Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 18 agosto 2019
Salvini s’è pentito e propone premier Di Maio. Che dice no. - Tommaso Rodano
Capitan mojito – D’incanto il Carroccio non è più tanto sicuro di volere la crisi: “Sfiducia a Conte? Non è detto” M5S gioca d’attesa: “Vediamo che succede in Parlamento…”
Dalla crisi di Ferragosto alla farsa di Ferragosto il passo è clamorosamente breve. In due giorni Matteo Salvini si è rimangiato quasi tutto. La retromarcia salviniana è iniziata all’improvviso durante la conferenza stampa di giovedì a Castel Volturno: l’esecutivo è davvero finito? Boh. E di conseguenza, che fa la Lega martedì, vota la sfiducia a Conte oppure no? Chissà. Ieri, poi, sui giornali online sono circolati i dettagli di una presunta, clamorosa offerta della Lega ai Cinque Stelle: facciamo fuori Conte e ripartiamo insieme, magari (addirittura) con Di Maio premier. Ipotesi immediatamente respinta. Insomma, si direbbe che il caldo abbia fatto evaporare di colpo l’indiscusso genio strategico di capitan Mojito (copyright di Piero De Luca). Ma andiamo con ordine.
LO SCENARIO.
E ora cosa faranno i senatori della Lega? Non lo sanno nemmeno loro
La retromarcia/primo giorno. Con la stessa rapidità con cui aveva gettato in mare un anno di governo gialloverde, Salvini è tornato sui suoi passi – barcollando – proprio a Ferragosto. Dopo un vivace scambio epistolare con Conte sulla questione Open Arms, il capo della Lega ha riaperto le porte al Movimento Cinque Stelle. Così, all’improvviso, come se nulla fosse: “Il mio telefono è sempre aperto e acceso, se qualcuno vuole dialogare io sono qua, sono la persona più paziente del mondo”. E poi: “È una bugia che io abbia mai detto al presidente Conte di voler capitalizzare il consenso”. E ancora: “È davvero finita? Vedremo. Sono orgogliosamente ministro dell’Interno e spero di esserlo ancora a lungo”. In serata, parole ancora più esplicite su Twitter: “Sventeremo con ogni mezzo possibile un nuovo sciagurato patto della mangiatoia e dell’invasione. Farò tutto quello che è umanamente e democraticamente possibile perché Renzi e la Boschi non governino più”.
La retromarcia/primo giorno. Con la stessa rapidità con cui aveva gettato in mare un anno di governo gialloverde, Salvini è tornato sui suoi passi – barcollando – proprio a Ferragosto. Dopo un vivace scambio epistolare con Conte sulla questione Open Arms, il capo della Lega ha riaperto le porte al Movimento Cinque Stelle. Così, all’improvviso, come se nulla fosse: “Il mio telefono è sempre aperto e acceso, se qualcuno vuole dialogare io sono qua, sono la persona più paziente del mondo”. E poi: “È una bugia che io abbia mai detto al presidente Conte di voler capitalizzare il consenso”. E ancora: “È davvero finita? Vedremo. Sono orgogliosamente ministro dell’Interno e spero di esserlo ancora a lungo”. In serata, parole ancora più esplicite su Twitter: “Sventeremo con ogni mezzo possibile un nuovo sciagurato patto della mangiatoia e dell’invasione. Farò tutto quello che è umanamente e democraticamente possibile perché Renzi e la Boschi non governino più”.
Il “Capitano” che camminava sulle acque dei sondaggi e volava sulle ali del voto europeo, per la prima volta sta sbandando sul serio. Possibile che pensasse di aprire la crisi e filare dritto al voto senza intoppi? Possibile non avesse previsto questo scenario?
Il clima intorno a lui è abbastanza chiaro: il suo numero due Giancarlo Giorgetti continua a ripetere in giro – in particolare a beneficio dei ricchi retroscena politici del Corriere della Sera – che Matteo si è sbagliato a fare la crisi adesso, che lui glielo aveva detto… Persino Gian Marco Centinaio, ministro leghista a lungo tra i più intransigenti sostenitori della fine dell’alleanza, tradisce chiari segnali di confusione: “A Salvini consiglierei di aspettare il 20 agosto e sentire che cosa ha da dire il presidente Conte alla Lega, il premier avrà da dire qualche cosa…”
La retromarcia/secondo giorno. La mattinata di Salvini si apre con un altro cinguettio dedicato agli “amici” 5Stelle: “A differenza del Pd, noi abbiamo già votato e voteremo ancora per il taglio dei parlamentari. Bene il risparmio di mezzo miliardo di euro per gli Italiani”.
