Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
martedì 27 agosto 2013
LA SCELTA DI SILVIO: TUTTO E’ PERDUTO FUORCHE’ LE AZIENDE ? - Marco Della Luna
Silvio Berlusconi e il PDL pare abbiano deciso per la linea dura: B. rompe il governo favoLetta se non lo si lascia senatore o se N. non lo fa senatore a vita (a pari merito con Monti), carica che lo ripara contro possibili misure cautelari dei magistrati che lo perseguono. Se fossi B., se non avessi da tutelare le sue aziende di famiglia, se non considerassi l’Italia irrecuperabile, già in pugno agli stranieri, perciò assurdo scatenare una guerra per governarla, io adesso mi giocherei il tutto per tutto rovesciando il tavolo, perché B, alla sua età, o riesce a sbaraccare il sistema, oppure è finito. E finito ingloriosamente, perché tutti lo hanno menato per il naso. Per lui, allora, meglio morire sulla breccia che vivere da beffato e mazziato.
Quindi, prima di essere scacciato, andrei in Senato e spiegherei sostanzialmente che è illogico e ipocrita insistere tanto sull’indiscutibilità delle sentenze e delle leggi, dato che in Italia, come tutti sanno – giudici, politici, avvocati – non esiste alcuna legalità né poteri super partes, né, quindi, veri giudici, né giustizia o sentenze da rispettare; che ogni politico, magistrato e avvocato sa come le regole si fanno e si aggiustano da sempre per sé e per gli amici, anche quelle processuali e costituzionali; che chi ha un potere pubblico lo usa a fini privati e innanzitutto per pagare chi glielo ha dato; e che tutto questo è un sistema culturale storicamente consolidato, e si va avanti non con le leggi ma attraverso mediazioni e accordi sottobanco. Politici e istituzioni simulano di essere tutori della legge per legittimare se stessi soprattutto come spremitori dei contribuenti, succhiatori di denari pubblici, beneficiari di poltrone, privilegi e impunità. E per stroncare i loro avversari e concorrenti anche con mezzi giudiziari.
Spiegherei che è sotto gli occhi di tutti come la Costituzione è stata rovesciata, come la forma di governo, da ben prima di Napolitano, è stata illegittimamente trasformata in una repubblica presidenziale con un presidente non eletto dal popolo, temuto, sacralizzato, confermato a vita, simile a un pontefice, ma che fa politica attiva, e che ultimamente subisce direttive dall’estero sulla sostituzione dei governi. E ciò anche grazie al fatto che, mediante i trattati (WTO, Schengen, Lisbona, Fiscal Compact), avete persino stravolto la prima parte della Costituzione, cioè i suoi principi etici fondanti, aggirando l’art. 138 e cedendo la sovranità popolare. Quindi è tutta una presa per i fondelli, tutto uno sopruso, è tutto fuori legge e antidemocratico. Chi difende un tale sistema è da proscrivere, un infame. Chi invoca la legalità per far fuori gli avversari politici è un ipocrita e un brigante. E’ ora di dire pane al pane e di scoprire gli altarini, e che il popolo riprenda in mano la propria sorte.
Spiegherei che molti importanti magistrati dichiarano apertamente, alla luce del sole, di organizzarsi per perseguire obiettivi politici, segnatamente per mandare al potere la sinistra contrastando i suoi avversari, e che i 41 processi intentati a mio carico sono, almeno in maggioranza, appunto rivolti a quel fine, oltre al fine di consentire a Rupert Murdoch di prendersi sottocosto le mie televisioni per conquistare il monopolio tele-educativo degli italiani. Per contro, i magistrati di sinistra hanno chiuso gli occhi sugli affari sporchi della sinistra nella gestione della cosa pubblica, soprattutto nelle campagne di privatizzazioni e svendite di aziende e risorse pubbliche, come documentato in libri quali Corruzione ad Alta Velocità dell’ex giudice ed ex comunista Imposimato. Tutto lo Stato è radicalmente nell’illegalità e nell’incostituzionalità. Che potete rimproverare, quindi, a me, voi, che siete solo complici, golpisti e sepolcri imbiancati?
Pertanto mi presenterei in giunta delle elezioni e affermerei che il Senato, nella sua autodikia, a norma dell’art. 66 Cost., verificando se ci sono stati soprusi o persecuzioni da parte dei giudici, deve esaminare i fatti e prendere atto della inattendibilità generale dei pronunciamenti degli organi giudiziari italiani, sovente strumentali, soprattutto in casi e su persone politicamente rilevanti; inattendibilità generale che, nel mio caso particolare, è affiancata da molti elementi di dichiarata ostilità a me di un giudice, e di forzatura a mio danno delle risultanze istruttorie, oltreché dal ventennale accanimento accusatorio. Proclamerei che, in Italia, non ci sono giudici o Colli imparziali: tutti sono di qualche parte, tutti sono schierati, tutti difendono interessi; inoltre la giustizia italiana è una delle peggiori del mondo, a livello di Africa nera, quindi è doppiamente inattendibile, e le sue sentenze sono non da rispettare e recepire dogmaticamente, ma da valutare criticamente, secondo scienza e coscienza; e il Senato, dovendo istituzionalmente tutelare se stesso e i suoi membri dai possibili attacchi dei poteri esterni, non può recepire una sentenza manifestamente ingiusta e persecutoria contro un suo membro. In ogni caso, aggiungerei, la legge Severino dispone l’incandidabilità di chi vorrebbe concorrere in nuove elezioni, nongià la decadenza di chi è già eletto; inoltre si tratta di una sanzione che non può applicarsi a un fatto precedente all’entrata in vigore della legge medesima. (Questi due argomenti hanno almeno qualche validità giuridica, sicché va quantomeno applicato il principio generale “in dubio pro reo”).
