Foto di Venita Oberholster da Pixabay
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 9 ottobre 2023
LA SINDROME DI ASPERGER. - Viviana Vivarelli
Cassazione: va garantito un salario minimo costituzionale. - Giuseppe Bulgarini d'Elci
La Suprema corte, chiarisce che il salario minimo fissato per legge non è esente da una verifica del giudice sulla congruità rispetto ai parametri costituzionali della giusta retribuzione.
La presenza di una legge sul salario legale non può realizzarsi operando un rinvio in bianco alla contrattazione collettiva, in quanto anche in questo caso occorre muoversi nella cornice dei parametri costituzionali di sufficienza e adeguatezza della retribuzione.
Il nostro ordinamento è ispirato a una nozione della remunerazione non come prezzo di mercato in rapporto alla prestazione di lavoro, ma come retribuzione adeguata e sufficiente per assicurare un tenore di vita dignitoso .
La circostanza che la retribuzione minima sia determinata sulla scorta del contratto collettivo comparativamente più rappresentativo nell’ambito del settore di attività non impedisce, laddove sia dedotto un contrasto con l’articolo 36 della Costituzione, di allargare l’analisi ad altri parametri concorrenti.
Questa regola si applica, ad avviso della Cassazione (sentenza 27711/ 2023, depositata ieri,) anche nel caso del «salario minimo legale» , quando la determinazione del trattamento economico sia devoluta per legge a uno specifico contratto collettivo.
Il rispetto dei parametri costituzionali opera anche in presenza di una disciplina legale del salario minimo dove, come avviene per il settore del lavoro in cooperativa (articolo 3, legge 142/2001), è previsto che il lavoratore abbia diritto a un trattamento economico complessivo non inferiore ai livelli minimi previsti dalla contrattazione collettiva nazionale “leader” di settore.
La Cassazione perviene a questa soluzione osservando che l’assetto costituzionale vigente impedisce «una riserva normativa o contrattuale a favore della contrattazione collettiva nella determinazione del salario».
Se, in prima battuta, il rispetto dei parametri costituzionali sulla giusta retribuzione richiede di sottoporli a una verifica di conformità sulla base del contratto nazionale di lavoro firmato dalle associazioni datoriali e sindacali maggiormente rappresentative, come prevede la legge 142/2001, l’eventuale esito negativo impone di allargare l’indagine ad altri parametri concorrenti.
In questo passaggio ritroviamo un elemento di grande interesse perché viene chiarito che il parametro di valutazione non sono solo gli altri contratti collettivi di settori affini, ma anche fonti esterne come gli indicatori economici e statistici utilizzati per misurare la soglia di povertà (indice Istat) o la soglia di reddito per accedere alla pensione di inabilità.
La Corte di legittimità non fornisce un elenco analitico di parametri alternativi e richiama, tuttavia, alcuni istituti di immediata lettura, tra cui spiccano i dati Uniemens censiti dall’Inps per il salario medio, i valori dell’indennità Naspi, i trattamenti di integrazione salariale in presenza di riduzione o sospensione dell’attività e altre forme di sostegno al reddito.
Un elemento di forte richiamo è agli indicatori statistici individuati dalla Direttiva Ue sui salari minimi adeguati (2022/2041), di cui la Cassazione sottolinea l’obiettivo di perseguire la dignità del lavoro, l’inclusione sociale e il contrasto alla povertà.
In un contesto sociale influenzato da severe dinamiche inflazionistiche e da cronici ritardi nei rinnovi dei contratti collettivi emerge una situazione di lavoro povero, declinato dalla Cassazione come «povertà nonostante il lavoro», che i Ccnl non sono sempre in grado di intercettare.
È su questo piano che agisce la Suprema corte, prevedendo che il salario minimo fissato per legge non è esente da una verifica di congruità rispetto ai parametri costituzionali della giusta retribuzione.
