martedì 6 agosto 2013

Se il palco è abusivo. - Rita Pani




A questo punto dovremmo appendere delle lenzuola bianche ai nostri balconi, in segno di resa. Esigere  una tregua, giacché non siamo riusciti a pretendere la decenza del silenzio. Inutile dire che dovremmo contarci per organizzarci perché lo sappiamo che a parole saremo milioni, ma pronti a fare una decina.

A questo punto dovremmo chiedere ai giornali di avere pietà di noi: “Per favore basta! Scriveteci del meraviglioso miracolo del pancione della diva, della cellulite che non risparmia le famose chiappe della modella, dell’amore nato e morto tra questa e quello. Ma basta. Smettete di insultare le poche intelligenze, risparmiate chi ormai è vicino a perdere l’ultimo neurone.”

Abbiate pietà di voi, giornalisti. Ricordatevi cos’è la vostra professione, ricordate i sacrifici che avete fatto per sedere a quella scrivania, fosse anche quello di aver dovuto aprire le gambe, rovesciate su un divano, per un adiposo pieno di bava, che magari puzzava e sudava. Riprendetevi la dignità.

Perché davvero non può essere accettabile, che oggi per tutti voi spruzzatori di inchiostro a caso, il problema sia che il palco di Roma fosse illegale. Non può essere il problema, che i cartelli stradali siano stati divelti per far spazio alla folla oceanica che si attendeva. Il problema non è quel che è restato dopo il passaggio dello tsunami berlusconoide, con le carte dei panini, e le bottigliette delle bibite o le bucce di banana, così come ormai crede la maggioranza dei rivoluzionari italiani del clic, mi piace, condividi.

Il problema è quel che da quel palco è stato detto, l’immagine deteriorata dell’Italia che fa ridere tutto il mondo, e vergognare i milioni di italiani che da questo PAESE DI MERDA son dovuti scappare, per sopravvivere dignitosamente, per ritrovare l’orgoglio di sentirsi attivi, vivi e partecipi alla vita.

Non può essere l’abusività di un palco il problema del giorno dopo, ma l’evidenza di una nazione in ostaggio di un manipolo di criminali dall’indiscussa mafiosità. Il problema reale del paese è che non riesce a dire basta alla malavita organizzata, succube, schiavo, complice.

Arrendiamoci, perché hanno vinto e vincono ogni giorno, svuotando le nostre povere vite – ogni giorno di più. È inutile pensare che un giorno ci riprenderemo, che un giorno saremo nuovamente capaci di organizzarci, di ripensare al nostro domani, di riavere una progettualità che non riusciamo più nemmeno a sognare.
Vien male scrivere persino che l’Italia non è un paese normale, perché sembra idiota scrivere una siffatta banalità. 

Eppure normale non lo è per nulla, se ancora oggi tutte le istituzioni sono impegnate a trovare il mondo per garantire la libertà di un delinquente, se a quel delinquente è ancora dato parlare del futuro di tutti noi, o se addirittura già si preannuncia la probabile abdicazione del trono in favore della figlia … il trono di un impero mafioso e finanziario che nulla ha a che fare con una Repubblica libera e democratica, o che almeno nulla avrebbe a che fare.

Vuole andare in galera, dice. E lo fa come se fosse una minaccia. 
Riprendete a scrivere minchiate il giorno che se lo dimenticheranno a Badu ‘e carros, o il giorno che farà la fine del povero Stefano Cucchi. 
Io quel giorno, dopo la festa, riprenderò a leggere i giornali.

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