A questo punto, di fronte a tale attacco frontale al partito dei magistrati e a Napolitano, il PD, i Montiani e i Casiniani, anche qualora condividano gli argomenti giuridici suddetti, sarebbero costretti a votare in giunta la mia decadenza, quantomeno perché altrimenti sembrerebbero avallare quell’attacco, e perderebbero il favore dei poteri forti prima ancora del voto dei loro elettorati.
Subito dopo mi dimetterei assieme a tutti i ministri e ai parlamentari del PDL, ripetendo a più non posso al popolo la mia denuncia contro la casta, gli abusi, la sovversione della Costituzione, l’illegittimità del sistema. Farei il possibile per delegittimare chi mi può contrastare o mettere in cattiva luce, ossia non solo la fazione dei magistrati cattivi, ma pure Napolitano e le istituzioni europee, rivangando il passato antidemocratico del primo e accusando le seconde di aver lavorato ai danni dell’Italia perché dominate dalla Germania e da finanzieri predoni, mandandola in depressione economica profonda. E costituirei al posto del PDL non una Forza Italia, ma una Rifondazione Italiana, o un Partito della Ricostituzione Nazionale, con un programma, appunto, costituente, incentrato sulla delegittimazione dell’attuale regime e sul ripristino dei principi costituzionali violati, per una giustizia spoliticizzata, magari per una repubblica nazionale democratica e indipendente anche nelle politiche economiche, che si sottragga alla dittatura del cartello bancario europeo e mondiale. Così sottrarrei elettorato anche al M5S e alla sinistra vera. Cavalcherei le crescenti tensioni sociali a spron battuto. Direi che l’incandidabile non sono io, ma ciascuno di quelli che hanno rovesciato la Costituzione del 1948 e asservito l’Italia ad interessi stranieri. E cercherei di andare a elezioni politiche anticipate col porcellum, perché se vinco mi dà il premio di maggioranza. Però forse rifletterei che il mio partito, il mio popolo, non è in grado di cambiare realmente il Paese, perciò manovrerei in modo di far vincere il M5S, che, se vince, qualche sconquasso lo fa in ogni caso, nel bene o nel male, ma sempre spettacolaramente.
Se però B. pensasse davvero con la mia testa, non farebbe alcunché di quanto sopra, bensì rileggerebbe la storia, a lui già nota, di Re Parikshit, direbbe a se stesso che il modo migliore per ispirare un cambiamento vero, profondo, negli italiani, sarebbe anche la scelta migliore per lui, a questo punto e questa età: ossia dare un esempio eclatante, cambiare la sua vita, rinunciare alla contesa, al potere, al mondo, alle fidanzate, per ritirarsi all’estero a vivere serenamente dedicandosi a tutto ciò che sembra aver trascurato sinora, a ciò che può dare progettualità e splendore alla vita anche nella sua fase finale.
Ma restando terra terra, la cosa più sensata da fare, per B, sarebbe concludere un baratto in questi termini: “Voi combinatemi e garantitemi una vendita a prezzo vantaggioso delle mie aziende familiari, e io mi ritiro dalla politica e me ne vado con la mia famiglia a vivere all’estero, dove fisserò la mia dimora in un paese da cui non ci sia estradizione. E voi potrete finire in pace di mangiarvi l’Italia, pardon, di far mangiare l’Italia dai vostri burattinai stranieri del Bilderberg, Grillo permettendo. Però spero che vi faccia un culo così!”
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=12240
I 4 DELL’APOCALISSE. - Piero La Porta
La minaccia di bombardare la Siria anche senza mandato delle NU ha almeno due scopi: 1) saggiare la capacità/volontà di reazione di Russia e Cina; 2) presentarsi alla conferenza di pace sulla Siria col colpo in canna.
La messa in scena degli attacchi col gas è successiva e strumentale a un piano più ampio preparato sin da luglio ( leggi qui) rivelato da Foreign Policy ( leggi qui).
Siamo alle manovre preliminari alla battaglia, quando il condottiero cerca di conquistare una posizione più favorevole sul campo, dalla quale sparare più agevolmente sul nemico allo scoperto e, in questo caso, arrivare da una posizione di forza alla conferenza di pace – se si farà – per la Siria.