“Salario minimo”, il giudice disapplica il contratto collettivo sotto la soglia costituzionale. - Francesco Machina Grifeo
Autore: Marie-Lan Nguyen Copyright: Public Domain |
Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza n. 27711 depositata oggi, accogliendo (con rinvio) il ricorso del dipendente di un cooperativa che lamentava la non conformità all’articolo 36 Cost del suo Ccnl.
L’articolo 36 della Costituzione laddove indica che la retribuzione deve essere (oltre che “proporzionata”) “sufficiente” ad assicurare un’esistenza “libera e dignitosa” pone un limite sotto il quale non si può scendere. Un limite sempre sindacabile dal giudice e che dunque prevale anche sulla contrattazione collettiva “che non può tradursi, in fattore di compressione del giusto livello di salario e di dumping salariale”. E le cose non cambiano neppure quando sia una legge a rinviare espressamente al Ccnl (come nel caso specifico). Lo scrive la Corte di cassazione, sentenza n. 27711 depositata oggi, accogliendo (con rinvio) il ricorso del dipendente di un cooperativa che lamentava la non conformità all’articolo 36 Cost. del suo stipendio di vigilante (in un supermercato Carrefour) nonostante fosse quello indicato dal Ccnl Servizi Fiduciari. In primo grado il giudice gli aveva dato ragione confermando l’inadeguatezza dell’emolumento. Per la Corte di appello invece la valutazione di conformità del giudice non poteva applicarsi in presenza di contratti collettivi vigendo il principio della libertà sindacale.
Una lettura bocciata dalla Sezione lavoro secondo cui “nell’attuazione dell’art.36 della Cost. il giudice, in via preliminare, deve fare riferimento, quali parametri di commisurazione, alla retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria, dalla quale può motivatamente discostarsi, anche ex officio, quando la stessa entri in contrasto con i criteri normativi di proporzionalità e sufficienza della retribuzione dettati dall’ art. 36 Cost ., anche se il rinvio alla contrattazione collettiva applicabile al caso concreto sia contemplato in una legge, di cui il giudice è tenuto a dare una interpretazione costituzionalmente orientata”. Inoltre, ai fini della determinazione del giusto salario minimo costituzionale “il giudice può servirsi a fini parametrici del trattamento retributivo stabilito in altri contratti collettivi di settori affini o per mansioni analoghe”. Infine, nell’opera di verifica della retribuzione minima adeguata “può fare altresì riferimento, all’occorrenza, ad indicatori economici e statistici”, non dovendo però ancorare la propria valutazione, per esempio, alla soglia di povertà fissata dall’Istat annualmente ma accogliendo una nozione più ampia, anche secondo quanto suggerito dalla Direttiva UE 2022/2041 del 19 ottobre 2022, per la quale si deve tener conto “anche della necessità di partecipare ad attività culturali, educative e sociali”.
Nel caso concreto il lavoratore aveva dedotto che a seguito dell’applicazione, da un cambio di appalto all’altro, di Ccnl sempre diversi e peggiorativi – sottoscritti anche dalle OO.SS. maggiormente rappresentative – si era prodotto il risultato di una diminuzione della retribuzione pur nell’identità dell’attività di lavoro svolta da esso e dalla stessa datrice di lavoro.
La necessità di una verifica giudiziale “nonostante” la contrattazione, prosegue la sentenza, “per individuare nel caso concreto un minimo invalicabile in attuazione della regola costituzionale, si pone dunque in ogni caso, ed anche in questa causa in cui il giudice è stato chiamato a sindacare il salario applicato da una cooperativa di lavoro ed attraverso di esso la stessa legge che sta a monte imponendone l’applicazione”.
L’intervento giudiziale, precisa la Corte, può riguardare non solo il diritto del lavoratore di richiamare in sede di determinazione del salario il CCNL della categoria nazionale di appartenenza, “ma anche il diritto di uscire dal salario contrattuale della categoria di pertinenza”. Dal momento che “per la cogenza dell’art. 36 Cost., nessuna tipologia contrattuale può ritenersi sottratta alla verifica giudiziale di conformità ai requisiti sostanziali stabiliti dalla Costituzione che hanno ovviamente un valore gerarchicamente sovraordinato nell’ordinamento”.
