mercoledì 9 giugno 2021

Lo scandalo dei miliardari Usa esentasse. - Mauro Suttore

 

DREW ANGERER VIA GETTY IMAGES

WASHINGTON, DC - MAY 17: A mobile billboard calling for higher taxes on the ultra-wealthy depicts an image of billionaire businessman Elon Musk, near the U.S. Capitol on May 17, 2021 in Washington, DC. Organized by the group "Patriotic Millionaires," the mobile billboards are rolling through Washington, DC and New York City on Monday to mark Tax Day, calling for higher taxes for wealthy Americans. (Photo by Drew Angerer/Getty Images)

Non c’è bisogno di essere di sinistra per scandalizzarsi di fronte al clamoroso scoop del sito statunitense ProPublica.


Non c’è bisogno di essere di sinistra per scandalizzarsi di fronte al clamoroso scoop del sito statunitense ProPublica.

I 25 uomini più ricchi d’America (e del mondo) pagano poche o nessuna tassa sul reddito: Jeff Bezos (Amazon), Mark Zuckerberg (Facebook, Instagram, Whatsapp), Elon Musk (Tesla), Bill Gates (Microsoft), Michael Bloomberg, Rupert Murdoch, George Soros, Warren Buffett e gli altri hanno versato 13 miliardi di irpef federale nel 2014-2018 su un reddito complessivo di 400 miliardi. La loro aliquota, quindi, è poco più del 3%. 

Ma grazie a una sapiente e legale elusione fiscale, alcuni ricchissimi sono addirittura scesi a zero. Come Musk, la seconda persona più ricca del mondo, che nel 2018 non ha pagato neanche un cent. Buffett ha versato lo 0,1% sui 24 miliardi di crescita della propria ricchezza dei cinque anni esaminati: 23 milioni. L’aliquota di Bezos è stata dell′1%, quella di Bloomberg dell′1,3%, per tre anni Soros è riuscito a stare a zero.

Com’è possibile? L’aliquota massima dell’imposta sui redditi negli Usa è del 37%. La famiglia media americana paga il 14% di tasse federali su un reddito di 70mila dollari. Ma i miliardari dichiarano una minima frazione di reddito annuo rispetto al patrimonio (soprattutto azioni) che non può essere tassato finché non è liquidato. E, soprattutto, beneficiano di miliardi in deduzioni: scaricano praticamente tutte le spese, dagli aerei privati ai palazzi e ville, fino alle fondazioni di beneficienza e ai finanziamenti per i musei. Nel 2011, per esempio, la ricchezza di Bezos aumentò di 18 miliardi, ma lui dichiarò un bilancio in rosso, denunciando perdite sugli investimenti. Così riuscì a ottenere perfino 4mila dollari in assegni familiari per i figli.

È evidente che il sistema non può continuare così. Il presidente Biden annuncia una riforma delle leggi fiscali. Ma il sito ProPublica è pessimista: “Non serve aumentare le aliquote massime, se non si disbosca la giungla delle detrazioni e dei trust ai Caraibi”.

Da tempo si sapeva delle astronomiche diseguaglianze che piagano gli Stati Uniti degli ultimi decenni. In confronto ai miliardari di oggi, i Rockefeller, Carnegie e Vanderbilt un secolo fa erano dei poveracci. Nel 2011 Buffett chiese a Obama di pagare più tasse: “Ho guadagnato tre miliardi, mi avete chiesto solo sette milioni”.

Ma solo ora, con i documenti dell’Irs (Internal Revenue Service, la nostra Agenzia delle entrate) pubblicati da ProPublica in barba alla privacy dei ricchissimi, ci sono cifre sconvolgenti a sostanziare denunce generiche.

Particolarmente fastidiosa risulta la pretesa dei Paperoni di spacciarsi pure per filantropi. Il velo sollevato sulla fondazione Gates dal divorzio fra Bill e Melinda comincia a rivelare aspetti deplorevoli.

A New York e nelle altre metropoli americane si è sviluppata una vera e propria industria dei “charity gala”, le feste di fundraising per le buone cause più disparate con cui i ricchi si lavano la coscienza. E con cui aumentano le deduzioni fiscali per guadagnare ancora di più.

