mercoledì 13 gennaio 2021

Una mossa che fa ridere il mondo. - Gaetano Pedullà

 

Al punto in cui siamo arrivati, meglio un governo pure con la madre di tutti gli Scillipoti, o anche le elezioni, piuttosto che andare avanti con Renzi, Boschi e Bellanova. Troppo ampio il solco con Conte e il resto della maggioranza, e troppo differente il senso dello Stato dimostrato da Italia Viva rispetto agli alleati, con poche eccezioni rimaste ben nascoste nel Pd. Se oggi faranno fuori l’Esecutivo nel punto più acuto di una pandemia, mentre c’è da sostenere un’imponente e complicata campagna vaccinale, non perdere i soldi stanziati in Europa, approvare uno scostamento di bilancio e il nuovo decreto ristori da 25 miliardi per le imprese messe in ginocchio dalle chiusure, non meravigliamoci quando nel mondo rideranno di un Paese tanto ridicolo.

Nella stessa situazione una comunità nazionale si stringe attorno all’interesse dei suoi cittadini, e se ne fotte dei vantaggi politici e personali di chicchessia. Ma qui abbiamo “statisti” che preferiscono regolare conti personali, peraltro senza mai dirci che caspita avrebbe fatto un Presidente del Consiglio misurato e apprezzato in Italia e fuori come Conte per meritare di essere decapitato dal partitello di un leader riuscito nella non facile impresa di precipitare in pochi anni dal quaranta al due per cento dei consensi. Un leader in confusione, ha detto l’ex compagno dem Goffredo Bettini, che nel suo cupio dissolvi non ha remore nel trascinare una nazione prostata nello stesso baratro del proprio inglorioso epilogo politico. La facciano finita allora le signore Bonetti e Bellanova, e lascino sul serio un Governo in cui hanno dedicato più tempo a criticare che a lavorare.

E vediamo se in Parlamento c’è ancora gente che vuole più bene al Paese che ai giochetti di Palazzo, comprese le avventure di maggioranze tecniche in cui i poteri forti non hanno mai smesso di sperare per spartirsi il bottino del Recovery Fund. Il Centrodestra e ancor di più il sistema ne diranno peste e corna, e il percorso parlamentare sarà un Vietnam quotidiano, con nuovi prezzi elettorali da pagare, ma è in queste circostanze che si misura chi pensa a se stesso e chi serve il Paese.

https://www.lanotiziagiornale.it/editoriale/una-mossa-che-fa-ridere-il-mondo/

Sondaggi, per il 73% degli intervistati Renzi ha aperto la crisi “per interessi personali”. E per la maggioranza Conte deve restare.

 

Secondo le rilevazioni di Ipsos per Di Martedì, solo il 13 per cento dichiara che l'ex premier nel voler portare avanti lo strappo "ha anteposto l'interesse del Paese". Per Ghisleri inoltre, per 7 su 10 la crisi provoca "rabbia e preoccupazione".

Per il 73 per cento degli intervistati, Matteo Renzi con l’apertura della crisi di governo sta “perseguendo i suoi interessi personali e della sua parte politica”. E’ quanto emerge dal sondaggio di Ipsos per la trasmissione DiMartedì. Solo il 13% degli intervistati si sente di dire che l’ex premier “sta anteponendo l’interesse del Paese”. Mentre il 14 per cento non ha un’opinione a proposito. I pareri negativi degli italiani sullo strappo nel Conte 2, sono confermati anche dalle rilevazioni di Alessandra Ghisleri per la Stampa. Per sette italiani su 10 parlare di “crisi di governo” in questo momento, nel pieno della pandemia Covid, è motivo di “rabbia” e “preoccupazione”. Ma non solo: la maggioranza degli intervistati (il 54,3 per cento) si auspica che si vada avanti con Conte (che sia con il Conte ter o con i responsabili o con il rimpasto) e solo il 4,7% chiede che ci sia un cambio del leader di Palazzo Chigi. Il 27 per cento si auspica invece un ritorno alle urne.

