizzato a "Chessy, presso il parco divertimenti Disneyland". In tutti e 60 i casi è stata accertata la presenza dei giovani.
Sette gli arresti: in carcere sei ragazzi tra i 19 e i 22 anni, tutti residenti nel Modenese, accusati di omicidio preterintenzionale e lesioni: farebbero parte di una banda dedita alle rapine in discoteca spruzzando spray al peperoncino. Arrestato anche un ricettatore solo per associazione. Quella sera erano tutti alla Lanterna Azzurra. I sei ragazzi arrestati sarebbero responsabili di molteplici furti e "agivano con stabilità". Erano in contatto con il ricettatore, arrestato con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata al furto. Il ricettatore, è stato precisato, veniva contattato anche prima del furto.
"Grazie ai carabinieri e agli inquirenti: avevamo promesso indagini serie e rigorose per prendere i responsabili di quella tragedia e ora c'è un segnale importante. Nessun arresto restituirà le vittime ai propri cari, purtroppo, ma è nostro dovere individuare i colpevoli e punirli come meritano. Speriamo che la Giustizia preveda galera certa per tutti, senza sconti o attenuanti", ha detto il ministro dell'Interno, Matteo Salvini.
La strage di Corinaldo non è l'unico episodio in cui bande di giovani hanno utilizzato spray al peperoncino provocando caos e tragedie. Il 3 giugno 2017 a Torino, in piazza San Carlo, durante la proiezione sul maxi schermo della finalissima di Champions tra la Juventus e il Real Madrid, i componenti di un altro gruppo di giovanissimi - anche in questo caso definito 'banda dello spray' - sparsero del liquido tra la folla provocando caos e un fuggifuggi disperato di migliaia di persone. Nella calca, rimasero ferite oltre 1.500 persone e due morirono in seguito.
venerdì 2 agosto 2019
Ponte Morandi, i periti del tribunale: “Grado elevato di corrosione” e “manutenzione inefficace”. Fili consumati “fra il 50 e il 100%”.
Secondo i tecnici nominati dal gip, gli ultimi interventi di manutenzione ritenuti efficaci risalgono a 25 anni fa. I trefoli all'interno dei tiranti si erano consumati del tutto e la corrosione è stata dovuta soprattutto a "fenomeni di umidità". Per gli esperti, vi sono stati anche "difetti di esecuzione" rispetto al progetto originario". Si tratta della prima relazione tecnica non di parte agli atti dei giudici della Procura di Genova. Autostrade replica: "I problemi rilevati non c'entrano con la capacità portante del ponte"
I fili d’acciaio presenti dentro i tiranti della pila 9 del ponte Morandi aveva un “grado elevato di corrosione“. Si erano consumati dal 50 al 100%. Spariti, in pratica. E la manutenzione “gli unici interventi efficaci risalgono a 25 anni fa”. Ciò che finora era sempre stato in parte asserito da relazioni di parte e ministeriali, stavolta è stato certificato dai tre periti nominati dal gip nella relazione del primo incidenteprobatorio, agli atti dell’inchiesta che sta conducendo la Procura di Genova sul crollo del ponte il 14 agosto 2018. E pensare che in un’intervista a Repubblica nel maggio 2019 Luciano Benetton aveva parlato di “una disgrazia imprevedibile e inevitabile”. Parole che intendevano in qualche modo sollevare la società Autostrade e che oggi sembrano in contrasto con la relazione dei periti.
Il fascicolo vede indagate 71 persone, insieme alle due società Autostrade e Spea. I reati, a vario titolo, sono di omicidio colposo, omicidio stradale colposo, disastro colposo, attentato alla sicurezza dei trasporti e falso.Nella relazione consegnata alla giudice Angela Nutini, si parla chiaramente di “difetti esecutivi” rispetto al progetto originario e di “degrado e corrosione” di diverse parti, dovute alla “mancanza di interventi di manutenzione significativi”. Secondo i periti, nelle parti esaminate “non si evidenziano interventi atti a interrompere i fenomeni di degrado”. Anzi, “gli unici ritenuti efficaci risalgono a 25 anni fa” si legge. In particolare per quanto riguarda il reperto 132 (l’ancoraggio dei tiranti sulle sommità delle antenne del lato Sud) – considerata dalla procura di Genova la prova “regina”perché è il punto che si sarebbe staccato per primo – è stato individuato nei trefoli “uno stato corrosivo di tipo generalizzato di lungo periodo, dovuto alla presenza di umidità di acqua e contemporanea presenza di elementi aggressivi come solfuri, derivanti dello zolfo, e cloruri”.