La riapertura della Lega al governo gialloverde è oramai un fatto conclamato. La linea è quella riassunta dal sottosegretario Claudio Durigon dalla sua (breve) vacanza a Ponza: “Vediamo cosa succede nei prossimi giorni. Abbiamo fatto ottime cose insieme ai Cinque Stelle per 11 mesi, non va dimenticato. L’ultimo mese invece è stato un attacco continuo. Se si ritrovasse lo spirito di prima…”.
Nel pomeriggio su Repubblica compare un retroscena piuttosto clamoroso: “Prove di pace Lega-M5s, ipotesi Di Maio a Palazzo Chigi”. Sempre sul gruppo Gedi, una fonte leghista “di primissima linea” confessa all’Huffington Post che “il vero problema è Conte”. In sostanza il nuovo sodalizio gialloverde, secondo queste ricostruzioni, potrebbe partire facendo fuori l’attuale premier (risarcendolo con una poltrona europea, che peraltro a lui nemmeno dispiacerebbe) e con una squadra di governo rinnovata (e un presidente del Consiglio non necessariamente del Carroccio).
Il Movimento Cinque Stelle questa proposta non la considera nemmeno. Fonti grilline ritengono sia stato Giorgetti in persona a “suggerirla” ai giornalisti: sarebbe solo un tentativo imbarazzante per mettere una pezza al salto del vuoto di Salvini. La risposta pubblica di Di Maio è sdegnosa: “Su giornali leggo solo fake news su incarichi e strategie. Non c’è stato nemmeno un contatto. Aspettiamo il 20 agosto in aula, chi sfiducerà Conte lo farà per evitare che si voti il taglio dei parlamentari (calendarizzato due giorni dopo alla Camera, ndr)”. Traduzione: il destino di questa crisi si delinea martedì al Senato; se Salvini è “pentito”, si vedrà sul campo.
E ora che succede? Che faranno il 20 agosto i senatori leghisti? Non si sa. Anzi: non lo sanno nemmeno loro. Il capogruppo Massimiliano Romeo sceglie il no comment: “Non ho notizie al riguardo”. Soldati semplici del Carroccio al Senato sono ancora più sperduti: ora come ora la strategia non la conosce forse neanche Salvini. Tale è l’ottimismo negli ambienti grillini, che in serata circola questo pronostico: alla fine dalla Lega arriverà addirittura un clamoroso voto a favore di Conte.
Di certo la crisi (o la farsa) di Ferragosto ha prodotto un paradosso. I Cinque Stelle, agonizzanti fino all’altroieri, sono tornati al centro del tavolo: possono trattare da un lato con la Lega e dall’altro con il Pd. È il risultato dell’errore di Salvini e della spregiudicatezza di Renzi. Per citare una fonte del Movimento, ora può accadere di tutto: “C’è il 33% delle probabilità per ognuna delle tre ipotesi”. Voto subito, nuovo governo giallorosso oppure governo gialloverde “bis”.
venerdì 16 agosto 2019
Giustizia, Bonafede: “Tempi brevi e riforma prescrizione. Questo interessa ai cittadini”.
La crisi di governo voluta da Salvini ha fatto saltare il banco anche sulla riforma che il ministro M5s aveva elaborato. Ora è lui stesso a sottolineare le priorità e i rischi: "La riforma della prescrizione è già un traguardo di giustizia e civiltà rispetto al quale non si può e non si deve tornare indietro".
Il Guardasigilli Alfonso Bonafede mette sul piatto anche i rischi sul fronte giustizia. La crisi di governo voluta da Matteo Salvini ha fatto saltare il banco anche sulla riforma che il ministro M5s aveva elaborato: anzi, è stato l’ultimo scontro consumato tra M5s e Lega prima della rottura. “Tempi brevi della giustizia ed eliminazione delle isole di impunità” che la prescrizione può creare: “È questo quello che interessa ai cittadini ed è su questi obiettivi che lo Stato deve continuare a lavorare senza un attimo di sosta”, scrive Bonafede in un post su Facebook.
La sua riforma, bloccata dal Carroccio, prevede di accorciare i tempi dei processi, con un limite massimo fissato a 6 anni. Ora quel progetto è finito nel cestino. Resta solamente l’entrata in vigore a gennaio 2020 della riforma della prescrizione che però un nuovo governo contrario potrebbe facilmente bloccare per decreto. Per questo il Guardasigilli avverte: “I cittadini hanno diritto alla verità e alla giustizia e non accettano che la tagliola della prescrizione possa creare isole di impunità”. La riforma della prescrizione “chiaramente si applicherà ai fatti commessi successivamente ma è già un traguardo di giustizia e civiltà rispetto al quale non si può e non si deve tornare indietro“.
