lunedì 19 novembre 2012

Voti e grandi opere: i clan si stanno comprando il paese.



«Nel nord Italia la mafia si presenta con il volto rassicurante di manager e colletti bianchi: in un momento di recessione come questo, l’aristocrazia mafiosa offre dei capitali, accontentandosi di quote di minoranza, per colonizzare progressivamente il territorio con una fitta rete di relazioni a lungo termine». Lo ha detto il procuratore generale di Caltanissetta, Roberto Scarpinato, durante la missione speciale a Palermo della Commissione antimafia europea. «Non dimentichiamo che uno dei mandanti del giudice Rosario Livatino operava in Germania dove era conosciuto come un brillante imprenditore di import-export». La stessa Europa, avverte lo scrittore Massimo Carlotto, è diventata «la più grande “lavanderia di denaro” del mondo», grazie alla permeabilità del business e ai giganteschi affari garantiti dalle grandi opere.
«I media – accusa Carlotto – ci raccontano ancora la mafia di Totò Riina, di Bernardo Provenzano: ma quella era l’archeologia della mafia, ora i clan Roberto Scarpinato e Massimo Carlottosiciliani e calabresi si scontrano negli Usa e in Canada, lontano dai riflettori». Per Carlotto, ospite tempo da del “Valsusa FilmFest”, quello delle grandi opere come la linea Tav Torino-Lione è un terreno d’elezione per la nuova imprenditorialità mafiosa, come riconobbe l’allora ministro dell’interno Roberto Maroni. In televisione finiscono ancora notizie di arresti per traffico di droga, ma il narcotraffico – aggiunge Carlotto – non è in cima alle voci del nuovo business criminale: oltre al traffico di armi, secondo il giallista, il fatturato delle mafie è gonfiato soprattutto dal colossale business della sofisticazione alimentare, seguito dal traffico illegale dei rifiuti e dallo sfruttamento internazionale della prostituzione. Le grandi opere? «Sono affari sicuri, senza rischi, perfetti per riciclare il denaro di provenienza illecita».
Denaro che, in tempi di grande crisi, fa gola a tutti, a cominciare dalle banche: «Le mafie – aggiunge Carlotto – non sarebbero mai potute arrivare dove sono arrivate, senza determinanti appoggi nel mondo della politica, dell’imprenditoria e della finanza». Fa eco il procuratore Scarpinato: «Il veicolo di penetrazione delle mafie nei territori è la collusione attraverso la canalizzazione di voti di preferenza verso un candidato». Pietra dello scandalo, l’hinterland lombardo inquinato dalla ‘ndrangheta: a Milano e dintorni «non occorrono migliaia di voti, ne basta una manciata». Oppure, aggiunge il magistrato, l’infiltrazione «avviene con il coinvolgimento di pezzi di nomenklatura, con una triangolazione di interessi tra colletti bianchi, imprenditori e mafia». Un’articolazione «che mostra una strutturazione nuova del fenomeno». E attenzione: la mafia prospera anche perché «milioni di cittadini normali chiedono di acquistare illegalmente beni e servizi, secondo le leggi di mercato». In questo modo, il fenomeno assume «dimensioni macroeconomiche», non più contrastabili «coi soli strumenti del diritto penale».

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