Dopo aver cercato inutilmente una risoluzione favorevole nelle NU, vista l’opposizione russa e cinese, dicono che si possa fare a meno della benedizione onusiana e, per questo scopo si sarebbero accontentati anche solo del cuore della pubblica opinione, come avvenne per bombardare Belgrado, infettando le coscienze degli europei con una massa di false notizie.
Questa volta tuttavia e ben prima di quanto si attendevano – a parte il gregge di imbecilli nel giornalismo italiano – il dubbio s’è fatto strada. Così nel web vengono a galla vecchie complicità della CIA con Saddam nel gasare le truppe iraniane ( leggi qui) e persino uno come Colin Powell (quello delle patetiche fialette piene di nulla, mostrate balbettando al Consiglio di Sicurezza per giustificare l’attacco all’Iraq) persino Powell prende le distanze ( leggi qui) dal condottiero, Hussein Barak Obama, premio Nobel per la pace su cauzione, che ha fatto più morti lui in cinque anni che Augusto Pinochet in venticinque. E non gli bastano.
I quattro cavalieri – Obama, Cameron, Hollande e la Merkel – sognano un ordine mondiale i cui effetti sinora sono: disordine economico, disordine sociale, disordine politico e guerra alle viste. Nessuno di questi effetti è loro sgradito né inatteso: come tutti i grandi criminali politici della storia sono convinti di poter cavalcare l’Apocalisse e uscirne trionfanti.
Dei quattro la più furba è la culona ex funzionario della Germania comunista, la cui solida formazione politica è ben evidente, nella sua capacità di evitare ogni coinvolgimento di immagine e purtuttavia tenere dietro ai tre cavalieri che le fanno da battistrada.
La Germania, in cambio d’un prezzolato ruolo proconsolare in Europa, svende gli interessi della UE alla costellazione anglosassone, riconoscendo agli Usa quello che un tempo fu la prerogativa del papato: l’unzione dell’Imperatore. La Francia è scherano della Germania.
Obama e Cameron perseguono lo scopo strategico di assicurare l’incontrastato potere del sistema dollaro/sterlina e la sua esclusiva centralità nel mercato dell’energia.
La tensione nel nord Africa, nel vicino Oriente, in particolare in Siria, è dunque funzionale al quadruplice scopo di: 1) rendere più difficoltosi i commerci euromediterranei con la Cina; 2) tenere artificiosamente alto il prezzo del petrolio, tendenzialmente verso i 200 dollari al barile, per rendere concorrenziali le scisti canadesi-statunitensi e i giacimenti del mare del Nord; 3) imporsi come protettori delle pipeline verso l’Europa; 4) mettere le mani sui giacimenti nel Mediterraneo orientale.
Ciò che non hanno calcolato i quattro delinquenti – o piuttosto hanno calcolato benissimo – è che i loro piani hanno come esito finale una terza guerra mondiale che farà impallidire le precedenti due messe insieme.
In realtà, questa strategia di tensione, continuata e crescente, logora prima di tutto proprio gli Stati Uniti. La politica estera di Obama ha bruciato ogni credibilità e ogni credito morale accumulato in precedenza dagli Usa. Nello stesso tempo il premio Nobel per la pace non è in grado di mantenere le promesse elettorali di coesione sociale interna, da quando il consueto dilemma “burro o cannoni” si è risolto a vantaggio di Goldman Sachs e del sistema militare industriale, potente, incontrastato, trasudante hitech, tuttavia incapace d’una visione politica che vada oltre la spallata, la cannonata o il colpo di lupara dal drone che vola a 16mila metri.
Non di meno chi si augura un crollo degli Stati Uniti non trova le mie simpatie, sebbene io sia convinto che questo crollo, avanti di questo passo, è più prossimo di quanto si possa immaginare, così come accadde per l’Unione sovietica.
L’impero sovietico finì con qualche guerricciola locale. La fine dell’impero statunitense sarebbe una sciagura incalcolabile; scatenerebbe quantità di appetiti da farci rimpiangere largamente quello che stiamo vivendo ora. Fameliche ambizioni si manifesterebbero in Asia e in Africa, come in Europa orientale e centrale, nel Mediterraneo come nel Golfo persico, in America latina come ai Poli: un caos globale.
Tutto perché quattro imbecilli sono giunti al potere, osannati da un mondo che aspira a essere corrotto con loro e almeno quanto loro.
Siria: Putin sputtana Obama e consegna all’ONU le immagini dei satelliti russi.
Siria – Putin Smaschera il Piano del NWO. I satelliti Russi forniscono la prova definitiva all’ONU sull’innocenza di Assad e le responsabilità di USA e Arabia Saudita.
Damasco, Mosca, New York – Vladimir Putin ancora una volta fa centro, e sbugiarda i signori del Nuovo Ordine Mondiale: la strage in Siria? Non è stato Assad, ma i ribelli Salafiti, appoggiati dal governo Saudita e dagli USA con i suoi alleati. La prova “finale” è stata fornita nelle ultime ore dal Cremlino al Palazzo di Vetro dell’ONU. Si tratta di video e foto che illustrano come i satelliti russi abbiano fatto luce sul fatto che i razzi che hanno causato l’ultima strage in Siria (1300 morti) non sono partiti da Damasco o dalla Siria, ma da territori di pertinenza di gruppi Salafiti: ovvero dei cosiddetti “ribelli-mercenari” al soldo di Arabia Saudita e USA.
