Di umor nero dopo la sentenza che lo condanna a risarcire 560 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti, Silvio Berlusconi medita le mosse da fare dal buen retiro sardo di Villa Certosa ma sceglie la linea del silenzio. Il premier tace e aspetta con trepidazione la riapertura dei mercati, dopo lo scivolone in borsa di venerdì scorso e l’attacco speculativo ai titoli pubblici italiani, ma a Piazza Affari guarda con timore anche temendo contraccolpi per il suo impero finanziario, dopo la sentenza Mondadori.
Nubi si addensano sul privato del Cavaliere, ma la preoccupazione in queste ore è insieme quello di una tempesta sul Paese. Ed è per questo che Berlusconi alla fine, dopo aver già deluso i lampedusani disertando la visita nell’isola sabato, oggi lascia a bocca asciutta anche il popolo del Pdl riunito a Mirabello in attesa di una sua telefonata. E diserta pure, come già era noto, il matrimonio di Renato Brunetta, tenendosi alla larga da ogni occasione pubblica. Troppo alto il rischio di lasciarsi andare a sfoghi su quella che il premier considera da tempo una “rapina a mano armata”, una “sentenza politica” delle toghe rosse.
Troppo lo sgomento del Cavaliere, il timore per le sue aziende e il suo patrimonio. Ma insieme, e soprattutto, troppa la trepidazione per la riapertura dei mercati e la preoccupazione di non avvalorare l’immagine di un paese in fibrillazione, alla vigilia della riunione della Consob e di quella dell’Eurozona nel cui ordine del giorno il presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy ha inserito insieme alla crisi greca e portoghese quella italiana. Berlusconi non parla ed è il suo portavoce Paolo Bonaiuti ad ammettere in chiaro che “il premier ha deciso di non parlare perché domani si aprono i mercati, la speculazione è in atto, ci sono dei movimenti che si ripropongono ciclicamente pur non avendo un motivo reale alla base”. Aggiunge Bonaiuti: “L’economia italiana, però è assolutamente solida, così come le sue banche. E gli stress-test che usciranno a fine settimana lo dimostreranno. Bisogna avere dunque fiducia e tranquillità”. Il portavoce del Cavaliere cerca di camminare nel solco del messaggio tranquillizzante che già venerdì scorso il premier aveva inviato ai mercati dopo il pranzo con Tremonti, con rassicurazioni sulla volontà di approvare entro l’estate e senza tentennamenti la manovra, a saldi invariati e in vista di un pareggio di bilancio nel 2014.
Il premier tace, dunque. Nella sua agenda è previsto per domani il rientro a Milano, per studiare insieme ai figli (in particolare la primogenita Marina), ai legali e ai vertici Fininvest il da farsi, prima di tornare a Roma martedì. A Porto Rotondo Berlusconi è rimasto per tutto il giorno con Nicolò Ghedini, studiando la sentenza e valutando il da farsi (resistere tout court, sacrificare utili, vendere rami d’azienda). Sembra scontato che le vie da percorrere siano la richiesta di sospensiva e ricorso in Cassazione, considerato che una fideiussione rende immediatamente esigibile il credito. “Ma qualcosa dobbiamo inventarci, magari ora che la Finanziaria arriva in Senato”, non depone le armi uno dei politici più in contatto con il premier.
I gruppi Pdl del Senato fanno sapere che, già la prossima settimana, riproporranno la norma “salva Fininvest” in un disegno di legge, e se questo fosse approvato almeno da un ramo del Parlamento i giudici non potrebbero non tenerne conto. Ma è chiaro che questa è una via troppo lunga ed aleatoria. Serve altro per fermare il risarcimento, anche se è difficile immaginare cosa dopo gli stop del Quirinale. Raccontano anche che, tra le amarezze del premier di queste ore, ci sia quella di non essersi sentito ‘difesò da molti dei suoi (con i quali infatti ancora oggi Berlusconi non ha inteso parlare) dopo il tentato inserimento in manovra del lodo ‘Salva Fininvest’. E ad inquietare il premier c’è anche il silenzio della Lega, o meglio le sole poche parole che Umberto Bossi ha scelto di pronunciate sulla sentenza che condanna Berlusconi e che per il leader del Carroccio “non è politica”.
