domenica 3 marzo 2019

Andrea Scanzi: “Zinga, Marty, Lo Smilzo e il fenicottero bulimico Calenda”. (Guida breve alle Primarie)

Domani ci saranno le Primarie Pd. L’attesa, nel paese, è diversamente spasmodica. Il Pd se l’è presa giustamente comoda, impiegando solo un anno dalla Waterloo delle Politiche. I tre sfidanti saranno Zingaretti, Martina e Giachetti. Il Partito spera di raggiungere almeno un milione di votanti, per poi andare in tivù e dire che loro sono felici di tutta questa partecipazione popolare. Così felici che, poi, se anche perdono le elezioni chi se ne frega.
L’ineffabile Zinga. E’ il favorito, ma se non raggiungerà il 50% più uno dei consensi rischierà l’usuale gogna dei delegati allorquando il Congresso dovrà scegliere l’erede di nessuno (cioè di Renzi e Martina). L’ineffabile Zinga è, per distacco e mancanza di avversari, il migliore tra i candidati. Il piccolo problema non è tanto quel carisma da salumaio triste di Vitiano, quanto il suo parlare tanto senza dir nulla. E’ contro i 5 Stelle, però un po’ anche a favore. E’ contro Renzi, però “Matteo ha fatto anche cose buone” (come il Duce). Panettone, ma anche pandoro. Una sorta di “maanchismo” veltroniano, forse fuori tempo massimo. Domanda: quanti, nel mondo reale, non vedono l’ora di smettere di votare 5 Stelle per votare Zingaretti?
Il rutilante Marty. Parlare di Maurizio Martina ti fa sentire come quando Spinoza cercava di descrivere il nulla. Di lui tutti non ricordano assolutamente niente: e non potrebbe essere altrimenti. Durante le consultazioni ha provato a dialogare con i 5 Stelle, solo che poi Renzi gli ha tirato le orecchie e ciao core. Il rutilante Marty ha un coraggio così spiccato che, se per caso a Don Abbondio capitasse di incontrarlo, si sentirebbe per contrasto Chuck Norris. Ultimamente Martina si è trasformato in supereroe, agghindandosi come Dylan Dog. Non è un caso: il primo albo della serie Bonelli si intitolava L’alba dei morti viventi, che è poi il programma di Martina. Tra i suoi grandi sostenitori c’era Richetti, uno che si innamora sempre della persona sbagliata come Lady Gaga, e c’è ancora quel galantuomo di De Luca Vincenzo. Daje Marty!
Il Bondi smilzo. Roberto Giachetti è ormai inarrivabile nell’incarnare il peggio del peggio della politica italiana. Dopo un inizio da radicale anonimo, è divenuto vagamente noto per quel suo vezzo del digiunar a favor di telecamera perché la legge elettorale gli faceva schifo. Poi però ha votato la fiducia sull’Italicum, che è un po’ come marciare per la pace e poi sganciare la bomba atomica sull’opposizione. La sua candidatura è tra le più brutte nella storia dell’umanità, ma a lui – perfezionista – non bastava e per questo ha chiesto aiuto a Calamity Jane Ascani. I loro video hanno l’allegria delle epidemie e l’efficacia delle catastrofi. Dopo aver perso tutto quel che c’era da perdere, Giachetti si è reinventato turborenziano efferato, ovvero una sorta di Bondi smilzo post-contemporaneo. Non ha chance di vittoria, ma ha ottime possibilità di rovinare la vita a Zingaretti. Vicino alla sinistra come il Foglio ai successi editoriali, potrebbe avere una vaga funzione nell’ecosistema solo se portasse tutta la sua bad company di sostenitori (Boschi, Marattin & Marcucci: insomma, l’Armageddon) in un partito ad hoc. Chiamato magari “SIP”, ovvero Siamo I Peggiori. Purtroppo però Giachetti non lo farà, perché ha tanto coraggio quanta coerenza.
Il Cigno Nero. Sui tre candidati aleggia come un fenicottero bulimico Calenda. Il quale, tra una foto sexy e l’altra in riva alle pozzanghere, continua la sua cavalcata da incrocio bolso tra un Barca debole e un Renzi minore, interpretati peraltro da un Renato Pozzetto che si ostina a parlare in romanesco. Calenda resta un politico inutile come la prima “r” di Marlboro, ma non diteglielo altrimenti ci rimane male. E si mangia anche l’ultimo cigno rimasto sul pianeta Terra.

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