venerdì 6 novembre 2020

Salvini aizza i presidenti. E Fontana, Cirio e Spirlì chiedono il “riconteggio”. - Giacomo Salvini

 

Regioni rosse - La Lega accusa: “Punite” solo le amministrazioni guidate dal centrodestra. La Calabria fa ricorso.

Il registro chiamate del telefono è monotona, perfino noiosa. “Fontana, Cirio, Musumeci, Spirlì, Fontana, Cirio, Musumeci, Spirlì” e così via. Matteo Salvini chiama, ascolta e, se necessario, incita i governatori delle zone rosse e arancioni. A impugnare il Dpcm al Tar, come annunciato ieri dal governatore della Calabria Nino Spirlì, o a chiedere trumpianamente il riconteggio ché “i dati di Conte sono vecchi di dieci giorni”. Certo, il Piemonte, la Lombardia e la Calabria non saranno il Michigan, la Georgia o la Pennsylvania e la richiesta di lasciare aperto non sarà come conquistare la Casa Bianca, ma in serata la sintesi la fa il governatore del Piemonte, Alberto Cirio, che da mercoledì sera è il più arrabbiato di tutti: “I dati sono vecchi di dieci giorni, il nostro Rt è passato da 2,16 a 1,91. Chiedo una verifica”. E a ruota si associano anche Fontana, Spirlì e il siciliano Nello Musumeci. Al punto che il ministro Speranza deve intervenire: “È surreale che anziché assumersi la loro parte di responsabilità ci sia chi faccia finta di ignorare la gravità dei dati nei propri territori”.

Ma il problema è politico e le telefonate tra Salvini e i governatori in lockdown sono drammatiche: “Matteo, così non teniamo più i commercianti e i ristoratori”, gli dice mercoledì sera Fontana dopo aver appreso che da oggi la sua Regione chiude. “I calabresi così muoiono di fame” gli confida Spirlì, già vice di Jole Santelli che si candiderà alle prossime Regionali: sicché il ricorso al Tar è cosa quasi scontata. E allora ieri mattina, dopo aver risentito Fontana, il leader del Carroccio è furioso e lo dice dritto: “Dobbiamo reagire contro questo governo indegno, non staremo a guardare le previsioni del tempo”.

Cosa questo voglia dire non è dato saperlo, ma il ricorso del governatore della Calabria è un buon inizio. Qualche collega potrebbe seguirlo, qualcuno chiedere di allentare la stretta tra due settimane se i dati dovessero migliorare, ma nel centrodestra circola anche l’ipotesi di ordinanze à la Trentino per disobbedire alle norme nazionali. E Salvini non si opporrebbe di certo. D’altronde il leader del Carroccio legge la “zona rossa” di Conte come un marchio per colpire le Regioni leghiste almeno fino al 3 dicembre: “Per un mese non si tocca palla – attacca – ma così si mette in ginocchio un Paese. I ristori sono mance o elemosina”. Così ieri ha sentito anche diversi sindaci leghisti della bassa Lodigiana dove a marzo era esplosa l’epidemia – tra cui Francesco Passerini (Codogno), Sara Casanova (Lodi) e Elia Delmiglio (Casalpusterlengo) – che sono pronti a impugnare singolarmente il Dpcm perché “oggi non possiamo essere paragonati ad altre parti d’Italia”.

Poi c’è la sindrome dell’accerchiamento. O meglio, dell’accanimento politico. E anche se l’esercizio nel dialetto lascia un po’ a desiderare, il concetto di Salvini è chiaro: “La Campania dove De Luca chiude tutto e dove c’è il disastro negli ospedali dov’è finita? Perché è zona gialla? Ccà nisciuno è fesso”. Come dire: il governo ha chiuso le Regioni di centrodestra (Lombardia, Piemonte, Sicilia e Calabria) e lasciato aperte quelle di centrosinistra. Un’accusa che rimbalza per tutto il giorno, dalla Camera dove anche Forza Italia e Fratelli d’Italia protestano animatamente contro il “mero calcolo politico” del governo (la deputata calabrese Maria Tripodi) ai leghisti vicini a Salvini: “Le zone rosse sono state decise dal colore politico”, si agita il segretario lombardo del Carroccio, Paolo Grimoldi. E anche il segretario, all’ora di pranzo, dal suo ufficio in Senato, attacca: “Le nuove norme sono una lotteria basata su dati vecchi: perché Lombardia sì, Toscana e Campania no? A Milano, Torino e Palermo non ci sono fessi, e a Roma c’è qualcuno attaccato alla poltrona”. L’unico leghista che si dissocia è il governatore del Veneto Luca Zaia, Regione che è ancora zona gialla ma presto potrebbe diventare arancione: “Le proteste sono legittime e anch’io avrei qualcosa da replicare, ma tutti abbiamo un obiettivo, cioè di uscire presto da questa crisi”. Un altro segnale di distanza da Salvini. E infatti nel Carroccio nessuno ci fa più caso: “Ormai Luca va per conto suo”.