Salvini e la Lega hanno a lungo osteggiato il testo di riforma della giustizia chiedendo separazione delle carriere e il bavaglio alle intercettazioni. Ma lo stesso Bonafede aveva accusato il Carroccio di voler fermare tutto proprio perché “il vero nodo” era la prescrizione. Nel suo post su Facebook di oggi, il ministro ricorda quindi le parole di Egle Possetti, presidente del comitato dei familiari delle vittime del ponte Morandi: “Ha chiesto pubblicamente alle autorità che hanno partecipato alle cerimonia ‘di modificare le norme affinché i processi siano brevi e le famiglie possano trovare pace‘. Poi ha anche parlato della prescrizione dicendo che ‘crediamo che nessun reato grave come questo possa essere prescritto‘”.
Pedemontana Veneta, il pasticcio del casello fantasma di Montecchio. In programma da 20 anni ma lavori ancora da assegnare. - Giuseppe Pietrobelli
E' una palla al piede per la più importante opera cantierata in corso di realizzazione in Italia. Di recente il Cipe ha autorizzato Brescia-Padova a realizzare il progetto, pagato però da Rfi. Ma servono ancora il via libera della Corte dei conti, poi la firma della convenzione, quindi la consegna dei lavori da parte del ministero delle Infrastrutture.
Il pasticcio di un casello fantasma, programmato vent’anni fa, i cui lavori di realizzazione non sono ancora stati assegnati. Una palla al piede per la più importante opera cantierata in corso di realizzazione in Italia, ovvero la superstrada a pagamento Pedemontana Veneta, che dovrebbe collegare la A4, all’altezza di Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza, con la A27 all’altezza di Spresiano, in provincia di Treviso. Il condizionale è quantomai d’obbligo perché quel casello costituisce una delle porte d’ingresso dell’arteria lunga 95 chilometri, visto che raccoglie il flusso di veicoli da e verso Milano. Il problema è che quell’accesso non c’è, i lavori non sono ancora stati assegnati, ben che vada arriverà con grande ritardo. E’ il protagonista di un racconto dell’assurdo in cui nessuno sembra disposto ad assumersi le responsabilità in una superstrada già martoriata e che già nascerà monca per il sequestro della galleria di Malo, quella con la volta di burro che ha già ucciso un operaio, al centro di un’inchiesta per frode nei materiali utilizzati.
E’ dalla fine degli anni Novanta che è in programma il nuovo casello di Montecchio Maggiore, con il collegamento alla futura Pedemontana (allora solo un sogno). Viene inserito nel piano finanziario della Brescia-Padova e arriva al progetto esecutivo nel 2009. I lavori sono affidati in house a Serenissima Costruzioni, società del gruppo. L’esecuzione comincia nel 2012, ma nel 2014 (governo Renzi, ministro ai trasporti Maurizio Lupi) si interrompe perché entra in vigore il decreto legge 133/14 che impone il tetto del 40 per cento ai lavori in modalità in house. La società deve risolvere il contratto e il casello rimane un cantiere aperto. Così serve un nuovo progetto (a prezzi aggiornati) e approvazione del ministero dei Trasporti. Il che avviene nel giugno 2018.
E la Pedemontana? L’approvazione del progetto preliminare da parte del Cipe risale al 2006. Ma in esso c’è traccia solo dei collegamenti con la A27 (a Spresiano) e con la A31 Valdastico (a Thiene Schio). Non con la A4, perché l’opera “era già programmata e finanziata”, ricorda ora la Regione Veneto. Troppo ottimismo. Infatti, il casello si è bloccato nel 2015, mentre nel 2017 sono cominciati i lavori della Pedemontana. Ma quello snodo essenziale è entrato in una partita più grande e complicata. Il 22 dicembre 2017 il Cipe approva il progetto definitivo della tratta Verona-bivio di Vicenza dell’alta velocità. Ma siccome linea ferroviaria e autostrada interferiscono, ecco una nuova complicazione per il casello. Il Cipe, “in modo da non comportare maggiori oneri per l’Opera Pubblica” impone una prescrizione a Rete Ferroviaria Italiana: “Stipulare, prima dell’avvio dei lavori sia della tratta AV/AC (a cura di Rfi) sia del nuovo svincolo di Montecchio Maggiore (a cura del concessionario autostradale), un’apposita convenzione per regolamentare la realizzazione in contemporanea dei lavori dei manufatti di sottoattraversamento dell’Autostrada A4 nel Comune di Montecchio Maggiore”. I soggetti che devono sottoscrivere sono RFI, Brescia-Padova (ora dei Benetton, all’epoca della spagnola Abertis), Ministero delle Infrastrutture e Irivac Duedei Trasporti (Gruppo Iri).