Secondo Forbes nei sedici mesi dell’epidemia Covid, mentre centinaia di migliaia di americani morivano e milioni perdevano il lavoro, i miliardari Usa hanno accumulato altri 1.200 miliardi di guadagni. Inconcepibile, per un impero nato 245 anni fa e cresciuto grazie a due parole: libertà, ma anche eguaglianza.

HUFFPOST

Jeff Bezos andrà nello spazio con suo fratello il 20 luglio: l’annuncio di Blue Origin. - Michela Rovelli

 

Bezos ha annunciato che lui e il fratello si uniranno a chi vincerà un posto nel primo viaggio del razzo New Shepard di Blue Origin nello spazio il 20 luglio.

«Vedere la terra dallo spazio ti cambia. Cambia la tua relazione con il Pianeta, con l'umanità. E' una sola Terra». Così Jeff Bezos ha annunciato su Instagram la sua decisione di partire sulla New Shepard per il suo primo viaggio turistico nello spazio. La navicella di Blue Origin partirà il 20 luglio e ospiterà un gruppo di persone tra cui la persona che vincerà un biglietto nell'asta ancora in corso e che si concluderà il 12 giugno. Già seimila partecipanti da 43 Paesi, 2,8 milioni di dollari l'offerta più alta. Con lui ci sarà anche Jeff Bezos, fondatore di Blue Origin ma anche di Amazon, dove ha lasciato la posizione di Ceo proprio per dedicarsi alle sue altre attività. Tra cui il turismo spaziale. Nel post su Instagram racconta che è «tutta la vita che voglio fare questo viaggio. Un’avventura, una grande cosa per me». E non sarà solo. «Ho chiesto a mio fratello di venire con me perché è il mio più caro amico».

Il viaggio.

Jeff e Mark Bezos voleranno nello spazio a bordo del razzo New Shepard. Il razzo è dotato di una capsula che può ospitare sei passeggeri ed è dotata di grandi finestre per godersi il panorama. Il razzo, una volta decollato, raggiungerà la linea di Kàrmàn, a cento chilometri sopra il livello del mare. A questo punto la capsula si staccherà e i turisti spaziali potranno osservare la curvatura della Terra mentre sperimentano l'assenza di gravità. La capsula dovrebbe poi atterrare nel deserto del Texas grazie a un paracadute.

Fonte: BlueOrigin.com

(fonte: BlueOrigin.com)

Chi è Mark Bezos

Se Jeff Bezos non ha certamente bisogno di presentazioni, è utile spendere qualche parola sulla biografia di suo fratello - nonché il suo «più caro amico» - Mark Bezos. Una carriera e delle ambizioni decisamente diverse. Fondatore di Highpost, un fondo di private equity di cui la famiglia Bezos è socia - insieme tra l'altro al gestore italiano Azimut - Mark Bezos è anche vice presidente, nonché responsabile della comunicazione, di Robin Hood, un'organizzazione di beneficenza che combatte la povertà a New York. Dopo una carriera nel settore pubblicitario, Mark ha deciso di utilizzare le sue capacità di persuasione per fare del bene. E non è finita qui, perché è anche un volontario nella società dei vigili del fuoco a Westechester, una contea dello Stato di New York. Proprio qui vive con la moglie e i suoi quattro figli.

Il primo volo turistico di Space X.

