lunedì 22 maggio 2023

Pagina Alessandro Orsini - Intervista Zelensky

 

Un gruppo di manipolatori dell’opinione pubblica - cioè un gruppo di disperati sempre più isolato nella società italiana a motivo delle sue menzogne che tutti i giorni vengono a galla inclusa la caduta di Bakhmut e Soledar - ha preso a bersagliare una delle migliori giornaliste italiane, Daniela Ranieri, che, lunedì 15 maggio 2023, aveva scritto un pezzo molto bello e sagace sul “Fatto quotidiano” per criticare, come si addice al giornalismo libero, quell’imbarazzantissimo spettacolo morale e professionale che è stata l’intervista in Italia a Zelensky caratterizzata da un servilismo che non veniva riservato nemmeno a Mussolini. Un servilismo tipico dei regimi autoritari e non delle società libere. Lo stesso servilismo che, applicando il metodo dell’analisi comparata, troviamo nelle interviste televisive in Iran, Egitto, Corea del Nord, Cina e Russia.
Per nascondere il fatto che il governo di Kiev ha massacrato i propri cittadini russofoni in Donbass dal 2014 in poi, e per nascondere il monumento commemorativo noto come “vicolo degli Angeli” con i nomi dei bambini russi uccisi senza pietà da Kiev, inclusi bambini di un anno, i propagandisti della Nato hanno sollevato un grande caos intorno all’articolo di Daniela Ranieri pubblicando decine di link alla rinfusa per creare quel fenomeno che ho chiamato “manipolazione mediante confusione”, dove l’unica cosa chiara è che il sistema dell’informazione sulla politica internazionale in Italia è totalmente corrotto. Che poi i civili russi uccisi da Kiev siano stati 3000 o 2,955 non cambia niente sotto il profilo della ricostruzione storica delle molteplici cause della guerra. E non cambia niente nemmeno il fatto che Kiev abbia ucciso 83,4 bambini russi anziché 99,2 meno 4 con riporto di 2. Questi conti per nobilitare un governo terrorista, il cui capo dei servizi segreti rivendica con orgoglio la propria campagna di assassini mirati contro giornalisti e oppositori, sono semplicemente inumani.
Una delle cause più importanti della guerra è stato il massacro dei russi in Donbass per mano di Kiev tra il 2014 e il 2022. Che piaccia o meno, questo è quello che emerge dalle ricerche condotte nel rispetto della logica dell'indagine scientifico-sociale. Gli articoli di Daniela Ranieri sono bellissimi. La ringrazio di avere ridicolizzato quel gruppo di ridicoli che manco in Cina sotto Mao.
Viva la società libera, viva i giornalisti liberi.
No a tutte le propagande.
No alle politiche criminali del bocco occidentale.
No a tutte le forme di oppressione.
La cultura come strumento di liberazione.

domenica 21 maggio 2023

I COLOSSI DI MEMNONE

 

Gigantesche statue di granito, dal peso complessivo insieme ai piedistalli, di circa 1300 tonnellate, pari a 100 cacciabombardieri Eurofighter completamente armati. Vennero scolpiti in un unico blocco di granito, probabilmente proveniente da una delle mine del Cairo, a 675 chilometri da Luxor.

I colossi di Memnone hanno dei numeri pazzeschi, “quasi impossibili” anche per moderni scultori e architetti. Tutto questo moltiplicato per 6, perché secondo le ultime ricerche, oltre ai 2 “giganti”, ci sono altri 4 colossi ridotti in rovina e sotterrati, solo leggermente più piccoli.

Secondo quanto scritto da diversi storiografi, all’alba di ogni giorno questi colossi emettevano un “suono”, che la leggenda vuole simile ad un canto. La cosa sembra essere fattibile anche da un punto di vista “fisico”. Forse l’evaporazione della rugiada in alcune crepe della statua poteva causare questo suono misterioso, ma è solo un’ipotesi. Verso il III secolo l’imperatore romano Settimio Severo face restaurare i colossi in rovina, e quel suono non su udì più. Probabilmente le riparazioni chiusero alcuni anfratti della statua, da cui si generava il suono, facendolo cessare.