Il casello è piccola cosa rispetto al resto dell’intervento, ma vitale per la Pedemontana. Per questo la Regione Veneto ha proposto un accordo di programma con il Ministero per far rientrare il casello nelle opere complementari di Pedemontana. Ma l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha dato parere contrario, spiegando che la prescrizione Cipe va soddisfatta. Il casello continua così a restare sulla carta, anche se è stato individuato l’appaltatore in un gruppo che fa riferimento alla vicentina Maltauro. Ma per consegnare i lavori è necessaria la sottoscrizione di una convenzione con Rfi, per soddisfare la prescrizione Cipe. A giugno la Regione ha scritto: “Rfi non è in grado di sottoscrivere alcun atto, considerate le molte incertezze sulla possibilità di realizzazione della loro infrastruttura”. E spiegato che senza casello sarà il caos: “Per poter passare da A4 alla nuova infrastruttura, si dovrebbe utilizzare la viabilità ordinaria”. Allarme rosso. Tre settimane fa il governatore Luca Zaia ha ammesso in consiglio regionale: “La conclusione dei lavori di Pedemontana e del nuovo casello con attacco ad A4 risultano sfasati di 2/3 anni”.
Un’alternativa è poi maturata al Cipe una decina di giorni fa, con una nuova deliberazione che autorizza Brescia-Padova a realizzare i lavori, pagati però da Rfi. Problema risolto? Non ancora perché ci vuole il via libera della Corte dei conti (almeno due mesi), poi la firma della convenzione, quindi la consegna dei lavori da parte del ministero delle Infrastrutture… Una storia infinita.
giovedì 15 agosto 2019
Salvini sotto il ponte. - Tommaso Merlo
Quando Salvini ha fatto saltare il governo, le azioni dei Benetton sono schizzate in cielo, come il loro umore. Con Salvini premier nessuno li toccherà. Le concessioni rimarranno saldamente in famiglia e finita la cagnara giudiziaria nessuno risponderà dei 43 poveracci morti sotto tonnellate di cemento armato. Del resto in Italia ha sempre funzionato così. In Italia i delinquenti in doppiopetto l’hanno sempre fatta franca. Sempre. Quei barbari giustizialisti del Movimento 5 Stelle che si erano messi in testa di cambiare le cose e si erano illusi che il crollo del Ponte Morandi fosse una grande occasione per aprire una nuova era di trasparenza e legalità. Un’era in cui lo stato la smettesse di fare lo straccione al servizio dei potentati ed invece di limitarsi a singhiozzare in qualche commemorazione, pretendesse il bene comune e perfino giustizia. Peccato che per Salvini “cambiamento” era solo una parola trendy con cui riempirsi la bocca in qualche comizio. Per un anno la Lega si è messa di traverso sulla revoca delle concessioni ai Benetton ed ha pure preso di mira quel rompicoglioni di Toninelli. Un ministro che ha osato far rispettare le regole senza nessun timore reverenziale. Un ministro che non ha esitato a schierarsi dalla parte dei cittadini aprendo gli armadi impolverati. Guai. In Italia la politica produce oceani di chiacchiere, ma quello che conta davvero per Lorsignori avviene tutto in assoluto silenzio. E per Lorsignori contano gli appalti, contano i miliardi di soldi dei contribuenti, contano le mangiatoie. Chi si mette di mezzo rischia di brutto. Come Toninelli, come tutto il Movimento. Il vecchio regime si è sempre retto sul cemento armato. Da una parte le lobby avide di danaro, dall’altra la politica avida di voti e di potere. I cittadini al casello a pagare o sotto le macerie. La Lega dopo il 4 marzo diceva di concordare con quei barbari giustizialisti del Movimento e di voler trasformare l’Italia in un paese civile dove chi sbaglia paga e dove le lobby non si arricchiscono alle spalle dei poveri cristi. Diceva di credere nel cambiamento. Poi piano piano si è rimangiata tutto. Tutta colpa dei conti della serva. Il vecchio regime orfano dei vecchi partiti aveva bisogno di un nuovo punto di riferimento e chi meglio della Lega, chi meglio del partito più vecchio sulla piazza e con un curriculum penale di tutto rispetto. Ed è così che asciugate le lacrime e assopito il baccano, alla fine la Lega si è addomesticata di nuovo e tra popolo e lobby si è schierata dalla parte delle lobby. Si è schierata dalla parte dei Benetton, dalla parte della TAV e di tutte le mangiatoie con cui potentati senza scrupoli si sono sempre arricchiti sulla pelle dei poveri cristi devastando il territorio. Torrenti di soldi in nome di una modernità miope che senza cuore e cervello si riduce solo in affari loschi e distruzione. Quei barbari giustizialisti del Movimento 5 Stelle si erano messi in testa di cambiare le cose e speravano che la tragedia del Ponte Morandi fosse una grande opportunità per cambiar rotta. Ma Salvini ha fatto saltare il governo e le azioni dei Benetton sono schizzate in cielo, come il loro umore. Per Salvini “cambiamento” era solo una parola da trendy da sprecare in qualche comizio. E si è rimangiata tutto.
https://www.facebook.com/giuseppe.stelluti/posts/2559641324096591
Gentile Ministro dell’Interno, caro Matteo,
ti scrivo questa lettera aperta perché il caso della nave Open Arms domina ormai le prime pagine dei giornali e perché sono costretto a constatare che anche la corrispondenza d’ufficio tra la Presidenza del Consiglio e il Viminale viene poi riportata sui giornali e allora tanto vale renderla pubblica all’origine, per migliore trasparenza anche nei confronti dei cittadini.