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giovedì 5 novembre 2020

Il problema dei tamponi, focolai nelle Rsa e l’incognita dei posti in ospedale: ecco perché la Sicilia è diventata zona arancione. - Manuela Modica

 

L'inserimento dell'isola nella zona arancione, con criticità elevata, ha sollevato le proteste del governatore Nello Musumeci, che ha fatto notare come Campania e Lazio facciano registrare spesso numeri assoluti maggiori nell'incremento dei contagi. Il monitoraggio dell’Iss fatto nella settimana che va dal 19 al 25 ottobre, però, si basa su parametri suddivisi in 21 macroaree: la lotta alla pandemia nella Regione più a Sud d'Italia va tutt'altro che bene.

Sicilia in zona arancione, ed è subito polemica. Un minuto dopo il discorso del presidente del consiglio, che annuncia la serrata totale per bar e ristoranti sull’isola, è lo stesso governatore siciliano, Nello Musumeci, a infiammare gli animi: “La scelta del governo nazionale di relegare la Sicilia a zona arancione appare assurda e irragionevole. L’ho detto e ripetuto stasera al ministro della Salute Speranza, che ha voluto adottare la grave decisione senza alcuna preventiva intesa con la Regione e al di fuori di ogni legittima spiegazione scientifica”.

Ed elenca subito una serie numeri: “Un dato per tutti – prosegue il governatore siciliano – oggi la Campania ha avuto oltre quattromila nuovi positivi; la Sicilia poco più di mille. La Campania ha quasi 55 mila positivi, la Sicilia 18 mila. Vogliamo parlare del Lazio? Ricovera oggi 2.317 positivi a fronte dei 1.100 siciliani, con 217 in terapia intensiva a fronte dei nostri 148. Eppure, Campania e Lazio sono assegnate a zona gialla. Perché questa spasmodica voglia di colpire anzitempo centinaia di migliaia di imprese siciliane? Al governo Conte chiediamo di modificare il provvedimento, perché ingiusto e ingiustificato. Le furbizie non pagano”.

Furbizie, scelte assurde, irragionevoli: Musumeci dà voce così ad una buona parte dell’opinione pubblica siciliana, colta di sorpresa non tanto dalla posizione in zona “chiusura”, quanto dall’assenza nella stessa posizione di regioni considerate a rischio molto più alto di quello della Sicilia, come appunto Lazio e Campania. I contagi in Sicilia sono inferiori, non c’è dubbio, ma c’è un dato che Musumeci non menziona e che affiora anche alla luce dei chiarimenti successivi alle dichiarazioni di Giuseppe Conte. La divisione in zone si basa infatti sul monitoraggio dell’Iss fatto nella settimana che va dal 19 al 25 ottobre e si basa su parametri suddivisi in 21 macroaree. Tra queste c’è l’attività di screening effettuata dai territori. Ed è su questo punto che la differenza tra la Sicilia e le altre due regioni prese a paragone dal governatore può spiegare perché l’isola è considerata a rischio elevato: nella settimana presa in analisi la Sicilia ha processato 43.630 tamponi, mentre la Campania ha fatto quasi il doppio, con 81.321 e il Lazio ha raggiunto quota 130.265 tamponi processati (mentre la Puglia, posizionata al pari della Sicilia in zona arancione si attesta a 31.747 test). L’isola ha dunque fatto 86.635 tamponi in meno del Lazio (12.376 in meno, in media, al giorno) e 37.691 meno della Campania in una settimana (5.384 in meno, in media, al giorno), a fronte di una popolazione più numerosa in queste due ultime regioni. Il Lazio conta 910mila abitanti circa in più della Sicilia, mentre la Campania circa 850mila in più, tutte e tre oscillano su una cifra che sfiora e supera i 5 milioni di abitanti. Dunque, anche se il fattore Rt – l’indice di contagio – in Sicilia più basso (nel periodo preso in esame era di 1.42, mentre in Lazio di 1.51, in Campania di 1.49 e in Puglia di 1.65) è stata l’inferiore capacità di monitorare i contagi a pesare nella scelta del governo.