Nubi si addensano sul privato del Cavaliere, ma la preoccupazione in queste ore è insieme quello di una tempesta sul Paese. Ed è per questo che Berlusconi alla fine, dopo aver già deluso i lampedusani disertando la visita nell’isola sabato, oggi lascia a bocca asciutta anche il popolo del Pdl riunito a Mirabello in attesa di una sua telefonata. E diserta pure, come già era noto, il matrimonio di Renato Brunetta, tenendosi alla larga da ogni occasione pubblica. Troppo alto il rischio di lasciarsi andare a sfoghi su quella che il premier considera da tempo una “rapina a mano armata”, una “sentenza politica” delle toghe rosse.
Troppo lo sgomento del Cavaliere, il timore per le sue aziende e il suo patrimonio. Ma insieme, e soprattutto, troppa la trepidazione per la riapertura dei mercati e la preoccupazione di non avvalorare l’immagine di un paese in fibrillazione, alla vigilia della riunione della Consob e di quella dell’Eurozona nel cui ordine del giorno il presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy ha inserito insieme alla crisi greca e portoghese quella italiana. Berlusconi non parla ed è il suo portavoce Paolo Bonaiuti ad ammettere in chiaro che “il premier ha deciso di non parlare perché domani si aprono i mercati, la speculazione è in atto, ci sono dei movimenti che si ripropongono ciclicamente pur non avendo un motivo reale alla base”. Aggiunge Bonaiuti: “L’economia italiana, però è assolutamente solida, così come le sue banche. E gli stress-test che usciranno a fine settimana lo dimostreranno. Bisogna avere dunque fiducia e tranquillità”. Il portavoce del Cavaliere cerca di camminare nel solco del messaggio tranquillizzante che già venerdì scorso il premier aveva inviato ai mercati dopo il pranzo con Tremonti, con rassicurazioni sulla volontà di approvare entro l’estate e senza tentennamenti la manovra, a saldi invariati e in vista di un pareggio di bilancio nel 2014.
Il premier tace, dunque. Nella sua agenda è previsto per domani il rientro a Milano, per studiare insieme ai figli (in particolare la primogenita Marina), ai legali e ai vertici Fininvest il da farsi, prima di tornare a Roma martedì. A Porto Rotondo Berlusconi è rimasto per tutto il giorno con Nicolò Ghedini, studiando la sentenza e valutando il da farsi (resistere tout court, sacrificare utili, vendere rami d’azienda). Sembra scontato che le vie da percorrere siano la richiesta di sospensiva e ricorso in Cassazione, considerato che una fideiussione rende immediatamente esigibile il credito. “Ma qualcosa dobbiamo inventarci, magari ora che la Finanziaria arriva in Senato”, non depone le armi uno dei politici più in contatto con il premier.
I gruppi Pdl del Senato fanno sapere che, già la prossima settimana, riproporranno la norma “salva Fininvest” in un disegno di legge, e se questo fosse approvato almeno da un ramo del Parlamento i giudici non potrebbero non tenerne conto. Ma è chiaro che questa è una via troppo lunga ed aleatoria. Serve altro per fermare il risarcimento, anche se è difficile immaginare cosa dopo gli stop del Quirinale. Raccontano anche che, tra le amarezze del premier di queste ore, ci sia quella di non essersi sentito ‘difesò da molti dei suoi (con i quali infatti ancora oggi Berlusconi non ha inteso parlare) dopo il tentato inserimento in manovra del lodo ‘Salva Fininvest’. E ad inquietare il premier c’è anche il silenzio della Lega, o meglio le sole poche parole che Umberto Bossi ha scelto di pronunciate sulla sentenza che condanna Berlusconi e che per il leader del Carroccio “non è politica”.
Conoscendo il tipo, credo poco alla versione fatta trapelare, e cioè che abbia preferito appartarsi per tacere, credo, piuttosto, che si sia ritirato a villa Certosa in compagnia dei suoi lacchè per imporgli di studiare una contromossa che lo tiri fuori dai guai.
RispondiEliminaSua figlia Marina aveva anticipato, infatti, che non era nelle loro intenzioni pagare: “Neppure un euro è dovuto!”, ha infatti espressamente e duramente affermato.
Speriamo che, qualsiasi porcheria tirino fuori i suoi leccapiedi, non venga avallata da Napolitano. In caso contrario ne andrebbe di mezzo, e ulteriormente, la nostra credibilità nei confronti del resto del mondo.