È con viva curiosità che attendiamo a breve un sondaggio sulla popolarità del premier Conte, dopo l’annuncio di domenica sera sulla nuova stretta anti-Covid. Perché delle due l’una. O gli italiani considerano il Dpcm del presidente del Consiglio un “decretino” dileggiato dalla destra dattilografa, per giunta “inutile” (Giorgia Meloni), privo di “visione” (Repubblica), un provvedimento “scaricabarile” che “suscita l’ira dei comuni” (Corsera). Insomma, un vero disastro che se confermato da ciò che pensa il Paese comporterebbe il collasso dei consensi che Conte continua a registrare stabilmente dai giorni del lockdown (e in tal caso, probabilmente, la coalizione giallorosa ne sarebbe scossa dalle fondamenta). Oppure si potrebbe ipotizzare che proprio perché non rinchiude ma socchiude, non vieta ma ammonisce, non divide ma condivide (o almeno ci prova), l’avvocato di Palazzo Chigi possa avere convinto, una volta di più, la maggioranza dei suoi concittadini. Non parliamo della solita gara pro-contro, ma della possibilità reale che la pandemia, oltre ad aver sconvolto il pianeta, stia modificando i parametri sui quali si costruisce il consenso nelle democrazie. Poiché il virus non è di destra né di sinistra (e neppure centrista o sostenitore della rivoluzione liberale) sembra evidente che le tradizionali categorie della comunicazione politica non reggono più. Come negli Stati Uniti dove Trump potrebbe, a giorni, giocarsi la Casa Bianca per ciò che non ha fatto contro il diffondersi del contagio. Come a Parigi e a Londra dove sia Macron sia Johnson rincorrono in crescente affanno il tempo perduto a sottovalutare. Come mai, invece, in Italia malgrado la pessima stampa e l’ostilità personale dei leader sovranisti, che non smettono di considerarlo un abusivo (e sotto sotto un incapace), il virus (almeno fino a ieri) non aveva affatto indebolito il premier? Forse perché nello smarrimento collettivo egli resta comunque un punto di riferimento rassicurante? Forse perché quando si tratta della salute, le decisioni del governo hanno un peso maggiore rispetto alle proteste dell’opposizione? Forse perché i giornali non contano più niente? Forza Pagnoncelli, ci faccia sapere.
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