Un ruolo hanno giocato anche i numeri della terapia intensiva. Lo scorso 21 ottobre Nicola Zingaretti firma un’ordinanza per l’incremento dei posti letto, per raggiungere la soglia di 552 posti Covid in terapia intensiva e sub intensiva. In Campania al 25 ottobre ne risultano 320 tra attivati e attivabili. La cifra dei posti letto di terapia intensiva in Sicilia è invece difficile da reperire con precisione. Bisogna chiamare ogni azienda ospedaliera provinciale per sapere il numero esatto, alla fine risultano circa 245 posti di terapia intensiva già attivati (Enna non ne ha nessuno e Palermo dà un dato che oscilla tra 80 e 100). Dall’assessorato regionale alla Salute però assicurano che quelli attivabili sono 500, già predisposti. Mentre da giorni indicano la vera criticità per l’attivazione: gli anestesisti. Non c’è personale a sufficienza per attivare i posti, un problema che riguarda tutto il Paese.

“Dalla Regione c’hanno fornito tutte le attrezzature. Manca il personale”, assicura, per esempio, Angelo Aliquò, direttore generale dell’Asp di Ragusa. Sono 31 i posti attivati nel Ragusano, lì dove da poco è stata dichiarata una nuova zona rossa a Vittoria, comune con quasi 64mila abitanti. E non sono poche le zone rosse siciliane, tutte concentrate in paesi di montagna: Centuripe (5249 abitanti), Torretta (4278), Galati Mamertino (2419), Randazzo (10599), Sambuca (5792), Mezzojuso (2799), Villafrati (3275). Piccoli comuni con pochi abitanti, ma con alta contiguità tra le persone, e soprattutto con centri di Rsa, come Villafrati che è stata zona rossa sia a marzo che ad ottobre. O come Sambuca dove le immagini delle ambulanze in fila per evacuare la Rsa hanno fatto il giro del web.

Ed è proprio la gestione delle residenze degli anziani uno dei 21 parametri presi in esame dall’Iss per suddividere le regioni in zone di rischio più o meno elevato. Secondo l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, però, il tasso di occupazione di posti letto in terapia intensiva nella settimana presa in esame è passato “dal 15 al 19 percento”. Per questo sottolinea: “Leggo sulla stampa farneticazioni (qualche volta strumentali, qualche altra dettate dalla voglia di fare polemica a tutti i costi) in ordine all’occupazione dei posti letto in Sicilia e mi pare, quindi, indispensabile pubblicare il report settimanale utilizzato da Roma. Come vedete i nostri indici di occupazione erano ben al di sotto della soglia di allerta. E, riferendosi i dati alla scorsa settimana, essi non tengono neppure in considerazione il piano approvato dal Comitato tecnico scientifico che li aumenta ancora di più. Sono fatti, non analisi”. Intanto nella settimana presa in analisi, i positivi in terapia intensiva sono stati 35 in più nel Lazio, 28 in più in Campania e 23 in più in Sicilia. L’isola segna dunque un incremento in terapia intensiva molto vicino a quello campano e non lontano da quello laziale, dove processano più tamponi e quindi forse intervengono prima sui contagiati.

La polemica, non a caso, provoca la reazione anche del ministro della Salute, Roberto Speranza: “Le regioni alimentano i dati con cui la cabina di regia effettua il monitoraggio dal mese di maggio – sottolinea il ministro in una nota -. Nella cabina di regia ci sono tre rappresentanti indicati dalle regioni. È surreale che anziché assumersi la loro parte di responsabilità ci sia chi faccia finta di ignorare la gravità dei dati che riguardano i propri territori. Serve unità e responsabilità. Non polemiche inutili”. E anche le opposizioni si scatenano contro il governo regionale: “La Sicilia è area arancione perché, pur avendo meno ammalati Covid di altre regioni area gialla, non ha un numero adeguato di posti letto di terapia sub-intensiva e intensiva per garantire le cure necessarie. Se Musumeci avesse utilizzato il periodo estivo per adeguare le strutture sanitarie la Sicilia sarebbe area gialla”, dice il capogruppo dem all’assemblea regionale, Giuseppe Lupo.