Se Blue Origin sta già scaldando i motori per il suo primo viaggio turistico nello spazio, non è da meno Space XIl primo volo, per la società di Elon Musk, è in programma per la fine del 2021, grazie alla capsula Dragon e al razzo Falcon 9. E sarà il primo volo con un equipaggio interamente civile a bordo. Il finanziatore di questa operazione è Jared Isaacman, Ceo e fondatore di Shift4 Payments, che ha riservato per sé e altre 3 persone i posti a sedere per questo viaggio. Viaggio che durerà tra i due e i 4 giorni e percorrerà l'orbita terrestre bassa. Tra i fortunati partecipanti, c'è Hayley Arceneaux29 enne che lavora come assistente nel St Jude Children's Research Hospital di Memphis e che diventerà la più giovane cittadina americana mai mandata nello spazio. Una scelta che è anche un messaggio di speranza: all’età di 10 anni ad Hayley venne diagnosticato un cancro alle ossa che la portò a un lungo periodo di cura nella stessa struttura dove ora lavora e a una serie di interventi per sostituire alcune sua ossa con altre artificiali. Gli altri due passeggeri saranno estratti a sorteIl terzo posto disponibile sarà assegnato tramite un concorso a premi lanciato proprio con l’obiettivo di raccogliere 200 milioni di dollari di finanziamenti per l’ospedaleQuarto e ultimo posto è stato messo in palio in un contest della stessa società di Isaacman, la Shift4, che si occupa di sistemi di pagamento. Ad aggiudicarselo sarà l’imprenditore capace di progettare il migliore store online attraverso i software di Shift4 e a postare il proprio lavoro su Twitter.

Corsera

Sponsor al Csm: peggio del caso Palamara. - A. Mass.


Lo scenario emerso dall’inchiesta di Potenza è persino peggiore di quello rivelato dall’indagine perugina su Luca Palamara. E ancora una volta è necessario far luce sul rapporto distorto tra politica e magistratura. La notte tra l’8 e il 9 maggio 2019 Palamara viene sorpreso a discutere del futuro della procura di Roma con Luca Lotti e Cosimo Ferri. Entrambi erano all’epoca parlamentari del Pd (il primo imputato di favoreggiamento e rivelazione del segreto, proprio a Roma, nel processo Consip) e non avevano titolo (peraltro neanche Palamara era più al Csm) per discutere della nomina di Marcello Viola, procuratore generale di Firenze, alla guida di piazzale Clodio. Le indagini hanno dimostrato che Viola nulla sapeva delle strategie di Palamara, Lotti e Ferri, e ne fu addirittura danneggiato. L’inchiesta condotta dal procuratore di Potenza Francesco Curcio sulla nomina a Taranto di Carlo Maria Capristo dimostra cosa può accadere – secondo l’accusa: corruzione e favori nella conduzione stessa delle indagini, condotte in nome di Piero Amara, invece che del popolo italiano – quando un procuratore deve la sua nomina a qualcuno (e non al rispetto delle norme). Anche nel caso di Capristo c’è un politico che si interessa alla sua nomina. Si chiama Francesco Boccia (Pd, ex ministro degli Affari Regionali fino al febbraio scorso). Lo ha fatto – spiega Boccia interrogato – su invito del funzionario del Viminale Filippo Paradiso oppure (non ricorda bene) dello stesso Capristo. Ma non fece pressioni, puntualizza. E ci mancherebbe. S’informò soltanto, attraverso la consigliera del Csm Paola Balducci, che gli rispose: Capristo è tra i papabili. Il gip negli atti spiega l’ovvio: lo stesso interessamento dimostra che Boccia era vicino a Capristo e che, quindi, “ne appoggiasse la nomina”. Aggiungiamo che Boccia non aveva alcun titolo né interesse a informarsi sulla nomina di Capristo. A maggior ragione, possiamo dirlo oggi, a giudicare dal risultato.

ILFQ

Il pirlicidio. - Marco Travaglio

 

Avere un libro nella top ten dopo 10 giorni con zero recensioni è già una bella soddisfazione (le recensioni sono come i premi che, diceva Longanesi, “non basta rifiutarli: bisogna non meritarli”). Ma vederlo evocare un po’ da tutti senza mai citarne il titolo (un po’ come la Mercegaglia imputata per evasione) è proprio da sballo. Il bello è che chi lo evoca non l’ha letto. O ha letto l’unica recensione: quella del miglior leccapiedi del Foglio, datata però 14 aprile, quando il libro non solo non era stato pubblicato, ma neppure scritto. Però il noto linguista già sapeva che riguardava “il complotto internazionale contro Conte”. Invece riguarda quattro congiure nazionali, tutte alla luce del sole per chi ha occhi per guardare anziché lingue per leccare. E quella andata a segno si fondava proprio sulla maxiballa delle cancellerie europee allarmatissime per il Pnrr di Conte (che poi era di Gualtieri, Amendola e gli altri ministri), per la governance con 300 tecnici (molto più numerosi dei 550 di Draghi) e per il no al Mes (che, da quando c’è Draghi, è una ciofeca). E chi la raccontava la panzana sesquipedale sull’intera Ue schierata contro Conte, per far dimenticare che il Recovery Fund l’aveva ottenuto lui? Gli stessi giornali che ora la attribuiscono al mio libro (che sostiene l’opposto).