Washington? Non poteva non sapere!
Secondo Mosca, Washington non poteva non sapere, visto che i satelliti USA sono efficienti quanto quelli russi. E allora perchè tutte queste menzogne? Beh, dinnanzi a quest’ennesima prova regina, l’ONU e lo stesso Ban-Ki Moon dovranno prendere atto della situazione e smentire, zittire, tutti i media di regime che da giorni danno adito a queste diaboliche falsità! Ma con che faccia – ci chiediamo – andranno in giro per la penisola italiana i vari direttori dei TG di regime? Con che faccia si guarderanno allo specchio? per non parlare dei “politici”, ovviamente! politici impegnati a parlare del caso “Berlusconi”, come se il resto fossero bazzecole. Ma i maestri della distrazione di massa, si sa, sono sempre all’opera!
Obiettivo? Guerra Mondiale per un Nuovo Ordine
Tra i dati più palesi, sicuramente il fatto che le milizie ribelli in Siria – ora è ufficiale – sono armate e manovrate da Arabia Saudita ed alleati, che mirano ad innescare una nuova Guerra Mondiale. Tali prove, tra l’altro coincidono perfettamente con le testimonianze raccontate in questi mesi, e con l’ultima drammatica testimonianza di Padre Daniel Maes, cui passaggi più delicati vi riproponiamo di seguito:
Damasco – La testimonianza di Padre Maes
“Qualche anno fa, quando siamo venuti qui in Siria, non abbiamo incontrato una società politica perfetta, ma abbiamo incontrato una società prospera e sicura e abbiamo anche esperimentato l’uguaglianza tra tutti i gruppi religiosi. C’era anche la libertà di religione, l’ospitalità e c’era anche una sana vita di famiglia. Nella vita pubblica, discriminazione, furto e criminalità non erano noti. All’improvviso sono apparse le più orribili atrocità. Si massacrava, si saccheggiava e c’erano attentati in tutto il Paese. La società abbastanza armonica si trasformava in un incubo.
Lo Zampino dei Signori del Male e le Rivelazioni del Generale Clark
La “primavera” diventava un “caos”. La stampa informava che c’era una rivolta spontanea di un popolo da tanto tempo oppresso. Chi aveva una profondità più spirituale, aveva già notato dall’inizio che questa era una menzogna. I nemici avevano già da qualche tempo seminato questa zizzania, che adesso si manifestava chiaramente. Wesley Clark, un generale Americano, ha ammesso che la guerra in Siria era già stata progettata– insieme con quattro altri paesi – subito dopo gli attentati alle ”Twin Towers” a New York. Nel frattempo hanno distrutto l’Iraq sotto il motto di “Libertà per Iraq”! E’ uno dei più grandi crimini contro l’umanità nella storia recente. Rimarranno ancora cristiani in Iraq, a fronte dei 1,3 milioni di cristiani nel 2003? Una cosa simile è successa anche in Libia, che oggi fa pure parte della “collezione primaverile araba ” dell’Occidente. E che pensate dei cristiani in Egitto, Afghanistan e Siria?
Ecco il Camper ispirato all’Opera di Sidney.
Non si tratta del solito camper, ma di una vera opera d’arte ‘a rimorchio’ ispirata alla più famosa Sydney Opera House con tanto di cucina funzionante, bagno e doccia esterna.
La curiosa tenda progettata da un team di architetti olandesi e tedeschi è montata su un lussuosissimo camper che può essere trainato da una semplice macchina. Un bell’esempio, oltre che di design, di utilizzo efficiente dello spazio, visti gli innovativi metodi di progettazione architettonica applicati all’Opera-camper che presto verrà commercializzata in Australia ed Europa nel 2012.
Il design leggero e compatto, rendono questa tenda trasportabile da qualsiasi tipo di auto ed esattamente come una barca a vele spiegate, tutto è costruito secondo standard particolarmente sofisticati sia in termini di resistenza, sicurezza che di risparmio energetico.
Arrivati a destinazione, il camper si sgancia facilmente e la tende può essere ripiegata su se stessa fino a creare una sorta di ponte posteriore completamente aperto nella parte anteriore. All’interno, due posti letto, una toilette in ceramica, frigorifero con carica dall’alto illuminato a LED, cucina, stufa, e una piccola caldaia per produrre acqua calda per la cucina e la doccia esterna.
Il colore chiaro della plastica in cui è realizzata la tenda fa sì che la luce naturale nelle ore diurne penetri e si diffonda in tutto il camper, evitando così inutili sprechi energetici. Unico neo: prezzo a partire da 27.000 euro… Ma speriamo lo stesso in una versione più economica in un futuro.
Siria, Usa verso attacco anche senza ok Onu. Cancellato vertice con Mosca.