“Andavano aumentati posti letto, tamponi e tracciamento, invece cosa è arrivato? L’aumento delle pensioni e dell’assegno di fine mandato dei deputati dell’Ars”, sottolineano i Cinquestelle siciliani, componenti della commissione Salute all’Ars, Giorgio Pasqua, Salvatore Siragusa e Antonio De Luca. Nei giorni scorsi i consiglierei del M5s hanno, infatti, denunciato l’avvenuto aumento della pensione per i consiglierei regionali. E adesso insistono sui tamponi: “Ci dicano perché facciamo solo 6000 tamponi al giorno. Se con 6.000 tamponi giornalieri abbiamo 1.000 contagiati al giorno, vuol dire che un siciliano controllato su 6 risulta positivo e allora quanti ce ne sarebbero se facessimo 20 o 30.000 tamponi giornalieri? Altro che arancione…”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/05/il-problema-dei-tamponi-focolai-nelle-rsa-e-lincognita-dei-posti-in-ospedale-ecco-perche-la-sicilia-e-diventata-zona-arancione/5993018/

Per la “terapia” Salvini non è il giorno giusto. - Antonio Padellaro

 

Quando un giorno, ci auguriamo non lontano, si racconterà la storia di questi tempi difficili, con il distacco dello scampato pericolo, una parola chiave sarà: idrossiclorochina. Che non è soltanto un farmaco antimalarico (prescritto anche per l’artrite reumatoide), ma un efficace strumento della strategia del discredito. Volta a dimostrare che i lockdown servono unicamente alla dittatura sanitaria di Conte, della Merkel, di Macron per soggiogare i popoli attraverso la paura del contagio e la minaccia della segregazione. Mentre con il costo “di sei, sette euro in farmacia”, la miracolosa pillola “ha salvato migliaia di pazienti a primi sintomi”. Parola di Matteo Salvini che, l’altroieri, affiancato da un paio di infettivologi di stretta fiducia, e dal celebre scienziato leghista Armando Siri, ha propinato la medesima patacca propagandata mesi fa da Donald Trump. Per dimostrare che i nove milioni e mezzo di contagi negli Stati Uniti, e i 233mila decessi, erano una fake news di quel menagramo di Anthony Fauci. Visto e considerato che il Commander in Chief, aveva sconfitto in un baleno il virus grazie a quell’idroqualchecosa. Sulle pesanti controindicazioni a livello cardiaco di queste cure fai-da-te si è già espressa l’Agenzia del farmaco, ma è il format, diciamo così, politico, a suscitare un rinnovato interesse nel momento in cui la stella (di latta) di Trump non sembra più splendere incontrastata nel cielo d’America. Infatti Salvini, che dall’estate del mojito non ne azzecca una, ha scelto proprio il giorno giusto per provarci con l’ennesima spallata a Conte, riciclando la trovata che non ha portato molta fortuna al suo mentore. Il fatto che nel presiedere quel consesso di premi Nobel egli indossasse la mascherina “Trump 2020” conferma in pieno la teoria marxiana della storia che si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa. Speriamo che l’inquilino della Casa Bianca rinunci a drammatizzare l’esito del voto a lui non favorevole, visto il clima abbastanza teso. Perché la farsa ce la prendiamo volentieri noi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/05/per-la-terapia-salvini-non-e-il-giorno-giusto/5992500/

Egitto, straordinaria scoperta a Saqqara: riemerge una tomba intatta di 4.400 anni fa. -

 

Importante scoperta in Egitto a Saqqara: rinvenuta una tomba di 4.400 anni fa in ottimo stato di conservazione, con 55 statue.

In Egitto è stata annunciata nelle scorse ore una scoperta di straordinaria importanza: il Ministero delle Antichità ha infatti diffuso la notizia del rinvenimento, nella località di Saqqara, di una tomba risalente al periodo della V dinastia (4.400 anni fa), che conserva almeno cinquantacinque statue e che, secondo quanto dichiarato dal ministro Khaled El-Enany, “sarebbero eccezionalmente ben conservate”. E ha aggiunto che “si tratta della più bella tomba scoperta quest’anno”. La tomba, secondo le notizie che sono state diffuse, era stata costruita per un sacerdote di nome “Wahtye”, che portava il titolo di “ispettore della barca sacra”, un alto titolo religioso dell’epoca. Wahtye visse al tempo del faraone Neferirkare, il cui regno durò dal 2446 a.C. circa al 2438 a.C. (la piramide di Neferirkare si trova a circa tre chilometri da Saqqara). Nelle decorazioni, il sacerdote appare in diverse scene accompagnato dalla madre Merit Meen, dalla moglie Nin Winit Ptah (entrambe identificate grazie ai geroglifici che accompagnano le opere) e da altri parenti, mentre attende a rituali religiosi.