Basti pensare che, mentre Repubblica, Stampa, Corriere, Messaggero, Sole 24 Ore, Giornale, Foglio&C. la sparavano a edicole unificate, il capogruppo del Ppe Martin Weber, merkeliano di ferro, chiamava Lorenzo Cesa per spingerlo ad aiutare il Conte-2 con “responsabili” dell’Udc. La congiura fu tutta italiana (a parte qualche ammiccamento all’ambasciata Usa, allergica alla politica un po’ più multilaterale e un po’ meno servile di quel governo rispetto ai precedenti). Vi parteciparono festosamente i padroni del vapore tramite i loro house organ che chiamiamo “giornali”. I quali ora fanno il giro delle sette chiese in cerca di smentite alla tesi opposta a quella del mio libro che non possono citare. Il Corriere domanda a Conte: “Lei crede al Conticidio per mano (sic, nda) di un complotto internazionale?”. Conte risponde: “Nessuno ha mai pensato a un complotto internazionale. Il mio governo ha sempre ricevuto forte sostegno dalle cancellerie europee”, vedi “l’affidamento per i 209 miliardi del Recovery”. Allora Riformatorio e Foglio se la ridono: “Conte sbugiarda Travaglio” (che dice la stessa cosa). La Stampa ci riprova con Bonafede: “Il famoso Conticidio: crede anche lei (sic, nda) al complotto internazionale?”. Risposta: “Il Conticidio è sotto gli occhi di tutti, ma non fu un complotto internazionale”. Poveretti: farebbero quasi tenerezza, se qualcuno non li scambiasse ancora per giornalisti.

IlFQ

Tane di fossili collegate come un social network.

 

Paleontologo Baucon dell'Università di Genova: 'è stato come sbirciare sulla pagina social di un trilobite'.


Le dinamiche di Facebook hanno dominato gli oceani per 500 milioni di anni: le tane degli animali marini si sono associate secondo le stesse regole che danno forma ai social network dell'uomo. Questa conclusione rivoluzionaria è stata raggiunta in un nuovo studio condotto da un team multidisciplinare di scienziati guidati dal paleontologo Andrea Baucon dell'università di Genova.

"Intanto bisogna dire che si tratta di icnofossili e non di fossili tradizionali" ha specificato il professor Baucon: quindi di tane fossilizzate prodotte da antichi esseri viventi. Queste 'case' di organismi ancestrali sono costruite secondo schemi di alta ingegneria perché fisiologicamente necessarie all'organismo che le abitava. "Per fare un esempio - sottolinea Baucon - una tana ad U con un ingresso rialzato induce la circolazione d'acqua all'interno della tana stessa, consentendo all'organismo che ci vive dentro di sopravvivere anche in ambienti poco ossigenati". Tane che sembrano interconnesse tra loro. Così è nata l'intuizione: collegando le tane trovate nello stesso sito paleontologico si è visto che veniva a crearsi un affascinante e intricato schema a nodi collegati da link simile in tutto e per tutto allo schema matematico che governa i social. In poche parole è stato come guardare per la prima volta il profilo Facebook di una stella serpentina, di un trilobite o di un vermone primordiale. Lo schema è strepitoso. Le tane di acque superficiali sono strettamente collegate tra di esse e, grazie a quelli che lo stesso professor Baucon definisce 'gli amiconi', riescono occasionalmente a collegarsi con il gruppo di tane morfologicamente diverse costruite in acque più profonde. Gli 'amiconi' diventano dunque la 'chiave' che consente alla struttura di emergere. E l'evidenza diventa scientifica quando lo stesso schema viene applicato a 45 siti paleontologici diversi. La ciclicità delle evidenze detta la regola. "Tutto ciò - spiega Baucon - rappresenta una forza finora sconosciuta nel motore dell'evoluzione biologica, è ordine che emerge dal disordine, è possibilità di scambio genetico". L'articolo scientifico intitolato 'Small-world dynamics drove Phanerozoic divergence of burrowing behaviors' e firmato da Baucon, e dai professori Carlos Neto de Carvalho (Lisbona/Castelo Branco) Fabrizio Felletti (Milano) Gabriele Tosadori (Verona) Alexandre Antonelli (Göteborg/Richmond).