Ipsos: “Il 55% degli intervistati preferisce Conte a Renzi” – Stando alla rilevazione condotta in questi giorni di fibrillazione interna all’esecutivo, un italiano su due (46%) non ha capito i motivi della crisi di governo. Sempre secondo Ipsos, il premier, se messo a confronto con Renzi, ottiene il 55% delle preferenze contro il 10 per cento di Renzi (il 35% non dà indicazioni). Inoltre, alla domanda se gli intervistati preferiscono Conte e Salvini, il primo ottiene il 51 per cento dei consensi contro il 27%. Se la scelta è, infine, tra il segretario del Carroccio e Giorgia Meloni, quest’ultima vince con il 30 per cento (contro il 23), ma resta un 46% di indecisi.

Ghisleri: “Gli italiani chiedono di pensare a crescita economica e lavoro. Non alla crisi” – Secondo la rilevazione di Ghisleri, la maggioranza degli intervistati ritiene negativo un ritorno alle urne e che si vada incontro alla crisi di governo. Di fronte a una ipotesi simile, il 26,7% prova rabbia, il 22,6% preoccupazione e il 20,5% sconcerto. In questo momento, dicono gli italiani interpellati, c’è da pensare ad altro: per il 22,2% la crescita economica è la priorità nazionale (con un occhio particolare per i temi del lavoro e dell’occupazione in generale, 24,8%) seguita da una riqualificazione del settore sanitario (17,2%).

Per quanto riguarda la soluzione auspicata in questo momento, la maggioranza degli intervistati dalla rilevazione di Ghisleri ritiene che il presidente del Consiglio non debba lasciare Palazzo Chigi. Solo il 27,2% ritiene che il voto sia la scelta migliore per porre fine alla crisi politica. Mentre per il 26,6% degli elettori la via migliore è continuare con il governo Conte e per il 15,5% è un governo Conte ter (quindi con la stessa maggioranza, ma con un rimpasto di alcuni ministri). Infine, il 12,2% crede che la strada migliore sia affidarsi a una pattuglia di responsabili che puntellino il governo, quindi sempre con Conte a Palazzo Chigi. Solo il 4,7% degli intervistati si auspica che a cambiare sia il presidente del Consiglio.

In merito ai consensi raccolti dai partiti, il sondaggio di Ghisleri rileva un Pd stabile al 19,4% (+0,1 rispetto al 15 dicembre). I 5 stelle invece perdono lo 0,7 per cento e arrivano al 14,1%Italia viva, in poco meno di un mese e dopo essere stata protagonista delle ultime settimane di crisi, perde lo 0,7 per cento e si ferma al 3%. Sul fronte del centrodestra, la Lega è al 23,2 (-0,8) Forza Italia al 7,5 (+0,7) e Fdi stabile al 15%. Tra i partiti minori, si segnalano Azione al 4,2 (+0,8), + Europa al 2,2 (+0,2) e Europa Verde al 1,6 (+01).

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/13/sondaggi-per-il-73-degli-intervistati-renzi-ha-aperto-la-crisi-per-interessi-personali-e-per-la-maggioranza-conte-deve-restare/6064022/

Il bluff è finito: Conte smaschera Renzi e lo mette spalle al muro. - Luca Telese

 

(Luca Telese – tpi.it) – Il tempo dei bluff è finito, e Giuseppe Conte gira le carte per vedere il gioco di Matteo Renzi. Poche parole, ma chiare del premier, contenute in una nota quasi informale: “Se il leader di Italia viva Renzi si assumerà la responsabilità di una crisi di Governo in piena pandemia – fa sapere il presidente del Consiglio con una dichiarazione fatta trapelare da Palazzo Chigi con un tempismo perfetto – per il presidente Conte sarà impossibile rifare un nuovo esecutivo con il sostegno di Italia Viva”.

Le conseguenze di questa dichiarazione, nel tritacarne di queste ore, sono enormi. Di fatto Conte sbarra la strada alla soluzione su cui da giorni si favoleggia, quella del cosiddetto “Conte ter” in cui con un rimpasto si ricostituisce la stessa maggioranza. La mossa del premier, con un tempismo perfetto – dopo una ennesima giornata in cui Renzi dichiarava ai quattro venti di essere pronto ad annunciare le dimissioni dei suoi ministri – mette il leader di Italia Viva spalle al muro.