Si tratta di sculture coloratissime, che hanno preservato in maniera quasi intatta le loro cromie, e lo stesso vale per le decorazioni delle pareti, dove vediamo antichi egizi affaccendati in svariate attività (li vediamo mentre lavorano, cucinano, mangiano, costruiscono, pregano). Inoltre, ha dichiarato Mostafa Waziri, segretario generale del Consiglio Superiore delle Antichità dell’Egitto, ci sarebbero altre cinque sepolture da esplorare. Le statue, alcune a grandezza naturale e altre più piccole (dell’altezza di circa un metro), rappresentano tutte divinità o mortali e sono disposte su due piani: al livello superiore ci sono ventiquattro statue, a quello inferiore trentuno.

Il direttore del sito archeologico di Saqqara, Sabry Farag, ha spiegato che l’ambiente principale della tomba misura dieci metri di lunghezza per tre di larghezza. Intanto, gli scavi vanno avanti: c’è adesso da attendersi che lo studio delle sculture e dei numerosi dipinti porterà nuove conoscenze sull’antico Egitto.

Nella foto, la tomba appena scoperta. (Ph. Credit Ministero delle Antichità dell’Egitto.)

https://www.finestresullarte.info/attualita/egitto-scoperta-tomba-eccezionalmente-conservata-a-saqqara

Nuovo dpcm, ecco quali Regioni sono area gialla, arancione e rossa e cosa succede. Conte: “Con misure uniche nazionali effetto negativo”. -

 

Il presidente del Consiglio ha illustrato la nuova mappa dell'Italia divisa in tre aree di rischio: nell’area gialla, con criticità moderata, ci sono Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Sardegna, Toscana, Umbria, Veneto, Province di Trento e Bolzano. Nell'arancione, con criticità elevata, invece, ci sono Puglia e Sicilia. Quindi quelle rosse, a rischio massimo: la Lombardia, il Piemonte, la Val d'Aosta e la Calabria. "Non ci sono regioni in aree verdi, il virus corre veloce - ha detto il premier - Il nuovo Dpcm entrerà in vigore il 6 novembre fino al 3 dicembre: se, all’esito delle misure, una Regione dovesse rientrare in condizioni di stabilità per 14 giorni, con rischio più basso, potrà essere assoggettata a un regime di misure meno restrittive".

Si salvano la Liguria e la Campania, finisce a sorpresa in area arancione la Sicilia mentre viene confermata la zona rossa per la Lombardia, il Piemonte, la Val d’Aosta, con l’ultima novità della Calabria. È questa la divisione dell’Italia in tre aree di rischio ai tempi del coronavirus. Ad annunciare al Paese la suddivisione delle Regioni è stato Giuseppe Conte, in una conferenza stampa annunciata nel tardo pomeriggio. Poco prima da Palazzo Chigi avevano annunciato che il Dpcm approvato la scorsa notte sarebbe entrato in vigore solo venerdì 6 novembre, e non il 5 come annunciato fino ad oggi. E dunque da venerdì fino al 3 dicembre il contagio verrà combattuto con un nuovo sistema di norme proporzionale a una serie di parametri, che si basano sui dati delle curve epidemiologiche. “Non abbiamo alternative, dobbiamo abbassare la curve. Comprendiamo il disagio e la rabbia”, sono le parole dell’inquilino di Palazzo Chigi.