Queste statue esistevano “come minimo” 3500 anni fa, ai tempi di Amenhotep III. Ma trasportare dei blocchi di quelle dimensioni ad oltre 600 chilometri di distanza, circa 1.500 anni prima che Giulio Cesare governasse Roma, sembra essere un’impresa impossibile per gli egizi di quel tempo. Quindi, anche se secondo gli archeologi le statue raffigurano le fattezze di Amenhotep III, vissuto 3500 anni fa, sono in diversi a credere che gli egizi abbiano semplicemente “ritoccato” le fattezze di Colossi preesistenti, per farli sembrare egizi. Lo stesso è accaduto alla Sfinge di Giza. Gli studi più recenti hanno scoperto che le zampe, la coda, il copricapo “egizio” e la “barbetta” (che poi è crollata) furono aggiunti in seguito, per fare sembrare la statua egizia.

I colossi di Memnone, forse, sono i resti di quello che gli egizi trovarono sepolto sotto la sabbia, che poi loro dissotterrarono e restaurarono, un po' come stanno facendo gli archeologi da 100 anni a questa parte. Ma tutto lascia pensare che chi ha originariamente trasporto quei blocchi dal peso incredibile era una civiltà nettamente più avanzata. Infatti, del trasporto di questi blocchi, non esiste traccia nei resoconti ufficiali egizi. Viceversa, quando almeno 1500 anni fa i Romani trasportarono su una barca un obelisco dal peso simile, giustamente il racconto di quel trasporto “eccezionale” venne documentato passo-passo, entrando di diritto nella “leggenda” delle opere di tecnologia.

Chiunque abbia trasportato quei blocchi, ha anticipato COME MIINIMO i romani di circa 1500 anni. Per fare un paragone, 1500 anni fa, noi entravamo nel “medio evo”, con carretti di legno, asinelli, animali da soma, e via discorrendo. Circa 1500 anni dopo, noi ci prepariamo a sbarcare su Marte. Ecco cosa separava i romani dai chi ha trasportato i colossi di Memnone.

Ma è molto probabile che il trasporto “vero” sia avvenuto almeno 7.500 anni fa, se non di più. Infatti, con una rilevazione effettuata con il metodo della “Luminescenza stimolata otticamente (OSL)”, compiuta dal Dipartimento di Archeometria dell´ Università dell’Egeo, in Grecia, è stato rilevato che la roccia calcarea del tempio di Qasr-el-Sagha può risalire addirittura al 5550 a. C. (datazione media: 4700 ± 850 a.C.). I colossi dovrebbero appartenere ad una data simile, o precedente, e originariamente “non erano egizi”.

L’articolo continua sul libro:
HOMO RELOADED – 75.000 ANNI DI STORIA NASCOSTA

Puoi trovare una copia del libro a questo link:
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La piramide di Teotihuacán.

 

Una prospettiva aerea espansiva svela la maestosa piramide di Teotihuacán, una meraviglia architettonica accattivante. Questo antico sito mesoamericano, situato nell'attuale Messico, mostra una magnifica struttura che suscita attenzione e soggezione. Risorgendo orgogliosamente dalla terra, la piramide è la testimonianza dell'ingegno e della bravura dei suoi creatori. Il suo design preciso e la sua imponente scala dimostrano l'ingegneria avanzata e l'artigianato della civiltà Teotihuacán. Mentre si guarda su questa straordinaria vista, non si può fare a meno di lasciarsi catturare dalla grandezza e dal significato della piramide, offrendo uno sguardo alla ricca storia e al patrimonio culturale di questa straordinaria antica civiltà.

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VIVIAMO IN UN “UNIVERSO VIVO” O IN UN “UNIVERSO MORTO”?