Adesso i suoi parlamentari sanno che se il M5s mantiene la sua linea (“No ad un altro premier”, ha spiegato il ministro Patuanelli) ci sono solo due prospettive possibili: una fiducia in Parlamento senza Italia Viva (che passerebbe all’opposizione diventando irrilevante) o il voto.

Nessuno è sicuro di nulla, nessun esito può essere prefigurato, ma in queste poche parole c’è anche un indizio sulla linea di Conte: se Renzi farà cadere il governo senza che sia chiuso lo scostamento di bilancio e la discussione del Parlamento sul Recovery, verrà additato agli elettori come un irresponsabile.

Una campagna potenzialmente devastante. Adesso la palla torna all’ex premier. Che se fa cadere il governo rischia la pelle del suo partito. E un destino di irrilevanza politica, in Parlamento, al fianco di Salvini e della Meloni. Comunque vada, la mossa di Conte mette Renzi spalle al muro: se vuole un altro governo deve farlo senza di lui. Auguri.

https://infosannio.com/2021/01/12/il-bluff-e-finito-conte-smaschera-renzi-e-lo-mette-spalle-al-muro/

"RIFLESSIONI". - Pietro Ricciardi

 

Oggi alle 17,30 circa il "cazzaro viola" annuncerà il ritiro delle sue Ministre durante una conferenza stampa e quindi il Governo, nel caso non si trovino i numeri in parlamento, probabilmente cadrà.

Tra i DOVERI di Mattarella c'è quello di cercare in ogni modo di salvare la legislatura e quindi molto facile che ci sarà il Conte ter.

Quel sant'uomo di Conte, un angelo senza ali per non farsi riconoscere, rinunciando al suo lavoro con un reddito annuo superiore a 1.200.000 euro, per il bene del popolo italiano, ha preferito accontentarsi di 150.000 euro rinunziando ad oltre il 50% dello stipendio come quello dei suoi predecessori.
Questi dati fanno capire che sicuramente non e' interessato a rubare come gli altri ma e' solo interessato ad una Italia migliore.

Mille penne cercheranno di scrivere il futuro a loro favore e piacimento, raccontando falsità senza vergogna ma questi forse non sanno che per loro non ci sara' mai una gomma capace di cancellare tutto il male che hanno fatto nel passato a questa nostra Italia, l'Italia a cui molti italiani hanno immolato la loro vita.

Che Dio benedica l'Italia e la brava gente.

W il MoVimento 5 Stelle e W l'onesta'

❤

Pietro Ricciardi

Può un uomo che è riuscito a distruggere la sinistra, che ha creato un suo partito che non ha consensi, indagato per presunti reati, decidere di far cadere il governo in un periodo di emergenza sanitaria ed economica?

Se questo succede è perchè abbiamo una legge elettorale che non prevede una stabilità di governo.
Io credo che ciò sia esecrabile e pretendo che venga varata una legge che preveda un governo stabile.
Sono stanca di dover stare in continua ansia e di dover essere massacrata di tasse senza poter vantare neanche un diritto.
Se potessi farlo, mi dimetterei dalla Nazione che mi priva della sensazione di tranquillità che mi trasmette il governo attuale, specie nella situazione precaria che stiamo vivendo, affidando il mio futuro nelle mani di un egocentrico senza scrupoli.
cetta.

La prescrizione unica al mondo. - Piercamillo Davigo

Errore di fondo - Istituto in sé ragionevole, le modalità con le quali viene applicato nel nostro Paese (non ultima la sentenza sulla strage di Livorno) lo rende addirittura dannoso e non riduce i tempi dei processi.

Come accade di frequente in Italia, una pronunzia di prescrizione ha in parte vanificato le attese di giustizia delle vittime e dell’opinione pubblica.

La prescrizione è un istituto in sé ragionevole: se passa troppo tempo cessa l’interesse a ricostruire i fatti, a stabilire torti e ragioni, nel diritto penale a punire (tranne per delitti di estrema gravità che sono imprescrittibili). Nel diritto civile la prescrizione opera però solo fino a quando non inizia un processo, da quel momento cessa di decorrere. Nel processo penale la situazione è diversa e da poco tempo si è cambiata la disciplina.