“Rischio che molte regioni superino soglia terapie intensive” –“Mi chiedono se sono ottimista. Non sto pensando a veglioni, cene natalizie, cenoni, balli. Ma se arriviamo al Natale con un certo margine di serenità anche la fiducia nei consumi può trarne beneficio”, ha concesso alla fine il premier. “Il virus da noi, ma in tutta Europa, sta correndo forte, anche violento. Nell’ultima settimana è quasi raddoppiato il numero di nuovi casi rispetto a quella precedente. L’Rt è aumentato sino a 1,7 come media nazionale, in alcune regioni vuol dire che è anche superiore”, era stato invece l’incipit scelto da Conte per l’incontro coi giornalisti. “Rispetto alle persone contagiate – ha aggiunto – sale il numero degli asintomatici, diminuisce in percentuale il numero di persone ricoverate ma c’è l’alta probabilità che molte regioni superino le soglie delle terapie intensive e mediche”. Insomma: l’epidemia non si ferma e per questo motivo il governo ha dovuto mettere mano alle nuove norme. L’esecutivo ne discute da giorni con le Regioni: un confronto duro, con alcuni governatori – come Attilio Fontana – che hanno chiesto più volte misure uniche nazionali, e non la suddivisione in diverse aree di rischio. “Oggi, rispetto alla prima ondata, abbiamo un piano articolato di monitoraggio costruito su 21 parametri, che è la nostra bussola e ci dice dove intervenire, con misure meno o più restrittive. Se invece avessimo adottato misure uniche su tutto il territorio avremmo avuto un duplice effetto negativo, adottando da una parte misure non sufficientemente efficaci nelle aree a maggior rischio e dall’altra per introdurne in maniera irragionevolmente restrittive”, ha detto il capo dell’esecutivo.

La nuova mappa del Paese – Accompagnato dai grafici, il premier ha poi illustrato una nuova cartina dell’Italia che risulta divisa in tre aree, gialla, arancione e rossa: come mai non ci sono aree verdi? “Non ci sono regioni in aree verdi, il virus corre veloce. Il nuovo Dpcm entrerà in vigore il 6 novembre fino al 3 dicembre: se, all’esito delle misure, una Regione dovesse rientrare in condizioni di stabilità per 14 giorni, con rischio più basso, potrà essere assoggettata a un regime di misure meno restrittive, ce lo auguriamo tutti”, ha chiarito Conte prima di spiegare quali Regioni appartengono a ogni diversa zona: nell’area gialla, con criticità moderata, ci sono Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Sardegna, Toscana, Umbria, Veneto, Province di Trento e Bolzano. Nell’arancione, con criticità elevata, invece, ci sono Puglia e Sicilia. Quindi quelle rosse, a rischio massimo: la Lombardia, il Piemonte, la Val d’Aosta e la Calabria.

Cosa si può fare e cosa no – Cosa si potrà fare nelle varie aree? Lo ha spiegato sempre Conte: nelle aree gialle oltre alle limitazioni previste dal precedente Dpcm – coprifuoco alle 22, musei chiusi, è prevista la didattica a distanza per le superiori e mascherina obbligatoria dai 6 anni in su per chi resta in presenza- stop ai concorsi e centri commerciali chiusi nei weekend. I mezzi di trasporto possono essere riempiti solo a metà. In Puglia e Sicilia, oltre alle misure “gialle” sono vietati gli spostamenti dai territori e nei territori, compresi i comuni; stop anche ai ristoranti. In Calabria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta: vietato ogni spostamento anche nel proprio comune salvo che per ragioni di lavoro, necessità o salute. Si fermano anche i negozi, tranne le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità (salvi i parrucchieri, chiusi i centri estetici). Ferme le attività sportive anche all’aperto e gli eventi e le competizioni organizzate dagli enti di promozione sportiva, salvo quelle riconosciute da Coni e dal Cip: possibile solo passeggiare in prossimità di casa con la mascherina o fare sport solo all’aperto e da soli. Per quanto riguarda la scuola, nelle zone rosse restano in presenza solo asili, elementari e prima media. “La scuola deve essere un presidio, quindi tra quelle misure il fatto di mandare in Dad degli studenti è un fatto che pesa molto al governo. E appena la curva rientrerà sotto controllo una delle prime misure sarà restituire la didattica in presenza a quanti più alunni possibili”, ha detto il presidente del consiglio. Dove servirà, invece, l’autocertificazione? “E’ collegata ai divieti. Nelle zone rosse quando si esce di casa va l’autocertificazione, così come tra Regioni e Comuni”.

