martedì 14 giugno 2011

C’è un problema: il Berlusconi sconfitto. - di Emanuele Macaluso


Nell’editoriale di domenica scorsa scrivevo: «L’esito del referendum peserà certamente sulla bilancia della politica: è stato lo stesso Berlusconi a dare un segnale forte quando ha detto che non andrà a votare. È come dire ai suoi avversari: andate alle urne per chiudere la partita». E così sono andate le cose: la partita è chiusa, anche se il Cavaliere tenterà di restare in sella. Ieri, sul Foglio, Giuliano Ferrara chiedeva: «È possibile un giudizio equanime sul berlusconismo?».

Come si fa ad elaborare un giudizio “equanime” nel momento in cui il presidente del Consiglio, anziché chiudere una fase della politica italiana, si ostina a “resistere” danneggiando il paese? Inevitabilmente la lotta politica sarà sempre più aspra. È stato lui, prima con il voto a Milano e Napoli e poi con il referendum, a chiedere un giudizio su di sé e il suo governo. E ha avuto risposte inequivoche. La stella di Berlusconi, e anche quella di Bossi, sono in caduta. Il dramma di questo paese è dovuto al fatto che sia il Pdl che la Lega non hanno quell’interna dialettica democratica che consente un normale avvicendamento alla guida dei partiti.
E non ci sono giornali amici che abbiano quel minimo di indipendenza e di dignità da dire: «Grazie presidente, ora tocca ad altri!».
Su questo fronte è impressionante l’articolo di ieri del direttore del Tempo, Mario Sechi. Il quale fa un analisi spietata e acuta sulla guida disastrosa della recente versione della politica berlusconiana.
Ma, dopo avere detto che «non serve a niente nascondere la sabbia sotto il tappeto», come conclude?
Ecco: «In assenza di una correzione di rotta da parte di Berlusconi», il centrodestra nostrano farà la fine dei conservatori inglesi dopo la Thatcher «una traversata nel deserto durata quindici anni».
Ancora una volta, quindi, è Berlusconi, solo lui, nessun altro, che possa fare ripartire la macchina del centro destra.
Anche Sechi non capisce (o meglio capisce e non riesce a dirlo) che oggi il problema è proprio il Cavaliere, il quale non è più un motore ma un freno, un inceppo. E con lui Bossi, il quale a Pontida sarà applaudito e osannato dalle camicie verdi, ma ha perso credibilità nell’elettorato largo e moderato che la Lega aveva conquistato. Stando così le cose, si apre una partita politica aspra. Il Cavaliere infatti vuole rilanciarsi con manovre demagogiche, come quella su fisco; Bossi lo fa chiedendo il ritiro delle nostre missioni all’estero, mentre La Russa le esalta; Maroni respingendo gli immigrati (come?) ecc.. Insomma, non è difficile prevedere che la crisi politica si acuirà. E il centrosinistra dovrebbe fare quel che saggiamente suggerisce oggi nella sua rubrica Marco Follini: lanciare una chiara e concreta proposta alternativa di governo. Subito. Se non lo farà ci sarà solo una guerriglia senza sbocco e guai per il paese.





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