Nonostante gli strilli sul processo infinito e le richieste di riformare la riforma della prescrizione, l’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo ad avere (sarebbe meglio dire ad aver avuto, ma non si sa mai) una prescrizione congegnata in modo irragionevole.

In linea generale tutti i sistemi processuali conoscono la prescrizione, ma di norma è un istituto di diritto processuale, mentre in Italia è di diritto sostanziale, sembra una questione di forma ma non lo è. Le norme processuali si applicano nel testo in vigore al momento della applicazione (tempus regit actum), mentre in diritto penale quelle sostanziali sono retroattive solo a favore del reo. Perciò le modifiche alla prescrizione si applicano e solo se più favorevoli, mentre se di sfavore operano solo per i reati commessi dopo la modifica normativa. Questo spiega perché la legge 9 gennaio 2019, n. 3, che peraltro vale dal 1° gennaio 2020, non poteva operare.

In altri Stati la prescrizione decorre solo fino all’inizio del processo. Per esempio, negli Stati Uniti d’America per felony (cioè quello che noi chiamiamo delitto) la prescrizione è in genere di cinque anni (tranne che per i reati imprescrittibili e salve le differenze fra singoli stati e sistema federale), ma con l’inizio del processo smette di decorrere. In Italia, invece, nel processo penale, la prescrizione continuava a decorrere anche dopo l’inizio del processo.

La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la sentenza 8 settembre 2015, rilevò che il nostro sistema di prescrizione era in contrasto con il diritto comunitario perché impediva l’applicazione di sanzione efficaci, proporzionate e dissuasive in materia di Iva.

La Corte costituzionale segnalò i problemi che quella pronunzia comportava in ragione del nostro diritto nazionale e la Corte di Giustizia tornò sui suoi passi. Ciò non escludeva il rischio che l’Italia fosse sottoposta a procedura di infrazione.

Il criterio di calcolo della prescrizione era semplice: si faceva riferimento a fasce di pena prevista, ma, siccome il sistema penale conosce aggravanti e attenuanti, nel corso del processo se qualche aggravante veniva esclusa o qualche attenuante riconosciuta (soprattutto cambiava il giudizio di comparazione fra le stesse con le attenuanti generiche ritenute prevalenti) improvvisamente la prescrizione si dimezzava.

L’onorevole Edmondo Cirielli, meritoriamente, propose di sterilizzare in parte aggravanti e attenuanti per il computo della prescrizione. La legge 5 dicembre 2005, n. 251 è conosciuta come “ex Cirielli” in quanto, dopo le modifiche nell’iter di approvazione, che di fatto dimezzava i termini di prescrizione, il proponente votò contro e chiese di non chiamarla più col suo nome. Ci fu una strage di processi a carico di colletti bianchi, che se la cavarono con la prescrizione.

Una sentenza di non doversi procedere per essere il reato estinto per prescrizione non è una sentenza di assoluzione, anzi se interviene nei gradi di appello e cassazione, talvolta conferma le statuizioni civili, cioè la condanna dell’imputato al risarcimento dei danni a favore delle vittime e ultimamente in talune ipotesi la confisca.

Per queste ragioni è stata approvata la legge n. 3 del 2019 che blocca il decorso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Gli oppositori di questa legge sostengono che la prescrizione assicura la ragionevole durata del processo. Se fosse vero i processi imprescrittibili (a esempio quelli relativi a delitti puniti con l’ergastolo) non finirebbero mai.

La realtà è che molte impugnazioni sono proposte per due ragioni: differire l’esecuzione della pena (o, se l’imputato è in custodia cautelare sperare nella decorrenza di tali termini) e confidare nel sopraggiungere della prescrizione.

Infatti, sempre per stare all’esempio degli Stati Uniti d’America, la sentenza di primo grado è esecutiva (come da noi la sentenza civile). In Italia invece l’imputato non è considerato colpevole fino a sentenza definitiva di condanna.