Ma non è solo l’assenza di manutenzione ad essere sotto esame. A peggiorare lo stato della struttura ci sarebbero anche difetti di esecuzione. “Alcune guaine – scrivono gli ingegneri – non sono iniettate del tutto o lo sono parzialmente e i trefoli possono essere estratti manualmente per questo motivo”. Dove sono emersi difetti di esecuzione, “i cavi secondari sono spesso liberi di scorrere: alcuni trefoli non sono stati trovati dentro le guaine. In generale i cavi secondari nelle guaine presentano fenomeni di ossidazione e, in alcuni casi, con riduzione di sezione, i quali hanno effetti diretti sulla sicurezza strutturale” dice la relazione. Gli esperti hanno valutato anche parti non crollate trovando “reti metalliche elettrosaldate” per contenere il distacco di calcestruzzo dalle stampelle e selle Gerber il cui “stato di conservazione è caratterizzato da un livello generalizzato esteso e grave di degrado“.
La società Autostrade, in serata, ha voluto precisare che, a suo giudizio “la relazione dei periti del gip non evidenzia situazioni di degrado che possano in alcun modo essere messe in relazione con una diminuzione della capacità portante del ponte”. Non solo. “L’analisi delle parti crollate ancora presenti al momento dell’inizio dell’incidente probatorio e delle parti non crollate ha messo in evidenza alcuni difetti solo localizzati, peraltro compatibili con l’epoca di costruzione”. Tali difetti “non sono in alcun modo connessi alla funzionalità dell’opera, erano già stati rilevati dai programmi di sorveglianza e in parte già oggetto di interventi di ripristino strutturale”.
Leggi anche:
Il Codice Papeete di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 2 Agosto:
Chissà chi è il giureconsulto che, sul bagnasciuga del Papeete Beach, equivalente leghista delle Frattocchie comuniste, sta erudendo il pupo Matteo sui temi della giustizia. Probabilmente il bagnino, il gelataio, o il ragazzo del cocco.
L’altroieri in una diretta Facebook e ieri nella conferenza stampa sull’arenile, l’abbiamo trovato non solo nervosetto, ma anche più ciuccio del solito. Blaterava di una “riforma epocale”, con “tanti avvocati e tanti magistrati” che fanno le indagini e i processi pret à porter, alla svelta. Concetti che parrebbero un po’ rozzi anche al barista del Papeete, il quale – ne siamo certi – domanderebbe a quello che non sembra ma resta comunque il vicepremier e il ministro dell’Interno: “Scusa, caro, ma tu come faresti?”. E lui difficilmente saprebbe rispondere, a meno che non pensi davvero che per ridurre i tempi dei processi basti scrivere in una legge che devono durare di meno. Su questa strada, quantomai impervia, s’era avventurato anche il Guardasigilli Bonafede, prevedendo una durata massima – in varie fasi scadenzate – di 9 anni. Ma Salvini era saltato su: “Sono troppi, facciamo 4”. Tanto valeva scrivere “un giorno”, o “un’ora”, o “un minuto”. Tanto è gratis. Il guaio è che non serve a niente, altrimenti per evitare i ritardi di treni e aerei basterebbe una bella legge che li obbligasse ad arrivare in orario.
Alla fine s’era trovato l’accordo su 6 anni.