ANSA

martedì 8 giugno 2021

Il grillino buono. - Marco Travaglio

 

La scena di Marcello De Vito, grillino della prima ora, presidente del Consiglio comunale di Roma prima, durante e dopo l’arresto per corruzione, che passa a Forza Italia in una solenne cerimonia officiata da Tajani e Gasparri e confessa di sentirsi finalmente a casa perché “Berlusconi è decisamente meglio di Grillo”, conferma due cose. 1) I 5Stelle sbagliano classe dirigente almeno una volta su due. 2) I forzisti non la sbagliano mai. Se non sei imputato o almeno indagato per tangenti, non ti calcolano proprio. Se poi addirittura ti arrestano e ti processano, fai proprio al caso loro. Noi abbiamo sempre nutrito seri dubbi sull’arresto di De Vito su richiesta della Procura di Roma, che sui 5Stelle capitolini non ne ha mai azzeccata una. Gli incarichi professionali affidati a De Vito dal costruttore Parnasi che trattava col Campidoglio per lo stadio della Roma, configurano un plateale conflitto d’interessi che avrebbe dovuto provocarne l’espulsione dal M5S per opportunità politica, non penale. Ma che siano tangenti, in mancanza di contropartite, è piuttosto opinabile, infatti la Cassazione bocciò i suoi tre mesi e più di custodia cautelare. De Vito notoriamente è un avversario interno della Raggi e non ha alcuna influenza sulla giunta, che anzi fa regolarmente l’opposto di quel che dice lui.

Ma queste sottigliezze ai forzisti interessano poco: sono uomini di principio. Un principio semplice ed elementare: ogni grillino è, per definizione, un incompetente populista giustizialista manettaro pauperista e pure comunista, insomma feccia umana (“li manderei tutti a pulire i cessi di Mediaset”, disse B. a corto di stallieri); ma, se lo arrestano e/o lo processano, diventa un tipo interessante. Infatti i talent scout berlusconiani avevano adocchiato Marcello fin dal giorno delle manette. Vuoi vedere – si dicevano – che non è onesto come gli altri grillini? Vedi che, scava scava, può esserci del buono anche in quel covo di pericolosi incensurati? Figurarsi la delusione quando la Cassazione definì il suo arresto “immotivato” e frutto di “congetture”: fu un duro colpo, che frenò per un bel po’ le loro avance. Con tutti i problemi che ha FI, manca solo quello di mettersi in casa un innocente. Creando, fra l’altro, un pericoloso precedente. Poi arrivò la richiesta di rinvio a giudizio e i contatti ripresero festosi, sino al lieto fine di ieri: se qualcuno protesta, si risponde che il nuovo acquisto è imputato, quindi ha tutte le carte in regola. Almeno come soldato semplice. Se poi arriva la condanna (che sarebbe proprio l’ideale), ma anche la prescrizione (che fa comunque punteggio), scatta la promozione. Se invece lo assolvono, il codice etico forzista non perdona: espulsione immediata.

IlFQ

L’inesorabile declino di Alitalia tra ritardi e mancanza di liquidità. - Gianni Dragoni

 

La compagnia non ha i soldi per saldare gli stipendi di maggio e per pagare la quattordicesima di giugno. Il negoziato del governo con la Ue per il decollo di Ita non è concluso. Guadagnano terreno i vettori stranieri.