Ti ho scritto ier l’altro una comunicazione formale, con la quale, dopo avere richiamato vari riferimenti normativi e la giurisprudenza in materia, ti ho invitato, letteralmente, “nel rispetto della normativa in vigore, ad adottare con urgenza i necessari provvedimenti per assicurare assistenza e tutela ai minori presenti nell’imbarcazione”.
Con mia enorme sorpresa, ieri hai riassunto questa mia posizione attribuendomi, genericamente, la volontà di far sbarcare i migranti a bordo.
Comprendo la tua fedele e ossessiva concentrazione nell’affrontare il tema dell’immigrazione riducendolo alla formula “porti chiusi”. Sei un leader politico e sei legittimamente proteso a incrementare costantemente i tuoi consensi. Ma parlare come Ministro dell’Interno e alterare una chiara posizione del tuo Presidente del Consiglio, scritta nero su bianco, è questione diversa.
È un chiaro esempio di sleale collaborazione, l’ennesima a dire il vero, che non posso accettare.
Come ho sempre pubblicamente rappresentato, il tema dell’immigrazione è un tema complesso. Va affrontato con una politica di ampio respiro, come ho provato a fare sin dal primo Consiglio Europeo al quale ho partecipato, a fine giugno 2018, evitando di lasciarci schiacciare dai singoli casi emergenziali.
Da subito ho elaborato una piattaforma politica fondata su sei premesse e dieci obiettivi, in modo da inserire tutte le singole iniziative in questa prospettiva strategica, sempre costantemente ispirata alla tutela dei diritti fondamentali e, in particolare, della dignità della persona e alla protezione dei nostri interessi nazionali, sovente compromessi nella gestione del fenomeno migratorio.
Ho personalmente contribuito a perseguire questo nuovo indirizzo politico, di maggiore rigore rispetto al passato, al fine di contrastare più efficacemente l’immigrazione illegale e la moderna e disumana “tratta dei disperati”, alimentata dalle organizzazioni criminali.
Ho viaggiato in lungo e in largo in Africa e nel Medio Oriente per incrementare la cooperazione nei Paesi di origine e nei Paesi di transito, dove si concentrano le rotte dei migranti.
Abbiamo sempre lavorato intensamente, coinvolgendo anche il Ministro Moavero, per rendere più efficace il meccanismo dei rimpatri per i migranti che non hanno diritto ad alcuna protezione.
Mi batterò sino all’ultimo giorno perché si affermi un meccanismo europeo, da applicare in via pressoché automatica, per operare una redistribuzione che veda tutti i Paesi dell’Unione pienamente coinvolti, in modo da evitare che i Paesi di primo sbarco, come l’Italia, siano abbandonati a se stessi.
Pur in attesa che si attui questo meccanismo europeo, sono sempre personalmente intervenuto, con gli altri Paesi europei, per pretendere e ottenere una redistribuzione dei migranti che sono sbarcati nei nostri porti. E a questo proposito dobbiamo dare atto che sia la Commissione europea sia alcuni leader europei ci hanno sempre teso la mano per sbloccare situazioni emergenziali.
Questo è il momento di insistere in direzione di una soluzione sempre più europea, altrimenti l’Italia si ritroverà completamente isolata in una situazione che diventerà, nuovamente, via via sempre più ingestibile. La nuova Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, nei colloqui sin qui avuti, mi è sembrata molto determinata a percorrere questa strada e a darci una mano risolutiva.
In definitiva, se davvero vogliamo proteggere i nostri “interessi nazionali”, non possiamo limitarci a esibire posizioni di assoluta intransigenza. Abbiamo chilometri di coste e siamo a una manciata di ore di navigazione dall’Africa e dal Medio Oriente. Da ultimo tu stesso hai constatato come è difficile contrastare i quotidiani, minuti sbarchi clandestini.
Non possiamo agire da soli. Dobbiamo continuare a insistere in Europa, come peraltro hai fatto Tu, di recente a Helsinki. E’ questa la direzione giusta.
E poi non oscuriamo quello che abbiamo fatto di buono. Se mai rammarichiamoci per quello che ci riproponevamo di ottenere e ancora non abbiamo ottenuto.
Un ultimo aggiornamento sulla vicenda Open Arms.
Francia, Germania, Romania, Portogallo, Spagna e Lussemburgo mi hanno appena comunicato di essere disponibili a redistribuire i migranti. Ancora una volta, i miei omologhi europei ci tendono la mano.