Un attacco limitato, della durata di “non più di due giorni”, per fermare la guerra in Siria. Il presidente Usa Barack Obama, a fronte degli scontri a Damasco, sta valutando anche questa opzione per rispondere all’uso di armi chimiche del regime di Bashar al-Assad. Un intervento da portare a termine anche senza il via libera dell’Onu, dato il veto certo della Russia. E proprio il sicuro no di Mosca ha spinto gli Stati Uniti ad annullare il vertice bilaterale tra i due Paesi. L’Iran spinge però verso una soluzione politica e si augura che i “leader europei” prendano “sagge decisioni” evitando l’attacco che, spiegano da Teheran, avrebbe “gravi conseguenze” in “tutta la regione mediorientale”.
Gli Stati Uniti intanto proseguono le consultazioni con gli alleati e avrebbero abbandonato le speranze di ottenere un’autorizzazione all’azione da parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu, visto che la Russia voterebbe certamente contro. E la tensione tra i due Paesi ha portato Washington ad annullare l’incontro all’Aia per la discussione della convocazione della conferenza di pace sulla Siria. La tempistica dell’attacco – afferma il Washington Post – dipenderebbe da tre fattori: il completamento del rapporto dell’intelligence che determini la colpevolezza del regime di Assad, le consultazioni con gli alleati e il Congresso e una giustificazione a intervenire in base alla legge internazionale. Gli avvocati dell’amministrazione starebbero infatti esaminando una possibile giustificazione legale sulla base della violazione delle norme internazionali che vietano l’uso di armi chimiche o una richiesta di assistenza da parte di uno stato vicino, come laTurchia. Nei prossimi giorni le agenzie di intelligence rappresenteranno informazioni che sostengono la tesi dell’uso di gas da parte del governo di Assad, incluse intercettazioni radio e telefoniche fra i comandanti dell’esercito siriano. “Un’azione militare – afferma la stampa americana citando fonti – potrebbe essere ancora evitata in caso di un dietro front del governo di Assad e del governo russo che lo appoggia. Ma le attese che questo possa accadere sono basse”.
Tuttavia, in un’intervista all’emittente al-Manar il ministro dell’Informazione di Damasco, Omran al-Zoubi nega che la Siria abbia utilizzato armi chimiche e ha aggiunto che ”gli Usa non ne hanno alcuna prova”. Nel caso gli ispettori Onu al contrario potessero dimostrarne l’utilizzo, la responsabilità cadrebbe sulle “bande terroriste”, termine con cui il regime si riferisce ai ribelli. “Qualsiasi aggressione alla Siria è illegittima”, ha precisato al-Zoubi, aggiungendo che “il team Onu incaricato di indagare sull’uso di armi chimiche in Siria non ha ancora completato la sua missione e non ha redatto un rapporto in merito. I siriani – ha concluso – non hanno altra scelta che difendere il loro Paese”.
Sull’ipotesi di un attacco americano, il portavoce iraniano, Abbas Araqchi, ha precisato che le “gravi conseguenze” sarebbero provocate da “qualsiasi azione militare” contro la Siria e ha sottolineato che questo è il momento di essere cauti per evitare che la situazione vada “fuori controllo”: uno sviluppo, ha detto il portavoce iraniano, “che speriamo non accada”. Teheran comunque, ha annunciato Araqchi, farà “del suo meglio” per evitare un conflitto e “speriamo che tutti tornino indietro” alla ricerca di una “soluzione politica”.
domenica 25 agosto 2013
Mps-Antonveneta, Mussari spese nove miliardi soltanto con una telefonata. - Giorgio Meletti
Nessuno chiese spiegazioni all'allora presidente della banca senese in merito all'operazione che ha affondato la Rocca. Lo stesso avvocato ha detto ai pm di non sapere "come si svilupparono le trattative per l'acquisizione". Dai verbali dell'inchiesta dettagli inquietanti sull'acquisizione: analisi e controlli inesistenti, nomine per opportunità politica. E dirigenti che non parlano l'inglese.
Il 28 luglio 2012, verso mezzogiorno, l’ex presidente del Monte dei Paschi di Siena Giuseppe Mussari, di fronte all’attonito pubblico ministero Antonino Nastasi e agli increduli maggiore Marcello Carrozzo e maresciallo Tommaso Luongo, detta a verbale la seguente dichiarazione: “Non ricordo come si svilupparono le trattative per l’acquisizione di Antonveneta”. E questo è bello, come diceva “Bisteccone” Galeazzi di fronte a certi rovesci di John McEnroe: l’Italia è quel meraviglioso Paese dove viene osannato ed eletto presidente dell’Abi, l’associazione delle banche, un uomo in grado di spendere oltre 16 miliardi (ovviamente non suoi) con tanta spensieratezza da dimenticarsi come arrivò alla decisione.
E invece è importante capire come andò. Perché, notate bene, nel libero mercato non è reato sfasciare una banca come il Montepaschi facendole comprare un altro istituto per il triplo del suo valore; né è vietato portare la terza banca italiana da 20 miliardi di valore a due. La Procura di Siena, infatti, ipotizza a carico di Mussari, dell’ex direttore generale Antonio Vigni e altri una serie di reati commessi dopo l’acquisto di Antonveneta, nel tentativo di attenuare i tragici effetti della gigantesca fesseria originaria.