“Le conseguenze sono automatiche”- Una suddivisione, quella delle Regioni, che farà discutere. E infatti se da una parte c’è la Campania, che nonostante sia area gialla domani confermerà la sospensione della didattica in presenza per le scuole primarie e secondarie, d’altra c’è la Lombardia di Fontana, che oggi ha polemizzato col governo sostenendo che la divisione sia stata operata sulla base di dati di 10 giorni fa. “Le ordinanze del ministro della Salute non saranno arbitrarie o discrezionali perché recepiranno l’esito del monitoraggio periodico effettuato congiuntamente” con i “rappresentanti delle Regioni”, ha spiegato Conte. “E’ – ha aggiunto – chiaro che il ministro della Salute ha adottato un’ordinanza assolutamente aggiornata rispetto all’esito del monitoraggio, però tenete conto, io non sono un tecnico, ma considerate che il monitoraggio non fotografa un dato che arriva stamattina, ma è aggiornato a un dato precedente”. Conte ha puntualizzato che “una volta condiviso l’impianto” delle misure restrittive “le conseguenze sono automatiche, perché basate su criteri predefiniti e oggettivi che sfuggono da qualsiasi contrattazione. Non si può negoziare o contrattare sulla pelle dei cittadini, non lo farà Speranza né i presidenti delle singole regioni, il contraddittorio ci sarà, perché le ordinanze vengono fatte sentito il presidente, ma non negoziato con il presidente”. Il premier ha insisto molto su questo punto: “Le Regioni non sono un alter ego di questo sistema, sono parte integrante del sistema di monitoraggio. Contribuiscono a leggere e interpretare i dati. Le Regioni sono parte integrante quindi. E il confronto deve avvenire con comunità scientifica e cittadini, sono loro che in questo momento sono fuori da questo sistema”.

“Nonostante tutto i mercati ci danno fiducia” – Conte ha parlato anche di altro. È tornato sull’invito all’opposizione per una cabina di regia bipartisan. “Le opposizioni hanno fatto una scelta di rifiutare un tavolo di confronto, non parlo di cabina di regia. che potrebbe far pensare alla condivisione di tutte le responsabilità invece ho detto che se ci ripensano il tavolo di confronto ci sarà ma il governo si assume le proprie responsabilità, state tranquilli. Con piena distinzione dei ruoli”, ha detto il capo del governo. “Ma avvertiamo l’esigenza che in una sfida così drammatica tutti possano quantomeno condividere informazioni, cogliere lo spirito e le finalità delle proposte poi spetta alle opposizioni decidere, l’invito è sempre lì”, aggiunge Conte. Che poi parla anche di affari interni alla sua maggioranza, come per esempio le richieste di un rimpasto: “In realtà non mi è stato chiesto da nessuna forza politica di operare dei rimpasti e, se mi permettete, data anche la criticità dell’intero Paese mi sembra che il team possa interessare poco ai cittadini. Non interessa particolarmente me ma non sta a cuore i cittadini. Ho chiesto un incontro per valutare quali siano la priorità. La gestione della pandemia ci assorbe ma dobbiamo pensare al futuro, al Recovery Plan, anche ad altre iniziative di rilievo costituzionale che possiamo assumere”. Il premier, poi, è ottimista dal punto di vista economico: “Nonostante quello che stiamo attraversando i mercati ci danno fiducia. E’ un segnale importante. Io non so se la stima reale è -9% dobbiamo vedere, ma se riusciamo a contenere il contagio, noi qualche spesa in più ce la possiamo permettere, in termini di fiducia e di ripresa dei consumi”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/04/nuovo-dpcm-ecco-quali-regioni-sono-area-gialla-arancione-e-rossa-e-cosa-succede-conte-con-misure-uniche-nazionali-effetto-negativo/5992333/

Le 5 fasi del complottista [La Vignetta] - Sparatrap

 

https://fattodavoi.ilfattoquotidiano.it/contributo/le-5-fasi-del-complottista-la-vignetta/

Quali sono i 21 indicatori su cui si baserà il governo per le chiusure regionali. - Stefano Rizzuti

 

Il prossimo dpcm permetterà di suddividere l’Italia in tre diverse aree, differenziate sulla base del rischio epidemiologico territoriale e con l’applicazione di diverse misure. Per stabilire in quale area dovrà andare ogni Regione si terrà conto non solo dell’indice Rt, ma di ben 21 indicatori individuati dai tecnici e dal ministero della Salute negli scorsi mesi. Vediamo quali sono.

Tre scenari, differenziati sulla base delle diverse aree regionali e della situazione epidemiologica in ognuna di esse. Una zona rossa, una arancione e una gialla. Utili per individuare le misure da mettere in campo in ogni Regione per contrastare la diffusione del Coronavirus. Le disposizioni saranno contenute nel prossimo dpcm e potranno portare fino a un lockdown in alcune Regioni, a partire da Piemonte, Lombardia e Calabria, quelle ritenute più a rischio. Per collocare ogni Regione in un’area verranno utilizzati alcuni indicatori. Non solo l’indice Rt, ma ben 21 indicatori individuati dal Cts e dal ministero della Salute che sono stati introdotti con un decreto del ministro della Salute, Roberto Speranza, il 30 aprile, quando l’Italia era alle prese con il primo lockdown. Gli indicatori erano stati individuati per le “attività di monitoraggio del rischio sanitario”.