I dipendenti di Alitalia hanno ricevuto solo metà dello stipendio di maggio e i commissari dell’azienda non sanno quando avranno i soldi per saldare l’altra metà. I commissari avvertono che non ci sono i soldi per pagare la quattordicesima insieme allo stipendio di giugno, servono “22-23 milioni di euro”, secondo il commissario Giuseppe Fava. Gli aerei, pochi, continuano a volare. Il decollo di Ita, la nuova società pubblica che dovrebbe prendere il posto di Alitalia, è rimandato a dopo l’estate. In realtà nessuno sa quando potrà partire e con quale flotta, manca l’autorizzazione della Commissione europea sugli aiuti di Stato.


Parziale ripresa del trasporto aereo.

Mentre il trasporto aereo si sta lentamente riprendendo dopo la mazzata del Covid, la Iata stima che i passeggeri globali nel mondo quest’anno saranno il 52% rispetto all’anno precedente la pandemia, il 2019. Per la compagnia italiana invece la situazione è sempre più critica. Gli aerei sarebbero stati messi a terra alla fine di aprile, se non fosse arrivato un nuovo salvagente del governo, con il decreto legge “Riaperture” che consente l’anticipazione dei 53 milioni residui di indennizzi Covid, stanziati per il 2020. Di questi fondi solo 12,83 milioni sono stati quindi versati alla compagnia, che in totale finora ha ricevuto 310 milioni, sui 350 milioni stanziati per il 2020. Con il decreto “Sostegni bis” di fine maggio il governo ha concesso altri 100 milioni alla compagnia, formalmente un prestito oneroso per non interrompere l’attività, ma questi soldi non sono arrivati sul conto corrente di Alitalia presso Intesa Sanpaolo.


Senza soldi.

Senza nuovi finanziamenti pubblici i tre commissari di Alitalia non saranno in grado di pagare né il saldo del 50% degli stipendi di maggio né di versare le buste paga di giugno, che comprendono la quattordicesima, hanno detto in audizione il 3 giugno alla commissione Bilancio della Camera. «È vitale per noi avere un'iniezione di liquidità. Non solo per garantire gli stipendi ma anche tutti gli altri servizi collaterali al mantenimento in servizio dell'attività di Alitalia», ha detto Fava.


La mazzata del Covid.

Ai guai cronici si è aggiunta la mazzata del Covid. «Nel 2020 i ricavi da passeggeri sono crollati da 2.673 milioni a 590 milioni. Abbiamo avuto un sostegno di 272 milioni, che di fronte a uno choc sui ricavi di circa due miliardi non è una cifra congrua, se si considera anche l’intervento, per multipli di miliardi, fatto da altri Stati europei per le loro compagnie», ha spiegato il commissario Giuseppe Leogrande. Con erogazioni successive quest'anno Alitalia ha ricevuto ulteriori 37,5 milioni. Pertanto ad oggi ha ottenuto 310 milioni, sui 350 stanziati dal governo precedente per il Covid. «Abbiamo ancora una dotazione di circa 40 milioni nel fondo stanziato per il 2020 per l'indennizzo Covid. Abbiamo già presentato le relative richieste, ma l'erogazione dipende da Bruxelles», ha detto Leogrande. Il Covid ha messo ko una compagnia che non era virtuosa, già perdeva 600 milioni all’anno.


L’annuncio di Conte a maggio 2020.

Per quale motivo non si fa il passaggio da Alitalia alla nuova società? Ita è stata costituita il 10 novembre 2020, ma è una scatola vuota, una società di carta, con 39 dipendenti, nove consiglieri di amministrazione e molti consulenti. Nel maggio 2020 il governo Conte ha annunciato la nascita di Ita con uno stanziamento di 3 miliardi, per dotarla del capitale necessario a operare e rinnovare la flotta. Finora sono stati versati 20 milioni. I successivi versamenti potranno avvenire per tranche, solo dopo che la Commissione Ue avrà approvato il piano industriale di Ita. Dopo il primo annuncio, il governo Pd-M5S ha perso 5 mesi a litigare sui nomi dei vertici di Ita, nominati solo il 20 ottobre. Il piano industriale è stato approvato dal consiglio di Ita il 18 dicembre. Ma l’8 gennaio scorso il piano è stato bocciato dalla Ue.