Bonafede, che diversamente da Salvini ci capisce, non pensa certo che la scadenza per legge risolva tutto. Infatti ha previsto interventi su alcuni colli di bottiglia che inceppano il processo: filtri alle impugnazioni; notifiche via e-mail agli avvocati al posto di quelle brevi manu agli imputati (che non si fanno trovare apposta); e 10 mila assunzioni in tre anni, fra magistrati e personale ausiliario, per riempire un po’ di vuoti in organico.
La durata prefissata per i procedimenti serve a costringere i magistrati che ritardano sul termine a giustificarsi dinanzi al Csm: se poltriscono, è una “negligenza inescusabile” che comporta la sanzione disciplinare; se invece hanno troppo lavoro per smaltirlo tutto nei tempi previsti, sono scusati. In ogni caso, il procedimento disciplinare non fa piacere a nessuno, perché basta aprirlo per bloccare la carriera al togato. Dunque è un deterrente contro i lavativi: peraltro non molti, visto che nelle classifiche Ocse i magistrati italiani risultano molto meno numerosi e molto più produttivi dei loro colleghi. L’altra sera in Cdm la ministra Bongiorno - che dovrebbe occuparsi di PA e invece fa il Guardasigilli ombra – ha accusato Bonafede di eccessiva prudenza.
Al che il vero ministro le ha domandato: “Tu che vorresti, di preciso?”. E quella: “Non so, qualcosa di forte”. Un brandy? Un whiskino? In sei mesi la Lega non ha prodotto uno straccio di emendamento al testo Bonafede.
La verità è che la decisione di mettersi di traverso sulla giustizia l’aveva presa Salvini mentre faceva scendere il suo Trota dall’acquascooter della Polizia: così, tanto per rompere un po’ i coglioni al governo e far sparire le gesta di Savoini, Siri, Arata, Fontana e dei suoi agenti ad personam e ad familiam dalle prime pagine dei giornali.
Ma anche l’ennesimo no che diventa sì allo sbarco dei migranti dalla nave Gregoretti. Poi, già che c’era, ha tirato fuori uno slogan che doveva aver sentito da qualche parte in un’altra vita: una roba tipo “separazione della carriere”, o “delle barriere”, o “delle corriere”, o forse “del Corriere”, o magari “delle miniere”, non ricordava bene.
E l’ha buttata lì, anche perchè pensava di fare un dispetto ai magistrati che danno noia a tanti amici e compari suoi. Non sa che le carriere di pm e giudici sono già di fatto separate dal famigerato Ordinamento giudiziario Mastella-Castelli. E che separarle anche de jure non cambierebbe la vita di nessun magistrato (mentre cambierebbe, e in peggio, quella di noi cittadini). Oltre a essere escluso dal Contratto di governo.
Non sapendo più a cosa attaccarsi, Salvini&C. si sono ricordati che gli amici e compari imputati hanno il terrore delle intercettazioni: perché potrebbero subirle, o le hanno già subìte, e poi i giornali le pubblicano e la gente scopre quanto sono ladri o collusi. E allora han tirato fuori pure quelle.
Poi qualcuno, pazientemente, ha aperto il Contratto di governo, firmato anche da loro: “In materia di intercettazioni è opportuno intervenire per potenziarne l’utilizzo, soprattutto per i reati di corruzione”. E una delle prime leggi di questo governo, votata anche da loro: quella che cancella la norma Orlando che imbavagliava la stampa vietando di pubblicarle.
Ci avevano provato in tanti: per esempio, nel 2011, B. e l’apposito Alfano, che trovarono sulla propria strada una battagliera deputata finiana: tale Giulia Bongiorno. Che si dimise financo dalla commissione Giustizia: “Non sarò la relatrice di questo obbrobrio”, tuonò come un’ossessa contro quello che B. aveva trasformato in un “black out per l’informazione”. Ora ha cambiato idea, anzi padrone (da Fini a Salvini):
“Occorre evitare la pubblicazioni dei verbali nelle fasi precoci del procedimento”, dice come un B. qualunque, invocando sanzioni ai cronisti che pubblicano “intercettazioni gossip” (decide lei quali).