Quali sono i 21 indicatori.

Il decreto di aprile individua 21 indicatori da tenere sempre d’occhio per valutare la situazione epidemiologica di ogni singolo territorio. I 21 indicatori sono suddivisi in tre diverse categorie: indicatori di processo sulla capacità di monitoraggio; indicatori di processo sulla capacità di accertamento diagnostico, indagine e gestione dei contatti; indicatori di risultato relativi a stabilità di trasmissione e alla tenuta dei servizi sanitari. Andiamo a vedere quali sono questi indicatori a cui fa riferimento il governo.

Gli indicatori riguardanti la capacità di monitoraggio.

I primi sei indicatori riguardano il “processo sulla capacità di monitoraggio”. Andiamo a vedere quali sono, secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale del 30 aprile:

1) Numero di casi sintomatici notificati per mese in cui è indicata la data inizio sintomi/totale di casi sintomatici notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.

2) Numero di casi notificati per mese con storia di ricovero in ospedale (in reparti diversi dalla TI) in cui è indicata la data di ricovero/totale di casi con storia di ricovero in ospedale (in reparti diversi dalla TI) notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.

3) Numero di casi notificati per mese con storia di trasferimento/ricovero in reparto di terapia intensiva (TI) in cui è indicata la data di trasferimento o ricovero in Tl/totale di casi con storia di trasferimento/ricovero in terapia intensiva notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.

4) Numero di casi notificati per mese in cui è riportato il comune di domicilio o residenza/totale di casi notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.

5) Numero di checklist somministrate settimanalmente a strutture residenziali sociosanitarie (opzionale).

6) Numero di strutture residenziali sociosanitarie rispondenti alla checklist settimanalmente con almeno una criticità riscontrata (opzionale).

Gli indicatori sulla capacità diagnostica e sulla gestione dei contatti.

Altri sei indicatori sono stati individuati in riferimento al “processo sulla capacità di accertamento diagnostico, indagine e di gestione dei contatti”:

7) Percentuale di tamponi positivi escludendo per quanto possibile tutte le attività di screening e il “re-testing” degli stessi soggetti, complessivamente e per macro-setting (territoriale, PS/Ospedale, altro) per mese.

8) Tempo tra data inizio sintomi e data di diagnosi.

9) Tempo tra data inizio sintomi e data di isolamento (opzionale).

10) Numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale al contact-tracìng.

11) Numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale alle attività di prelievo/invio ai laboratori di riferimento e monitoraggio dei contatti stretti e dei casi posti rispettivamente in quarantena e isolamento.

12) Numero di casi confermati di infezione nella regione per cui sia stata effettuata una regolare indagine epidemiologica con ricerca dei contatti stretti/totale di nuovi casi di infezione confermati.

Gli indicatori sulla trasmissione e la tenuta dei servizi sanitari.

Gli ultimi indicatori, ben nove, sono quelli “di risultato relativi a stabilità di trasmissione e alla tenuta dei servizi sanitari”:

13) Numero di casi riportati alla Protezione civile negli ultimi 14 giorni.

14) Rt calcolato sulla base della sorveglianza integrata ISS (si utilizzeranno due indicatori, basati su data inizio sintomi e data di ospedalizzazione).

15) Numero di casi riportati alla sorveglianza sentinella COVID-net per settimana (opzionale).

16) Numero di casi per data diagnosi e per data inizio sintomi riportati alla sorveglianza integrata COVID-19 per giorno.

17) Numero di nuovi focolai di trasmissione (2 o più casi epidemiologicamente collegati tra loro o un aumento inatteso nel numero di casi in un tempo e luogo definito).

18) Numero di nuovi casi di infezione confermata da SARS-CoV-2 per Regione non associati a catene di trasmissione note.

19) Numero di accessi al PS con classificazione ICD-9 compatibile con quadri sindromici riconducibili a COVID-19 (opzionale).

20) Tasso di occupazione dei posti letto totali di Terapia Intensiva (codice 49) per pazienti COVID-19.

21) Tasso di occupazione dei posti letto totali di Area Medica per pazienti COVID-19

https://www.fanpage.it/politica/quali-sono-i-21-indicatori-su-cui-si-basera-il-governo-per-le-chiusure-regionali/