Caporetto spensierata
Eppure la classe dirigente italiana dovrebbe riflettere sul perverso equilibrio politico-affaristico che ha consentito a Mussari di spendere 16 miliardi (9 per Antonveneta più 7 per i suoi debiti) con un’attenzione inferiore a quella che avrebbe dedicato all’acquisto (con soldi suoi) di un’auto usata. Il tutto nella distrazione generale, Bankitalia compresa. I magistrati cercano di capire e si vedono sfilare davanti i maggiorenti della banca e delle autorità di controllo, e tutti fanno come le tre scimmiette: non vedevo, non sentivo, non parlavo. Mussari faceva tutto da solo, proponeva e disponeva. L’allora capo della Vigilanza della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola, oggi presidente della Rai, andrebbe presa a simbolo di una classe dirigente tanto supponente quanto impalpabile di fronte alle responsabilità. Ai magistrati che le chiedono come mai Bankitalia – l’unica istituzione che poteva fermare Mussari – ha autorizzato l’incauto acquisto di Antonveneta, racconta un colloquio tra i vertici di Palazzo Koch (compreso l’allora governatore Mario Draghi) e quelli di Montepaschi, durante il quale “ci raccomandammo con i vertici di Mps di fare per benel’acquisizione”. Per bene, dice testualmente. Sembra di vederla la Tarantola che a mani giunte si rivolge a Mussari come al nipotino discolo: “Mi raccomando Giuseppe, 16 miliardi sono sempre 16 miliardi”.
Eppure la classe dirigente italiana dovrebbe riflettere sul perverso equilibrio politico-affaristico che ha consentito a Mussari di spendere 16 miliardi (9 per Antonveneta più 7 per i suoi debiti) con un’attenzione inferiore a quella che avrebbe dedicato all’acquisto (con soldi suoi) di un’auto usata. Il tutto nella distrazione generale, Bankitalia compresa. I magistrati cercano di capire e si vedono sfilare davanti i maggiorenti della banca e delle autorità di controllo, e tutti fanno come le tre scimmiette: non vedevo, non sentivo, non parlavo. Mussari faceva tutto da solo, proponeva e disponeva. L’allora capo della Vigilanza della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola, oggi presidente della Rai, andrebbe presa a simbolo di una classe dirigente tanto supponente quanto impalpabile di fronte alle responsabilità. Ai magistrati che le chiedono come mai Bankitalia – l’unica istituzione che poteva fermare Mussari – ha autorizzato l’incauto acquisto di Antonveneta, racconta un colloquio tra i vertici di Palazzo Koch (compreso l’allora governatore Mario Draghi) e quelli di Montepaschi, durante il quale “ci raccomandammo con i vertici di Mps di fare per benel’acquisizione”. Per bene, dice testualmente. Sembra di vederla la Tarantola che a mani giunte si rivolge a Mussari come al nipotino discolo: “Mi raccomando Giuseppe, 16 miliardi sono sempre 16 miliardi”.
Non è l’unico momento grottesco che emerge dagli atti dell’inchiesta senese. Anzi, la dimensione surreale risulta dominante in questa Caporetto della finanza italiana, avvenuta tra il 6 e l’8 novembre del 2007. Ecco il consigliere d’amministrazione Turiddo Campaini, che rappresenta l’azionista Unicoop Firenze, di cui è presidente dal 1974 (sì, da 39 anni). Campaini è l’uomo che disse no a Giovanni Consorte per la scalata alla Bnl, poi ha pensato bene di buttare qualche centinaio di milioni di euro della cooperazione sul Montepaschi. Dice ai magistrati: “Ho saputo dell’acquisizione di Antonveneta in sede di consiglio di amministrazione in data 8.11.2007. Ricordo che il presidente Mussari o il direttore generale Vigni illustrarono l’operazione. Ci dissero anche che bisognava fare in fretta perché vi era il rischio che l’acquisizione non si facesse. Non ricordo se vidi il contratto di acquisto. Non ricordo se ci fu detto che era stata fatta una due diligence su banca Antonveneta”. Non ricorda niente, se non che diceva sempre sì.
Il mistero della “due diligence”
Parla Francesco Gaetano Caltagirone, uno degli uomini più ricchi d’Italia, allora azionista e vicepresidente di Mps: “Ho saputo dell’acquisto di Antonveneta in sede di Cda tenutosi il dì 8.11.2007. Ricordo che ci fu comunicato tra le varie (…) Tra l’entusiasmo degli altri consiglieri, io e il consigliere Gorgoni sollevammo qualche perplessità. Ricordo che all’annuncio chiesi, prima di votare, di vedere i documenti. Ricordo che fu fatto tutto molto in fretta. Ci furono dati dei documenti e il contratto di acquisto. La delibera, però, fu presa all’unanimità”. Poi aggiunge: “Non ricordo che durante la discussione in Cda fu fatto riferimento a una due diligence. Normalmente, quando si intende acquistare un’impresa la due diligence viene effettuata. Non sono in grado di dire se in quel caso fu fatta, ovvero se ne fu fatta una successiva”. Non sapendo, votò a favore.