Ciò che nessuno osa dire è che la Lega, ma pure FI e Pd, sono terrorizzati dalla Spazzacorrotti, che per i reati commessi dal 1° gennaio 2020 blocca la prescrizione alla sentenza di primo grado. Gli scandali finora noti non c’entrano: lì vale la vecchia prescrizione extralarge. Ma i partiti si portano avanti: stanno già programmando i piani quinquennali delle mazzette 2020-2025. Dal Tav in poi. I ladri presenti e passati sono in una botte di ferro. Ora bisogna mettere in sicurezza quelli futuri.
https://www.facebook.com/TutticonMarcoTravaglioForever/photos/a.438282739515247/2675297562480409/?type=3&theater
L’altroieri in una diretta Facebook e ieri nella conferenza stampa sull’arenile, l’abbiamo trovato non solo nervosetto, ma anche più ciuccio del solito. Blaterava di una “riforma epocale”, con “tanti avvocati e tanti magistrati” che fanno le indagini e i processi pret à porter, alla svelta. Concetti che parrebbero un po’ rozzi anche al barista del Papeete, il quale – ne siamo certi – domanderebbe a quello che non sembra ma resta comunque il vicepremier e il ministro dell’Interno: “Scusa, caro, ma tu come faresti?”. E lui difficilmente saprebbe rispondere, a meno che non pensi davvero che per ridurre i tempi dei processi basti scrivere in una legge che devono durare di meno. Su questa strada, quantomai impervia, s’era avventurato anche il Guardasigilli Bonafede, prevedendo una durata massima – in varie fasi scadenzate – di 9 anni. Ma Salvini era saltato su: “Sono troppi, facciamo 4”. Tanto valeva scrivere “un giorno”, o “un’ora”, o “un minuto”. Tanto è gratis. Il guaio è che non serve a niente, altrimenti per evitare i ritardi di treni e aerei basterebbe una bella legge che li obbligasse ad arrivare in orario.
Alla fine s’era trovato l’accordo su 6 anni.
Bonafede, che diversamente da Salvini ci capisce, non pensa certo che la scadenza per legge risolva tutto. Infatti ha previsto interventi su alcuni colli di bottiglia che inceppano il processo: filtri alle impugnazioni; notifiche via e-mail agli avvocati al posto di quelle brevi manu agli imputati (che non si fanno trovare apposta); e 10 mila assunzioni in tre anni, fra magistrati e personale ausiliario, per riempire un po’ di vuoti in organico.
La durata prefissata per i procedimenti serve a costringere i magistrati che ritardano sul termine a giustificarsi dinanzi al Csm: se poltriscono, è una “negligenza inescusabile” che comporta la sanzione disciplinare; se invece hanno troppo lavoro per smaltirlo tutto nei tempi previsti, sono scusati. In ogni caso, il procedimento disciplinare non fa piacere a nessuno, perché basta aprirlo per bloccare la carriera al togato. Dunque è un deterrente contro i lavativi: peraltro non molti, visto che nelle classifiche Ocse i magistrati italiani risultano molto meno numerosi e molto più produttivi dei loro colleghi. L’altra sera in Cdm la ministra Bongiorno - che dovrebbe occuparsi di PA e invece fa il Guardasigilli ombra – ha accusato Bonafede di eccessiva prudenza.
Al che il vero ministro le ha domandato: “Tu che vorresti, di preciso?”. E quella: “Non so, qualcosa di forte”. Un brandy? Un whiskino? In sei mesi la Lega non ha prodotto uno straccio di emendamento al testo Bonafede.
La verità è che la decisione di mettersi di traverso sulla giustizia l’aveva presa Salvini mentre faceva scendere il suo Trota dall’acquascooter della Polizia: così, tanto per rompere un po’ i coglioni al governo e far sparire le gesta di Savoini, Siri, Arata, Fontana e dei suoi agenti ad personam e ad familiam dalle prime pagine dei giornali.
Ma anche l’ennesimo no che diventa sì allo sbarco dei migranti dalla nave Gregoretti. Poi, già che c’era, ha tirato fuori uno slogan che doveva aver sentito da qualche parte in un’altra vita: una roba tipo “separazione della carriere”, o “delle barriere”, o “delle corriere”, o forse “del Corriere”, o magari “delle miniere”, non ricordava bene.