 

Viviamo in un Universo vivo o in un Universo morto? Fino a poco tempo fa i fisici hanno trattato l’Universo come qualcosa di morto, inanimato, composto da semplici minerali e gas che si muovevano da una parte all’altra senza uno scopo. Questo modello di Universo derubrica la “Vita” quasi a un “incidente di percorso”, qualcosa di insignificante, che poteva esserci o non esserci senza fare alcuna differenza. Nei modelli dell’Universo del secolo scorso il problema “Vita” non era minimamente contemplato.

Ora diventa sempre più evidente che in questa vecchia concezione dell’Universo è stato commesso un errore grossolano. Nel maggio 2001, due ricercatori dell’università “Federico II” di Napoli, Bruno D’Argegno, docente di geologia e Giuseppe Geraci, docente di biologia molecolare, annunciarono che in alcune meteoriti vecchie di 4,5 miliardi di anni erano presenti tracce di organismi che possono essere batteri o i loro “cugini”, gli “archea”. Consideriamo quanti pochi asteroidi e comete siamo stati in grado di analizzare, e da quanto poco tempo lo facciamo. Nonostante questo, abbiamo trovato molte tracce di batteri. Se paragoniamo questo con i miliardi di miliardi di meteore e comete che fluttuano nello spazio, è evidente che l’Universo brulica di batteri che usano le comete come una sorta di “autostop”.

Tutto questo porta molti famosissimi ricercatori a pensare che nell’Universo la Vita è tutt’altro che un “incidente” avvenuto solo sulla Terra. Nell’Universo la Vita è la regola. Quindi non si può parlare più di un Universo “morto”, ma di un Universo “vivo”. Ma se l’Universo è vivo, allora tutti i vecchi modelli di Universo sono sbagliati, o come minimo, parziali. Questo perché in questi vecchi modelli, l’elemento “Vita” non è mai stato preso in considerazione come “fondamentale”.

Prendiamo ad esempio la domanda: “Come si diffonde la vita nell’Universo”? Secondo la fisica attuale, nulla si può spostare a velocità maggiore della luce. Ma questo vorrebbe dire che se volessimo percorrere da capo a capo il nostro universo al 99,99% della velocità della luce impiegheremmo circa 14.000.000.000 di anni. In pratica noi siamo quasi immobili nell’Universo. Ma se noi siamo immobili, allora vuol dire che la Vita non può viaggiare nell’Universo, restando “viva”. Infatti, è molto probabile che la maggior parte degli esseri viventi, come i batteri, morirebbero durante un viaggio così lungo. Eppure, la Vita viaggia nel nostro Universo, e noi ne abbiamo le prove. Come fa? Da dove viene? Chi o cosa la manda? Evidentemente, qualcosa sul modo stesso in cui noi concepiamo l’Universo è sbagliato, o ci sfugge.

Tra le cose che dovremo rivedere, ad esempio, è l’idea che non esiste nulla che vada più veloce della luce. Infatti, il professor Antonio Ereditato e i suoi collaboratori, sotto il laboratorio CERN del Gran Sasso, sono stati i primi a portare la prova che particelle chiamate “neutrini” viaggiano più veloce della luce. Non appena questi dati verranno convalidati da altri istituti di ricerca, la nostra intera Fisica verrà rimessa in discussione. E la principale obiezione alla spiegazione “dell’Universo vivo” cadrà.

L’articolo continua sul libro:
HOMO RELOADED – 75.000 ANNI DI STORIA NASCOSTA

Puoi trovare una copia del libro a questo link
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AD MAIORA! [Verso cose più grandi!]

 

Il Latino non è una lingua morta.
Ogni domeniche mattina racconto e attualizzo un Motto Latino.

Oggi è la volta di un motto molto famoso:
Ad Maiora!

La sua forma non è mutata nel tempo.
“Ad Maiora!” dicevano i latini e “Ad Maiora!” diciamo noi moderni. Di generazione in generazione questo motto è stato tramandato nella forma originale.