L’organizzazione giudiziaria, nel nostro Paese come altrove, è strutturata in modo piramidale: esistono una Corte Suprema di cassazione, 26 Corti d’appello e 139 Tribunali, oltre ai giudici di pace. Un sistema di questo genere può funzionare solo se un numero limitato di processi passa dal primo al secondo grado e dall’appello alla cassazione, altrimenti si blocca. Non solo, ma troppe impugnazioni riducono il tempo che i giudici possono dedicare a ciascun processo, con scadimento della qualità e maggiori possibilità di errori.

La Corte Suprema di cassazione in Italia definisce quasi novantamila processi l’anno (quasi 60.000 penali e la metà civili); quella francese circa mille; quella federale Usa 80, con il quintuplo della popolazione italiana.

Si potrebbe anche ridurre il numero delle impugnazioni. In Italia ai giudici di appello e di cassazione, su impugnazione del solo imputato non è consentito aumentare la pena. Gli avvocati sostengono che hanno il dovere di tutelare il loro assistito con tutti i mezzi che l’ordinamento prevede ed hanno ragione. Si potrebbe aiutarli copiando dalla Francia, dove il divieto di aumentare la pena non c’è.

Non si dica che si violerebbero i diritti umani: lì hanno inventati i Francesi e in Italia è già consentito aumentare la pena in caso di opposizione al decreto penale di condanna.

La prescrizione è rinunciabile dall’imputato. Quando questi è accusato di reati commessi nell’esercizio di pubbliche funzioni, che secondo l’art. 54 della Costituzione dovrebbero essere svolte con disciplina e onore, non ci si dovrebbe attendere che rinunci alla prescrizione o a tali funzioni? Diversamente non si dovrebbero trarne le conseguenze prendendo le distanze da chi se ne avvale?

A proposito: onore a Mauro Moretti che alla prescrizione ha rinunciato.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/13/la-prescrizione-unica-al-mondo/6063850/

Più parla di sé e più sta sulle palle. - Antonio Padellaro

 

Non è nuova la tesi secondo la quale Matteo Renzi stia facendo tutto questo casino per “bisogno di visibilità”. Lo ha ripetuto, lunedì sera a Otto e mezzo, Pier Luigi Bersani, caricando sul leader di Italia Viva il termine “vigliaccata” a proposito della salute degli italiani usata a sproposito per ottenere i soldi del Mes. Ora, se è pur vero che la visibilità mediatica del senatore di Rignano è alle stelle (9.138 citazioni a fronte delle 8.754 del premier Giuseppe Conte) trattasi di una potenza di fuoco che non accresce di un solo decimale la “popolarità” del suo partitino personale, impantanata sotto un malinconico 3 per cento. Alla luce di questi numeri si potrebbe dedurre che il Rottamatore stia rottamando il principale postulato della civiltà dell’immagine (politica e non). Ovvero: parlate male di me purché parliate di me. Coniato sull’idea che la peggiore iattura che possa capitare a un essere umano sia quella di essere ignorato dai propri simili.

Ma, come è noto, Renzi è anche un innovatore e gli va perciò dato atto di avere creato, empiricamente, le basi per un secondo postulato. Ovvero: più parlo (parlate) di me e più sto sulle palle a tutti. Con un’eccezione (anche Carlo Calenda sta sulle palle a molti, pur tuttavia nei sondaggi cresce al 4 %) e un paio di corollari. Primo: provocare la crisi di governo con il Paese messo in ginocchio dalla pandemia avrebbe lo stesso effetto sulle persone di un tale che, poniamo, giura solennemente sul suo immediato ritiro della politica se perde il referendum (come è andata a finire si sa). Secondo: si può considerare la reputazione più importante dei voti, o viceversa, ma perdere l’una senza neppure avere gli altri è da bischeri (scusate il toscanismo). Esiste una terza ipotesi: che Renzi abbia deciso di sacrificarsi e di farsi esplodere, come Pietro Micca, per il bene supremo del Paese. Adesso però non c’è bisogno di ridere.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/13/piu-parla-di-se-e-piu-sta-sulle-palle/6063842/