Siamo ormai agli sgoccioli di questa nostra esperienza di governo. Abbiamo lavorato fianco a fianco per molti mesi e ho sempre cercato di trasmetterti i valori della dignità del ruolo che ricopriamo e la sensibilità per le istituzioni che rappresentiamo.
La tua foga politica e l’ansia di comunicare, tuttavia, ti hanno indotto spesso a operare “slabbrature istituzionali”, che a tratti sono diventati veri e propri “strappi istituzionali”.
Per queste ragioni mi sono ritrovato costretto a intervenire varie volte - l’ho fatto perlopiù riservatamente - non per l’ansia di contrappormi politicamente alle tue iniziative, ma per la necessità di rivendicare l’applicazione del principio di “leale collaborazione”, che è fondamentale per il buon funzionamento delle istituzioni pubbliche.
Il consenso politico a cui ogni leader politico aspira si nutre della fiducia degli elettori. Ma se non alimentiamo la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche si crea un cortocircuito e alla fine prevalgono rabbia e disaffezione. Dobbiamo tutti operare per riconoscere piena dignità alle istituzioni che rappresentiamo, nel segno della leale collaborazione.
Hai alle spalle e davanti una lunga carriera politica. Molti l’associano al potere. Io l’associo a una enorme responsabilità.
Con mia enorme sorpresa, ieri hai riassunto questa mia posizione attribuendomi, genericamente, la volontà di far sbarcare i migranti a bordo.
Comprendo la tua fedele e ossessiva concentrazione nell’affrontare il tema dell’immigrazione riducendolo alla formula “porti chiusi”. Sei un leader politico e sei legittimamente proteso a incrementare costantemente i tuoi consensi. Ma parlare come Ministro dell’Interno e alterare una chiara posizione del tuo Presidente del Consiglio, scritta nero su bianco, è questione diversa.
È un chiaro esempio di sleale collaborazione, l’ennesima a dire il vero, che non posso accettare.
Come ho sempre pubblicamente rappresentato, il tema dell’immigrazione è un tema complesso. Va affrontato con una politica di ampio respiro, come ho provato a fare sin dal primo Consiglio Europeo al quale ho partecipato, a fine giugno 2018, evitando di lasciarci schiacciare dai singoli casi emergenziali.
Da subito ho elaborato una piattaforma politica fondata su sei premesse e dieci obiettivi, in modo da inserire tutte le singole iniziative in questa prospettiva strategica, sempre costantemente ispirata alla tutela dei diritti fondamentali e, in particolare, della dignità della persona e alla protezione dei nostri interessi nazionali, sovente compromessi nella gestione del fenomeno migratorio.
Ho personalmente contribuito a perseguire questo nuovo indirizzo politico, di maggiore rigore rispetto al passato, al fine di contrastare più efficacemente l’immigrazione illegale e la moderna e disumana “tratta dei disperati”, alimentata dalle organizzazioni criminali.
Ho viaggiato in lungo e in largo in Africa e nel Medio Oriente per incrementare la cooperazione nei Paesi di origine e nei Paesi di transito, dove si concentrano le rotte dei migranti.
Abbiamo sempre lavorato intensamente, coinvolgendo anche il Ministro Moavero, per rendere più efficace il meccanismo dei rimpatri per i migranti che non hanno diritto ad alcuna protezione.
Mi batterò sino all’ultimo giorno perché si affermi un meccanismo europeo, da applicare in via pressoché automatica, per operare una redistribuzione che veda tutti i Paesi dell’Unione pienamente coinvolti, in modo da evitare che i Paesi di primo sbarco, come l’Italia, siano abbandonati a se stessi.
Pur in attesa che si attui questo meccanismo europeo, sono sempre personalmente intervenuto, con gli altri Paesi europei, per pretendere e ottenere una redistribuzione dei migranti che sono sbarcati nei nostri porti. E a questo proposito dobbiamo dare atto che sia la Commissione europea sia alcuni leader europei ci hanno sempre teso la mano per sbloccare situazioni emergenziali.
Questo è il momento di insistere in direzione di una soluzione sempre più europea, altrimenti l’Italia si ritroverà completamente isolata in una situazione che diventerà, nuovamente, via via sempre più ingestibile. La nuova Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, nei colloqui sin qui avuti, mi è sembrata molto determinata a percorrere questa strada e a darci una mano risolutiva.
In definitiva, se davvero vogliamo proteggere i nostri “interessi nazionali”, non possiamo limitarci a esibire posizioni di assoluta intransigenza. Abbiamo chilometri di coste e siamo a una manciata di ore di navigazione dall’Africa e dal Medio Oriente. Da ultimo tu stesso hai constatato come è difficile contrastare i quotidiani, minuti sbarchi clandestini.