E l’ha buttata lì, anche perchè pensava di fare un dispetto ai magistrati che danno noia a tanti amici e compari suoi. Non sa che le carriere di pm e giudici sono già di fatto separate dal famigerato Ordinamento giudiziario Mastella-Castelli. E che separarle anche de jure non cambierebbe la vita di nessun magistrato (mentre cambierebbe, e in peggio, quella di noi cittadini). Oltre a essere escluso dal Contratto di governo.
Non sapendo più a cosa attaccarsi, Salvini&C. si sono ricordati che gli amici e compari imputati hanno il terrore delle intercettazioni: perché potrebbero subirle, o le hanno già subìte, e poi i giornali le pubblicano e la gente scopre quanto sono ladri o collusi. E allora han tirato fuori pure quelle.
Poi qualcuno, pazientemente, ha aperto il Contratto di governo, firmato anche da loro: “In materia di intercettazioni è opportuno intervenire per potenziarne l’utilizzo, soprattutto per i reati di corruzione”. E una delle prime leggi di questo governo, votata anche da loro: quella che cancella la norma Orlando che imbavagliava la stampa vietando di pubblicarle.
Ci avevano provato in tanti: per esempio, nel 2011, B. e l’apposito Alfano, che trovarono sulla propria strada una battagliera deputata finiana: tale Giulia Bongiorno. Che si dimise financo dalla commissione Giustizia: “Non sarò la relatrice di questo obbrobrio”, tuonò come un’ossessa contro quello che B. aveva trasformato in un “black out per l’informazione”. Ora ha cambiato idea, anzi padrone (da Fini a Salvini):
“Occorre evitare la pubblicazioni dei verbali nelle fasi precoci del procedimento”, dice come un B. qualunque, invocando sanzioni ai cronisti che pubblicano “intercettazioni gossip” (decide lei quali).
Ciò che nessuno osa dire è che la Lega, ma pure FI e Pd, sono terrorizzati dalla Spazzacorrotti, che per i reati commessi dal 1° gennaio 2020 blocca la prescrizione alla sentenza di primo grado. Gli scandali finora noti non c’entrano: lì vale la vecchia prescrizione extralarge. Ma i partiti si portano avanti: stanno già programmando i piani quinquennali delle mazzette 2020-2025. Dal Tav in poi. I ladri presenti e passati sono in una botte di ferro. Ora bisogna mettere in sicurezza quelli futuri.
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giovedì 1 agosto 2019
La misteriosa nave naufragata 500 anni fa: ripresa per la prima volta negli abissi. - Francesco Milo Cordeschi
Ha atteso circa cinquecento anni prima di venire allo scoperto. Denominata "Okänt Skepp", o "Nave sconosciuta", dall'equipe di ricerca che ha guidato l'indagine archeologica, l'imbarcazione risalirebbe alla fine del XV e l'inizio del XVI secolo. Grazie al contributo degli studenti di dottorato dell'Università di Southmpton e del Royal Institute of Technology di Stoccolma, sono state consegnate le esclusive immagini del relitto. Qualcosa di "incredibile" ha commentato Rodrigo Pacheco-Ruiz, archeologo marittimo a guida del team MMT: "Siamo al settimo cielo". Secondo gli esperti l'imbarcazione sarebbe precedente alla storica "Swedish warship Mars", la più grande nave da guerra dell'epoca, oltre che alla Guerra del nord dei sette anni (1563-1570), la battaglia che coinvolse le navi più imponenti della Scandinavia moderna. Ad oggi la "Okänt Skepp" è il relitto nel miglior stato di conservazione del tempo. "Crediamo sia il naufragio più antico del Baltico" - precisa Pacheco-Ruiz - "cambierà per sempre le nostre conoscenze".
"Preoccupato per mio figlio, ragazzo generoso e gentile. Mi hanno assicurato che non ha subito maltrattamenti".
