domenica 10 luglio 2011

La speculazione che verrà. - di Superbonus


Le tensioni sul debito non dipendono ancora dai fondi speculativi ma dai grandi investitori preoccupati per la tenuta dei conti dell'Italia e per la crisi politica.


I mercati, la Bce e i politici non parlano più lo stesso linguaggio. Ci ha provato Mario Draghi venerdì a chiedere una tregua con una dichiarazione irrituale a mercati aperti: “Le banche italiane sono solide e la manovra finanziaria è un importante passo avanti”. Ma anche lui ha usato un linguaggio antico per investitori che già provano a immaginarsi un mondo dopo l’euro.

I trader che venerdì per tutto il giorno si sono scambiati opinioni e informazioni sanno che il capitale della più solida istituzione europea copre a stento il 10 per cento dell’attivo e che i passi avanti non bastano: le finanze pubbliche andrebbero risanate subito con tagli immediati. Il comunicato di Palazzo Chigi “la manovra finanziaria sarà approvata entro luglio” alle orecchie degli operatori come una barzelletta mentre lo spread dei Btp decennali raggiungeva il 2,40 per cento aumentando dello 0,70 in una settimana. Una “barzelletta”, una “commedia”, queste sono le parole più usate da chi con un click del mouse può vendere o comprare 100 milioni di Btp. Sono i market maker che macinano profitti o perdite anticipando gli ordini dei “real money”, fondi e compagnie assicurative che comprano per detenere i titoli, per offrire ai propri clienti rendimenti sui prodotti finanziari collocati al pubblico.

Più di un market maker si è lamentato venerdì sera di non aver realizzato abbastanza profitti: a inizio giornata tutti avevano venduto Btp alle poche banche italiane che acquistavano con lo spread al 2,20 per cento. Ma intorno al 2,30 per cento si erano ricoperti vendendo Bund pensando che fosse finita. E invece sul più bello sono arrivati i grossi fondi tedeschi e americani a scaricare i Btp, complici i dati sulla disoccupazione Usa che lasciano presagire un rallentamento della crescita mondiale. Quindi una minor crescita dell’Italia e una maggior difficoltà nel ripagare il debito. La cattiva notizia è che gli speculatori veri, gli hedge fund che comprano e vendono a soli fini speculativi non hanno ancora venduto. Solo un paio erano come si dice in gergo “corti”, avevano cioè venduto allo scoperto (senza averli mai comprati) i Btp.

Il meccanismo perverso della speculazione ancora non si è messo in moto, le vendite sono nella maggior parte reali. L’Europa e l’Italia non sono affidabili, hanno avuto innumerevoli aperture di credito dagli operatori in quest’ultimo anno, la Grecia il Portogallo e l’Irlanda sono problemi che un establishment che ha perso completamente il senso del pericolo. E ora i nodi vengono al pettine sia per la Spagna sia per l’Italia.
Chi ha perso soldi credendo che si sarebbero risolte le situazioni debitorie più problematiche non è disposto a perderne altri. E si allontana da tutto quello che è troppo rischioso, troppo indebitato o troppo difficile da capire. Ci sono altri mercati e altri Paesi dove allocare la ricchezza: una famosa società di gestione del risparmio organizza a Milano lo Yuan Happy Hour presentando i suoi nuovi prodotti in valuta cinese, altro denaro che se ne va, altri flussi di real money che non torneranno a comprare i Btp.

C’è qualcuno che in mezzo a ogni bufera invoca nuove regole contro gli speculatori, venerdì lo ha fatto l’onorevole Francesco Boccia del Pd che voleva vietare la vendita dei Credit defaults swap(Cds, le assicurazioni sul rischio di fallimento dei paesi): la notizia apparsa fugacemente su Bloomberg mentre lo spread fra Btp e Bund aveva appena toccato il massimo storico del 2,47 per cento ed i Bonos spagnoli addirittura il 2,82 per cento ha provocato una nuova ondata di ilarità. I Cds non c’entrano niente: chi vende allo scoperto lo fa prendendo in prestito i Btp da altri, per lo più assicurazioni, e restituendoli dopo aver lucrato fra il prezzo di vendita ed il prezzo di riacquisto.

Per fermare le vendite allo scoperto bisognerebbe proibire i pronti contro termine, (o REP0), impossibile perché tutto il sistema si basa su questo strumento, la stessa Bce quando eroga denaro alle banche lo fa sulla base di un prestito titoli. Ma proprio questo comprensibile errore è la cartina di tornasole di due mondi che non parlano più la stessa lingua: i regolatori gridano alla speculazione, gli operatori chiedono soluzioni che non arrivano. Nella conferenza stampa di giovedì il presidente della Bce Jean Claude Trichet, interrogato sulle soluzioni per il debito dei Paesi in crisi, ha risposto: “Non chiedete a me, chiedete ai governi, noi ci occupiamo di stabilità dei prezzi e della moneta”.

Se si vuole fermare la caduta, non chiedete di farlo agli operatori finanziari: loro si occupano di fare profitti non di salvare gli Stati.




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