Non possiamo agire da soli. Dobbiamo continuare a insistere in Europa, come peraltro hai fatto Tu, di recente a Helsinki. E’ questa la direzione giusta.
E poi non oscuriamo quello che abbiamo fatto di buono. Se mai rammarichiamoci per quello che ci riproponevamo di ottenere e ancora non abbiamo ottenuto.
Un ultimo aggiornamento sulla vicenda Open Arms.
Francia, Germania, Romania, Portogallo, Spagna e Lussemburgo mi hanno appena comunicato di essere disponibili a redistribuire i migranti. Ancora una volta, i miei omologhi europei ci tendono la mano.
Siamo ormai agli sgoccioli di questa nostra esperienza di governo. Abbiamo lavorato fianco a fianco per molti mesi e ho sempre cercato di trasmetterti i valori della dignità del ruolo che ricopriamo e la sensibilità per le istituzioni che rappresentiamo.
La tua foga politica e l’ansia di comunicare, tuttavia, ti hanno indotto spesso a operare “slabbrature istituzionali”, che a tratti sono diventati veri e propri “strappi istituzionali”.
Per queste ragioni mi sono ritrovato costretto a intervenire varie volte - l’ho fatto perlopiù riservatamente - non per l’ansia di contrappormi politicamente alle tue iniziative, ma per la necessità di rivendicare l’applicazione del principio di “leale collaborazione”, che è fondamentale per il buon funzionamento delle istituzioni pubbliche.
Il consenso politico a cui ogni leader politico aspira si nutre della fiducia degli elettori. Ma se non alimentiamo la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche si crea un cortocircuito e alla fine prevalgono rabbia e disaffezione. Dobbiamo tutti operare per riconoscere piena dignità alle istituzioni che rappresentiamo, nel segno della leale collaborazione.
Hai alle spalle e davanti una lunga carriera politica. Molti l’associano al potere. Io l’associo a una enorme responsabilità.
Buon ferragosto,
Giuseppe Conte
Giuseppe Conte
mercoledì 14 agosto 2019
Commemorazione Morandi: i parenti contestano, delegazione di Autostrade esce. Mattarella: "Il nuovo ponte ricucirà la ferita". - Matteo Macor, Marco Lignana e Marco Preve
Il presidente Mattarella abbraccia la nonna di Andrea Cerulli, il portuale morto mentre andava al lavoro al porto di Voltri (afp)
Nell'area di cantiere era arrivato anche Castellucci, ad di Atlantia e fra i 74 indagati per omicidio colposo. Egle Possetti a nome dei famigliari: "Questi reati non devono essere prescritti e prevenzione diventi la parola d'ordine in Italia".
Pochi istanti prima che, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, iniziasse la commemorazione delle 43 vittime del ponte Morandi crollato il 14 agosto del 2018 alcuni parenti delle 43 vittime si sono lamentati con il premier Conte della presenza nel capannone dei vertici della società Autostrade fra i quali anche manager indagati. Ne è seguito un veloce conciliabolo e poco dopo tutte le delegazioni delle società hanno lasciato l'area della celebrazione.
Fra di loro anche l'amministratore delegato di Atlantia Giovanni Castellucci.
Quella di Castellucci era una presenza destinata a far discutere visto che il manager è uno dei 74 indagati dell'inchiesta per omicidio colposo della procura di Genova. Solo da pochi mesi non è più ad di Autostrade per l'Italia ma ricopre lo stesso ruolo nella società madre, Atlantia appunto sempre della famiglia Benetton.
A richiedere espressamente la presenza a Genova dei vertici di Autostrade e del gruppo Benetton era stato il sindaco di Genova nonchè commissario straordinario Marco Bucci.
Ieri si era saputo che Aspi, Atlantia e anche Edizione la holding del gruppo Benetton avrebbero inviato tre delegazioni di manager alla commemorazione ma non si pensava che potesse partecipare Castellucci. Al suo fianco c'è anche Fabio Cerchiai che dal 2010 è presidente sia di Autostrade per l'Italia (e Aspi in quanto società è indagata nell'inchiesta proprio nella persona di Cerchiai) che di Atlantia.
Dall’alba, nei caselli del principali snodi italiani – e in tutti quelli della Liguria – è stata affissa una coccarda nera in segno di lutto. Inoltre, alle 11.36, ora del crollo, su tutti i pannelli a messaggio variabile della rete Aspi è comparso per un minuto un messaggio di ricordo per le vittime.
Infine, in mattinata, presso la chiesa dell’Autostrada del Sole, luogo di culto realizzato proprio accanto al tracciato autostradale, è stata celebrata una messa alla quale parteciperanno rappresentanti dei lavoratori provenienti da tutte le sedi del territorio e tutti i direttori di tronco. Alle 11.36 in chiesa è stata deposta una corona in ricordo delle vittime.