Spetta dunque al giudice di merito “valutarne la conformità ai criteri indicati dall’art. 36 Cost.”, mentre il lavoratore “ deve provare solo il lavoro svolto e l’entità della retribuzione, e non anche l’insufficienza o la non proporzionalità”. Al lavoratore dunque “spetta soltanto l’onere di dimostrare l’oggetto sul quale tale valutazione deve avvenire, e cioè le prestazioni lavorative in concreto effettuate e l’allegazione di criteri di raffronto, fermo restando il dovere del giudice di enunciare i parametri seguiti, allo scopo di consentire il controllo della congruità della motivazione della sua decisione”.
Risulta pertanto, conclude la Suprema corte, che nel nostro ordinamento una legge sul “salario legale”, come quella in materia di cooperative, non possa realizzarsi attraverso un rinvio in bianco alla contrattazione collettiva; posto che il rinvio va inteso nel quadro costituzionale che impone un minimum invalicabile nel caso concreto. “Sicché una legge (come quella in tema di cooperative ed in ogni altro settore) che imponga la determinazione di un salario minimo attraverso la contrattazione deve essere parimenti assoggettata ad una interpretazione conforme all’art. 36 ed all’art 39 Cost.”.
Caravaggio - Guendalina Middei
Lo sapevate che... Caravaggio venne arrestato per possesso d’armi, condannato per aver insultato le guardie cittadine, accusato di aver lanciato ad un garzone un piatto di carciofi, ricercato per aver ferito gravemente un notaio.
Si addentrava senza paura nei quartieri popolari, nelle bettole malfamate e usò come modelli per le sue Vergini ed i suoi Santi, pezzenti, prostitute, ragazzini di strada. Tutto questo ha contribuito alla sua fama di pittore maledetto. Ma, a dispetto del sua vita burrascosa, i dipinti di Caravaggio ci colpiscono per i loro incredibili effetti di luce e per l’intensa espressività dei suoi soggetti.
Avete mai visto dal vivo un dipinto di Caravaggio? I suoi angeli, le sue madonne, i suoi santi sembrano guardarvi dritti negli occhi. E tu non puoi fare altro che restare paralizzato. Guardatelo. Guardate per un istante questo dipinto. Caravaggio ci mostra con precisione chirurgica le pieghe di carne sul costato del santo. Il volto di San Girolamo si staglia contro l’oscurità che minaccia di inghiottirlo ed esprime tutta l’angoscia dell’uomo che meditando sul mistero della morte (simboleggiata dal teschio) prende coscienza della caducità della vita umana. Ho visto persone piangere di fronte a questo quadro. E anche io ho pianto. Era un uomo irreprensibile? Non lo era affatto.
«Immagino sappia che uccise, durante una rissa, un certo Ranuccio Tommasoni e che per questo venne condannato a morte. Decapitazione. Il nostro naturalmente fuggì da Roma per scampare alla condanna, e la sua psiche, già fragile di suo, ne restò devastata. Incominciò a ritrarre di continuo teste mozzate e per ben sei volte usò il suo volto come modello. Se lo immagini, quest’uomo un tempo brillante, conteso da principi, marchesi e cardinali, costretto a nascondersi in qualche sudicia, maleodorante locanda, che con dita tremanti dipinge la sua testa adagiata su un piatto dorato, con un fiotto di sangue che ancora zampilla dalla ferita. Vede, la sua mente non gli dava tregua, non poteva fare a meno di inscenare di continuo la propria morte e lei del resto... gli somiglia moltissimo, sa? A Caravaggio intendo»
Il virgolettato è tratto dal mio romanzo «Intervista con un matto». Se volete scoprire di cosa parla, potete leggerne un estratto gratuito qui: https://www.amazon.it/Intervista-matto.../dp/883205597X/
Guendalina Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X #caravaggio #arte #arteitaliana #cultura
https://www.facebook.com/photo?fbid=881815913312182&set=a.655388085954967