Parla Francesco Gaetano Caltagirone, uno degli uomini più ricchi d’Italia, allora azionista e vicepresidente di Mps: “Ho saputo dell’acquisto di Antonveneta in sede di Cda tenutosi il dì 8.11.2007. Ricordo che ci fu comunicato tra le varie (…) Tra l’entusiasmo degli altri consiglieri, io e il consigliere Gorgoni sollevammo qualche perplessità. Ricordo che all’annuncio chiesi, prima di votare, di vedere i documenti. Ricordo che fu fatto tutto molto in fretta. Ci furono dati dei documenti e il contratto di acquisto. La delibera, però, fu presa all’unanimità”. Poi aggiunge: “Non ricordo che durante la discussione in Cda fu fatto riferimento a una due diligence. Normalmente, quando si intende acquistare un’impresa la due diligence viene effettuata. Non sono in grado di dire se in quel caso fu fatta, ovvero se ne fu fatta una successiva”. Non sapendo, votò a favore.
Già, la due diligence. Quando si compra un’azienda, normalmente, si fa un contratto preliminare, poi l’acquirente manda i suoi esperti a scartabellare tutta la contabilità dell’azienda in vendita per verificare la congruità del prezzo stabilito. Stavolta il venditore, il Banco Santander, che poche settimane prima ha rilevato Antonveneta dall’Abn Amro per 6,6 miliardi, la mette giù dura: se Mussari vuole l’Antonveneta se la prende a scatola chiusa. Mussari se la prende. Nessuno fiata. Ecco per esempio che cosa racconta Fabrizio Saccomanni, oggi ministro dell’Economia, allora direttore generale della Banca d’Italia: “È molto probabile che Banca d’Italia abbia detto a Mps che il gruppo Antonveneta andava efficientato poiché l’Istituto non era particolarmente soddisfatto della gestione fatta da Abn Amro”. Quindi Bankitalia sa che la banca comprata non è in gran forma. Però autorizza senza chiedere: “Non ci fu segnalato che Mps aveva acquisito Antonveneta senza fare una due diligence. Devo dire che, per prassi, Banca d’Italia caldeggia sempre, in caso di acquisizioni, la due diligence preventiva”. Bankitalia dunque caldeggia in astratto, in stile Tarantola (“mi raccomando Giuseppe”), ma in concreto non vede, non sente e non parla. Non si preoccupa di niente, autorizza l’acquisto di Antonveneta per 9 miliardi senza rendersi conto delle modalità da bancarella con cui l’operazione viene condotta.
Dice Mussari: “Non ho condotto le trattative per l’acquisizione di Antonveneta e non ho fatto l’offerta di 9 miliardi di euro per il suo acquisto. Le trattative sono state condotte dal direttore generale e dalla struttura tecnica della banca”. Alessandro Daffina, amministratore delegato di Rothschild Italia, che curava per conto di Santander la vendita di Antonveneta, ricorda bene: “Quando ho trattato con banca Mps i miei colloqui erano prevalentemente con Mussari. Solo in poche occasioni era presente anche Vigni. Non era presente alcuno della struttura tecnica della banca”. E allora che cosa faceva la struttura tecnica? Parla Marco Morelli, all’epoca vicedirettore generale di Mps: “Ho avuto notizia dell’acquisizione di Antonveneta la mattina del dì 8.11.2007. Ricordo di essere stato convocato dal direttore generale”. La struttura tecnica non partecipa alla valutazione di Antonveneta, deve solo eseguire, in particolare deve mettere insieme i 9 miliardi. Morelli viene incaricato di trovare subito due miliardi di prestito-ponte presso il sistema bancario internazionale, e così ci regala una preziosa notazione sulla selezione meritocratica nel capitalismo di relazione: “L’incarico che mi fu assegnato avrebbe dovuto svolgerlo il direttore finanziarioDaniele Pirondini. Ritengo che fu assegnato a me poiché Pirondini non parlava inglese”. Ecco le truppe scelte di Mussari: se è vero quanto so-stiene Morelli, dobbiamo dedurre che per la direzione finanziaria di una banca l’inglese non è indispensabile, evidentemente il capitalismo di relazione pretende ben altrirequisiti.
“Bisognava chiudere in fretta”
Lo dimostra la testimonianza di un altro cane da guardia che avrebbe dovuto controllare Mussari, il consigliere Andrea Pisaneschi, uomo di Gianni Letta e Denis Verdini dentro Mps: “Chiedemmo al presidente se potevamo avere del tempo per visionare e studiare il contratto, per valutare con ponderatezza l’operazione. Mussari ci disse che bisognava chiudere in fretta”. Come non detto, niente ponderatezza: “Ci fu chiesto se eravamo d’a ccordo e noi lo rassicurammo”. Poco dopo Pisaneschi diventa presidente di Antonveneta. Spiega tutto ai magistrati Gabriello Mancini, il ragioniere della Asl di Poggibonsi messo alla presidenza della Fondazione Mps, azionista di controllo della banca, in quota Margherita: “Ricordo di avere avuto, in proposito, un colloquio con Mussari il quale indicò Pisaneschi alla presidenza della banca. Egli motivava questa sua indicazione con motivi di opportunità politica e nei seguenti termini: poiché Antonveneta aveva i suoi maggiori interessi in Veneto, regione a forte connotazione politica di centrodestra, era opportuno che il presidente fosse della medesima area politica”. Così adesso sappiamo a che tipo di due diligence dedicavano il loro tempo Mussari e i suoi sodali.