Intanto oggi un comitato di famigliari delle vittime è tornato a chiedere la revoca della concessione ad Aspi.
Il presidente Sergio Mattarella è stato accolto da un lungo applauso al suo arrivo e si è intrattenuto a lungo con i famigliari delle vittime abbracciandoli e parlando con loro. Nel giorno della commemorazione delle 43 vittime del crollo del Ponte Morandi, "che tanti lutti, tante sofferenze e tante difficoltà ha creato alla operosa città di Genova e ai suoi abitanti", il Presidente della Repubblica aveva scritto un breve saluto sulle pagine del Secolo XIX, accogliendo l'invito del direttore Luca Ubaldeschi e del senatore a vita e architetto genovese Renzo Piano. "Ci separa da quel tragico avvenimento un anno che non è trascorso invano", scrive Mattarella. "Un progetto di nuovo ponte, lineare, solido e bellissimo, è pronto e già sono stati avviati lavori per la sua costruzione. Il nuovo ponte sarà in grado di ricucire, anzi, per usare un termine caro a Piano, di 'rammendare' la ferita inferta dal crollo, riconnettendo una città spezzata, non solo materialmente, in due". Rammendare, però, specifica il Presidente, "non significa cancellare". Il nuovo ponte, infatti, "ricorderà per sempre quelle vittime innocenti, sepolte dalle macerie di una tragedia, causata dall'uomo, che si poteva e doveva evitare. Nulla può estinguere il dolore di chi ha perso un familiare o un amico a causa dell'incuria, dell'omesso controllo, della colpevole superficialità, della brama di profitto". Nei difficili frangenti di un anno fa "fu ben chiaro che la tragedia di Genova era la tragedia dell'Italia intera e che tutta l'Italia si stringeva, in un abbraccio ideale, attorno a Genova e ai genovesi", ricorda Mattarella.
Le vittime del crollo del ponte Morandi sono "angeli della città". Così l'arcivescovo di Genova, cardinale Angelo Bagnasco, nell'omelia in ricordo delle 43 vittime . "Genova è qui. Genova non li dimenticherà mai", ha detto Bagnasco che ha poi aggiunto: "Le nostre capacità faranno miracoli" se "restiamo uniti". "Tutti hanno vissuto il distacco da un ambiente famigliare caro, hanno visto messo in crisi il loro lavoro. Ma su tutto ha aleggiato la speranza, il credere in un futuro non lontano che oggi cominciamo a vedere, proprio qui", ha spiegato il cardinale.
Ha preso poi la parola Egle Possetti portavoce del Comitato dei parenti delle vittime “Per la loro memoria dobbiamo avere grande determinazione nella ricerca della verità perchè quanto accaduto è inaccettabile. La loro è stata una condanna a morte senza possibilità di appello. Non possiamo accettare che eventi del genere possano accadere. Chiediamo ai nostri rappresentanti un segnale concreto affinchè i cittadini possano sentirsi tutelati.
Bisogna gestire con la massima attenzione i beni pubblici, accentuare la vigilanza. Chiediamo ai cittadini di mantenere viva la coscienza civile. Nel nostro paese la parola principale sia prevenzione. Non devono esserci altri morti per stragi assurde.
Chiediamo modifiche di legge per avere processi brevi, chiediamo che reati così gravi non possano essere prescritti. Ringraziamo con tutto cuore magistratura e inquirenti e auspichiamo che non siano lasciati soli. Il loro lavoro ci scalda il cuore. “Egle Possetti ha chiuso il suo intervento ringraziando tutti i soccorritori che si erano prodigati dopo il crollo del Morandi. E’ seguito un lungo applauso.
A margine delal cerimonia ha parlato anche il sindaco Marco Bucci: "È un momento di ricordo e commemorazione, Genova vuole crescere, si merita delle infrastrutture di primo livello, la città è unita e sta collaborando. Sia sul lato ovest che est del ponte anche oggi stiamo lavorando, non abbiamo interrotto i lavori, la nuova pila 9 è quasi a 20 metri, abbiamo già 11 pile con fondamenta. Stiamo rispettando il piano dei lavori, sono convinto che a fine aprile 2019 inaugureremo il ponte".
"Ho parlato con il premier Conte che - ha aggiunto -si associa ai sentimenti della giornata di oggi con la volontà di commemorare chi ha perso la vita e allo stesso tempo di continuare a supportare gli investimenti di cui abbiamo bisogno per far tornare Genova una grande città. La prossima primavera Genova avrà il nuovo ponte, venite in macchina e ci passerete sopra".
https://genova.repubblica.it/cronaca/2019/08/14/news/anche_i_vertici_indagati_di_atlantia_alal_commemorazione_delle_vititme_del_ponte_morandi-233587359/#gallery-slider=233593524
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