Intesa di massima.

Con Bruxelles è stata raggiunta solo un’intesa di massima, annunciata il 26 maggio dalla Ue e dal governo dopo quattro mesi di scontri tra Roma e la Commissione. Ma c’è tutto un negoziato a livello tecnico da completare e i dettagli sono fondamentali. Insomma, non si sa quando si concluderà «questa benedetta negoziazione con Bruxelles», parole di Leogrande. Poi Ita dovrà ridefinire il piano industriale e l’offerta da presentare ai commissari per l’acquisto del ramo d’azienda di volo di Alitalia, che potrà avvenire con un passaggio diretto, senza una gara. Secondo l’ultima versione del piano, Ita partirà con 47 aerei passeggeri e fra 3.000 e 3.500 dipendenti, rispetto a un totale di Alitalia di 10.106 dipendenti, questa la cifra aggiornata comunicata dall’avvocato Fava. Ita sarebbe una microcompagnia, avrebbe la metà della flotta di Alitalia, che è “più di 95 aerei” secondo un comunicato della Ue di un mese fa.


I bandi di gara e lo spezzatino.

L’accordo di massima tra i ministri Giorgetti e Franco e l’eurocommissaria Vestager prevede che le altre attività di Alitalia saranno messe in vendita con bandi di gara “aperti e trasparenti”. Ita potrà partecipare alle gare per il marchio e il logo. Ci sarà lo spezzatino delle attività di manutenzione e dei servizi aeroportuali, il cosiddetto handling: verranno create due nuove società. Ita potrà avere la maggioranza dei servizi aeroportuali, ma nella manutenzione potrà avere solo una partecipazione di minoranza. Il potenziale candidato alla maggioranza della manutenzione è la società Atitech di Napoli.


Incertezza sui tempi.

Ma in quali tempi si realizzerà questo programma? Nessuno lo sa. Dipende quando si chiuderà l’accordo con la Ue. Il negoziato potrebbe richiedere ancora diverse settimane. E, quando ci sarà l’autorizzazione di Bruxelles, occorreranno «da 60 a 90 giorni per dare il via operativo a Ita», ha detto l’amministratore delegato di Ita, Fabio Lazzerini. Pertanto Ita non potrà decollare prima della fine di settembre. Ma si potrebbe anche andare oltre.


Nuovo volo per Tokyo.

Il problema è che intanto Alitalia non ha le risorse per poter programmare i voli per l’estate. La compagnia ha annunciato un aumento dei voli per le mete delle vacanze, anche un secondo collegamento intercontinentale, da Roma per Tokyo, da luglio; adesso vola solo da Roma a New York. Ma le altre compagnie che volano in Italia fanno molti più voli. E sono pochi i clienti che comprano i biglietti di Alitalia. Se la compagnia dovesse arrivare al collasso e mettere gli aerei a terra, i biglietti sarebbero carta straccia. Non potrebbero neppure essere usati per la nuova società Ita, la Ue non vuole perché ci deve essere discontinuità economica.


In maggio venduti biglietti per 29,7 milioni.

In maggio Alitalia ha trasportato 483.616 passeggeri, sono quasi sei volte quelli del maggio 2020 (erano 86.295), ma sono solo circa un quarto rispetto al livello pre-Covid, nel maggio 2019 erano stati 1,83 milioni. I ricavi dalla vendita di biglietti in maggio sono stati 29,7 milioni, il triplo dell’anno scorso (9,38 milioni), ma una frazione del livello pre-Covid, erano 223,8 milioni nel maggio 2019, dunque -87 per cento.


Ita partirà “a ottembre”.

«Il problema è che tutto è stato posticipato. Doveva partire a ottobre 2020, poi a gennaio, ad aprile, a luglio, ma non so più se questa data sia valida...», ha detto Leogrande riferito a Ita. Leogrande ha detto che c'è totale incertezza «sulle date, sul perimetro e sulle modalità» dell'accordo tra governo e Ue per il trasferimento delle attività a Ita. Tra alcuni osservatori del dossier circola una battuta, “Ita partirà a ottembre”. Di quale anno, non si sa...

IlSole24Ore