Lo dimostra la testimonianza di un altro cane da guardia che avrebbe dovuto controllare Mussari, il consigliere Andrea Pisaneschi, uomo di Gianni Letta e Denis Verdini dentro Mps: “Chiedemmo al presidente se potevamo avere del tempo per visionare e studiare il contratto, per valutare con ponderatezza l’operazione. Mussari ci disse che bisognava chiudere in fretta”. Come non detto, niente ponderatezza: “Ci fu chiesto se eravamo d’a ccordo e noi lo rassicurammo”. Poco dopo Pisaneschi diventa presidente di Antonveneta. Spiega tutto ai magistrati Gabriello Mancini, il ragioniere della Asl di Poggibonsi messo alla presidenza della Fondazione Mps, azionista di controllo della banca, in quota Margherita: “Ricordo di avere avuto, in proposito, un colloquio con Mussari il quale indicò Pisaneschi alla presidenza della banca. Egli motivava questa sua indicazione con motivi di opportunità politica e nei seguenti termini: poiché Antonveneta aveva i suoi maggiori interessi in Veneto, regione a forte connotazione politica di centrodestra, era opportuno che il presidente fosse della medesima area politica”. Così adesso sappiamo a che tipo di due diligence dedicavano il loro tempo Mussari e i suoi sodali.
E che cosa dice il venditore, Emilio Botin-Sanz De Sautuola Garcia De Los Rios, d’ora in poi per brevitàBotin? Il presidente del Santander è uomo che va per le spicce: “Non ci furono riunioni con i rappresentanti di Mps per negoziare la vendita di Antonveneta, ma si trattò tutto per telefono (…), due o tre volte con Mussari”. Ma c’era davvero questa offerta di Bnp che giustificava la fretta indiavolata di Mussari? Lo sostiene Daffina di Rothschild: “Botin intratteneva rapporti diretti solo con Bnp Paribas interloquendo direttamente con Baudoin Prott (il numero uno della banca francese)”. L’interessato dice di non aver mai parlato con Prott e che dell’offerta Bnp lo sapeva da Rothschild, perché lui “non parlò con nessuno di Bnp, né nessun’altra persona della Banca Santander parlò con i manager di Bnp”.
Piange il telefono
E dunque, alla seconda o terza telefonata con Mussari, Botin dice “9 miliardi, risposta entro 48 ore, prendere o lasciare”, e Mussari, racconta Botin, “tentò di abbassare il prezzo ma lui era consapevole di essere in una posizione ottima per mantenere il prezzo, dato l’enorme interesse che il compratore aveva”. Mussari tenta il colpaccio di cavarsela con 8 miliardi, Botin non molla. Tutto al telefono, in pochi minuti, miliardi che vanno e vengono come se trattassero lo sconto su un paio di scarpe. Mussari dirà poi al mercato che “il corrispettivo per l’acquisto dell’intero capitale di Banca Antoveneta è stato concordato tra Mps e Banco Santander nell’ambito di un processo negoziale competitivo”, una frase priva di senso su cui, ovviamente, la Consob non ha neppure chiesto spiegazioni. E intanto la classe dirigente al gran completo (azionisti, amministratori, sindaci revisori, autorità di controllo e, naturalmente, politici) si preoccupavano solo di spellarsi le mani inneggiando alla grande operazione, già pronti a dire un giorno, eventualmente, che loro non ne sapevano niente.
E dunque, alla seconda o terza telefonata con Mussari, Botin dice “9 miliardi, risposta entro 48 ore, prendere o lasciare”, e Mussari, racconta Botin, “tentò di abbassare il prezzo ma lui era consapevole di essere in una posizione ottima per mantenere il prezzo, dato l’enorme interesse che il compratore aveva”. Mussari tenta il colpaccio di cavarsela con 8 miliardi, Botin non molla. Tutto al telefono, in pochi minuti, miliardi che vanno e vengono come se trattassero lo sconto su un paio di scarpe. Mussari dirà poi al mercato che “il corrispettivo per l’acquisto dell’intero capitale di Banca Antoveneta è stato concordato tra Mps e Banco Santander nell’ambito di un processo negoziale competitivo”, una frase priva di senso su cui, ovviamente, la Consob non ha neppure chiesto spiegazioni. E intanto la classe dirigente al gran completo (azionisti, amministratori, sindaci revisori, autorità di controllo e, naturalmente, politici) si preoccupavano solo di spellarsi le mani inneggiando alla grande operazione, già pronti a dire un giorno, eventualmente, che loro non ne sapevano niente.
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