“Ad Maiora!” è una formula augurale.
Di solito viene rivolto a chi ha appena raggiunto un traguardo importante, in campo lavorativo, scolastico o amoroso. Per una promozione, un nuovo incarico, una laurea, un matrimonio. Lo scopo è quello di auspicare dei successi ancora più grandi e importati! Complimenti per il traguardo raggiunto, ti auguro un futuro ancora più positivo.
Spesso viene usato nei brindisi e si risponde dicendo: SEMPER!

“Maiora” è il plurale neutro del comparativo di MAGNUS [Grande]. Maior, Maius significa “più grande”. Nel latino, oltre al maschile e il femminile, c’è anche il NEUTRO. Che al plurale diventa “le cose più grandi”
“Ad” invece è una preposizione e indica un movimento verso qualcosa.
Quindi “verso cose più grandi”

Viene usata spesso anche nella forma rafforzativa: AD MAIORA SEMPER!
[Verso cose più grandi sempre!]

Ha ispirato tantissime cose.
Associazioni, Scuole, Squadre, Locali, Ristoranti, Aziende, Tatuaggi.
Tanti portano il nome Ad Maiora!
E viene usato in continuazione anche come saluto tra le persone.

E oggi? Quale significato ha oggi?
Può essere un auspicio che facciamo a noi stessi. Soprattutto quando siamo all’inizio di un percorso, quando sappiamo di essere in gamba ma ancora dobbiamo dimostrare tutto il nostro valore. Ma lo senti che prima o poi ci riusciremo. Miglioreremo, cresceremo e faremo cose eccezionali. Una botta di fiducia! Un momento di automotivazione!
Magari urlata ad alta voce insieme a chi stiamo portando avanti un progetto o un’impresa.
Come dire: siamo solo all’inizio ma ne vedrete delle belle!
AD MAIORA!

Mi ricorda tantissimo “se tu segui tua stella non puoi fallire a gloriosa porto” di Dante.

Bello questo motto vero?
Lo avete usato anche voi, vero?
Quale vi piacerebbe fosse il prossimo?

#piùlatinismi #menoinglesismi 


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Etica, onore, stima, ...

 

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sabato 20 maggio 2023

Questi pannelli solari si appendono alle ringhiere del giardino. - Riccardo Ciriaco

 

Sviluppati dalla tedesca Green Akku, promettono prestazioni migliori del fotovoltaico da balcone: tutti i vantaggi.


Dalla ringhiera del balcone alla staccionata del giardino, i pannelli fotovoltaici traslocano nel prato di casa. Ad accompagnarli è la startup tedesca Green Akku, che ha pensato bene di sfruttare il verde della Germania e l’interesse dei suoi abitanti verso le rinnovabili per progettare degli speciali pannelli solari.

Basta appenderli e agganciarli alla ringhiera o alla staccionata del giardino per godere di tutta l’energia che si vuole. Utili soprattutto in certi momenti della giornata, queste soluzioni sono flessibili per ogni superficie e vengono vendute con il kit completo per l’installazione. Il prezzo? È di 417 euro.

Tutto il necessario

“Grazie al fissaggio verticale dei moduli alla recinzione della proprietà o del giardino – è la descrizione della startup –, si ottengono rendimenti particolarmente elevati quando il Sole è basso. Ciò significa che il sistema di recinzione funziona molto meglio di un sistema a tetto, soprattutto quando è necessaria molta energia, cioè nelle ore del mattino e della sera”.

“I set completi – aggiunge – sono costituiti da moduli fotovoltaici, microinverter, materiale di montaggio e vengono forniti con tutto il necessario per l’installazione. Possono essere fissati in modo flessibile alle recinzioni esistenti, adattandosi così in modo ottimale alle vostre esigenze”.

Foto - Pannelli solari da giardino

I pannelli solari da giardino della startup tedesca Green Akku

Anche sul balcone

Prima di quelli da giardini, Green Akku vendeva pannelli fotovoltaici da balcone, per “ridurre la bolletta elettrica” e “dare un contributo alla protezione del clima”. Adesso, però, la startup propone anche una soluzione che considera migliore.


https://insideevs.it/news/668091/pannelli-solari-fotovoltaici-giardino-germania/