Il padre del ragazzo che ha ucciso il vicebrigadiere ha espresso vicinanza alla famiglia di Mario Cerciello Rega.
E'arrivato in Italia Ethan Elder, il padre di Finnegan Elder, ragazzo che ha confessato di aver ucciso, con 11 coltellate, il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. Il 61 enne verso le 15 di ieri ha avuto un colloquio con gli avvocati Roberto Capra e Renato Borzone, della durata di circa 5 ore, in un hotel a cinque stelle di Monte Mario. La prima domanda che ha rivolto loro è stata: “Avvocato, come sta mio figlio?”. Lo riporta il Messaggero.
Durante il colloquio ha tempestato di domande i due avvocati, sulla successione degli eventi che hanno portato alla morte di Rega, sul sistema giudiziario italiano e sulla salute del figlio:
“Mia moglie e io dopo avere visto le foto di Hjorth bendato e di Finn nella camera d’albergo, abbiamo temuto per la sorte di nostro figlio. Ma siamo stati rassicurati sul fatto che non ha subito alcun maltrattamento”
Ethan è atterrato ieri alle 11.40 all’aeroporto di Fiumicino con la voglia di incontrare subito Finnegan, ma il tempo di arrivare in albergo e farsi una doccia e l’incontro è dovuto slittare a oggi:
Per oggi è stato organizzato un incontro con Finnegan, mentre nelle prossime ore arriverà anche Leah, la moglie, la madre del ragazzo. “Voglio capire le procedure per incontrarlo”, ripete Ethan. Troppo tardi, ieri. Il portone del carcere aveva già chiuso ai familiari alle 12.45. Ethan ieri è apparso tranquillo. Cinque anni fa faceva volontariato nelle carceri in California e insegnava la meditazione per restare calmi. Raccontava: “Sono cresciuto in povertà, ho avuto fortuna più tardi nella vita. Ai miei figli ho insegnato l’importanza di condividere e dare. Entrambi sono divenuti due giovani adulti generosi e gentili”
Ha rinnovato la sua vicinanza alla famiglia di Mario Cerciello Rega, ma la salute del figlio preoccupa molto il 61 enne:
“Sono molto preoccupato per lo stato di salute di mio figlio e spero che sia assistito da un medico. Ci è stato detto che non è stato maltrattato”. L’avvocato Capra al mattino ha parlato con Finnegan, lo ha trovato spaesato e indebolito, “molto provato”. “Stiamo parlando di un ragazzo del 2000”. Negli Usa, a 16 anni, era stato arrestato per l’aggressione di un coetaneo, ma secondo l’avvocato “non ha precedenti penali”: non ci sarebbero condanne definitive
https://www.huffingtonpost.it/entry/e-sbarcato-in-italia-il-padre-di-finnegan-elder-avvocato-come-sta-mio-figlio_it_5d429881e4b0aca34118b5c4?utm_hp_ref=it-homepage&fbclid=IwAR3X_I8QXrbFDBmLua0-YqIIhDO3aXr1JPnT5kicWIvEzxrlYv9YmCWO56s
Infatti, ha inferto 11 coltellate gentili e generose.
Questo povero ragazzo, è il frutto del disinteresse con il quale è stato cresciuto. Ha imparato, crescendo, che può fare ed avere tutto ciò che più gli aggrada con estrema leggerezza, tanto, con i soldi di papà, si aggiusta tutto.
Il suo interagire da sconsiderato, la sua rabbia, denotano gravi mancanze di attenzione da parte di chi avrebbe dovuto seguirlo, amarlo, aiutarlo.
Lui è solo il risultato di una società anomala.
Abbiamo bisogno di invertire la rotta e di cominciare a dare maggiore importanza a ciò che merita più attenzione.
Il suo interagire da sconsiderato, la sua rabbia, denotano gravi mancanze di attenzione da parte di chi avrebbe dovuto seguirlo, amarlo, aiutarlo.
Lui è solo il risultato di una società anomala.
Abbiamo bisogno di invertire la rotta e di cominciare a dare maggiore importanza a ciò che merita più attenzione.
c.
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